trans
La mia fidanzatina trave.
di ambrogiofusella
02.03.2012 |
19.350 |
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"Il pantalone stretto in vita da un alto elastico metteva in risalto uno dei dettagli che più mi eccita nel corpo di una femmina: i fianchi..."
A 20 anni la tempesta ormonale è finita da un pezzo, ma me era rimasta una voglia di sesso infinita e una serie di gusti particolari in ricordo delle sperimentazioni dell'adolescenza, molte di queste però, sarebbero state di difficile sperimentazione finchè rimanevo a casa dai miei, per esempio non avrei mai potuto avere una fidanzatina travestita, ma questo problema me lo risolse l'università.Per risparmiarmi diverse ore di trasbordo in treni che sembravano carri bestiame, riuscii a convincere i miei a finanziare il mio sogiorno stabile in città, e inizialmente trovai una condivisione nella zona universitaria, era un letto in una stanza doppia, in un appartamento fittato da ragazzi del mio stesso paese, ma la situazione non mi piaceva molto, soprattutto perchè i miei coinquilini erano persone che conoscevo ma con cui non ero abbastanza in confidenza da potermi lasciare andare tranquillamente alle mie voglie di avventure strane: avevo bisogno di una stanza tutta per me o per lo meno di inquilini sconosciuti, ma con i soldi che avevo a disposizione non riuscivo a trovare niente.
Pensai che allontanandomi dalla zona universitaria avrei potuto risparmiare, ma la ricerca non portava frutti, quando trovavo stanze singole il prezzo era proibitivo, e la situazione in stanza doppia stava diventando insostenibile. Dopo un mesetto di ricerche infruttuose notai un annuncio di offerta di stanza che veniva ripetuto da settimane, mi fece sorridere, perchè pensai al poveretto che cercava qualcuno per dividere le spese e non trovava nessuno mentre io cercavo una stanza e non la trovavo. Era dall'altro lato della città rispetto alla mia facoltà, avrei impiegato una vita per andare a seguire, e per questo lo avevo sempre scartato, ma a quel punto avrei accettato qualsiasi cosa pur di avere una stanza mia con coinquilini sconosciuti.
Chiamai per fissare un appuntamento, mi rispose Luca, studente in lingue orientali, che quando seppe che studiavo ingegneria mi chiese come mai avessi risposto ad un annuncio dall'altro lato della città, e dopo un breve giro di domande di rito avemmo entrambi la certezza che ciascuno dei due avesse qualcosa da nascondere, comunque fissammo un appuntamento per l'indomani per vedere la stanza e ci salutammo.
Il giorno dopo arrivai all'indirizzo e trovai un vecchio palazzo abbastanza malandato, l'appartamento era al 4 piano, niente ascensore, scale fatiscenti, inquilini molto pittoreschi. Quando la porta si aprì rimasi senza parole: sulla soglia c'era un essere dal sesso indefinito, aveva un incarnato chiarissimo, che contrastava con i lunghi capelli scuri, alto quasi come me ma molto esile, mi tese la mano: le lunghe dita affusolate con belle unghie smaltate di scuro erano piene di anelli d'argento con pietre colorate ed erano ricoperte da un sinuoso tatuaggio all'henné che risaliva tutto il braccio ruotando varie volte intorno al sottilissimo polso, il volto era un bell'ovale, zigomi alti, occhi quasi a mandorla sottolineati da un trucco abbastanza pronunciato. Indossava una sorta di lunga tunica magrebina, di quelle con una profonda apertura molto stretta sul petto glabro, dal colletto fuoriusciva lo stesso tatuaggio che partiva dalla mano, gli accarezzava il lunghissimo collo per fiorire sulla sua guancia. Sotto la tunica si indovinavano due tettine appena accennate, e in basso spuntava un largo pantalone stretto alla caviglia con due piedi nudi, anch'essi tatuati e con le unghie smaltate, calzati in infradito dallo stesso stile arabeggiante del resto dell'abbigliamento.
Luca fu molto ospitale, mi fece accomodare su un basso divanetto in quello che era il sogiorno di un grande appartamento con i soffitti molto alti, e mi offrì un buonissimo the al gelsomino. A quel punto mi fece fare il giro della casa: era una casa molto grande e molto trasandata dal punto di vista murario, tutti gli ambienti avevano un tocco arabo con tendaggi e arazzi che coprivano i muri e tappeti che coloravano i pavimenti. Tutto in quella casa era ispirato all'oriente, seppi poi che il padrone era un egiziano proprietario di un ristorante etnico, e in quel contesto Luca si incastrava perfettamente con il suo look, e le sue movenze erano da regina dell'harem. Cominciammo con il sogiorno in cui eravamo seduti, poi la cucina, il bagno in cui c'era una grossa vasca con i piedi e la spalliera alta, l'ingresso e la stanza che sarebbe stata mia, tutto in stile arabo, rimaneva la sua stanza e lui insistette per mostrarmela, anche se io gli dicevo che non era il caso.
