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Prove generali


di FreyjaL
25.08.2024    |    379    |    1 8.2
"Accendo la radio e imposto lo spegnimento automatico dopo un’ora, mi butto nel letto in attesa del sonno..."
Lo specchio rimanda un'immagine che non riconosco. Non sono io eppure è mio quel movimento che il simulacro scimmiotta passivamente. Fisso negli occhi quella creatura senz'anima e mi chiedo come hai fatto.

Sbarrati e tremanti, questi stessi occhi che adesso mi parlano di sbigottimento e paura, solo qualche ora fa ammiccavano provocanti in quella discoteca.
La caccia grossa è iniziata già la mattina presto, quando ti sei seduta davanti a questo stesso specchio, decisa a portarmi con te all’inferno.
Quello di cui io non riesco a capacitarmi è come alla fine io abbia potuto cedere al tuo ricatto. Le hai provate tutte, sei stata seducente, accattivante, provocante, divertente, ironica, dispotica, violenta.
C’è stato un momento in cui hai pronunciato il mio nome “Carlo!” con quel tono che conosco bene nella tua voce. E’ stato quello l’attimo in cui ho deciso che ti avrei lasciato via libera. Lo spazio di un battito di ciglia.
Non l’ho fatto per la promessa di sesso né per le minacce, non l’ho fatto per gli sfottò e neanche per il dito che mi hai chiuso nel cassetto. Ancora mi duole.
L’ho fatto solo ed esclusivamente perché non ne potevo più di averti qui a ciarlare, l’ho fatto per sentirti tacere. Quella tua voce stridula è fastidiosa e mi rimbomba in un cervello, che sembra vuoto quando ci sei tu.
Trionfante hai preso a truccarmi, per ricoprire l’alone scuro della barba appena fatta e le occhiaie di molte notti passate insonni insieme a te, sovrapponendo spessi strati di fondotinta. Ancora imbrattano metà del mio viso, mentre l’altra ritrova presto le sue sembianze naturali, sotto ai colpi nervosi della mia mano e del cotone intriso di detergente.
Hai truccato con cura gli occhi e la bocca, marcandoli alla moda delle battone di strada.
Hai sempre adorato le mie ciglia, così lunghe e folte da far invidia a qualunque donna, così hai dedicato loro parecchie attenzioni. Trucco smokey per gli occhi e un gran lavoro per aumentare il volume delle mie labbra sottili, quasi invisibili. Smalto rosso lacca per le mani, sempre in primo piano, e i piedi, calzati in sandali argento.
Hai aperto tutte le ante dell’armadio, hai preso abiti e parrucca senza esitare. Sapevi che avrei ceduto e avevi già tutto in mente, con precisione. Hai indugiato soltanto davanti al cappello, ma alla fine non hai aperto neanche una scatola. L’occasione non lo richiedeva.
Mi sono vestito in silenzio, imprecando a fior di labbra soltanto nel vestirmi i collant coprenti, che non volevano salire. Dopo mi hai tirato indietro i capelli veri con il gel per fissarmi in testa la parrucca bionda. Ci ho messo dieci minuti, rientrato a casa, per sfilare tutte le forcine che mi ha piantato in testa con un gusto al limite del masochismo.
Quando siamo uscite, insieme, sono passato indifferente davanti alla specchio senza dedicare neanche uno sguardo alla copia femminea che avevi fatto di me. Tu eri altrettanto silenziosa, una presenza inquietante, solo un’ombra.
Non abbiamo fatto niente per tutto il giorno, in attesa soltanto che calasse la sera e arrivasse l’ora giusta per compiere i tuoi gesti.
Una passeggiata sotto i portici, con lo sguardo vacuo e disinteressato affondato nelle vetrine multicolori.
Un pranzo frugale al “Brek” affacciato su Piazza Carlo Felice. Il piatto e il bicchiere lasciati sporchi sul vassoio, con i residui del pasto, come limite estremo della tua presenza oggi. Ci sei, ma è come se tu non fossi presente. Sei così tesa, che hai spiluzzicato appena quello che ho ordinato.
Un giro alla libreria “La Stampa”, mai deserta neanche a quest’ora, e un paio d’ore sedute su una panchina dei Giardini Reali, sotto gli occhi curiosi di alcuni passanti.
Leggendo e scrivendo cose che domani probabilmente non ricorderò e che ritroverò con lo stupore della prima volta, salvate tra i file del mio netbook.
Non appena sento calare l’umido della sera sulle mie spalle nude, mi copro con lo scialle, che avevamo accartocciato in borsetta, e mi avvio al luogo designato.
Cammino, senza fretta, sbirciando le finestre illuminate del mio appartamento di via Roma, sull’altro lato della strada.
Ancora non riesco a comprendere perché tu mi abbia voluto far passare tutta la giornata in ozio e quale lo scopo di questo teatrino. Fatto sta che ormai lo spettacolo è iniziato e deve essere portato avanti sino alla fine.
Staziono davanti all’Under 33 restando in vista, fino all’orario di apertura. Non entro per primo, ma lascio che il locale sia già un po’ affollato prima di fare il mio ingresso. So di suscitare curiosità e attirare molti sguardi sulla mia persona.
La prima sosta è nella toilette. Non posso sciacquarmi il viso, ma la bocca sì. Mi lavo i denti e mi ravvivi il trucco. Una sistemata ai capelli, veloce, e posso tornare in sala.
Non ballo ancora, non ti piace ballare da sola, così mi accosto al bar e ordino il primo drink della serata. Adocchio subito un gruppo di uomini soli, che ballano proprio al centro della pista, tra loro c’è sicuramente la mia preda ideale.
Lo scambio di sguardi si fa intenso e provocatore, finché uno di loro si stacca dal gruppo e mi raggiunge al bar.
“Adesso sei mio!” Penso.
Balliamo per un’ora intera, poi, finalmente, mi invita a fumare una sigaretta fuori dal locale. Saluta gli amici, consigliando loro di non aspettarlo per tornare a casa.

