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Lui & Lei

La coinquilina


di AndreaCork
07.10.2020    |    3.996    |    1 8.7
"“Beh… ero irresistibilmente attratto da lei, con una scusa o con l’altra mi infilavo per giocare sotto il tavolo..."
“Che fai, scusa?” chiese Alice.
Lui si sentì morire di vergogna.
“Perchè annusi le mie scarpe?”
Lui non rispose. Sgamato come un coglione. E lei, in pigiama, appoggiata alla porta del ripostiglio, le braccia incrociate sul petto e l’aria severa, aspettava una risposta. Erano le tre di un sabato notte. E lui si era voluto togliere uno sfizio. Peccato che lei si fosse svegliata per fare pipì proprio in quel momento.


Condividevano l’appartamento. Non facevano sesso insieme. Erano solo amici che dopo una serie di eventi avevano deciso di aiutarsi a vicenda dividendo le spese per vivere. Sì, lui avrebbe fatto sesso molto volentieri con lei ma non aveva il coraggio di dichiararsi per non creare imbarazzi. Avevano entrambi una vita privata, ma lui voleva lei. La guardava, quando si aggirava per casa, la desiderava, voleva le sue tette enormi, il suo viso, la sua pelle. Voleva quei piedi che lei non mancava mai di mostrargli: che fossero fasciati da splendie calze velate o solo con semplici infradito, suscitavano in lui un desiderio quasi incontrollabile, di cui lei era completamente all’oscuro. E senza saperlo, lo eccitava quando sciabattava per casa senza togliere i collant: usanza ormai persa tra le ragazze della loro generazione, che sembravano evitare quell’indumento come se fosse qualcosa di vietato dalla legge. Lei no. Le portava molto spesso. E lui… guardava. Ma non aveva mai avuto il coraggio di parlarle di quella sua passione per i piedi femminili. Seduta a tavola o sul divano, cenava con lui, si raccontavano la giornata, e lei giocava infilando e sfilando i piedi di continuo. Faceva dondolare quelle ciabatte di sughero con un po' di zeppa. Di nascosto da lei, non potendo avere altro, annusava le sue scarpe e le sue calze… masturbandosi immaginando lei. Sentiva il suo odore in quelle scarpe usate, in quei momenti di ebbrezza immaginava la sua vagina, scopata da mille amanti più o meno occasionali, e immaginava lui… dentro di lei. Alzandole le gambe oltre le spalle, facendo godere lei, godendo di lei, annusando i suoi piedi che portavano l’odore di una giornata di lavoro.
Immaginava lei di fronte a lui, seduta su divano, che si faceva annusare prendendolo in giro:
“Puzzano, eh?” gli chiedeva nelle sue fantasie. “Ci credo che puzzano… le calze le ho addosso da ieri… ti piace, eh???” diceva Alice, cattiva.
“Ora toccati… forza...” gli ordinava. E lui obbediva per qualche minuto, per poi stravolgere gli ruoli. Fino a diventare il maschio arrogante che sapeva bene di essere, quello che a letto sa come far godere una donna, che sa cosa vuole una donna, che sa come una donna vuole essere guardata e toccata. E il suo cazzo duro lo faceva godere mentre si masturbava sentendo l’odore di lei.
Tutto quello che poteva avere da lei era questo: brevi momenti di fantasia, intervallati da lunghe pause di atroce tortura in cui quella donna lo faceva impazzire senza rendersene nemmeno conto, rubati quelle volte che lui si trovava da solo in casa. E quante volte di nascosto aveva sborrato in quelle ciabatte usate, in quei sandali, in quelle scarpe. Immaginando che fosse il corpo di lei, la bocca di lei, la vagina di lei.

“Allora?” lo incalzò lei. Ancora lui fissò lo sguardo sui piedi di lei. Anche da incazzata sapeva come essere eccitante: aveva incrociato le gambe e un piede si era staccato dalla suola delle ciabatte. E lui si eccitò al pensiero dei piedi di lei a contatto con i residui del suo sperma.
