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Il cornuto intraprendente


di AndreaCork
23.10.2020    |    755    |    2 8.7
"Non riusciva a concedergli il culo..."
“Dove sei stata? Ti sto cercando da due ore… non rispondi al telefono e mi sto preoccupando...” disse Max, appena Katia rispose alla sua chiamata. Era in fortissimo ritardo e doveva pure raccontargli qualcosa. E che fosse credibile.




La giornata non era male. Il sole iniziava a scaldare le prime giornate primaverili, il traffico quel giorno era scorrevole e lei si sentiva piena di energie. Pensava che quello potesse essere un ottimo modo per iniziare il weekend: colazione al bar, una giornata tranquilla al lavoro e via per due giorni al mare con Max. Non era ancora tempo di bagni e di tintarella, quello assolutamente no. Ma una gita con due notti fuori, pranzi e cene di pesce e qualche grande scopata non gliel’avrebbe tolta nessuno. Guai, guai, guai a chi si sarebbe messo tra lei e il suo weekend di divertimento e relax. Quel giorno aveva deciso di indossare le calze che piacevano a Max. Le avrebbe tenute addosso tutto il giorno per farle puzzare come piaceva a lui. Maledetto zozzone feticista dalle fantasie sempre oscene. E il bello era che lei si divertiva ad assecondarlo. Solo due cose ancora non aveva avuto il coraggio di fare: una era il sesso anale. Era più forte di lei. Non riusciva a concedergli il culo. Era proprio un culone vergine, dal buco stretto, che al massimo aveva visto qualche timido dito. Non lo aveva concesso nemmeno al suo ex marito. E probabilmente non lo avrebbe mai concesso a nessuno: le faceva troppa paura l’idea del dolore, anche se lui le aveva promesso più volte che sarebbe stato delicatissimo e che l’avrebbe abituata un po' alla volta. Ma niente. Non ci riusciva, non le piaceva proprio la cosa. L’altra fantasia di Max era il sesso a tre. Sì, Max era uno di quegli uomini con la fantasia delle corna: avrebbe tanto desiderato vedere la bocca di lei alle prese con un altro cazzo. E magari non solo la bocca… però anche in quello lei era frenata. Quella fantasia non faceva proprio parte di lei. E Non si era mai realizzata nemmeno quelle due tre volte che aveva acconsentito a passare con lui una serata in uno di quei club di scambisti tanto diffusi. Max non se n’era mai avuto a male, questo andava detto. Anzi si era sempre adoperato per farla sentire a suo agio e fugare qualunque ansia da prestazione potesse farsi strada in lei.
“Se va, bene. Altrimenti, abbiamo fatto una serata diversa dal solito...” diceva. E così era sempre stato: non si era mai arrabbiato o risentito, e il suo cazzo era sempre durissimo per lei, senza recriminazioni di sorta. (E lei doveva ammettere di essersi divertita parecchio quelle volte che lo aveva accompagnato).
Per i piedi invece non aveva alcun problema. Che le costava tenere addosso un paio di calze fino a farle puzzare un po'… per permettere a Max di annusarle i piedi, se poi lui la scopava in quel modo??? E poi, si guardava allo specchio… le piacevano le sue gambe fasciate dal nylon. Come piacevano agli uomini che si giravano a guardarla. E ai colleghi dell’ufficio. Ecco, non cornificava Max, ma si divertiva di tanto in tanto ad andare al lavoro vestita provocante e a farlo vedere a Max, come si divertiva a fargli sapere con che occhi pieni di cupidigia i colleghi la guardavano. Le ammiravano le lunghe gambe e il seno enorme… anche se lei non faceva certo della volgarità e dell’ostentazione le sue armi di seduzione. Anzi, erano più le volte in cui lei si vestiva in maniera del tutto normale. Ma quando decideva di osare, osava forte. E lui la ricambiava con foto del suo cazzo duro e con scopate memorabili non appena aveva occasione di incontrarla. Quindi, perché non giocare così, se poi alla fine si comportava seriamente? Sapeva bene di non essere per tutti. E gli uomini che avevano potuto godere dei suoi favori sessuali erano davvero pochi. O per lo meno, molti meno di quelli che erano stati a letto con la maggioranza delle sue amiche. Sposate e non. Come Valeria, sposata da anni, ma che grazie ai suoi turni di lavoro poteva ingannare facilmente il marito e prendere cazzi extra ovunque. O Giuliana. Fidanzata da anni, ma che, da eterna indecisa quale era, da altrettanti anni aveva una tresca con il fornaio sotto casa sua. Letizia… separata, con un figlio grande fuori di casa, gestiva con disinvoltura un giro di quattro o cinque amanti più o meno fissi.
