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I Miei Anni Universitari - Parte Settima

17.05.2024 |
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"Raccontandogli le mie disavventure, restò scioccata dalla tanta sfortuna che ebbi, per poi domandarmi cosa avrei fatto in seguito..."
Questa è una storia che racconta una parte di vita veramente vissuta, scritta con eleganza erotica, senza pornografia esplicita o termini volgariSe pensate sia il solito racconto per cui vorreste eccitarvi e per/o masturbarvi,
NON LEGGETELO: NON FA PER VOI!
-Assolutamente non è il tipico racconto a carattere pornografico-
Soffrirete, piangerete, griderete, esulterete con me...
Non sono propensa a scrivere un racconto di vita vera inserendovi forzatamente storie di solo sesso in maniera esplicita e volgare, quindi se cercate racconti di questo tipo, vi prego di andare oltre.
Chi invece vorrà “vedere” uno scorcio della mia vita, accomodatevi e buona lettura.
Grazie
Per motivi di privacy i nomi sono di fantasia e sono diversi dalla realtà
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I miei anni universitari
=== Parte Settima ===
--Come un racconto unico continua dalla Parte Sesta--
Episodio VIII
Un destino crudele
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Era una giornata soleggiata, quando una nube solitaria coprì il sole e improvvisamente sentii un po' di freddo. Pensai al solito cambiamento climatico caratteristico del Nord Europa, rimpiangendo il clima caldo e benevolo della mia amata Sicilia. Stavo lavorando sodo su una progettazione complessa e stavo studiando delle soluzioni mentre sorseggiavo la mia tazza di thè. I miei colleghi erano soliti prendersi, chi un caffè, altri un cappuccino, altri ancora prendevano anche un bicchiere di qualche superalcolico. Per tutti loro ero la classica pupa “secchiona”, ma abbastanza sexy e interessante da essere talvolta corteggiata da qualcuno, dimostrandosi fin troppo sensibile al mio fascino. Sul lavoro ero inflessibile e non ammettevo distrazioni, ne tanto meno stupide e volgari scappatelle che mi avrebbero resa incapace di guardare il mio amato negli occhi.
Eppure mi capitò che qualche mio collega straniero perse la testa per me, arrivando a corteggiarmi apertamente, fino a palparmi e addirittura riuscire contro la mia volontà a baciarmi.
Respingevo quelle avance e tutte quelle proposte che mi invitavano a passare notti bollenti in qualche camera di hotel per squallide occasioni di sesso.
Perché rinunciai era facile spiegarlo: Ero stata promessa all’unico uomo che mi avrebbe avuto e voluto non per una sola notte, ma per tutto il resto della mia vita.
Passavo così le mie trasferte all’estero, studiando senza sosta fino ad orari prettamente notturni, riposandomi qualche ora per poi riprendere alacremente fin quando trovavo le soluzioni e le realizzazioni tecniche da costruire.
Ero, come sempre, intenta a studiare la casistica delle manovre tecniche dell’impianto che stavo simulando, quando ebbi un’intuizione geniale da risolvere il problema in un batter d’occhio con costi economici e vantaggiosi. Ancora una volta la mia azienda si complimentò con me e io segnalai anche alcuni miei colleghi che mi aiutarono nello studio degli impianti nel loro complesso funzionamento in azione di singolarità per ogni apparato ausiliario.
Mi ero guadagnata un ottimo premio per aver terminato il lavoro in tempi brevi e l’assicurazione di un viaggio di ritorno a casa per rivedere il mio amato.
Potevamo ancora una volta essere insieme per progettare finalmente la cosa più bella e importante della nostra vita: il nostro matrimonio!
Era una giornata di sole e mi trovavo con Luigi seduta posteriormente sulla sua motocicletta, abbracciata a lui ad occhi chiusi quando lo sentii urlare, tanto da farmi spaventare. Di lì a poco, sentii un sordo fragore metallico, completamente incredula e inerme, mi trovai scaraventata in aria con la moto che scompariva da sotto il mio sguardo insieme a Luigi, per poi sentire l’impatto sull’asfalto con dolori lancinanti. Senza potermi muovere, ferma e impietrita, avevo lo sguardo rivolto verso il cielo e la vista pienamente offuscata, sentivo un fischio continuo, echi, rimbombi e io che con un filo di voce chiamavo ripetutamente Luigi, senza riuscire nemmeno a sentire quel che dicevo… quando vidi comparire Luigi impaurito sopra di me… era sporco di sangue, ma sembrava più tranquillo ora che mi guardava negli occhi mentre carezzava i miei capelli che fuoriuscivano dal casco.