“Mi devi spiegare cosa stavi facendo. Sei un feticista? Eh?”
Lui la guardò, umiliato per come era stato scoperto.
“Dunque? Io aspetto una risposta e non me ne vado da qui finché non mi hai convinta, chiaro?”
“Scusami… io...”
“No, le scuse sono il minimo. Dimmi cosa stavi combinando...”
“Sì...”
“Sì cosa?”
“Lo sono...”
“E ti devi prendere le mie scarpe? Senza nemmeno chiedere poi… ma vaffanculo và...”
“Non...”
“Non? Non cosa? Eh???”: era cattivissima. Più che parlare, sibilava.
“Non mi...”
“Non ti…? La smetti di balbettare? Mi sto irritando!!!”:
“Scusami… io… tu non mi avresti mai detto che potevo farlo...”
“Infatti. Non ti avrei mai permesso di farlo, coglione!!!” rispose.
“Non succederà più...”
“E vorrei ben vedere!!! E adesso metti via quelle scarpe e levati dal cazzo!!! Le mie scarpe!!! Cazzo!!! Coglione!!! Idiota!!!”
Lui umiliato mise le scarpe nella loro scatola e passò di fianco a Alice.
“Avresti anche un bel cazzo… guarda lì… ma proprio così devi usarlo???” osservò Alice, notando l’erezione nei pantaloni da ginnastica di lui.
“Non...” disse, andando verso la sua camera.
“Non?”
“Niente...”
“Niente un cazzo!!!”
“Non lo uso così… non solo così...”
“Eh sì… certo… ma cosa ci troverai nei piedi???”
“Scusami Alice… non lo so cosa ci trovo, mi attraggono e basta, ok? Scusami, scusami, scusami, sono mortificato...”
“Va bene. Mi passa, ma ora lasciami in pace.” disse così, secca.
In realtà aveva capito al volo la passione di Andrea, e si stava solo divertendo a farlo impazzire rigirando il coltello nella piaga dell’umiliazione. Dentro di sé rideva come una matta e gli faceva piacere suscitare un certo desiderio per una cosa che alla fine però non aveva mai provato. Aveva fatto sesso anale, anzi lo faceva regolarmente, aveva provato giocattoli, un po' di esibizionismo, di esperienze ne aveva fatte. Ma dominare un uomo con i propri piedi, mai. E la cosa, con sua immensa sorpresa, le procurava una sottile eccitazione. Guardò Andrea andare verso la sua camera da letto. E istintivamente, all’idea di lui con la faccia tra i suoi piedi, si sfiorò la vagina che non avrebbe mai immaginato di trovare bagnata. No, questa cosa non se la sarebbe mai immaginata. Eccitata da quella cosa??? Quante volte quindi, aveva camminato con le scarpe sporche dello sperma diAndrea??? E si ritrovò a masturbarsi pensando a un uomo che le scopava e baciava i piedi. E quello che la sconvolgeva era che quell’uomo iniziava ad avere il viso di Andrea. La mattina dopo lo braccò letteralmente, mentre lui usciva di casa senza farsi sentire.
“Vieni qui!!!” disse, uscendo dalla sua camera, ancora in pigiama.
“Dimmi...” disse lui, faticando a guardarla in faccia, vergognandosi ancora come un ladro.
“Questa passione per i piedi, da dove viene? Cosa ti piace… come… voglio sapere tutto...” disse. Il suo tono era perentorio ma i suoi pensieri erano carezzevoli, divertiti e… desiderosi di lui e di quei giochi che le aveva suggerito facendosi beccare.
“Te lo dirò… ok… ma non ora.”
“Come mai?”
“Insomma!!! Mi vergogno ok?” sbottò. “Non è facile dirtelo, visto il modo in cui mi hai beccato va bene???”
“Sei tremendo!!! E insomma una spiegazione me la devi, chiaro?” chiosò lei. “Hai da fare oggi?” chiese.
“No...” rispose lui.
“Sono ancora incazzata, e ti devi fare perdonare.”