Lei… no. Non era così. Però… anche se non si era mai concessa con troppa facilità, andava letteralmente pazza per il cazzo e lo dimostrava ogni volta che lo prendeva in bocca: si vedeva bene dalle espressioni che faceva, ogni volta che ne succhiava uno. Rideva, quando aveva un cazzo in bocca. Gli occhi le si facevano luminosi ogni volta che la sua lingua a punta leccava il glande del cazzo di Max. E anche degli uomini che c’erano stati prima di lui. E se un pompino portava ad altro, tanto meglio. Questo era il modo in cui Katia viveva il sesso. Quella mattina entrò nel suo ufficio e iniziò a lavorare: mail, richieste di esaminare il lavoro della produzione, un paio di riunioni per decidere la linea del nuovo anno. L’ora di uscita dalla prigione piano piano si avvicinava. Entrò il capo da lei. Gianni, un cinquantenne dai modi sempre gentili e decisamente affascinante.
“Katia… puoi fermarti questa sera dopo il lavoro? Ti devo parlare di una cosa… non ti faccio perdere molto tempo...”
“Ecco…” pensò. “Che due coglioni...”: addio fuga d’amore e di sesso. Alzò solo gli occhi dallo schermo del pc, assumendo, grazie agli occhiali da vista, un’aria da severa insegnante di matematica.
“Non potresti accennarmi ora?”
“No, ora non ho tempo… dopo...”
Corrucciò le labbra.
“Hmmm vabbè...” disse, senza preoccuparsi di mascherare l’irritazione per la richiesta imprevista. Sapeva di poterselo permettere, con Gianni.
“A dopo...” disse Gianni, sorridendo.
“Almeno non sembrano esserci rogne da sistemare… ma che due coglioni...” pensò: fece spallucce e seguitò a lavorare.
A fine giornata tutti se ne andorono, pronti a godersi il weekend. Salutò i colleghi, prese un caffè dal distributore automatico e si diresse in ufficio da Gianni. Sentì ridere, da dietro la porta. C’era Marcello in ufficio con lui. Bussò e attese la risposta.
“Katia?”
“Sì...”
“Entra, entra pure!!!”
Entrò.
“Accomodati...”: trovava strano il modo in cui la accolsero Gianni e Marcello. L’atmosfera era rilassata e non aveva l’aria di una riunione di lavoro.
“Che ne pensi della nuova linea? Io e Marcello ne stavamo parlando… non la trovi un po' troppo… ardita?”
Dunque volevano solo un parere…
“Mah… a me non dispiace per niente, anzi...” disse. “La trovo molto femminile. Una donna può anche osare… senza sembrare zoccola.”
“E se lo dice la nostra Katia… che di osare se ne intende...” disse Marcello, seduto accanto a lei, mentre le osservava le lunghe gambe accavallate.
Le veniva istintivo accavallare le gambe. Come le veniva istintivo giocare con le scarpe facendole dondolare in sospeso sull’alluce. Proprio come stava facendo ora.
“Del parere di Katia mi fido...” disse Gianni. “Dunque secondo te andremo bene?”
Se fossero andati male la colpa non era certo sua: aveva solo espresso un suo parere in riunione, ma non aveva assolutamente l’ultima parola. Era libera di dire quello che voleva.
“Grazie. Sì, davvero penso che andremo bene. La donna è stata un po' troppo castigata negli ultimi anni, e questo classico un po' forte credo andrà davvero quest’anno. Non so se faremo scuola, ma di sicuro saremo tenuti d’occhio...”
“Sì la penso anche io così, decisamente…” le fece eco Marcello.
“E anche io. Sono contento di questa nuova direzione. Penso siamo forti nella nostra fetta di mercato, e credo quest’anno lo saremo ancora di più… mi complimento con voi...”
Katia era contentissima. Gianni non era uno che si profondeva in complimenti gratuiti e se doveva segare le gambe a qualcuno, anche se con gentilezza, lo faceva. Mentre ora si era esposto personalmente davanti a lei e Marcello.
“E ora... parliamo di cose serie...” fece di nuovo il capo.
Marcello scoppiò a ridere.
“Gianni parla di affrontare discorsi seri e Marcello ride? Che succede???” pensò lei, circospetta.
Gianni aprì il cassetto della sua scrivania e ne tirò fuori un oggetto. Katia sbiancò.
“Me lo spieghi questo, Katia?”
Lei non ebbe il coraggio di dire nulla. Marcello se la rideva come un matto. E anche Gianni rideva.