Ci baciammo… sentivo echi lontani di una ambulanza e io che non riuscivo a stare sveglia, mi presero da terra sollevandomi con una barella metallica, mentre mi sentivo gridare continuamente: -Hei! Stai bene? Mi senti? Apri gli occhi! Stai sveglia! Non ti addormentare! Sveglia! Guardami! Ci sei? Forza! Dimmi il tuo nome!… -
Episodio IX
Un dolore insopportabile
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In un ambiente completamente silenzioso, presi coscienza su un letto d’ospedale, notai che indossavo solamente un lungo camice ed ero seminuda, inoltre avevo delle flebo che iniettavano liquidi nel mio braccio disteso. Ero piena di dolori, incapace di muovermi, scoprendo di avere l’intero lato destro dalla gamba fino al piede e la spalla, del medesimo lato, con tutto il braccio bloccati fino al polso da dei tutori rigidi. Ebbi anche un tutore sull’avambraccio sinistro fino al polso e persino un collare cervicale. Ero sola in una stanza minuscola, ma ugualmente confortevole. All’arrivo dell’infermiera gli chiesi come stava Luigi… appena mi vide chiamò immediatamente i dottori che accorsero in gran fretta per visitarmi: Fui in coma per due giorni di fila. I dottori mi avviarono alle migliori terapie che in due settimane e mezzo di cure intensive mi ristabilirono in piena coscienza.
Durante tutto questo tempo sembravo una matta che ripeteva sempre la stessa domanda: - Come sta Luigi?...-. Tutti mi ripetevano che appena sarei stata meglio sarei uscita per andare a casa…
All’ospedale vennero i miei due fratelli: il mio gemello e il più piccolo. Chiesi dove fossero i nostri genitori, quando mi ricordarono che ci allontanammo nel momento che mi mostrai a loro nelle mie sembianze e fattezze preferite… In pratica non esistevo più per loro! Fortunatamente avevo i miei fratelli che venivano a trovarmi continuamente. Al mio gemello chiesi di Luigi, ma mi rispose semplicemente di pensare a guarire per ritornare presto a casa.
Finalmente ristabilitami dopo circa un mese e mezzo di durissima riabilitazione fisica, i miei fratelli mi riportarono a casa mia, con non poche difficoltà. Abitavo all’ultimo piano e non avendo l’ascensore, mi ero intestardita di salire le scale lentamente a piedi senza l’aiuto di barelle o stampelle. Giunta a casa e non vedendo il mio amato, esanime e stanca, cominciai ad andare in escandescenza, reclamando più volte di volerlo vedere, ma un forte mal di testa mi induceva forzatamente a dovermi calmare.
Il mio gemello mi fece sedere sul mio divanetto, mi prese la mano e cominciò a guardarmi triste nei miei occhi…
Compresi che stava per dirmi qualcosa di terribile su Luigi, mi mancò il respiro ed ebbi un nodo alla gola che stava per tramutarsi in un pianto isterico, mio fratello guardandomi negli occhi, mi pose entrambe le sue mani sulle mie spalle, piangendo pure lui: - Ha avuto una emorragia polmonare… non c’è più!, Non è più con noi!… -.
Io mi sentii morire dentro, piegata in due, avvertendo come uno squarcio nel mio petto e mai ebbi sul mio viso una smorfia così piena di tristezza e dolore. Non riuscivo a calmarmi, piangevo e urlavo di dolore, tanto da richiamare l’attenzione dei vicini che preoccupati, chiesero alla mia porta se potevano essere d’aiuto, a cui si aggiunsero le loro condoglianze, non appena il mio fratello più piccolo gli spiegò della tragica scomparsa, del mio risveglio e della comprensione di tutto ciò che successe nell’ultima ora. All’indomani volli andare alla tomba del mio Luigi, sebbene fossi ancora cagionevole… giunta con passo incerto al cimitero, appena vidi quella lapide con la foto del suo volto sorridente e lo sguardo sereno, fu una triste visione che mi spaccò il cuore in frantumi.