“E cosa devo fare per farmi perdonare? Sentiamo!!!”: ok era stato colto a fare una cazzata ma non voleva che lei giocasse con lui come il gatto col topo. Se aveva qualcosa da dire che lo dicesse e basta. A costo di doversi cercare un altro posto dove andare a vivere. No, non aveva intenzione di lasciare che lei giocasse con lui. Aveva chiesto scusa, era dispiaciutissimo, la cosa non si sarebbe ripetuta, sarebbe stato al suo posto e basta. Punto. Ma basta davvero. Glielo disse.
Lei gli puntò il dito in faccia.
“Calmati. E subito anche, chiaro? Hai fatto una cazzata immensa ieri. E son sicura che non è nemmeno la prima volta, vero?”
Lui fece per dire qualcosa ma lo sguardo di lei gli mozzò qualunque tentativo di parlare, come una motosega.
“Non!!!Dire!!! Niente!!!” Si avvicinò a lui. I seni ballavano sotto la maglietta, non trattenuti dal reggiseno. Lui non potè fare a meno di notarli.
“Alle due e mezza qui. Oggi mi porti a fare shopping. Se fiati, ti sputtano. Chiaro?” rideva ancora, dentro. Lo aveva perdonato, eccome, si era masturbata della cosa, sì, e poi ci aveva riso su. E ora voleva divertirsi un po'.
“Shopping?” disse lui. Si sarebbe aspettato tutto, ma di cavarsela così a buon mercato, proprio no.
“SHOP-PING!!!” fece lei, scandendo le sillabe.
“V… va bene...”
“Ora vai a prenderti il caffè. E portami una brioche alla crema. Poi sei libero. Fino alle due e mezza. Andare, raus!!!” disse, chiudendogli in faccia la porta della sua camera. Lui le portò la brioche e se ne andò. Non capiva quanto lei ci stesse giocando e quanto fosse incazzata nera. Entrò in casa che lei era in doccia e le lasciò un biglietto accanto alla brioche. “Scusami” c’era scritto.
Quando lei lesse il biglietto, rise. C’era rimasto proprio male… e lei che si stava divertendo così tanto… cosa sarebbe successo il pomeriggio? Di sicuro lo avrebbe torturato un po'.
Arrivò puntuale e lei lo attendeva sul divano, già pronta.
Un vestito nero attillato le esaltava le forme, complice anche la cintura in vita; i seni erano nascosti ma non troppo e le calze color carne con la punta rinforzata lo fecero sobbalzare di desiderio. Prima di uscire indossò delle decoltè spuntate. Immediatamente il suo cazzo si fece durissimo.
Lei si leccò istintivamente le labbra sottilineate dal rossetto delicato alla vista dell’erezione di lui, appena nascosta dai jeans.
Lui notò la cosa e immaginò la lingua di lei sul suo cazzo. Forse forse, sarebbe stato un pomeriggio divertente. Non avevano mai condiviso tante cose da quando erano insieme. Mai che avessero fatto una gita o un’uscita insieme per andare a cena fuori. Forse non sarebbe stato così malaccio portarla a fare shopping.
Fecero una passeggiata in centro città e si fermarono per un caffè. Alice, appoggiata al banco del bar, non mancò di far scivolare il tallone fuori dalla scarpa. Lui avrebbe voluto far finta di nulla ma non ci riuscì: l’occhio cadde sulle sue gambe e sui suoi piedi. Li tolse dalla scarpa strofinandoli uno alla volta sui polpacci, producendo quel fruscìo tipico delle calze di nylon che lo faceva rabbrividire di piacere.
“Ti piace proprio, eh…?”
“...” Andrea non disse nulla.
“E pensa che non ci stavo nemmeno pensando a quello che facevo. Ci ho pensato solo quando ho visto come mi guardavi...”
Ancora non disse nulla.
“Beh? Ti sei imbarazzato? Tu???” chiese, con una punta di sadico intimo piacere.
