trio
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di Extales
15.10.2012 |
7.630 |
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"Sua madre l'avrebbe ucciso se ci fossero stati richiami ufficiali e a malincuore doveva smettere di arrivare in ritardo per godersi la compagnia della preside..."
Giovanni era per l'ennesima volta nell'ufficio della preside, a sorbirsi per l'ennesima volta l'ennesima ramanzina per l'ennesimo ritardo. Ma a lui non importava. Quei dieci minuti di cazziatone quotidiano gli permettevano di stare a stretto contatto con la donna dei suoi sogni e lui non chiedeva altro. La professoressa Lonzi gli faceva ribollire il sangue. Aveva da poco passato i quaranta ma ai suoi occhi era ciò che di più eccitante esistesse al mondo. La desiderava da quando si era trasferito in quel liceo a quindici anni e ora che ne aveva diciotto aveva perso il conto del numero di seghe che le aveva dedicato.
I suoi capelli rosso mogano incorniciavano un viso segnato con benevolenza dal tempo, solo qualche ruga sotto gli intensi occhi castani e agli angoli della bocca carnosa che avevano l'unico effetto di rendere il suo viso ancora più interessante. Ogni giorno indossava un tailleur diverso, impeccabile ed elegante, emanando sensualità e severità da ogni poro della pelle. La sua camicetta, slacciata all'altezza del primo bottone, lasciava intravedere un seno enorme e pieno in cui gli occhi di Giovanni sprofondavano ogni giorno, come fossero caduti in un pozzo da cui era quasi impossibile risalire e che lo guidavano verso dei fianchi e delle cosce leggermente in carne che ben si sposavano con la morbidezza della sua figura.
Una bellezza irresistibile oltre che inarrivabile.
Giovanni infatti non era ciò che si dice un bel ragazzo, era alto, ma molto sovrappeso e ciò l'aveva portato ad essere l'oggetto di derisione della sua classe e di una compagna in particolare, Enrica Tortona, che non perdeva occasione per chiamarlo palla di lardo o chiappe molli tra l'ilarità degli altri studenti.
Quella cazziata sarebbe stata il momento culminante della sua giornata.
Era ormai nello studio della preside da dieci minuti e da nove la sua devastante erezione lo costringeva a muoversi inquietamente sulla poltroncina. Ogni tanto si sistemava il giubbotto per avere una scusa per toccarsi la patta dei pantaloni fingendo di ascoltare un discorso che si sarebbe ripetuto il giorno dopo e quello dopo ancora.
«Giovanni non ti senti bene?»
«No professoressa» rispose lui continuando ad agitarsi sulla poltrona.
«Va bene, puoi andare anche per oggi, ma ti avverto che è l'ultima volta, al prossimo ritardo non mi limiterò alla solita ramanzina, ci saranno conseguenze disciplinari»
Per Giovanni fu come uno schiaffo, si alzo annuendo e uscì dallo studio.
Sali al secondo piano, sarebbe andato certamente in classe ma prima doveva fare una capatina in bagno per sfogarsi. Era eccitatissimo e oggi sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto dedicarne una alla Lonzi e aveva tutta l'intenzione di godersela come si deve. Sua madre l'avrebbe ucciso se ci fossero stati richiami ufficiali e a malincuore doveva smettere di arrivare in ritardo per godersi la compagnia della preside.
Il signor Bruno, il bidello del suo piano lo saluto con entusiasmo, incitandolo a correre in classe, lui risposte al saluto e girato l'angolo senza guardare si infilò in bagno.
Lascio cadere lo zaino alle sue spalle, si liberò del giubbotto ed estrasse il cazzo dai pantaloni iniziando a menarselo selvaggiamente. Apri la porta di uno dei gabinetti e un urlo soffocato lo raggelò rendendolo più rigido del suo cazzo.
Enrica Tortona seduta sul cesso e lo guardava shockata dal basso in alto.
«Che cazzo fai nel bagno delle femmine, Palla di Lardo?» gli gridò lei cercando di ricoprirsi.