La sua stanza era molto grande, aveva un enorme letto a baldacchino con le tende rosse, tappeti e cuscini a terra, un divanetto e soprattutto tre enormi appendi abiti da negozio, lunghi almeno due metri l'uno, pieni di abiti femminili con un adeguato numero di scarpe e sandali, anche questi rigorosamente femminili, molti dei quali con tacchi veramente notevoli. A quel punto il mio cazzo che aveva già da un po' cominciato a dare segni di inquietudine prese il soppravvento e cominciò a controllare personalmente la situazione.
"Che bei vestiti, sono tutti tuoi?" "Si, ti piacciono?" "Come faccio a dirlo, dovrei vederteli addosso..." "Se ti va te ne faccio vedere un paio" non ebbi neanche il tempo di dirle di si che la sua tunica era sul pavimento e lei di spalle a cercare qualcosa fra gli abiti appesi. Il pantalone stretto in vita da un alto elastico metteva in risalto uno dei dettagli che più mi eccita nel corpo di una femmina: i fianchi. Aveva due fianchi morbidi e tondeggianti che incorniciavano un culetto nel cui solco entrava profondamente la cucitura del pantalone facendone risaltare la forma. Era una pesca che aspettava di essere aperta in due e mangiata a morsi. Pensarlo e afferrarla a due mani strusciando il mio pacco sul suo solco fu un solo attimo.
Non si mosse di un centimetro "Ho insistito a farti vedere la mia stanza perchè voglio essere sicura che tu abbia capito come mi piace vivere" mi disse "Se per te non è un problema per me puoi trasferirti anche oggi, ma se sei come tutti gli altri non prendermi in giro e vattene". "Cosa vuol dire come tutti gli altri?" Si voltò scostandosi: "Gli altri hanno tutti detto di si ma non sono più tornati, qualcuno ha pensato che io fossi buona per una scopata ma poi si sono tutti vergognati di venire a vivere con me" e mentre me lo diceva vidi la matita che gli colava sotto gli occhi.
Si mise a piangere senza freni, raccontandomi di decine di persone che venivano a vedere l'appartamento ma che poi, con la scusa di pensarci sopra non tornavano più, di autentici bruti che cercavano di metterle le mani addosso apppena entrati in casa, tante storie di menzogne, di violenza, di tristezza e solitudine. Le sorrisi, le porsi un fazzoletto, le presi la mano per tirarla a me e l'abbracciai: "Non preoccuparti, non sono come gli altri, e per me tu sei perfetta così". Le dissi che per me era solo questione di soldi, se mi avesse fatto un piccolo sconto per me potevamo metterci daccordo anche subito. "Ma tu hai capico chi sono io?" mi chiese con un tono quasi implorante "Certo, una bellissima ragazza ferita dal mondo, ma se ti va mi trasferirò qui e sarò il tuo uomo di casa, così nessuno ti potrà più trattare male".
Ci fu un attimo di tempo sospeso, io la accarezzai sui capelli sorridendole dolcemente, lei aveva il viso semi nascosto dal fazzoletto con cui si asciugava gli occhi, i suoi occhi erano fissi nei miei, e dopo un attimo ci baciavamo rotolando sul tappeto davanti al letto. Fu un bacio lunghissimo, la sua lingua mi roteava in bocca, sentivo la saliva scorrermi sul mento, le sue mani mi frugavano sul petto mentre io le accarezzavo la schiena. Lei si trovò su di me, si sollevò sedendo sul mio inguine e armeggiò per togliermi la maglietta, "fammi sentire la tua pelle" le dissi, e lei cominciò a strusciare le sue tettine sul mio petto mentre io continuavo ad accarezzarla, cominciai a tirare giù il suo pantalone, ma le sue gambe aperte intorno ai miei fianchi me lo impedivano, allora lei si alzò e se li tolse lanciando via le infradito con due calci all'aria, sotto era nuda, con un cazzo di media taglia che mostrava una discreta erezione.
Mi alzai anch'io e cominciai a slacciarmi i jeans mentre lei si abbassò a togliermi le scarpe, e in breve fui nudo anch'io, il mio cazzo era decisamente più grosso del suo e puntava orgoglioso verso l'alto all'altezza dei suoi occhi. Lei mi guardò e lo cinse alla base con le dita raccogliendo i coglioni nelle mani a coppa. "Vuoi davvero essere il mio uomo?" disse cominciando a muovere le dita "Solo se tu vuoi essere la mia donna", non rispose, continuava a massaggiarmi la base dell'asta tenendomi i coglioni fra le mani, io le accarezzavo i capelli e sentivo che il suo giochetto intorno al cazzo mi dava bellissime sensazioni. Mi chinai verso di lei e la sollevai: volevo sentire il suo corpo nudo addosso e soprattutto volevo la sua lingua in bocca. Ci abbracciammo baciandoci e fu un intreccio selvaggio di lingue, saliva, denti, labbra, la morsi sul collo, le succhiai i lobi delle orecchie, lei faceva attrettanto, mi leccava il volto, mi baciava gli occhi, mentre io intrecciavo le dita nei suoi capelli lei tirava i miei: era un bellissimo gioco in cui i nostri corpi si esploravano l'un l'altro.