Già… si era imbarazzato? Lui? No… o almeno non credeva. Anzi, godeva immensamente di quella provocazione. Girarono per negozi dove lei provava vestiti e scarpe, chiedendogli consigli e pungolandolo di continuo.
“Forse queste stanno meglio senza calze, che dici? O ci vorrebbero delle calze di un altro colore… eh? Queste mutandine con questo reggiseno? Questa gonna… non mi fa un po' zoccola?” chiedeva lei.
Camminarono ancora. Si sedettero su una panchina del parco e lei ancora lo fece impazzire. Maledetta… parlavano e ridevano.
Mentre lui le raccontava delle cose della sua vita che non sapeva, lei accavallò le gambe. Reggendosi il viso con la mano, si divertì a sfilare le scarpe di continuo. Lo conquistò quando si sistemò la cucitura delle calze, permettendogli di vedere le unghie smaltate di nero.
“Andiamo a casa, ho fame Andrea...” disse a un certo punto. “E i tacchi stanno iniziando a darmi fastidio… preparo io stasera ok?”
“Va bene...”
Arrivarono a casa.
“Scusa, questi tacchi li devo togliere davvero… mi stanno uccidendo...”: scalciò via le scarpe e sparì. Quando tornò aveva ai piedi quelle ciabatte che lui adorava. Terribile. Quelle ciabatte di sughero… che nessuna donna usava più da un sacco di tempo… niente di particolarmente provocante, anzi!!! Normali ciabatte da casa in sughero con la fibbietta di pelle. E lui pensò seriamente di essere sull’orlo di un collasso mentale.
“Beh? Sembra che tu abbia visto un fantasma...” disse Alice. Andrea rise, ormai piacevolmente divertito. Non aveva capito il suo gioco, ma chiaramente lei si stava divertendo a provocarlo.
“Credo che inizierò a spiegartelo ora, come stanno le cose...”
Lei si appoggiò al muro, con una mano sul fianco.
“Ti ascolto...” disse, lasciando incrociando le gambe e lasciando che un piede si staccasse dalla ciabatta.
“Quelle ciabatte… sono come quelle di quella donna, un’amica di famiglia che passava a casa mia il sabato sera quando ero bambino, quelle volte che i genitori dovevano lasciarmi solo...”
“Interessante...” vai avanti. Lo guardava con interesse, si diresse verso la cucina e iniziò a far da mangiare.
“La Teresa... gran bella donna, sai? Con gambe meravigliose. Si sedeva al tavolo in salotto e iniziava a cucire. Indossava proprio quelle ciabatte. Una donna d’altri tempi: non mancava mai di indossare calze di nylon, anche per stare in casa… ed era una donna semplicissima; non era una figona, una modella o che, ok? No no no no no no… proprio la classica donna della porta accanto, ma con un sex appeal che… cazzo… micidiale...”
“E tu ci andavi matto...” disse girandosi a guardarlo.
“Beh… ero irresistibilmente attratto da lei, con una scusa o con l’altra mi infilavo per giocare sotto il tavolo. E giocando con le macchinine mi avvicinavo di nascosto a quei piedi perfetti e li annusavo… sentivo l’odore del sughero, della calza, della pelle della Teresa… un odore particolarissimo che mi faceva impazzire...”
“Puzzavano…?”
“No… era un odore… che mi piaceva...”
“Ah… ti piace annusarli quindi i piedi...”
“Sì...” disse, vergognandosi di quella sua passione strana.
“Questo discorso mi è simpatico, non me lo hanno mai fatto…” dicendo questo, pensò a quei due o tre uomini che si era portata a casa nelle sere in cui lui non c’era: nessuno che avesse dedicato la benchè minima attenzione ai suoi piedi. No. Tre bei cazzoni che l’avevano fatta saltare per bene, sì, aveva goduto… ma in maniera un po' troppo ordinaria. Cose che avevano lasciato il tempo che trovavano, niente di memorabile. Fu riportata alla realtà dalle parole di lui.
“Potrebbe piacerti anche se magari all’inizio potrebbe imbarazzarti...”