Il professor Amedei stava chiamando all'interrogazione ed Enrica era terrorizzata. Non aveva studiato quel giorno e doveva assolutamente levarsi da li il più presto possibile. Era stata bocciata già due volte, ed avere vent'anni ed essere ancora in quinta superiore la frustrava non poco.
Alzo la mano colta da una banale ispirazione.
«Cosa c'è Tortona?»
«Non mi sento molto bene, posso andare in bagno»
Il Professor Amedei per lei aveva una predilezione dovuta più alle sue lunghe cosce, ai suoi capelli corvini e alle sue labbra carnose che alla sua dedizione allo studio e acconsenti.
Sghignazzando era corsa nel bagno delle ragazze e, per non destare sospetti, si era seduta in uno dei gabinetti quando un sms la distrasse facendole dimenticare di chiudersi a chiave.
Dopo qualche minuto era entrato Palla di Lardo e il suo spavento era stato subito sostituito da una rabbia che aveva bisogno di sfogare.
«Che cazzo fai nel bagno delle femmine, Palla di Lardo?» Iniziò a sgridarlo, aveva intenzione di fargliela pagare per questa sua stupida intrusione.
Poi il suo sguardo scese involontariamente dalla sua faccia tonda a ciò che reggeva in mano.
Era uno dei cazzi più grossi che avesse mai visto, e ne aveva visti parecchi. Lungo e scuro, con le vene pulsanti in vista e una cappella violacea che superava di parecchio la circonferenza già non trascurabile dell'asta. Anche se leggermente storto aveva un suo fascino, le ricordava un tronchetto.
Le gambe iniziarono a tremarle e la sua bocca si apri in un'espressione ebete.
Anche Giovanni la stava fissando. Trovarsi Enrica davanti, con i jeans abbassati fino alle caviglie era un'esperienza non da poco e nonostante lo spavento il suo cazzo non aveva perso la propria consistenza.
Sapeva di averne uno di tutto rispetto, con Marco, il suo migliore amico, se l'erano misurati e sopravanzava il suo, che comunque non era indifferente, di svariati centimetri. Vedere come Enrica glielo stava guardando con quei profondi occhi azzurri lo spinse ad osare.
La prese per i capelli facendola inginocchiare nel sudicio pavimento di quel cesso senza darle il tempo di rivestirsi e le punto la nerchia contro la bocca ancora semiaperta.
Enrica si riebbe nel momento in cui la cappella le tocco le labbra, iniziando a sbraitargli contro.
«Cosa cazzo credi di fare Palla di Lardo. Cosa ti sei messo in testa, povero coglione?!» cercò di sottrarsi da quella morsa ma non riusciva a distogliere lo sguardo dall'uccello che le si stava strusciando contro il viso mentre il suo tono di voce si stava abbassava sempre di più.
Tre anni di offese e frustrazioni stavano per essere lavate, e non col sangue pensò Giovanni, approfittando del suo blaterare per infilarglielo in bocca.
«Zitta! Ora mi hai veramente rotto i coglioni» disse iniziando a muoversi tra le sue labbra.
Per la sorpresa Enrica ebbe quasi un conato di vomito. Palla di Lardo la stava scopando in bocca. La stava violando col suo grosso cazzo e lei l'aveva lasciato fare.
Con un brivido lungo la schiena si accorse che si stava bagnando.
Decise di abbandonarsi a lui, ci avrebbe pensato dopo a fargliela pagare.
Giovanni era come impazzito, le teneva la testa contro la porta del bagno e la pistonava in bocca sfogando tutta la rabbia accumulata contro di lei negli anni passati. Sembrava un animale, un orso spelacchiato e sudato. Ogni tanto lo tirava fuori e la schiaffeggiava col cazzo lungo tutto il viso come aveva visto in un'infinità di film porno e lei muoveva la testa a destra e sinistra, cercando apparentemente di ritrarsi, ma mettendo così a disposizione di quegli schiaffi tutto il suo viso per poi farselo riguidare in bocca. Si era accorto che Enrica iniziava a venirgli incontro con movimenti decisi cercando di ingoiare il suo cazzo il più possibile, affondandogli le mani e le unghie nelle chiappe flaccide.