La madre di Luigi era lì e riconoscendomi mi abbracciò per piangere insieme a me.
Avrei dato la mia vita per Lui, doveva salvarsi lui e non io… mi sentivo un essere senza alcuna utilità adesso che non c’era più. Che senso aveva adesso la mia vita? Perché il destino fu crudele con noi? Quale divinità su tutto l’intero universo offendemmo col nostro amore vero e sincero?!
In azienda seppero dell’incidente e del mio tragico lutto. La direzione e i capi tecnici tutti, mi mandarono un telegramma di condoglianze, seguita da altre lettere di tanti miei colleghi, tutte dal medesimo significato di cordoglio.
Ero preda della disperazione e della depressione, cosa valeva adesso la mia vita? Per i miei genitori non esistevo più, Luigi non c’era più, la mia vita era diventata senza significato, svuotata da tutti i progetti futuri, alla deriva come un treno che percorreva un binario morto…
Episodio X
l’aiuto di chi ti ama
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Vanessa, in uno dei tanti pellegrinaggi all’ospedale mi aveva seguito con molta discrezione nella mia triste vicenda, quando mi spuntò alla porta e ci abbracciammo piangendo insieme.
I miei fratelli non mi lasciarono mai sola e grazie a Vanessa si alternarono anche con lei.
Anche Enrico mi venne a trovare e mi abbracciò vigorosamente ribadendomi di essere forte.
Per una settimana e mezzo si alternarono tutti loro per starmi vicino e darmi quel conforto che avevo necessariamente bisogno. Ma non potevo abusare delle loro vite e della loro generosità. Quindi cercai di rassicurarli che avrei dovuto prendere coraggio e continuare da sola per camminare con le mie gambe e andare avanti, nonostante il dolore che avevo ancora in me, tuttavia, non potendo sopportare che i miei amici e i miei fratelli fossero in difficoltà e disagio a causa mia, scelsi che dovevo farcela da sola, se li amavo veramente e volere anche il loro benessere.
Con grande forza d’animo li rassicurai tutti quanti e li mandai nelle loro case a vivere la loro vita… Dovevo continuare la mia e darle nuovamente un senso, perché Luigi mi aveva insegnato proprio questo. Prima ero solamente una travestita che passava la sua vita con incontri fugaci ed occasionali senza senso, ne futuro. Con Luigi invece, imparai che si doveva vivere fino in fondo la propria esistenza, poiché essa ha sempre un senso anche quando sembra che non sia così e lo avrei scoperto vivendola e amando profondamente!
Episodio XI
Parole d’amore
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Un pomeriggio venne a trovarmi una delle due sorelle di Luigi per una breve visita, consegnandomi una busta chiusa, che posò sul mio tavolino, scritta da suo fratello esclusivamente per me come da sue ultime volontà negli ultimi giorni di vita.
Quando se ne andò, restai quasi in uno stato di venerazione, lasciando la busta la dove era stata posata. Venne la sera ed io, ormai sola, guardavo quella busta chiusa. Con tutto il mio coraggio, mi alzai per prenderla, accovacciandomi sul mio divano, mentre con l’aiuto delle mie unghie la aprii delicatamente, estraendone la lettera che conteneva.
Nella lettura del testo, con mia grande emozione, leggevo che se avessi letto questa lettera sicuramente Luigi non sarebbe più potuto essere presente ed essere insieme a me, poiché sarebbe già scomparso da tempo…
Sentivo un forte sussulto percuotermi il cuore e sebbene mi fosse difficile, dovevo continuare a leggerla, perché era l’ultima testimonianza di un pensiero che mi legava ancora a lui, tanto da sentirlo come fosse seduto accanto a me. Mi scrisse che fu molto fortunato ad avermi incontrata, tanto da avere la sensazione di trovare una bella rosa in una piccola oasi, nascosta e poco visibile, in mezzo ad un grande deserto, stranamente nonostante fossi per lui una rosa stupenda, non avevo alcuna spina…
Mi scriveva che aveva conosciuto un gran numero di donne, ma come tutte le rose erano piene di grosse spine e nessuna di loro ebbe il mio carattere dolce, generoso, dedita completamente al suo uomo come nessun’altra.
