bdsm
La Punizione_M4
di FreyjaL
25.08.2024 |
3.689 |
9
"Più di un paio d’occhi si sono voltati a guardarmi con insistenza facendo nascere un sorriso compiaciuto sulle tue labbra e allargando di piacere i tuoi occhi..."
Esco di casa non senza aver ricevuto precise istruzioni su come desideri che io ti raggiunga all’aeroporto.Ci attende un breve viaggio verso nord, tu dovevi muoverti per lavoro e mi hai detto che desideravi avermi con te per potermi usare nei momenti in cui non fossi stato impegnato.
Indosso il plug, come ogni giorno da un paio di settimane, un paio di settimane difficili e al tempo stesso esaltanti. Metti e togli il plug, oppure non lo levare, sono stati il nostro buongiorno e la nostra buona notte per almeno quindici giorni.
Gli obiettivi più d’uno, ma su tutti il controllo del mio desiderio attraverso il controllo della mente e la ricerca dell’apice.
Peccato io l’apice lo abbia toccato ancor prima di aver iniziato il mio percorso.
Presa da un insano desiderio fisico, uno dei primi giorni, in cui mi hai fatto sostituire il plug piccolo con quello grande, ho approfittato dell’unico momento nella giornata in cui avevo la casa tutta per me per darmi piacere con una doppia penetrazione. Plug anale e dildo con lecca clitoride.
Assolutamente impossibile non arrivare al culmine in meno di qualche minuto: un orgasmo puro.
Solo che, nell’istante esatto in cui le mie mucose hanno iniziato a gonfiarsi per il piacere, nella mia testa martellavano un’unica domanda ed un’unica risposta: “Cosa stai facendo? Non hai chiesto il permesso al Padrone!”
Sorpassato l’apice del climax il calo è stato repentino: il corpo era appagato, la mente continuava a ripetersi “Cosa hai fatto? E adesso come la risolvi? Devi dirglielo lo sai? Sciocca, hai un Padrone, sai che non è solito negarti ciò di cui hai bisogno e ti comporti così? Cosa ti ha detto questo corpo senza controllo? Controllo non è una delle parole che il Padrone ti ripete più spesso? Diglielo, adesso!”
Così, tra un’incombenza quotidiana e l’altra, ho cercato di farti capire che avevo disatteso uno dei tuoi ordini, non riuscivo ad essere molto esplicita, ho temporeggiato, ci ho girato intorno finché è arrivata la tua domanda diretta:
“Lays, cosa hai fatto?”
Ho confessato ogni cosa, anche che mi ero sentita subito in colpa.
“Devi sentirti in colpa! Meriteresti delle cinghiate, hai ceduto ai tuoi istinti come se fossi un’animale. L’unica cosa che ti salva è che hai confessato. Ne terrò conto, Lays! Ma ne riparleremo!”
“Sì Padrone. Hai ragione.”
“Lo so che ho ragione, non mi serve il tuo benestare. Ti sei comportata come una cagna in calore senza alcun rispetto per chi tenta di elevarti e come tale verrai trattata, a tempo debito”.
E così sono ancora qui che indosso il plug piccolo, anche oggi, ed ho avuto l’ordine di portare con me quello più grande e il dildo vibrante. Non so cosa ne vorrai fare, ma sono lì nello zainetto.
Solo l’idea che possano essere visti quando passeranno nello scanner all’aeroporto mi imbarazza. Immagino le risatine che si scambieranno gli addetti ai bagagli a mano.
In verità ho anche altri imbarazzi di cui preoccuparmi, cammino al tuo fianco con un abito attillato attraverso il quale si nota distintamente che non porto biancheria, non ce ne sono i profili segnati sulla stoffa leggera, ma soprattutto rimangono in evidenza le punte dei capezzoli.
Più di un paio d’occhi si sono voltati a guardarmi con insistenza facendo nascere un sorriso compiaciuto sulle tue labbra e allargando di piacere i tuoi occhi chiari.
Un piccolo collarino in velluto con una M al centro manifesta la mia appartenenza a te, non possiamo essere più espliciti di così, ma noi sappiamo cosa rappresenta. Tanto basta.
Saliamo sull’aereo e ci accomodiamo ai nostri posti. Un viaggio breve che trascorriamo per lo più in silenzio poiché ti stai preparando per il tuo incontro di lavoro, ma non senza un contatto: il mio braccio è poggiato sul bracciolo della poltrona e il tuo giace sul mio, schiacciandolo.
