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Il proprietario - II

13.05.2024 |
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"Più sotto, un paio di coglioni completamente depilati penzolavano e riposavano sul divano muovendosi di tanto in tanto mentre la mia mano faceva su e giù..."
Parte 2Malgrado il calore estivo che abbrustoliva le strade di Milano, l'appartamento dell'anziano era relativamente fresco, merito anche del grande ventilatore che dall'angolo della stanza spingeva ciclicamente ventate d'aria fresca nella mia direzione.
Io rimanevo fermo, immobile, ritto sui tacchi da 12 cm che avevo indossato poco prima, e guardavo con aria di sfida e con un certo ribrezzo il proprietario che aveva preso a parlare al telefono con il figlio, noncurante della mia situazione.
Se qualcuno fosse entrato in quel momento nel salotto, avrebbe visto di spalle un ragazzo con i capelli corti, leggermente più lunghi sulla frangia, che indossava tacchi neri da 12 cm, autoreggenti nere velate, un perizoma nero che si infilava fra le chiappe allenate, e un reggiseno coordinato, anch'esso nero.
Dinanzi, un vecchio signore sui 75 anni con indosso una vestaglia di raso rossa aperta, sedeva su un divano di pelle bianca, le gambe divaricate e il membro durissimo in bella vista.
Non fiatavo. Lo fissavo negli occhi studiandone attentamente ogni sua parola. Attendevo con ansia che tenesse fede alla sua promessa e mettesse una buona parola con il figlio, garantendomi così il passaggio dell'anno universitario.
Il vecchio però non doveva avere fretta e parlava del più e del meno da qualche minuto. D'un tratto, accortosi dei mei sguardi insistenti, mi guardò sorridendo, coprì con una mano il microfono del telefono e mi disse con voce appena percettibile:
-"girati. Fammi vedere come ti sta".
Deglutii ingoiando il rancore che provavo nei suoi confronti e barcollando sui tacchi mi girai offrendogli la vista del mio culo.
Quando alzai lo sguardo vidi il mio riflesso in uno specchio appeso alla parete e fu come ricevere un pugno nello stomaco. Il vecchio, che evidentemente apprezzava la visuale, aveva allargato ancor più le cosce e aveva preso a menarsi l'uccello incrociando il mio sguardo nello specchio.
Percepiva la mia rabbia e pareva che la cosa gli desse un certo piacere.
Passarono così un paio di minuti quando ad un certo punto lo sentii cambiare argomento con suo figlio. Aveva incominciato a parlare di me. Stava spiegando al figlio che un giovane ragazzo che alloggiava nell'appartamento del quinto piano era uno studente del suo corso e che aveva avuto modo di passare del tempo con lui.
Mi girai di scatto per seguire meglio la telefonata, ma non appena lo feci il vecchio schioccò le dita, agitò il pugno su e giù mimando una sega e poi mi indicò il suo cazzo.
Quel porco voleva un'altra sega.
Pur facendomi francamente schifo, non potevo gettare tutto alle ortiche. Dopotutto mi ero spinto troppo distante e decisi che non volevo aver messo inutilmente a repentaglio la mia eterosessualità.
Mi avvicinai camminando sui tacchi alti e cercai di piegarmi per prendere in mano il cazzo del vecchio. Strinsi le mie dita attorno a quella verga dura e sentii il vecchio sospirare. Il risultato era che ora mi trovavo a novanta, con il cazzo del vecchio in mano e le chiappe che si allargavano naturalmente, esponendo lo stretto lembo di tessuto che mi copriva il buco del culo. Notai subito che al vecchio piaceva perché aveva la possibilità di vedere il riflesso nello specchio e di conseguenza, non volendo dargli nemmeno un briciolo di piacere in più rispetto a quanto questa grottesca situazione richiedesse, mi accovacciai.
Fu un errore.
Ora mi trovavo accovacciato fra le sue gambe, con il perizoma che tirava sul buco del culo e sopratutto, mi ritrovavo pericolosamente vicino all'uccello duro di quell'uomo. Questa volta ce l'avevo dritto in faccia e non potevo farne astrazione. Era un uccello molto grosso sia in lunghezza che stazza. Venoso e contraddistinto alla base da alcuni peli grigiastri accorciati e ben curati.
-"Avrà preso del Viagra sto stronzo" pensai.
Più sotto, un paio di coglioni completamente depilati penzolavano e riposavano sul divano muovendosi di tanto in tanto mentre la mia mano faceva su e giù.