Per lui, avrei dovuto insegnare alle donne odierne cosa significasse il concetto di essere DONNA, argomento che riuscì a comprendere e ad ampliare conoscendomi e inverosimilmente finendo per interessarsi di me, fino ad innamorarsi. Per lui rappresentavo benissimo l’argomento “ESSERE DONNA” e senza soffermarsi principalmente sull’esteriorità del mio corpo o sul mio sesso, sebbene li ritenesse importanti, riteneva quest’ultime fossero solo un dolce contorno. Continuava nello scrivere: “...essere dolcemente Donna, proprio come lo sei tu!…” mi fece sentire speciale come riusciva sempre a dimostrarmelo, anche adesso che non c’era più! Le mie guance erano solcate dalle lacrime che versavo senza sosta.
In me, vedeva un essere che superava il concetto di essere semplicemente una donna, un’amante e una sposa. per Luigi ero già “donna”! e più vera di tante altre che ebbero la fortuna di esservi nate. Il mio respiro si faceva breve e fortemente singhiozzante, sospirando di continuo…
Mi scrisse dolcissime parole d’amore esortandomi a continuare la mia vita e ad amare ancora senza che dovessi fermarmi mai… Me lo ripeteva continuamente che avevo il dono di poter rendere felice qualunque uomo sulla terra e mi ringraziava per averlo scelto e amato.
Infine mi esclamò un pensiero profondo che fino al giorno d’oggi ripeto continuamente al mio carissimo gemello: - Puoi vivere la tua vita come un sogno o come un incubo… A te la scelta… ma ricorda che solo la sua fine sarà reale!… -.
Luigi fece della nostra storia d’amore un vero capolavoro! Il sogno che tutte le coppie innamorate dovrebbero cercare di raggiungere per ottenere la vera felicità!
Per poter amare una persona come me, Luigi era da considerarsi un essere straordinario, oltre il semplice concetto ordinario di cos’è un uomo. Lui aveva dimostrato di essere un uomo incredibilmente abile, capace di vedere oltre l’aspetto esteriore e di saper leggere gli animi per poterne capire la vera essenza di ognuna di noi.
Giunta alla fine, lessi che tutto ciò che avrei amato, l’avrei perso, ma che un giorno sarebbe tornato in un altro modo: - Sei nata per amare… dunque continua...-. Scoppiai in un lungo singhiozzo, strinsi quella lettera al mio petto e bagnata di lacrime la conservai gelosamente per me.
Episodio XII
Ritorno alla normalità
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Vanessa mi invitava continuamente ad uscire in quelle sere libere che mi trovavo, lavoro permettendo, a Catania. Spesso per un semplice aperitivo, per una cena e pian piano fece emergere la Ginevra di sempre, sorridente e solare. Parecchi uomini mi guardavano desiderandomi.
Qualcuno tentò anche un approccio, ma evitai ogni coinvolgimento emotivo poiché non mi sentivo pronta a nuove conoscenze e amicizie, tanto meno in qualcosa di più profondo. Avevo ancora il cuore malato di nostalgia, perso in dolci ricordi amorosi che non esistevano più.
Vanessa era una mattacchiona allegra e mi piaceva la sua allegria contagiosa, condividendo anche momenti di dubbi e paure, come quando le arrivò una lettera da un ospedale, in cui la invitarono a presentarsi per operarsi e cambiare il sesso. La mia amica scettica, piena di dubbi e paure, mi disse che era confusa e felice allo stesso tempo, chiedendomi un consiglio sul da farsi.
Gli dissi serenamente che se era questo quel che voleva, era giunto il momento propizio per avere quello che aveva sempre desiderato e se avesse rifiutato, probabilmente avrebbe rimpianto questa opportunità per il resto della sua vita.