“Mbeh… ecco...”
Si vergognava come una ladra. Poi avvampò di rabbia.
“Come vi siete permessi di frugare nel mio cassetto?”
“Ieri sera cercavo dei documenti che mi servivano e ho trovato questo...”
Era incazzata nera. Avevano frugato tra le sue cose e avevano trovato il vibratore con cui si masturbava per rilassarsi durante la pausa pranzo, quando restava da sola in ufficio, o quando si tratteneva la sera oltre l’orario di lavoro. E forti di quella scoperta l’avevano messa alla berlina, facendola vergognare da morire.
“Scusa, ma che te ne fai di quello qui in ufficio?” chiese Marcello con le lacrime agli occhi.
“Chiaro cosa se ne fa...” rispose Gianni. “Dai che siamo tra amici… dimmi un po', ti masturbi qui al lavoro? E’ per questo che spesso in pausa pranzo chiudi a chiave la porta del tuo ufficio?”
“E allora? C’è un divieto?”
“Beh probabilmente no, ma capisci che è un po' fuori luogo… non è proprio il massimo, siamo professionisti della moda… e tu ti masturbi mentre sei al lavoro!!! Insomma eh...” disse Gianni, ondeggiando la testa a destra e a sinistra. “Anche se la cosa è piuttosto… divertente, diciamo...”
Marcello iniziò a massaggiarsi con discrezione il cazzo sopra i pantaloni. E Gianni lo imitò.
“E quindi? Cosa volete adesso?” chiese. Anche se bene o male capiva benissimo dove i due volessero arrivare. Proprio quel giorno doveva scegliere per vestirsi sexy, con la scollatura generosa a suggerire la forma delle su tettone. Idiota che era!!! Però… per essere la prima volta che si trovava tra le attenzioni di due uomini, se in un primo momento si era arrabbiata e vergognata, ora trovava la cosa stranamente eccitante. Forse Max aveva ragione a proporle quella situazione. Come quella sera al club, quando loro stavano scopando mentre uno sconosciuto si masturbava osservandoli: si sentiva dapprima intimidita, e poi sempre più eccitata. Esattamente come ora. Ma non sapeva bene come gestire la cosa.
“Cosa vogliamo??? Cosa vogliamo???” disse Marcello. Ora non faceva nemmeno più finta di non accarezzarsi il cazzo: la sua mano andava su e giù spudorata.
“Secondo te? Cosa potremmo volere?” fece Gianni.
“Volete… scoparmi?” chiese lei.
“Ha ha ha ha ha ha ha!!!”: i due uomini risero di gusto.
“No no no no no no no... Vorremmo… insomma… beh… tu sei fidanzata… giusto?”
“Sì… e allora???” chiese.
Gianni prese il vibratore in mano e lo avvicinò a lei.
“Vorremmo solo vedere come lo usi… quello sì. Un piccolo show per noi...”
“Ah e vi sembra poco?” Non aveva pensato che non avevano alcuna prova contro di lei. Solo in quel momento realizzò: l’avevano portata a confessare, ma non esistevano testimonianze. Ok, avevano trovato un vibratore nel suo cassetto. Ma nessuno fino a quel momento avrebbe potuto dire che lei lo avesse usato lì in ufficio.
“Beh considerando quello che combini… direi che ci sembra poco...”
Ci pensò su qualche secondo. Era fidanzata con Max. Gianni era il suo capo e Marcello un suo pari grado. E doveva ammettere, la situazione grottesca che si era creata… sì, la eccitava non poco. Cornificare Max. Ok. Su una scopata ci si passa anche su. Conoscendo il suo fidanzato, poi… Ma con due uomini…? Fare con altri quella cosa che a lui aveva sempre negato? Lì sì che si sarebbe incazzato se fosse venuto a saperlo. Che poi… fare… insomma, si trattava solo di masturbarsi di fronte a loro. Guardare ma non toccare, giusto? Erano corna? Forse, anche se non nel senso più vero. Ma dai. A chi la raccontava? Di sicuro appena avesse scoperto la fica, loro avrebbero sfoderato i cazzi. E cosa sarebbe successo, solo Dio lo avrebbe saputo. Di sicuro la cosa la stuzzicava parecchio. Senza pensarci, aveva già afferrato il dildo. In maniera quasi inconscia. Lo rigirava tra le mani, guardando prima Gianni e poi Marcello, con una sopracciglia alzata e la lingua che leccava appena appena il labbro superiore.
“Solo questo…? Vero?” chiese. Fanculo le remore. Un po' di pepe se lo meritava.