“Quindi sta tutto lì… nell’odore...”
“No, anche nel come giochi con la scarpa...”
“O con le ciabatte...”
“Anche… certo...”
“Quindi gli stivali non ti piacciono...”
“Visto che guardo il gioco… no, non mi piacciono...”
“Capito...” disse, salando l’acqua per la pasta che iniziava a bollire.
“E ci hai mai combinato qualcosa, con questa signora?”
Lui continuò a raccontare aprendo una bottiglia di vino rosso.
“Lei scherzando mi diceva: Che fai? Guardi le mutande alla Teresa? Io mi imbarazzavo e mi allontanavo un po', ma poi mi avvicinavo di nuovo, e guardavo, e annusavo…”: versò un bicchiere di vino e glielo porse. Lei bevve e glielo restituì. Lui non si era mai aperto con nessuno in quel modo, nessuno sapeva come era nata questa sua passione. Alice era la prima persona a saperlo. E lui un po' si divertiva, in quell’atmosfera di confidenza particolare che si stava creando con quella sua amica.
“Bevi tu, ora… certo che sei proprio un maiale… se avessi immaginato che queste ciabatte ti facevano questo effetto, non le avrei messe...” rise.
“Quale effetto?” rispose lui alla battuta di lei.
Lei tirò indietro un piede e sfilò una ciabatta; lui notò il segno delle dita nella suola.
Alice gli mise una mano sul pene duro. La mosse su e giù.
“Questo effetto… cretino...”
“Perchè? Ti dà così fastidio farmi questo effetto? Che poi, scusa, è tutto oggi che mi torturi...”
“Non so...” disse, con malizia. Continuò a stringere e a muovere la mano. Col viso si avvicinò a lui. Niente da fare, era eccitata all’idea di Andrea che le annusava i piedi. Era eccitata dai suoi discorsi e sì, lo doveva ammettere… da lui.
“Vero che è tutto il giorno che mi diverti… ma poi magari i miei piedi puzzano e ti danno fastidio...”
“Non credo proprio mi darebbero fastidio...”
Lei gli si avvicinò ancora di più. Andrea poteva sentire il suo respiro. Lei lo stava letteralmente masturbando.
“Dimmi un po'…” fece Alice, sfilando una ciabatta… “Li vorresti?”
Lui abbassò lo sguardo, fissò il piede di lei, poi il seno, impercettibilmente fu lui ad avvicinarsi al suo viso. Certo che li voleva. Ma voleva anche baciarla e possederla, ma non sapeva quanto lei stesse giocando e quanto lo volesse… e non rispose.
Timorosa di avere esagerato si ritrasse, ma con i sensi in subbuglio per quel gioco che stava crescendo tra loro, e con un’eccitazione terribile tra le gambe al punto da renderle fastidiose le mutandine. Continuò a cucinare, sbuffando per il desiderio e per la frustrazione che le creava Andrea che non si decideva a saltarle addosso. Ormai era chiaro, se in un primo momento si era incazzata come una bestia nel vederlo masturbarsi con le sue scarpe, ora lo voleva con tutta se stessa. E vedere che lui non la baciava le creava una frustrazione immensa. Era stata troppo dura? Lo aveva bacchettato troppo? No. Era a tutti gli effetti incazzata. In quel primo momento si era davvero sentita invasa nelle sue cose. Non aveva esagerato. Lo aveva mortificato. Vero. Ma ora lo voleva e gli aveva fatto capire chiaramente quanto lo volesse.
Andrea versò il vino e Alice servì la cena. Sedettero e chiacchierarono. Lei per tutto il tempo non smise di giocare con le ciabatte: lui poteva sentire chiaramente i rumori che provenivano da sotto il tavolo. Maledetta, lo stava torturando. E talvolta, muovendosi, il suo piede lo sfiorava. Talvolta era lui a fingere di grattarsi la gamba, per poterla solo sfiorare per mezzo secondo, lievemente, sentendo quasi solo il calore della sua pelle.