Rincaso a notte fonda, da solo, stanchissimo. Mi spoglio strappandomi i vestiti di dosso e li getto nella spazzatura, dove va a far loro compagnia anche la parrucca. Mi siedo alla toletta e inizio a togliermi lo smalto dalle unghie, poi mi strucco con frenesia, ancora domandandomi come tu abbia potuto convincermi a compiere quel gesto.
Sotto la doccia sfrego i residui del trucco dal viso e del gel dai capelli, cercando di lavare lo sporco dal corpo e dall’anima.
Prima di andare a dormire accompagno il sonnifero con uno qualunque degli alcolici presenti nel mio mobile bar. Una piccola goccia nel mare di alcol ingurgitato nelle ultime quattro ore.
Accendo la radio e imposto lo spegnimento automatico dopo un’ora, mi butto nel letto in attesa del sonno. Probabilmente non riesco ad ascoltare neanche il primo brano trasmesso che mi addormento.

Mi sveglio a mattinata inoltrata quando si accende la radiosveglia, è domenica e ho dormito più del solito. In sottofondo il notiziario di mezzogiorno, sotto di me le lenzuola completamente accartocciate. Mi alzo velocemente, preparo un caffè e accendo il netbook.
Ho gli occhi e la testa pesanti, sintomo di una leggera sbronza notturna, mi duole inspiegabilmente un dito della mano destra e sono indolenzito come se avessi fatto a pugni con qualcuno. Anzi, ora che mi guardo allo specchio, ho un leggerissimo livido sullo zigomo sinistro, lo tasto con delicatezza ma non mi fa male.
Sorseggio, ancora assonnato, il mio caffè e spulcio l’elenco dei documenti recenti sul netbook in cerca della relazione da ultimare.
Il mio sguardo viene catturato da un titolo inconsueto “Prove generali” nello stesso istante in cui alla radio annunciano l’ennesimo delitto a sfondo sessuale.

“...uomo trovato morto nelle aiuole di Piazza Peyron questa mattina verso l’alba da un senza tetto che vagava per il giardino. I Carabinieri accorsi hanno recintato l’intero isolato ed avviato subito le indagini...”

Apro il file con curiosità, non ricordo di averlo scritto, però nessun altro utilizza il mio netbook, riporta la data di ieri come ultimo salvataggio. All’interno pare esserci un elenco di cose da fare. Lo scorro velocemente impallidendo.
La radio continua imperterrita.

“...durante i primi accertamenti sono state interrogate alcune persone che vivono nel quartiere, pare senza risultati importanti...”

1. convincere “Carlo” – non sarà facile fargli fare quello che voglio, dovrò usare tutte le armi in mio possesso, anche la violenza. ACCETTERA’!

“...la vittima è stata vista davanti alla discoteca “Under 33” di Via Cibrario 33, verso le ore 21:00, insieme ad un gruppo di amici, solo uomini. La vittima è morta probabilmente dopo una leggera colluttazione, ma l’assassino ha in poco tempo avuto la meglio.”

6. adescare uomo ricco e facoltoso.

“Il cadavere era nudo, gli abiti eleganti piegati sotto al capo, il portafogli giaceva aperto al fianco del corpo e pare non mancasse nulla, neanche i soldi. Gli amici, ascoltati dagli inquirenti come soggetti informati dei fatti, hanno affermato unanimi di aver visto la vittima per l’ultima volta quando è uscito dal locale in compagnia di una donna alta, bionda, molto bella e appariscente...”

10. UCCIDERLO.
11. scrivere una lettera a mio padre.

Chiudo il file sgomento, piccoli frammenti del notiziario si vanno ad incastrare con l’elenco appena letto e si infilano come aghi sottopelle tra i ricordi emergenti di una notte incomprensibile.
Tra i documenti recenti trovo anche la lettera: “A mio Padre”.

"Mio amatissimo Padre,
avete violato il mio piccolo corpo di bambino, fin dalla mia più tenera età. Avete usato le vostre mani per punirmi e per umiliarmi. Avete abusato della mia adorazione per voi, per soddisfare i vostri sporchi istinti sessuali, e la cinghia sulle mie carni bianche quando non volevo obbedire. Avete infranto le mie fragili certezze come vetri, sotto al vostro martellante desiderio del mio corpo.
Avete fatto di me la vostra puttana ed io mi sono completamente immedesimato in questo ruolo che, nella vostra immensa generosità, avete voluto concedermi. Consapevole che altro non avrei potuto essere nella mia misera vita.
Poi mi avete abbandonato. Ci avete abbandonati.
Ora, io mi sono preparata a venirvi a cercare e spero ardentemente di trovarvi ancora in vita. Non mi riconoscerete, ne sono certa, ma sicuramente apprezzerete quello che farò per voi. Questa notte ucciderò un uomo e dedicherò questo omicidio a voi. mio adorato Padre. Per ricordare ogni volta che mi avete uccisa nella mia piccola camera da letto coi vostri giochi licenziosi. Lo lascerò nudo, così come voi lasciavate nuda me, tutti i giorni, andandovene dalla mia stanza dopo l’amplesso. Voi sarete la mia prossima vittima e l’ultima.
Preparatevi.

Padre, vi ho voluto bene nonostante tutto.
Vostro Carlo"


[2010]
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