“Solo questo…” disse Marcello, ammiccando a Gianni.
“Non so quanto credervi, ma… mi voglio fidare...” disse. Si mise in piedi e fece cadere la gonna.
“Autoreggenti!!! Wow!!! Sei proprio una donna di classe!!!” osservò Gianni. Lei lo guardò a sopracciglia alzate, come se lui avesse detto la peggiore delle ovvietà.
“Ci so fare, se voglio...” rispose lei.
Si sedette sulla sedia, aprendo le gambe. Iniziò ad accarezzarsi sopra le mutandine trasparenti.
“Ah, fai così quando ti masturbi?” chiese Marcello avvicinandosi per vederla meglio. Lei iniziava a scaldarsi, cosa che non avrebbe mai immaginato.
“Sì… mi tocco così…” fece sospirando, spostando le mutandine per raggiungere la vagina bagnata dalla situazione e dal suo tocco.
“Però che bella figona che hai!!!” disse Gianni alzandosi in piedi, per vedere meglio anche lui.
Katia si masturbava toccandosi il clitoride, inserendo ogni tanto un dito per provare più piacere.
“Sei proprio bagnata...” osservò il suo collega.
Lei tirò fuori un dito e glielo mise davanti agli occhi, per fargli vedere che era pieno di umori.
“Secondo te?”: il suo corpo ansimava, eccitatissimo.
I due uomini le accarezzavano le gambe, osservandola mentre si toccava davanti a loro. E lei non credeva a se stessa e alle risposte del suo corpo: aveva immaginato che sarebbe stata eccitatissima in una situazione simile, ma con Max. Non con due con cui non aveva nulla da spartire, se non il lavoro. Eppure… si stava divertendo un sacco…
Gianni le mise in mano il vibratore.
“Allora… ci fai vedere come lo usi?”: i due uomini avevano gli occhi fuori dalle orbite dall'eccitazione e le loro erezioni erano visibilissime attraverso i pantaloni eleganti da ufficio.
“Va bene...” disse soltanto. Prese il dildo, lo accese e iniziò a passarselo sul clitoride durissimo. Strofinò un po', poi lentamente ma con decisione lo infilò. Le sue carni sentivano ogni nervatura di quel cazzo di lattice. Dentro e fuori, dentro e fuori… si scopava da sola procurandosi piccole scosse di piacere immenso. Con una mano manovrava il dildo, con l’altra si toccava il clitoride. Appoggiò i piedi sulla scrivania di fronte a lei, chiuse gli occhi e si masturbò fino a che l’orgasmo non sopraggiunse facendola singhiozzare di piacere, con la lingua di fuori. Non appena aprì gli occhi vide i cazzi duri dei due uomini puntati sul suo viso. Si masturbavano lentamente guardando lei che raggiungeva il piacere.
“Beh? Zozzoni!!!” disse ridendo. “E questi? Che sono?” Li toccò uno a uno con la punta delle dita facendoli oscillare come fossero due molle. “Tinnn tinnn” sembravano fare al tocco di lei.
“Come mai queste due pistole sono fuori?”
“Eh… tu godi così e noi dobbiamo solo guardare?”
“Non erano questi i patti? Non toccare?”
“Sì, ma noi non dovevamo toccare te… e infatti non ti abbiamo toccata...” disse Marcello.
“Giusto… a parte le gambe… vero?” osservò lei.
“A parte le gambe...” osservò Gianni, continuando a massaggiarsi il cazzo.
“Però vorreste essere toccati da me, giusto?” chiese lei.
“Beh...”: Marcello si avvicinò lievemente al suo viso. Lei guardò il suo bel cazzone duro. Sentiva di non avere il diritto di essere così eccitata, sapeva che non era bene partecipare a quel gioco. Ma se ne fregò bellamente.
“Però hai un bel cazzo...” disse, accarezzandolo. Anche Gianni si avvicinò a lei. Volse lo sguardo verso il capo.
“E anche tu non scherzi...”: accarezzò anche il suo. Era più piccolo di quello di Marcello, ma più grande di quello di Max. Non si era mai trovata con due cazzi in mano, figurarsi averli durissimi vicino al viso. No no no, proprio vicino alla bocca. Le mani dei due continuavano ad accarezzarle le gambe. Si avvicinarono ancora. Lei prese a masturbarli lentamente.
“Siete proprio due zozzoni...” disse, con quello sguardo che faceva ogni volta che aveva vicino al viso un cazzo di suo gradimento.
“Ha parlato quella che si masturba in ufficio...” disse Gianni che iniziava a provare piacere dal tocco di Katia. Marcello chiuse gli occhi.