Vanessa mi guardò stupefatta del mio modo naturale e sereno di darle questo consiglio e mi abbracciò molto forte e con grande commozione, da confessarmi che mi amava come la sorella che fin da piccola non aveva mai avuta accanto. Volevo un gran bene alla mia amica e le dissi che potevo accompagnarla io stessa e aiutarla nei giorni della degenza che non avrebbe potuto muoversi. Vanessa, la stessa sera in cui ricevette la comunicazione dell’intervento, volle uscire ed era così felicemente raggiante che sembrava una ragazzina, tanto da ballare in mezzo alla strada e richiamare l’attenzione di quanti passavano per caso: ...lei era bellissima come una pazzerella perennemente allegra.
Mi piaceva moltissimo ed eravamo amiche vere per la pelle e per il cuore, talmente intime da confessarci ogni cosa, così che non esistevano segreti tra noi.
Il giorno della partenza mi ero organizzata chiedendo alla mia azienda delle ferie, accordate perché chieste in un periodo che nessuno avrebbe reclamato. La accompagnai in aereo fin dentro l’ospedale e dopo tante visite di controllo, una mattina la salutai prima di operarsi. I medici mi raccomandarono di andare a casa a riposarmi in quanto l’intervento di vagino plastica sarebbe stato molto lungo e in ogni caso mi avrebbero chiamata telefonicamente. L’indomani mattina infatti mi chiamarono dicendomi che l’intervento era andato benissimo e che potevo venire durante l’orario di ricevimento. Trovai Vanessa felice, ma molto spossata e dolorante. Mi ripeteva: “finalmente sono una donna!… se mi vedessero adesso non ci crederebbe nessuno!”. Le sorrisi e le dissi che la vedevo già donna anche prima dell’operazione, ma adesso, a maggior ragione, non poteva negargli nessuno il suo nuovo status. Vanessa molto dolorante mi strinse teneramente a se, con le poche forze che aveva e scherzando confessava che mi odiava perché ero l’unica persona al mondo capace di commuoverla con pensieri profondi.
Vanessa aveva una famiglia composta da una sorella e dai suoi genitori che purtroppo, come fecero i miei, non accettarono le sue scelte, lasciandola completamente sola al suo destino.
Passò un largo periodo di ripresa e Vanessa, ormai raggiante e felice, mi prometteva solennemente che mi avrebbe aiutata quando sarebbe arrivato il mio turno, facendomi arrossire.
Durante una sera in un club molto chic e di persone perbene, ci stavamo godendo una cena quando vediamo arrivare un cameriere che portò al nostro tavolo una bottiglia di prosecco ghiacciato, segno che qualcuno era interessato a noi. Vanessa ringraziò il cameriere e stava per rifiutarla, mandandola quindi indietro, proprio perché guardandomi confusa e indecisa, a prescindere se le avrebbe fatto piacere a lei, voleva evitare di mettermi a disagio.
Restò di stucco quando mi sentì dire che la bottiglia poteva restare, guardandola serenamente negli occhi e rassicurandola che tutto andava bene. Eravamo vestite elegantemente con abiti scuri e lunghi, spacchi altissimi, schiene nude, scarpe nere lucide con comodissimi tacchi di cinque centimetri.
Come immaginavo si avvicinarono due tizi abbastanza giovani da essere nostri coetanei, elegantemente vestiti con giacca e cravatta, scusandosi se stavano importunandoci, chiesero galantemente se potevano avere il permesso di poter scambiare quattro chiacchiere senza alcun impegno. Guardai Vanessa con occhiate di approvazione e lei ricambiandomi, riferì ai due che potevano accomodarsi al nostro tavolo, avvisando il personale di sala di far aggiungere altre due sedie. La serata passò spensierata e con quel tocco di dolce brio e allegria che non guastava, che anzi, alzò la godibilità del momento. Vi erano tre musicisti jazz in sala che suonavano il sax, la tromba ed un pianoforte dal vivo e qualche coppia cominciò a ballare il ritmo lento delle loro esibizioni musicali. I due ragazzi ci invitarono ad alzarci per ballare con loro, chiedendocelo con un fare così garbato e gentile che si rivelava essere molto piacevole per me e Vanessa. Io mi alzai per prima e presa per la mano da uno di loro, fui accompagnata dove ballavano le altre coppie. Abbracciati l’un l’altro, presi così a danzare un ritmo lento insieme al mio cavaliere, molto educato, con un savoir faire d’altri tempi che gradivo tantissimo, comprendendo pienamente cosa realmente piaceva ad entrambe. Scambiammo quattro chiacchiere ed io radiosa ed elegante lo colpivo magneticamente col mio sorriso e con il mio sguardo dolce. A fine serata ci ringraziarono e ci pregarono, se ci fossimo trovati bene con loro, a ripetere un altro piacevole incontro, cosa che acconsentii tranquillamente.