Marco non ci crederà mai, penso Giovanni, e subito gli balenò in mente un idea. Prese il cellulare e compose un breve sms per il suo migliore amico, smettendo di muoversi:
Bagno delle ragazze, sbrigati!!!
«Cosa fai col cellulare? Non vorrai fare un video?» Enrica smise di succhiare e guardò Giovanni spaventata.
Gli aveva appena dato un idea senza saperlo. Lui la prese per i capelli e glielo fece riprendere in bocca strozzando le sue proteste mentre attivava la funzione di registrazione video del suo cellulare.
«Hai parlato abbastanza stronza, pensa a succhiare!»
Marco non tardò ad arrivare e li trovo così. Una inginocchiata ai piedi dell'altro che si faceva soffocare da spinte violente e potenti.
Marco era tutto il contrario di Giovanni, più basso, sì, ma col fisico scolpito da anni di arti marziali. Scattante e tonico, con tutti i muscoli in bella evidenza anche se non troppo pronunciati.
A differenza di Giovanni lui non era il soggetto preferito delle schermaglie della classe, anzi era piuttosto popolare. Queste loro differenze però non li avevano mai divisi e Marco era stato al suo fianco ogni volta che le cose degeneravano.
«Ma cos...» disse Marco avvicinandosi a loro.
«Tiralo fuori» disse Giovanni. «Enrica oggi ha deciso di scusarsi per il suo comportamento da stronza».
Marco non si fece pregare. Non pensò che potevano essere visti da qualcuno, che nessuno aveva chiuso la porta a chiave e che da un momento all'altro sarebbe potuto entrare qualcuno.
Aveva diciotto anni e a quell'età quando ce l'hai duro è il cazzo a comandare. Lo tirò fuori e lo portò all'attenzione della sua compagna.
Enrica si accorse del nuovo arrivato solo in quel momento e sgrano gli occhi ritraendosi sorpresa dalla morsa di Giovanni.
Osservo Marco, poi il suo uccello, più piccolo di quello di Giovanni ma nemmeno di tanto, tozzo e dritto come un chiodo. Era un signor cazzo anche il suo.
Lui le era sempre piaciuto ma a causa di Palla di Lardo non avevano mai legato. Sapeva che Marco non avrebbe mai potuto tradirlo e comunque non era l'unico ragazzo carino della scuola. E ora era li. Ai suoi piedi, con un cazzo enorme che le si strofinava contro il viso e un altro che si avvicinava pericolosamente alla sua bocca. Si sentì eccitatissima e la sua mano corse tra le sue gambe dimentica che Giovanni stava ancora riprendendo.
«Bastardi, siete due bastardi!» sibilò e iniziò a succhiare il cazzo di Marco, guidata nei movimenti dall'amico di lui.
Si alternava tra di loro senza tregua, prendendo in bocca prima l'uno e poi l'altro. Non aveva più bisogno di essere spinta, voleva farlo e non aveva intenzione di farsi pregare. Era la prima volta che si ritrovava con due cazzi a disposizione e avere quelli di Marco e Giovanni, in quel bagno e in quella situazione l'aveva sconvolta oltre modo. La stavano trattando come la peggiore delle puttane e lei si era ormai abbandonata alle loro voglie completamente.
Si masturbava con intensità, lasciando che le sue dita dessero sollievo al clitoride paonazzo di desiderio. Li spompinava entrambi con voracità crescente. Cercando di infilarli entrambi in bocca, cosa impossibile viste le dimensioni. Quando era su uno l'altro le sbatteva il cazzo sulla faccia e questo la faceva sentire usata e sottomessa.
Era come il cliché di uno di quei racconti erotici letti su internet in cui la ragazza presa alla sprovvista finiva per prenderci gusto ma non le importava.
Decise di concentrarsi su Marco, di tenere gli occhi su di lui. A prescindere da quale cazzo la stesse scopando in bocca. Di concentrarsi sui suoi mugolii, sui suoi gemiti e perché no? Anche sui suoi insulti che certamente non le risparmiava.