“Cosa volete che vi faccia?” Diede un bacio al glande di Gianni e poi a quello di Marcello. Solo le labbra, a stampo.
“Eh...” fece Marcello. “Che mani che hai...”
Continuava a masturbare entrambi.
“Allora? Io non faccio altro se voi non avete richieste… avete visto quello che volevate… posso anche andare a casa...” disse provocando i due uomini, ma senza mollare i loro cazzi.
“No no no no no!!!” fece Gianni. Marcello, il più intraprendente dei due, avvicinò ancorda di più il suo glande alla bocca di Katia.
“Ahhh… ho capito cosa vuoi...” rideva lei. E prese in bocca il cazzone. Iniziò a succhiarlo, come sapeva fare lei. Saliva a litri, bocca morbida, mano delicata. E quando leccava, teneva la lingua a punta lievemente stretta tra i denti.
“Ouuuhhh!!!” sibilò Marcello. Poi lei cambiò cazzo, passando a occuparsi di quello di Gianni. Lo succhiava di gusto, le piaceva. E sempre quello sguardo da zoccola. Glielo diceva sempre Max, che quando succhiava i cazzi sembrava una gran zoccola e che avrebbe dovuto fare la pornostar. E così li lavorava uno a uno. Di gran gusto, eccitatissima.
“Sei bravissima...” rantolò Gianni. Marcello si staccò dalla sua bocca e iniziò a masturbarla. Le toccava il clitoride, la penetrava con le dita, le strofinava il cazzo sulle gambe. Si inginocchiò a leccarla.
“Ah ma sei bravo a leccare la figa...” disse lei. Era davvero bravo. E le stava dando un piacee immenso. Prese il vibratore e iniziò a giocare con quello, mentre la sua bocca era ancora piena del cazzo di Gianni. Il piacere di Katia era alle stelle. Come anche la sua eccitazione. Era bellissimo sentire la bocca di Marcello sul clitoride e il cazzo di lattice dentro di lei, usato, doveva ammettere, con grande maestria: spingeva insistendo sul punto g, portandola aun altro orgasmo.
“Allora, è meglio quando lo faccio io o quando lo fai tu?” chiese Marcello, dopo aver leccato tutti i suoi umori. Lei lo guardò con gli occhi socchiusi. Poi guardò Gianni.
“Aspettate...” disse. Si alzò in piedi, aprì la camicetta, sfilò le scarpe e fece scendere la gonna. Tolse la sottoveste che aveva indossato apposta per Max e il reggiseno, lasciando liberi i seni enormi. I due le si fecero vicini, incantati da tanta femminilità, fino a quel momento solo intuita. La baciavano sui seni, la palpavano, le succhiavano la lingua e lei li ricambiava masturbandoli.
“Zozzoniii!!!” diceva mentre le loro dita la frugavano nell'intimità. “Sentite qui che due pistoloni!!!” diceva, guardando i due cazzi tra le sue mani. E come in ogni film porno girato in un ufficio, uno dei due uomini si stese sulla scrivania. Lei si fiondò con la bocca sul suo cazzo. Facendogli sentire di tanto in tanto il tocco delle sue tettone. Gianni era dietro di lei, le divaricava le natiche.
“Io sono innamorato del tuo culone...” diceva, penetrandola con le dita.
“Il culo no...” disse lei.
“Ma posso leccarlo?”
“Sì, quello sì...”: Gianni la leccò. Le leccò l’ano stretto, la figa bagnata, e poi finalmente la penetrò. Ed ecco che lei fece di nuovo quell'espressione quando aveva tanta voglia di essere penetrata: “Aaahhh ha ha ha...”: un osceno misto tra una risata e un sospiro di immenso piacere. Dio che bel cazzo che aveva Gianni. E come le piaceva sentirlo. Adorava essere presa a pecorina, meglio ancora se da un bel cazzo robusto. Dopo anni col cazzo normale di Max, si meritava anche lei qualcosa di bello grosso. Si lasciava scopare docilmente da Gianni mentre Marcello si godeva la sua bocca e le sue tettone. Venne ancora, aiutandosi con le dita. Che bello godere con il cazzo del suo capo. E che bello avere due cazzi con cui giocare. Chi lo avrebbe mai detto? Bello bello bello bellissimo!!! Ma era ora di fare contento anche Marcello, adesso.