Io e Vanessa eravamo due amiche affiatatissime e sebbene conobbi altri uomini, di cui molti interessati a me, non allacciai nulla oltre ad un’amicizia.
Ricordo un capodanno insieme a lei in cui i nostri accompagnatori occasionali, ci scattarono una foto in cui ci ritrassero insieme con delle fiaccolette a stellina, sorridenti al nuovo anno, speranzose in tempi migliori a venire. Ballammo, bevemmo come non avevamo fatto mai e per la prima volta mi lasciai andare fin quasi ad ubriacarmi. Quella sera Vanessa aveva avuto una solenne promessa dal suo compagno di sempre: l’avrebbe sposata ed io venni scelta come sua damigella d’onore!
Io ero raggiante, commossa e felice. Il fidanzato di Vanessa non poteva scegliere momento più bello poco prima dello scoccare della mezzanotte. La mia amica era felice e troppo incredula di così tanta gioia insieme. Brindammo tutti insieme ed ero sicura che avremmo goduto entrambe di grande fortuna nel nuovo anno che era appena arrivato.
Episodio XIII
Una grande sfortuna
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Vanessa meritava tantissimo e gli volevo un gran bene, quando un giorno mentre eravamo intente a passeggiare, lei accusò un malore e sebbene tentò di sdrammatizzare, come faceva per qualsiasi problema, la convinsi di andare in ospedale per un controllo. Credevo che al pronto soccorso si sarebbe sbrigata poiché non vi erano altre utenze in attesa. Passarono i minuti, le ore ed io ero ancora lì ad aspettarla, quando uscì un medico che gridò il suo nome. Io e il fidanzato di Vanessa, accorso lì dopo averlo rintracciato telefonicamente, ci presentammo come uniche persone vicino alla paziente. Lei era stata ricoverata d’urgenza poiché ad un esame risultò avere una larga macchia al pancreas e rivelatosi un ammasso disomogeneo, doveva essere immediatamente asportato. Mi sembrava un brutto film, Vanessa uscì dall’ospedale dopo tre giorni e mi sembrò smunta con occhiaie vistose ed il viso scavato… Sembrava comunque che tutto fosse andato bene, nonostante la mia carissima amica fosse abbastanza malconcia e visibilmente stanca. Non mi capacitavo a vederla in questo stato, proprio lei che aveva sempre energie e allegria da vendere. Tuttavia credetti che dopo un breve periodo di assestamento sarebbe tornata ad essere la ragazza gioiosa che tutti conoscevano.
Vanessa era più serena e tranquilla, spesso mi abbracciava e mi ripeteva che era felice di avermi conosciuta, poiché per lei ero la sorella che aveva sempre sognato di avere accanto. Io le dicevo che lei era la mia eroina da emulare poiché volevo raggiungere i suoi stessi obiettivi. Erano passate diverse settimane e una sera Vanessa volle andare in discoteca sola con me. Io felice di poter passare una serata in allegria con la mia amica mattacchiona le dissi subito di sì e ci preparammo subito dopo aver cenato insieme a casa mia pronte per andare al locale. Eravamo vestite molto provocanti, tirate in ghingheri, alte, belle, eleganti, mentre stavamo ballando sfrenate ed in allegria, dei ragazzi ci importunarono pesantemente dicendoci che avrebbero voluto portarci in luoghi più appartati… Vanessa mi guarda fortemente titubante e capendo il mio disagio, cominciò a baciarmi sulla bocca, meravigliando anche me!… Gli si rivolge urlandogli contro che ero sua e non mi avrebbe mai divisa con nessuno!… Quei ragazzi si scambiarono occhiate di sconforto, allontanandosi disgustati e accusandoci di essere due stupide lesbiche che si perdevano tutto il divertimento, mentre le nostre risate sembravano fare eco dietro di loro…
Ammiravo Vanessa e le volevo bene veramente, perché sarebbe stata sempre disposta a tutto per salvaguardarmi da tutto ciò che avrebbe potuto accendere il malessere della mia anima dannata.