A fine cena presero un po' di aria in terrazzo. Si guardavano. Giocavano con gli occhi. Non era più solo una questione di piedi, di calze, di scarpe. Lui la voleva proprio. La sua voce lo colpiva come un pugno anche solo per dirgli: “passami il sale, per favore...”
Ma lei non aveva finito di provocarlo, avendo capito quanto lui si eccitasse a parlare con lei della sua passione. La libertà che sentiva nel poterlo fare, nel poterla guardare… lo faceva impazzire. E lei ci giocava.
“Parlami ancora di questa passione...”
“No. Parlami tu di te… dimmelo. Qual’è la cosa che non faresti mai?”
“Rimanere senza sorriso...” rispose Alice andando in casa. “Mi è successo per un periodo e non voglio che mi succeda mai più...” lo attese sull’uscio.
“E la cosa più pazza che tu abbia mai fatto?”
“Mah anni fa… bevevo e mi divertivo… fare l’amore nel bosco… niente di che… e tu? Dimmela tu, la cosa più estrema che ti sia mai capitata… dai… secondo me ne hai da raccontare…”
“Non so se sia il caso...”
“Racconta!!!”
“Ok… con qualche ex ho fatto sesso a tre. Con due uomini...”
“Nooo!!!” disse chiudendo la porta. “Forte!!! Racconta!!!”
“Beh le prime avvisaglie ci son state con la tedesca con cui stavo… mi aveva raccontato che aveva provato da ragazzina a farlo… e io ci son rimasto un po': ero giovane e pensavo di essermi innamorato di una poco di buono. Ma poi il tarlo ha iniziato a rodere dentro e la cosa ha iniziato a eccitarmi. Poi con la ragazza che ho avuto dopo di lei, una sera, a Parigi… è successo...”
“Dai… e…? Racconta!!!” Andrea si sedette a tavola, e Alice si sedette proprio sul tavolo dove avevano cenato. Lasciò cadere le ciabatte a terra e mise i piedi su una sedia.
“E in un cinema porno… si siede vicino a noi un nero. Inizia a palparle le gambe… e poi se lo tira fuori...”
“Non ci credo!!!”
“Giuro… si è tirato fuori il cazzo… che faccio, mi chiede lei...” raccontò Andrea a lei che non credeva a quanto sentiva. Andrea ricordò in quel momento la sensazione del cuore in gola nel momento che le disse che se voleva, poteva toccarlo…
“E lei che ha fatto?”
“Eh glielo ha preso in mano… e rideva...”
“Rideva? E tu come ti sentivi?”
“Sì, rideva!!! Pensavo… che troia… maledetta… ero gelosissimo in quel momento, ma eccitato da morire, e ho scoperto che la gelosia mi eccitava da impazzire… un secondo pensavo che fosse una maledetta troia schifosa e che mi stava tradendo e il secondo dopo speravo che si sedesse su di lui mentre anche io le toccavo le gambe, alzandole la gonna… io le chiedevo se le piaceva… e lei mi diceva che le piaceva un sacco...”
“Cazzo ma è bellissimo!!!”
“Guarda, onestamente è una sensazione stupenda… vedi la tua donna come se fosse la tua pornostar personale… ti manda in orbita… ma la cosa è finita lì… si è fermata e mi ha chiesto di tornare in albergo, dove abbiamo scopato come matti...”: in quel momento Andrea pensò che con Alice lo avrebbe fatto, in tre. Oh sì, lo avrebbe fatto eccome!!!
“Ah ma non avete fatto altro...”: scese dalla tavola, prese le ciabatte in mano e si sdraiò sul divano. I suoi piedi toccavano le gambe di Andrea.
“La sera dopo siamo andati in una spa annessa a un sexy shop. Si girava solo con il pareo… e lì è successo. Sempre con un nero… ecco, lì siamo andati avanti fino alla fine. E non si è tirata indietro...”
“Cioè…?”