Lo fece sedere sulla sedia e si mise su di lui. Impalata. Scopava Marcello col suo cazzone enorme. Dio se era grosso. Ma bello, sentirsi così riempita… non le era mai successo. Marcello era aggrappato ai suoi seni, li succhiava, li stringeva, le prendeva il culo tra le mani. E lei godeva come non mai facendo rumori osceni con la bocca. La lingua sempre di fuori, e Gianni pronto ad approfittarne mettendole il cazzo davanti al viso. E lei… non si tirò certo indietro. Via, in bocca quello di Gianni, ancora pieno dei suoi umori di piacere. Ogni volta che Gianni si staccava da lei, la sua bocca lasciava cadere fili di saliva che ricadevano sui seni e che Marcello si sbrigava a ripulire con la lingua. Adorava giocare con due cazzi insieme. Cosa si era persa??? Quanto stava godendo??? Ah… se solo ci fosse stato Max con loro… quanto si sarebbe divertito a vederla così??? Venne ancora. Quei due erano pazzeschi. Ma adesso era giunto il momento di farli godere. Marcello non perse tempo, e la riempì di sperma. Venne dentro di lei: Katia sentì il cazzone farsi ancora più grosso, poi tremare e infine liberarsi più volte. Gianni le venne in bocca. Uno schizzo di sperma denso che non colò sui seni ma restò fermo lì, sulla lingua. Lei rise ancora in quel suo modo unico, mise la lingua in bocca e ingoiò, iniziando finalmente a rilassarsi.
Era seduta per terra sulla moquette dell’ufficio del suo capo, esausta per la cavalcata e per gli orgasmi ripetuti. Anche i due uomini erano distrutti da lei. Si guardavano e ridevano per quanto appena successo. Di sicuro lei era cambiata: aveva oltrepassato un confine dal quale non era sicura sarebbe mai riuscita a tornare indietro. Le era stato detto. “Se provi il sesso con due uomini, poi non torni più indietro...” e iniziava a pensare che quel detto fosse vero. Si rivestirono.
“Dove vai nel weekend?” chiese Gianni, annodandosi la cravatta.
“Al mare, a un’ora da qui, con Max...” disse.
“Dove?”
“A...”
“Ah bellissimo posto!!!” rispose Marcello.
“Divertiti!!!” le augurò Gianni, mentre lei usciva dall'ufficio, del tutto ricomposta.
“Sicuro!!!” disse, chiudendo la porta. Guardò il telefono. Era in ritardo di un’ora. Svariate telefonate di Max. Un messaggio. Non era la prima volta che si tratteneva al lavoro senza avvertire, ma mai se avevano appuntamento.
“Dove sei stata? Ti sto cercando da due ore… non rispondi al telefono e mi sto preoccupando...” disse lui, appena Katia rispose alla sua chiamata. Era in fortissimo ritardo e doveva pure raccontargli qualcosa. E che fosse credibile.
“Tesoro scusami ci son stati dei problemi al lavoro… non potevo risponderti...”
“Che problemi?” chiese lui.
Lei iniziò a sentirsi in colpa. Ma non erano né il caso e nè il momento di spiattellare tutto. Proprio no. Prese tempo.
“Scusa un secondo che finisco di parlare col capo e salgo in auto...” scrisse, sudando freddo.
“Presto presto presto… Katia tira fuori una palla che giustifichi il silenzio...” pensò. Non era mai stata brava a mentire, ma ora doveva fare qualcosa. A tutti i costi.
“Maria… una signora… si è fatta male e adesso vuole piantare delle grane...” inventò. “Siamo dovuti rimanere in ufficio a sistemare la cosa, capisci che non potevo risponderti...” disse.
“Tranquilla, spero solo abbiate risolto… dai che ti aspetto che andiamo via stella!!! Un bacione!!!”
Si sentiva in colpa? Boh…? Di sicuro era stata una sensazione favolosa. Era emozionata all'idea di quanto si era appena prestata a fare. Sesso con due uomini… che figata!!! Ma aveva tradito Max… aveva fatto alle sue spalle quella cosa che gli aveva sempre negato… vabbè, non sarebbe mai più successo. Corse da lui, con il sapore della sborra di Gianni ancora nella bocca. Lo baciò. Senza pensarci. Andarono all'albergo e scoparono, senza nemmeno cenare: lui eccitato da lei, lei eccitata da lui ma anche da quanto aveva combinato appena pochissime ore prima. Lui le annusò i piedi, come piaceva a lei. Li baciò, facendola vibrare tutta come le succedeva ogni volta che lui le prendeva in bocca le dita. La fece godere. Come sapeva fare lui, in quel modo che la portava a bagnare il materasso, scopandola prima con la mano e poi col cazzo. Venne dentro di lei, dove Marcello aveva goduto senza ritegno. Quanto si sentiva zoccola. Ma così eccitata da quel gioco proibito. Le piacevano, i giochi proibiti. Dormirono e fecero colazione. Non doveva più pensare a quanto successo ieri. Stop. Finito. Sesso a tre? Lo avrebbe fatto solo con Max, da ora in avanti. Gliel’avrebbe buttata lì. Lo avrebbe convinto che le andava di provare, come se non lo avesse mai fatto prima e poi avrebbe preso il via. Gianni la chiamò.