Dopo quella sera, la mia amica fu nuovamente ricoverata in ospedale e mentre speravo in una stupida infezione, invece seppi che era piena di metastasi e che non si era mai curata dalla prima volta! Quando riuscimmo a vederla ero insieme al suo ragazzo che avevo già avvisato del nuovo malore di Vanessa. Arrabbiata le chiesi perché non si fosse curata secondo le profilassi che lei stessa mi confessò di avere ignorato. Mi rispose semplicemente che invece di curarsi buttata su un letto d’ospedale, preferì passare le ultime settimane con la sua migliore amica, in cui secondo lei, nel mio cuore si celava la migliore donna del mondo. Ebbi un sussulto e un forte dolore mi prese d’assalto scoppiando a piangere, ammirando la mia amica come una piccola fata che stava appassendo come un fiore vecchio.
In un angolo il suo fidanzato si mise a piangere e fuggì dalla stanza per non assistere oltre… non lo vidi mai più!
A niente servirono le mie preghiere, i miei pianti, le mie promesse di rinunce… senza nessun’altra persona accanto, oltre a me, Vanessa morì tra le mie braccia, chiudendo gli occhi e spegnendosi serenamente pian piano… mi disse che era felice perché stava morendo, ma dopo aver concretizzato il suo più grande sogno!… Nelle sue ultime parole: - ...Ero solamente un omosessuale, poi una travestita, adesso muoio da donna! -. Chiuse gli occhi con un tenero sorriso per non riaprirli più… Era il suo ultimo saluto! io impazzii di dolore… La mia Vanessa, la più grande amica della mia vita non c’era più!
Episodio XIV
Il destino si accanisce
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Per non stare sola, a malincuore, avevo traslocato da poco in un una nuova casa vicino a quella dei miei genitori a Siracusa, con l’intento di stare vicina almeno ai miei due fratelli. Ero ancora fortemente depressa per la tragica perdita della mia amica che non feci caso alle mie ultime analisi che indicavano ulteriori accertamenti urgenti. I medici arrivarono a chiamarmi telefonicamente sul mio iPhone in cui mi pregavano di svolgere una serie di esami per gli accertamenti del caso.
Non vidi la cosa come una preoccupazione, altre volte avevo avuto degli allarmi, indice che la terapia ormonale andava nuovamente calibrata, ma non fu così questa volta.
I medici mi sospesero la cura HRT e dietro il mio pieno disaccordo e le mie ritrosie mi dissero che erano obbligati a farlo poiché si era verificato un grosso problema su cui, non comprendendo cosa fosse, fui non solo scettica, ma molto reticente e contraria alle scelte imposte contro la mia volontà.
I medici tentarono di non spaventarmi, ma si dovettero arrendere e dirmi nella maniera più brutale in cosa rappresentava il problema: avevo un tumore localizzato nella mia vescica.
Mi ammutolii di colpo, mancandomi il fiato fino a sentirmi tremare le gambe e sprofondare ancora incredula in una poltrona lì vicino… credevo fosse finita anche per me.
Invece lottai disperatamente per molti anni, spendendo tutti i risparmi di una vita e lasciandomi diverse cicatrici su un corpo abbandonato a se stesso. Per colpa della chemioterapia persi tutti i miei lunghi capelli ed era facile che vomitassi di continuo fino a dimagrire eccessivamente.
Mi sembrò avessi perso ogni vantaggio estetico che ebbi dalla HRT, inoltre persi oltre il cinquanta per cento del mio peso diventando simile ad un cadavere ridotto in pelle e ossa, per colpa anche della depressione che mi colpì devastandomi ulteriormente.
Ma non morii e nemmeno la depressione mi distrusse. Non so perché, il mio psicologo mi disse che amavo troppo la vita e che questa era la mia unica ancora di salvezza… almeno prima che mi vidi allo specchio per quel che ero diventata: un mostro!
Come una furia ruppi lo specchio, ferendomi, urlai come un’ossessa, maledicendo il giorno che nacqui! Non era assolutamente giusto tutto ciò, mi ero illusa che sarei sopravvissuta senza accorgermi che invece stavo scomparendo lentamente.