“Cioè lui ha iniziato a seguirci, si è presentato, ci ha fatto fare un giro nella spa per farci vedere come funzionava… dove stavano le docce, le saune, le camere per appartarci… siamo entrati proprio in una di queste stanze e io per primo ho tolto il pareo. Lei era una che se vedeva un cazzo duro non esitava a metterselo in bocca. Si è inginocchiata e mi ha preso in bocca, così, dritta senza un problema...”
“che figata… e poi…?” Alice lo incalzava spingendo i piedi sulle gambe di lui. Lui aveva il cazzo durissimo: sentiva il calore dei piedi di Alice su di sé e intanto immaginava lei, al posto della sua ex… vedeva il suo cazzo nella sua bocca, mentre il nero la scopava facendole sobbalzare le tettone. Immaginava il viso di Alice sporcato del loro sperma, Alice che si ripuliva con la lingua, Alice che lo prendeva per mano e lo riportava in albergo bevendo una birra comprata per strada in uno di quei negozi aperti fino a tarda ora.
“E poi anche lui si è spogliato. Lei mi ha guardato… io le ho fatto segno che poteva. E si è data da fare… cazzo stavo impazzendo quella sera: un misto di eccitazione e gelosia, che ti crea un subbuglio come quando prendi uno spavento enorme: stessa sensazione. Poi pochi mesi dopo ci siamo lasciati senza farlo mai più, ma mi è successo altre volte… con altre persone...”
“Ma ti stimo da morire per essere così aperto!!!”
“Eh ci deve essere una bella complicità… basta che il terzo sia il gioco a disposizione della coppia… la fantasia è della coppia. Lei al centro delle attenzioni di due uomini...”
“Quindi non ti piacerebbe che la tua donna veda altri da solo...”
“Sì!!! Ma solo se sono al corrente del gioco, deve essere comunque una cosa nostra. Non solo sua...”
“Ah… ti piace essere cornuto...”
“Se vuoi metterla così… ma voglio comunque in qualche modo la mia parte di divertimento. E sì, preferisco essere presente… la complicità non deve mai mai mai venire meno, sai?”
“Capito… e allora… questa cosa dei piedi...”
“Dimmi...”
“Che ti pice annusarli l’ho capito, ma poi…?”
“Beh vedi… il gioco della scarpa che dondola… il piede che entra ed esce… mi piace vederlo. Te l’ho detto. Gli psicologi dicono che a livello istintivo ti ricorda l’atto della penetrazione… non so se sia così, ma di sicuro mi colpisce forte… la forma della scarpa… la calza che crea effetto vedo-non vedo e quell’odore che si forma… a livello personale invece ti direi che una donna a piedi nudi è più nuda di una donna senza vestiti. Io la penso così...”
“Concordo...”
Andrea aveva il cazzo duro da tutto il giorno per colpa di lei.
“Annusali… coraggio!!!” disse, mettendogli in faccia i piedi.
Andrea impazzì.
“Davvero?”
“Io leggo un po'. Ho il mio libro...” disse, muovendo le dita.
Non credeva a quanto sentiva. Una donna che si metteva sul divano leggendo un libro mentre lui poteva annusarle i piedi liberamente… uno dei suoi sogni erotici più forti!!!
Alice prese il suo libro, Andrea si inginocchiò sul tappeto. Annusò, più volte. Baciò le piante. Lei rise un po'.
“Ti imbarazza?”
“No no, fai… io leggo...” e iniziò a leggere. Le piaceva davvero. La eccitava. Un po' la imbarazzava, ma in realtà era soprattutto una pazzesca piacevole eccitazione.
Andrea era inebriato dell’odore di lei.
“Allora? Puzzano?” gli chiese, guardandolo appena.
“Oh no!!! Hanno un odore… fantastico...”
“E’ tutto oggi che porto queste calze, se puzzano le cambio...”
“Smettilaaa che è una meraviglia!!!”
Lei leggeva il suo libro, o meglio cercava di leggerlo: la distrazione era troppo forte, e anche… perché no? Decisamente divertente. Aveva già letto dieci pagine, ma se le avessero fatto delle domande, non avrebbe saputo dire niente di più del titolo di quel romanzo.