«Fammi una sega troia!» disse Marco sottraendo alla masturbazione la mano che aveva tra le cosce e portandola sul suo cazzo.
«Sì, fagli una sega!» ribatte Giovanni infilandole il suo più in fondo che poteva.
La risposta di Enrica fu di iniziare a strofinarsi contro i jeans consunti e strappati di Marco, quelle irregolarità erano sufficienti a stuzzicarla dandole il piacere che cercava.
Il rumore ritmico dei suoi risucchi rimbombava in quel bagno, quando non erano loro a forzarla era lei che cercava di prenderli il più profondamente possibile per poi masturbarli contemporaneamente premendosi le cappelle ora contro la lingua ora contro le guance.
I loro gemiti erano quasi insostenibili per lei. Lasciavano trapelare tutto il piacere che gli stava regalando con le sue labbra.
Tutti e tre erano al limite, sapevano che quel momento non sarebbe durato ancora a lungo.
I due ragazzi si guardarono tra di loro per un istante.
«Come in un film porno Marco?»
«Sì, come in un film porno!» rispose Marco gemendo.
Si scostarono da lei, sottraendo alla sua bocca avida i loro cazzi duri e pronti ad esplodere.
Iniziarono a farsi una sega davanti al suo viso tenendola entrambi per i capelli in modo che non potesse ritrarsi.
«Sai cosa sta per succedere stronza?» Chiese Giovanni gemendo ormai vicino all'apice.
«Voi bastardi state per sborrarmi in faccia» rispose lei e riprese a toccarsi gemendo di piacere. Non era la prima volta che le venivano sul viso, ma era il degno finale per quell'esperienza inaspettata.
«Avanti, cosa aspettate?» Li incitò lei «riempitemi di sperma!» Aprì la bocca fissandoli con lo sguardo carico di sfida.
Per Giovanni le sue parole furono il colpo di grazia. Con una mano le afferro i capelli riguidandola prepotentemente a contatto con la cappella lucida di saliva e, senza smettere di filmare col telefono, accellerò il ritmo di quella masturbazione già feroce. Aveva resistito anche troppo. Il primo schizzo usci debole e abbondante, coprendole la guancia sinistra e altri due più rapidi le imbiancarono le labbra e la punta del naso. Non era molto sperma, ma quanto bastava per sporcarla.
Marco fu tutt'altro discorso invece. La visione del suo amico che sporcava di sborra la faccia della ragazza più stronza della scuola fu troppo anche per lui. Si menò l'uccello velocemente e avvicinandolo alla bocca di Enrica che prontamente tirò fuori la lingua leccandogli la cappella.
«Bevi troia!» Sussurrò quasi con sofferenza spingendola a ingoiarlo nuovamente, iniziando a venire.
Le scarico in bocca due, tre schizzi potenti e abbondanti poi lo tirò fuori e altrettanti le si riversarono in viso. Urlò di piacere riempiendo la bocca e la faccia di Enrica senza alcun riguardo, poi insieme all'amico usarono i loro cazzi come spatole per spargerle sul viso tutto quella sborra.
«Bastardi! Siete dei pezzi di merda!» Disse Enrica venendo insieme a loro, toccandosi come mai aveva fatto in vita sua. L'orgasmo la prese all'improvviso e continuò finché non le tolsero i cazzi di dosso.
Si appoggiò sfinita alla parete dietro di se. Lo sperma le scorreva lungo il viso e le ginocchia le facevano male per la posizione tenuta così a lungo come anche la mascella che era completamente indolenzita, ma non le importava, aveva fatto un'esperienza nuova e per giunta appagante. Forse sarebbe stata anche disposta a ripeterla in futuro con quegli stessi ragazzi che l'avevano presa con tanta foga.
Sospirò un'ultima volta prima che il suo sguardo si riempisse di terrore.
Il professor Amedei, era dietro di loro e loro adesso erano nella merda più completa.
Continua...
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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