Ciclicamente, il ventilatore in fondo alla stanza spingeva nelle mie narici l'odore di quel cazzo costringendomi ad annusarlo in continuazione mentre lentamente continuavo a segarlo. Era ovviamente la prima volta che sentivo l'odore di un cazzo che non fosse il mio. Con mia sorpresa, non si trattava affatto di un odore malvagio. Era un odore molto maschio, quasi di muschio selvaggio con una nota di sapone.
Mentre accadeva tutto questo, il proprietario si destreggiava sapientemente - gliene va reso atto - nella sua discussione con il figlio. Prima tesseva le mie lodi e poi spiegava quanto fosse difficile studiare lontano da casa. Ora ricordava al figlio quanto anche lui avesse faticato i primi anni e adesso spronava il figlio a non discriminare nessuno dei suoi studenti.
Io fissavo gli occhi neri del proprietario cercando di intuire dal suo viso eventuali reazioni del figlio ma in tutta sincerità, l'unica cosa che riuscivo a carpire erano le smorfie di piacere del vecchio che sembrava gustarsi ogni secondo di quel lento segone.
I minuti passavano e il figlio non accennava però a cedere. La seppure lenta sega mi aveva già costretto a cambiare mano e numerose gocce di sudore cominciavano a cadermi sul viso. La mia schiena poi grondava e le gocce scendevano lungo il corpo e andavano ad arrestarsi contro il perizoma, imbevendolo.
Il proprietario, che pensavo prossimo alla sborrata ma che volevo mantenere ben attento fino alla conclusione della telefonata, coprì nuovamente il microfono del telefono e mugugnò:
-"succhiami il cazzo, che l'ho convinto a farti passare".
-"Assolutamente no!" ribattei sottovoce.
Il vecchio in tutta risposta disse al telefono:
-"Ah guarda parli del diavolo e spuntano le corna, è entrato in casa in questo momento, gli dai tu la notizia?"
Appoggiò il telefono sul divano di pelle bianca, mise in vivavoce e riconobbi subito la voce del prof.
Ero imbarazzatissimo. Ovviamente lui non sapeva che fossi vestito da puttana, né tantomeno che stessi masturbando il suo genitore.
Balbettai due parole e il prof mi interruppe subito.
-"Lo sa? Ho appena fatto un interessante chiacchierata con mio padre e le confesso di non essere forse stato sufficientemente comprensivo della sua situazione. Credo dopotutto che sia doveroso promuoverla. In fondo si è impegnato molto".
Fu un'esplosione di gioia come non ne avevo mai provata prima. Ogni muscolo del mio corpo sprizzava vita e mi sentivo il cuore battere all'impazzata spinto da un'ondata di adrenalina immensa.
-"Grazie!" Ebbi solo il tempo di dire.
Infatti mi resi conto in quell'istante che la mano del vecchio mi aveva preso la nuca e mi spingeva energicamente contro il suo cazzo. Inizialmente feci resistenza, essendo io bloccato da un senso di colpevolezza che venne subito sopraffatto dalla felicità di non essere stato bocciato. Forse anche in un moto di gratitudine nei confronti del vecchio, mi lasciai andare e presi in bocca il suo cazzone.
Presi in bocca solo la cappella, anche perché gonfia com'era null'altro potevo prendere, e cominciai a succhiarlo come avevo visto fare nei porno che ogni sera guardavo, cercando di replicarne i movimenti.
E mentre il professore - convinto di aver trovato un interlocutore che gli pendeva dalle labbra - si addentrava in un lungo monologo con il quale reiterava l'importanza di applicarsi e conseguire buoni risultati, io succhiavo la cappellona dura di suo padre. La sentivo che mi strofinava contro il palato e sentivo sopratutto l'anziano proprietario che cominciava ad ansimare più forte. Nell'istante in cui il professore al telefono concludeva la telefonata ribadendo l'ennesimo invito ad applicarmi di più in futuro, il padre si alzava in piedi, toglieva il cazzone dalla mia bocca e grugni:
-"sborroooo".
Diede tre o quattro colpi con la sua manona e spruzzò 3 densi getti di sborra calda. Il primo prese di striscio la mia guancia, il secondo prese il collo e il terzo, meno potente, andò a perdersi sulle autoreggenti dal momento che ancora giacevo accavallato sui tacchi.
Il vecchio ricadde sul divano ansimando, sudato. Io confuso e con la sborra che mi colava sul collo mi alzai in piedi per allontanarmi verso la porta d'entrata. Fu a quel punto che mi resi conto che il mio cazzo era durissimo e trattenuto a stento dal perizoma, che a questo punto formava una piccola tenda fra le mie gambe.
Il vecchio mi guardò e disse:
-"quanto cazzo sei carino".
Fine parte 2.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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