Lo guardava. Guardava più lui dei libro. E sì che era un’avida lettrice. Era riuscito a distrarla. Con niente.
No, non era solo divertente: avere un uomo che le adorava i piedi in quel modo… la stava eccitando. Se prima era solo incuriosita e imbarazzata, adesso era solo eccitata. Sapere che anche lui era eccitato da morire, poi… lasciò cadere il libro e si girò sul fianco: adorava come lui le accarezzava i piedi, la delicatezza con cui si prese le sue gambe, risalendo fino alle natiche.
“Beh? Non si era parlato del culo...”
“E allora smetto...”
Lei si mise a sedere. Andrea si avvicinò a lei. Le annusò per un attimo anche le ciabatte. Adorava l’odore di Alice.
“E ora che fai?”
“Niente...”: le si avvicinò, infiò il viso nell’incavo della spalla di lei e le morse la pelle. La baciò. Sentì anche lì il suo odore. Risalì verso il viso, si prese le sue guance e le sue labbra mentre le mani di lei si infilarono sotto la maglietta a spogliarlo. Le loro labbra si cercarono come se un solo secondo senza un contatto fosse un anno di vita perso. Furono nudi. Esplorandosi con la bocca e le mani, lei impazzì al contatto con il cazzo durissimo di lui, e lui bevve da lei, i primi umori di eccitazione che uscivano dalle labbra sotto il triangolo di pelo.
Alice gli regalò la sua bocca. Inondò il glande di saliva che colava di continuo: lo baciò, lo prese in bocca, gli fece sentire la lingua. Poi lo prese per mano e lo condusse in camera da letto. Lei, eccitatissima si aprì per lui: non la baciò ancora, non le succhiò il clitoride, non degustò ancora i suoi umori: la penetrò. Deciso, ma con dolcezza. E la baciò sui seni enormi, le baciò le braccia, il viso… si toccavano, godendo dei respiri che si regalavano. Lei venne spingendo col bacino verso di lui, lui la riempì di sperma. Si fermò poi a guardare incantato i loro umori mescolati che uscivano da lei, leccando e bevendo tutto il risultato del loro piacere simultaneo.
Solo dopo un primo orgasmo lei si sedette sul suo viso. E si baciarono nell’intimità, bevendo l’uno dall’altra. Alice lo torturava strofinandogli i seni sul cazzo, lui leccava la sua vagina e l’ano. Le accarezzava le natiche divaricate, e ancora così godettero. Lei con la bocca di lui, lui nella bocca di lei. E allora sì, si rilassarono. Stesi vicini, presero sonno.
E lei fu svegliata dalla mano di lui che le solleticava dolcemente il clitoride. La baciava, succhiava quel clitoride eretto come se fosse un piccolo cazzo, con le dita la penetrava, la penetrava anche con la lingua, le stimolava il punto G così forte che sembrava volesse sollevarla dal letto. La mano si muoveva dentro e fuori, su e giù, con velocissima prepotenza. La sua vagina iniziò a fare rumori osceni e a schizzare sul letto facendola urlare di piacere, come se stesse facendo pipì, e anche lì lui fu pronto a bere da lei; lasciandola finalmente senza respiro e con il corpo percorso da scosse di orgasmo che non finivano più.
“Caffè…?” riuscì a dirgli, quando si fu rilassata.
“Caffè...”
Mise le ciabatte e nuda si avviò verso il bagno a fare pipì con la porta aperta. Andrea la seguì. Le mise il cazzo in bocca e si masturbò, godendo sui suoi seni mentre lei era ancora seduta.
“Non masturbarti mai più con le mie scarpe, però...” disse lei.
“...mai più...” disse lui.
“Certo, ti credo...” disse lei con sarcasmo. “Ora lasciami fare la doccia. Mi devo vedere con Marcello, oggi, che ha un cazzo enorme...”
Il cazzo di Andrea si fece nuovamente durissimo. E la scopò ancora.
Fine

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