Non ho molti ordini per oggi se non quello di essere nella camera d’albergo pronta per te all’orario che mi hai indicato, quando la tua cena di lavoro sarà presumibilmente finita.
Per il resto della giornata ho il permesso di vedermi con una vecchia amica che abita nella città in cui stiamo per atterrare, ovviamente alle tue condizioni, spero che lei non se ne accorga.
Il momento del nostro incontro arriva in un battito di ciglia per me, alle ventidue in punto apri la porta che si trova alle mie spalle. Io sono in ginocchio rivolta verso il letto: nuda, mani aperte sulle cosce, sguardo a terra.
Ti avvicini e mi sfiori con un dito mentre ti porti sul davanti, un piede in mezzo alle gambe per vedere se i miei umori già si affacciano dalle parti intime, sorridi.
Ti allontani pochi minuti per spogliarti e metterti comodo, quando torni da me ti avvolgi la coda su una mano.
“E’ ora di cambiare il plug, Lays. Hai portato l’altro?”
La domanda è retorica perché le due sacchette in velluto dei miei toys sono già poggiate sul copriletto.
“Accucciati e mostrati al Padrone”.
Mi metto a quattro zampe sollevando il sedere in aria più che posso. Estrai il plug rosso e lo sostituisci con il nero più grande, che lubrifichi con parsimonia. Non trova alcun impedimento.
“Adesso sei pronta per farmi vedere come gode una cagna in calore.”
Mi percorre un fremito, trasalisco, non pensavo che sarebbe stata questa l’occasione adatta per impartirmi una lezione, ma taccio.
“Sdraiati a terra” ordini mentre mi passi il dildo vibrante, “adesso ti voglio vedere. Voglio vedere come ti sei data piacere senza il mio consenso, senza neanche avermi chiesto il permesso. Voglio proprio vedere come fai!”
“Padrone… io…”
“Penetrati e godi! Senza discutere!”
“Sì Padrone”, accendo il vibratore.
La tensione ha asciugato le mie mucose e il plug, così sdraiata a terra, rappresenta un piccolo ostacolo all’ingresso del dildo. Muovo leggermente i fianchi, struscio la punta del vibratore tra le labbra in cerca di un po’ di umori per favorire il suo ingresso e mi penetro, non senza fatica.
Il tempo che passo lì a terra nel vano tentativo di procurarmi piacere è proporzionale all’imbarazzo che provo al posto del piacere. Non c’è verso di sentire neanche un minimo fremito, se anche mi sono bagnata per l’azione meccanica della vibrazione non riesco a provare niente.
I tuoi occhi sono puntati sul mio viso e mi giri intorno senza sosta, i tuoi passi sembrano rimbombare sul pavimento freddo. Sei in attesa dell’estasi ma allo stesso tempo già sai che non ci arriverò. Non così, non adesso, non in questa circostanza.
Provi a parlarmi e incitarmi, ma di quello che dici, quando cercherò di pensarci nei giorni a venire, non ricorderò più nulla frastornata come sono dal desiderio di compiacerti e insicura su quale sia la cosa migliore: godere dei miei giochi davanti ai tuoi occhi, oppure no.
Non mi sfiori con un dito, stai lì a guardare come si comporta il mio corpo al tuo cospetto, probabilmente sorridi di nuovo, lo fai così spesso quando sono alla tua mercé.
Quando decidi che è ora di fare basta mi ordini di fermarmi. Mi accascio su me stessa, insicura: avrò disobbedito al tuo ordine o sei contento che il mio corpo non abbia reagito?
“Padrone…”
“Dimmi Lays!”
“Così…”
“Non ci riesci, vero?”
“No, Padrone. Sono in imbarazzo.”
“Ci sarebbe mancato altro che ci fossi riuscita, Lays. Adesso ti mostro io come si fa.”
Ti inginocchi al mio fianco, mi penetri con due dita in modo deciso e sicuro. Il punto G è lì sulla punta delle tue dita pronto per essere stimolato e accondiscendere al tuo desiderio di farmi godere.
Sento nascere dal fondo delle viscere un piacere senza eguali, spinge da dentro, le mucose si gonfiano e si allargano, anche il plug scappa fuori dall’ano mentre un fiume di liquido cola inarrestabile sul pavimento.
Mi intimi di fare silenzio, perché pare io stia godendo un po’ troppo rumorosamente. Dalle stanze accanto mi sentiranno di sicuro.
Il liquido continua ad uscire abbondante lasciando una larga pozza sulle piastrelle, finché non decidi di fermarti.
“Impara Lays, non esiste piacere senza il Padrone. Il tuo piacere passa prima attraverso la mia mente. Impara!”