Ci trovammo ancora a terra sul tappeto, sentivo le sue mani percorrere i miei fianchi mentre io con le mie tiravo a me il suo culetto schiacciando i nostri cazzi fra le nostre pance, poi lei mi prese le mani e le allontanò da se crocifiggendomi a terra, poi baciandomi le braccia, il petto e i fianchi scese verso il basso, mi alllargò le gambe sistemandosi in mezzo a loro in ginocchio e cominciò e baciarmi e a leccarmi l'interno delle cosce e i coglioni, mentre con le mani aveva ricominciato a stringermi il cazzo alla base agitandolo nell'aria come l'asta di una bandiera.
Fu l'inizio di un pompino bellissimo, lento e veloce, dolce e violento, morbido e duro, amorevole e aggressivo, non riuscirò mai a descrivere cosa mi faceva provare, era un susseguirsi di brividi che mi portavano in cima alle vette più alte e di vuoti d'aria in cui precipitavo quasi dolorosamente, riusciva a portarmi alle soglie dell'orgasmo più deflagrante per poi riportarmi indietro costringendomi ad implorarla di continuare. Il ritmo delle sue succhiate era alternato a smanettamenti super lubrificati dalla saliva con cui mi ricopriva la cappella, ma non ne lasciava cadera una sola goccia, era pronta a risucchiare tutto, ingoiava tutta l'asta arrivando a schiacciare il naso sulla mia pancia per potermi leccare le palle tenendo tutto il cazzo infilato profondamente in gola.
Quando staccò la sua bocca da me non riuscii a dirle niente, mi mise il dito di traverso sulle labbra per dirmi di stare in silenzio: voleva essere lei a comandare e io decisi di lasciarla fare. Salì sopra di me e si chinò per baciarmi e mentre lo faceva sentii che puntava il mio cazzo al suo buchetto, e quando staccò le sue labbra dalle mie, con lo stesso movimento con cui alzò la schiena si fece entrare il cazzo dentro, con la stessa fluidità con cui mi aveva appena sfilato la lingua dalla bocca.
Era in ginocchio, seduta sul mio pube, con il mio cazzo profondamente infilato dentro di lei, scosse indietro i capelli che aveva sul viso scostandoli con le mani, da sotto di lei la vedevo bella come una dea, aveva il volto luminoso di chi è felice, le sue tettine appena accennate con due fragoline rosa in punta, mi poggiò le mani sulla pancia e si mosse leggermente in senso orizzontale per farmi entrare con l'angolo giusto, tirò sù le ginocchia poggiando i piedi a terra e si ritrovò non più in ginocchio ma accovacciata su di me, sentivo precisamente il punto in cui le sue chiappette sfioravano le mie cosce, e sentivo il cazzo imprigionato dentro di lei in una morsa calda e morbida, quando improvvisamente questa morsa si cominciò a muovere su e giù, un po' roteava, un po' scivolava, ma soprattutto andava su e giù lentamente, sentivo la cappella arrivare al limite del suo buco, uscire quasi tutta fuori per poi tornate tutta dentro con un effetto quasi di risucchio: ero sicuro che la forza del mio schizzo l'avrebbe sollevata da terra, sentivo arrivare un orgasmo così carico che ero certo che mi avrebbero sentito in tutto il palazzo, ma non riuscivo a godere.
Ogni volta che lei, interpretando i segni del mio corpo, capiva che stavo per venire, faceva qualcosa per fermarmi l'orgasmo: cambiava ritmo, si fermava, si faceva uscire il cazzo da dentro, e ogni volta lo faceva chiedendomi ironicamente scusa con una faccia da puttana sorridente che avrei volentieri preso a sberle. Andò avanti così per una eternità, ero ridotto a una larva, così quando lei, in un momento in cui si era fatta uscire il cazzo da dentro e lo teneva nel solco fra le chiappe, si abbassò verso il mio volto e baciandomi mi disse "sei dolcissimo", approfittai della pausa per afferrarla e capovolgere la situazione.