“Scusami se ti disturbo...”
“Dimmi...” disse.
“Apri Whatsapp per favore...”
“Ok...” Gianni chiuse la comunicazione.
“Problemi patatona?” chiese Max.
“Boh, era il mio capo… aspetta, devo leggere un messaggio...”: aprì whatsapp.
“Siamo a mezz'ora di strada da te. Io e Marcello ti aspettiamo… vieni…”
Pazzi. Erano pazzi. E lei… non seppe resistere. Tornò dal suo ragazzo e fece finta di incazzarsi.
“Cazzo!!! Lo sapevo!!!”
“Che c’è?”
“Aspetta faccio una telefonata e arrivo, perdonami amore...” disse, dandogli un bacio sulle labbra e uscendo dall'hotel.
Chiamò Gianni.
“Che è questa storia?”
“Dai che hai capito benissimo...” disse Gianni.
“Ma siete impazziti??? Scordatevelo!!!” disse poco convinta, anzi eccitata dal gioco cui stavano giocando i due.
“No. Ti vogliamo. E ti aspettiamo. Sappiamo che verrai… trova una scusa e vieni. Dai...”
“Pazzi. Stronzi. Maledetti!!!” disse sottovoce.
“ Albergo Pezzolati, via Roma 37. Chiedi della stanza del signor Mazzoleni. Sei attesa.”
“Arrivo… datemi il tempo di sganciarmi...”
Rientrò da Max, già bagnata all'idea di quello che avrebbe fatto di lì a poco.
“Allora? Di che si tratta?” chiese lui.
“Ancora la storia di ieri… non è possibile… senti io non ho il coraggio di dirtelo...”
Lui la guardò negli occhi e non si scompose.
“Beh, provaci...”
“Devo andare via. La tipa che si è fatta male sta piantando grane ed è al lavoro col suo avvocato… cazzo ma proprio oggi!!!”
Ancora una volta lui fu comprensivo.
“Senti, se devi andare, vai… ti accompagno...”
“Ma no, è questione di poche ore dai!!!” disse, preoccupata di non riuscire a sganciarsi da lui. “Guarda, prendo l’auto, vado, sistemo e torno. Tu ti rilassi e mi aspetti qui per il nostro weekend, va bene?”
“Hmmm va bene dai. Facciamo così!!!”
Katia salì in camera, si lavò, indossò le sue autoreggenti preferite, intimo provocante, dei pantaloni eleganti e degli stivaletti col tacco. Scese e trovò Max che leggeva il giornale nella hall.
Gli diede un bacio.
“Guarda, ho messo le calze che piacciono a te… così prendono il mio odore e quando torno ci giochi, ok ?”
“Non vedo l’ora, ti aspetto!!!”: si baciarono con passione e lei andò via. Sentendosi un po' in colpa per tutte le palle che gli stava cacciando. Ma fanculo, si sarebbe goduta quell'esperienza.
Arrivò all'albergo che le era stato indicato. Elegante, la hall dipinta nei toni del grigio con inserti di legno a vista e quadri d’autore, faceva presagire molto bene. Purtroppo Gianni non era in camera. E nemmeno Marcello. Chiamò Gianni al telefono.
“Ciao zozzona…” rispose. “Sono andato via un momento… Marcello è con me… vai a prendere un caffè al bar Luna. Lo trovi già pagato da parte mia. Tra mezz'ora saremo lì, ok? Scusami del disguido, davvero, poi ci facciamo perdonare...”
si recò al bar Luna, distante un centinaio di metri. Parlò col barista.
“Ah… la signora Katia!!! Sì sì sì!!! Benvenuta!!! disse con un sorriso caloroso e sinceramente gentile. “Il signor Gianni mi prega di darle questi...”: tirò fuori dal bancone un bellissimo mazzo di rose rosse. Era piacevolmente sorpresa dall’omaggio che perdonò a Gianni e Marcello lo sgarbo di non essersi fatti trovare subito. Di sicuro, ci sapevano fare.
Gianni la chiamò.
“Zozzona!!!”
“Hey… grazie delle rose… sono bellissime… sei arrivato?”
“Siamo qui che ti aspettiamo… vieni presto… non vediamo l’ora di averti...”