Ti accomodi sul letto lì vicino e mi trascini con te, mi infili le due dita in bocca per farmele succhiare.
“Di cosa sanno, Lays!”
“Di me”, ribatto con un fil di voce.
Scrivere e raccontare di queste cose pone sempre un filtro tra le emozioni e l’imbarazzo, filtro che non c’è quando mi fai le tue domande in modo così diretto.
Ripeti la domanda e io la mia risposta, ma se fossi completamente onesta dovrei dirti che sanno anche leggermente di urina, la mia urina.
Sono quasi le 23 ed è da tre ore che ti aspetto qui nella stanza, anche se gli ordini mi concedevano di esseri qui alle 22, ed è da tre ore che non scarico la vescica.
Quindi sì, le tue dita sanno dei miei umori ma anche di urina.
Sorridi, poi capirò che tu sapevi qual era la risposta corretta da dare ma hai lasciato correre, non era ancora il momento di impartirmi una nuova lezione.
“Adesso devi fare una cosa, Lays” mi passi un asciugamano intimandomi di ripulire a terra.
Mi inginocchio, fondo schiena in aria, e ripulisco meticolosamente il pavimento; una tua mano sfiora il mio gluteo, l’altra si posa appena all’interno dell’ano.
Quella posizione deve averti stimolato qualche fantasia, perché mi tiri su da terra, mi fai appoggiare con il busto su un piccolo tavolo quadrato e mi penetri da dietro.
Gemo, ti ritrai leggermente per permettermi di rilassarmi e, poco dopo, riprovi ad entrare. L’ano è elastico e preparato dai tanti giorni passati ad indossare il plug per 12/13 ore, anche 40 a volte, il tuo pene ora scivola senza fatica per te né dolore per me.
Mi penetri con costanza, più e più volte scivolando deciso nel mio ano, mentre giaccio inerme sul piano del tavolo, tenuta in estasi dal continuo alternarsi di dominazione e dolcezza che caratterizza il tuo essere Padrone.
Non è la ricerca di alcun piacere che ti fa rimanere dentro di me per così lungo tempo, esclusivamente il desiderio stesso di possedermi, di usarmi così solo perché ne hai voglia.
Quando ti vuoi fermare esci con delicatezza e ti pulisci sui miei capelli.
“Adesso sdraiati con me!”
Mi precedi sul letto, immagino sarai stanco ma impartisci un ultimo ordine.
“È ora che ti prenda cura del Padrone, Lays, così come Lui fa con te.”
“Sì, Padrone!”
Lentamente la mia bocca succhia, le labbra baciano, la lingua lecca e le mani accarezzano ogni parte del tuo pene.
Ora ogni mia attenzione è per il tuo piacere.
Il desiderio di farti godere, di sentire il tuo seme caldo in fondo alla gola, di sapere che ti ho dato l’estasi, è così forte che mi ritrovo in un attimo lunghi brividi correre sulla schiena.
Tanti da farmi stringere nelle spalle come se fossi una ragazzina alla sua prima fellatio.
È oltremodo eccitante sentire le vene pulsare sotto la lingua, avere il potere di farlo crescere e fremere fino al piacere finale, sebbene sia sempre io a soggiacere ai tuoi ordini e desideri, in questo frangente sento quasi di averti nelle mie mani.
Finché senza preavviso mi fermi e mi intimi di aspettare.
“Tieni la bocca aperta!” ordini.
Con una mano trattieni le mie, l’altra sulla mia testa mi spinge il tuo membro fino in fondo alla gola, la saliva inizia a colare senza controllo e ti sento pulsare, sento battere il cuore fin dentro quelle vene mentre vieni nella mia bocca mescolando il tuo sperma alla mia saliva.
Godi così, senza aver mai perso il controllo.
Mi allungo sfinita, prima sulla schiena poi mi giro sulla pancia.
Ti sdrai per un po’ a peso morto su di me sapendo che questo è il momento che adoro forse di più di questo essere usata, la ricompensa per la mia devozione, il riconoscimento che ogni schiava desidera, sentire la tua mano calda sfiorare la mia pelle e i miei capelli quasi come una carezza.
Infine ti distendi lì vicino, la mia mano è piccola e bianca dentro nella tua grande e scura, una C dentro l’altra mentre giacciamo stremati fianco a fianco.
L’incontro di questa notte è stato… non vorrei classificarlo in alcun modo, c’è stato e tanto mi basta.
Si è fatta l’alba, meglio dormire almeno un paio d’ore.
[2024]
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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