La stesi a terra, fu un gesto violento, ma sorridevamo entrambi: era ancora il nostro gioco. Le sollevai le gambe mettendomele sulle spalle e gli puntai il cazzo al buco. Non avevo intenzione di spingerglielo dentro, volevo riprendere fiato, lo lasciai appoggiato alla sua fighetta, sentivo che la cappella increspava appena le grinze del buchetto, lei con un colpo di reni tentò di infilarselo tutto, ma io mi ritrassi, con un sorrisetto sadico. Volevo mettere subito in chiaro che tipo di relazione avevo in mente, quindi le poggiai le mani sul petto, le afferrai le tettine e le presi i capezzoli fra pollice e indice. "Voglio essere chiaro, tu mi hai fatto capire chi sei, e io voglio fare altrettanto con te" nel frattempo giocavo con le sue fragoline ruotandomele fra le dita e strizzandole ritmicamente. Mi sistemai meglio le gambe sulle spalle, il suo cazzo era duro e arcuato, si staccava dalla pancia quasi in verticale, ma la cappella ci poggiava sopra dopo aver disegnato un bell'arco.
Affondai dentro di lei lentamente ma inesorabilmente, arrivai a toccare il suo fondo, lei ebbe un piccolo sobbalzo e mi mise le mani sui fianchi per fermarmi, ma io gliele afferrai, le portai ai lati del suo volto inarcandola di più e spostando tutto il mio peso sulle braccia la guardai negli occhi e le dissi "A me piace così" e la colpii in profondità, senza violenza, ma con forza. "Io mi eccito se la mia donna soffre mentre me la prendo" e giù un altro colpo un po' più forte. "La mia donna deve godere perchè godo io". "Se vuoi essere mia devi mettere in conto di soffrire un po'" "Devi essere tutta mia o per niente mia" e ad ogni frase la colpivo più forte e più profondamente, e a ogni colpo lei rispondeva con un lamento, sempre più forte, un "ahhh" inizialmente sommesso che cresceva con la forza dei miei colpi, i suoi occhi erano spalancati, fissi nei miei e non sorrideva più, aveva una espressione seria, incredula e sorpresa.
Mi fermai lasciandole il cazzo dentro, esattamente dove cominciava a toccare, ogni mio movimento si sarebbe trasmesso direttamente a lei sotto forma di dolore facendola sobbalzare. "Se vuoi smetto adesso" lei mi guardò, la sorpresa nei suoi occhi diventò paura, mi prese per i fianchi e diede un colpo di reni fortissimo, io non l'avrei mai penetrata così violentemente, mi fece quasi male. Urlò, ma non si fermò, continuava a tirarsi a me inculandosi selvaggiamente e gridando. Ero pietrificato dalla sorpresa, sentivo i suoi colpi sul cazzo e mi accorsi che le sue grida non erano più lamenti, erano dei "siiii" lunghi e acuti, staccai le sue mani da me, la piegai un po' di più e tenendole le mani schiacciate sul tappeto cominciai a incularla io, dando affondi violenti alternati a estrazioni complete, lei aveva smesso di gridare e aveva cominciato a incitarmi "Prendimi... sono la tua puttana.... spaccami tutta... più forte... fammi male... prendimi come piace a te... sono tutta tua.... fammi tutto quello che vuoi.... fammi morire... dammi la tua sborra..." Non ce la facevo più, mi staccai da lei e mi alzai, lei si spaventò, poi capì e si alzò appena in tempo per prendere in faccia il primo schizzo di sborra, poi la presi per i capelli e le spinsi il cazzo in gola continuando a goderle dentro e gridandole di ingoiare tutto.
Quando finì l'ultimo brivido e il mio respiro cominciò a regolarizzarsi le tolsi il cazzo di bocca e mi lasciai cadere sul divano, lei si accucciò fra le mie gambe, raccolse con le dita la sborra che aveva sul viso e se la portò alla bocca, poi riprese il mio cazzo in bocca con delicatezza per succhiare le ultime gocce che affioravano dal prepuzio, e quando fu sicura di averle prese tutte e di averlo ripulito per bene, rimase li, con la testa appoggiata alle mie ginocchia, aggrappata alle mie gambe come un naufrago al salvagente.
Quando il cuore si calmò cominciai a parlarle, lei mi ascoltava in silenzio baciandomi ogni tanto la gamba a cui era abbracciata: "Scusami, ma a me piace così, mi eccita dominare, umiliare, punire, mi piace far soffrire, sono un porco, un vero porco, ma sono anche dolce e affettuoso. Con me ti sentiresti protetta e amata e soprattutto non mi vergognerò mai di te, sarai la mia donna davanti a tutti, ma sono troppo porco per essere fedele, anche se dopo torno sempre a casa. Pensaci stanotte, domani ti chiamo e mi dirai cosa hai deciso, ok?" "Tu stanotte dormi accanto a me."
La nostra storia cominciò così, e durò diversi anni fra alti e bassi, finchè la sua gelosia e la mia stupidità ci portarono alla separazione.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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