“Arrivo subito...” e poi aggiunse, a bassa voce: “zozzone...”
Quasi di corsa, febbricitante per l’incontro che l’attendeva, salì in stanza da Gianni.
Bussò.
“Entra, tesoro…” disse la voce di Marcello. C’erano tutti e due… benissimo… non ce la faceva più dal desiderio…
I due erano già nudi sul letto, con i loro cazzi durissimi già pronti a essere succhiati e accolti in sé. Che spettacolo!!!
“Spogliati...” fece Gianni. Lei si spogliò, rimanendo solo con le calze e le mutandine col buco sulla vagina.
“Sei stupenda...” le dissero. La fecero sedere sul bordo del letto. La baciarono sul collo, dietro le orecchie, la accarezzavano. Lei teneva in mano i loro cazzi. La stavano facendo impazzire con quei baci e con quelle carezze. Sentire quelle mani che la esploravano… che meraviglia…
Gianni la bendò. Non aveva mai fatto niente del genere.
“Facciamo un gioco...” disse. “Dovrai riconoscere, con la bocca, chi è Gianni e chi è Marcello… ci stai?”
“Ci sto!!!” disse entusiasta.
Iniziò. Grossissimo. Marcello. Indovinato. Si scambiarono di posto. Meno grosso. Gianni. Giusto. Si scambiarono ancora… o forse no? Non capiva se si erano scambiato effettivamente di posto o se lo facevano solo per confonderla. La penombra della stanza, la benda e l’eccitazione intorbidivano i suoi sensi. Fece per prendere di nuovo in bocca i tre cazzi. Alt. Tre? Tre? Tre? Ma non erano due??? Che gioco era questo? Avrebbero dovuto chiederle se potevano invitare qualcuno. Non era una troia!!! Tolse la benda. Max??? Che cazzo ci faceva lì??? E non era per niente incazzato!!! Che storia era questa???
“Visto che con me non lo vuoi fare in tre… ho chiesto al tuo capo un aiutino… e lui si è prestato volentieri… come ti sei prestata volentieri anche tu… vero?” disse, guardandola negli occhi. Beccata. Non poteva certo mentire.
“Ma… ma… ma...” disse. “La telefonata di ieri sera…?”
“Non ero preoccupato. Sapevo perfettamente dov’eri...”
“E...”
“E… e sapevo cos’era successo. Appena sei andata via Gianni mi ha chiamato e raccontato tutto; e ci siamo messi d’accordo per questa mattinata tutti insieme...”
“Maledetto sei un maledetto!!!” disse, adombrandosi.
“Andiamo… non sei nella posizione di incazzarti troppo, vero? “disse Max. Lei ci pensò. Non aveva tutti i torti. Si sentiva presa in giro, vero, ma in fin dei conti anche lei aveva giocato sporco. E non poco.
“Quindi...”
“Quindi sono stato io a mettere in piedi tutto, e a dire al tuo capo dove trovare il vibratore… e di provarci con te insieme a Marcello… per quanto riguarda il resto, mia cara ZOZZONA… ho solo dovuto contare sulla tua collaborazione...”
“Ecco perché non ti sei infastidito quando ti ho detto che dovevo andare via… sei davvero un grandissimo bastardo… E dimmi come hai fatto ad arrivare prima di me? Io ho corso per venire qui...” chiese.
“Taxi. E un caffè pagato in un bar lontano dall'albergo ha fatto il resto…”
“Hai pensato proprio a tutto, eh?” disse lei. Iniziava a sentirsi sciolta, anche se non sapeva perché. O meglio, lo sapeva dentro di sé. E anche molto bene, lo sapeva. Inutile fare la finta santa. Sentiva che Max lo aveva fatto solo per far crescere una certa complicità tra loro. E in quel momento la sentiva, quella complicità: vedeva il cazzo di Max durissimo davanti al suo viso, insieme agli altri due. Lei era eccitata e lui per nulla arrabbiato, anzi nel suo sguardo coglieva un’immensa passione. No, non poteva odiarlo per quello scherzo. Al massimo, essergli riconoscente per averle aperto un mondo che altrimenti le sarebbe stato precluso per sempre.
Tirò fuori la lingua. Toccò uno alla volta i tre cazzi sulla cappella con la punta delle dita, facendoli scattare come molle.
“Siete tre zozzoni...” disse, iniziando a succhiarli uno a uno. “E tu… aaahhh… haaa… haaa… sei un cornuto… guarda qua...” fece poi, rivolta a Max, impalandosi piano piano sul cazzone durissimo di Marcello.
Fine.



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