Episodio XV
Quanto è grande l’amore di un gemello?
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Ero fisicamente inaccettabile ai miei occhi e lì la mia depressione prese il sopravvento, ormai convinta che avessi perso definitivamente tutto ciò per cui avevo lottato finora. Non volevo finire i miei ultimi giorni agonizzante e sofferente su un letto d’ospedale come la mia amica Vanessa, decidendo che avrei dovuto porre, prima possibile, la parola fine sulle insulse e ultime pagine vuote del libro sulla mia vita.
Uscii e mi incamminai come un automa su una strada fino a raggiungere un posto vicino ad un precipizio che era soprannominata “la Sibbia”… mi ci sedetti accanto, fino a mettermi sul ciglio del burrone, vedendo in quell’abisso la soluzione di tutti i miei problemi. Allucinata, scorgevo con mio stupore, un’incredibile illusione come se lì sotto vi fossero tante braccia che mi reclamavano. Io non mi resi assolutamente conto che accanto vi era il mio gemello completamente esausto per avermi cercata per l’intero pomeriggio e che ora, pienamente sconvolto poiché aveva compreso le mie intenzioni, mi vedeva sul ciglio di un burrone… Gli dissi piangendo di perdonarmi… quando lui gridò il mio nome e per un attimo distogliendomi dalla visione dell’abisso, guardandolo non vidi il mio gemello! Ma scorgevo il viso di Luigi! Che mi gridava piangendo: - Non mi abbandonare! Ti prego! Non mi lasciare solo! -…
Sconvolta di quanto avevo visto non sapevo cosa fare, quando sentii la terra scivolare sotto i miei piedi e impietrita di paura, sentii ormai cadere nel vuoto… mio fratello con l’impeto e la forza di un angelo, con le sue mani mi prende, strattonandomi a se e impedendomi di cadere nel burrone… Io sorpresa e spaventata, guardai il mio gemello e lo abbracciai contenta! Non ero sola nemmeno io e follemente percepivo uno strano sentore di gioia ed euforia che non sapevo spiegarmi! Quel baratro adesso lo vedevo come i tetri abissi di un inferno da cui stare lontana. Guardando negli occhi il mio gemello, piena di sensi di colpa, scoppiai in lacrime e con un nodo in gola, riuscii solamente a sussurrargli di portarmi a casa.
Il mio gemello, sebbene sia uguale alla sottoscritta è il mio sosia al maschile, mentre io sono la sua parte speculare totalmente al femminile. Egli mi prese tutta tremante tra le sue braccia, facendo rannicchiare il mio corpo nel suo caldo e forte abbraccio, allontanandomi via da lì, fino a quando guardandolo in viso, gli dissi che potevo camminare, sebbene inciampando e malconcia, raggiungemmo casa mia.
Mio fratello stese con me quel giorno senza allontanarsi un attimo, vegliandomi anche la notte.
Non dimenticherò mai quel che fece il mio eroico fratello gemello.
Dovessi dare la mia vita, la donerei per lui!
Tesoro Mio! Se un giorno dovessi leggere queste parole sappi che TI AMO!
...E farei qualunque cosa per te.
Salva e ancora viva, compresi che la vita che avevo davanti non era altro che un libro, sulle cui ultime pagine bianche avrei potuto scrivervi ancora qualcos’altro.
Episodio XVI
Un incontro fortunato
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In un caso fortuito incontrai la mia vecchia amica estetista, proprio colei che la prima volta cambiò il mio aspetto in una bellissima essenza di femminilità in un’occasione per una festa di carnevale, in cui insieme ai miei amici, dovevamo vestirci e apparire come donne, facendomi così scoprire di essere Ginevra e di identificarmi pienamente in essa.
La mia cara amica mi vide molto malinconica e triste e nell’intento di farmi sfogare, mi invitò una serata davanti ad una pizza. Raccontandogli le mie disavventure, restò scioccata dalla tanta sfortuna che ebbi, per poi domandarmi cosa avrei fatto in seguito. La verità era che non lo sapevo nemmeno io e solo buttandomi a capofitto sul lavoro mi tenevo lontano dalla tristezza, tenendola solo in questo modo a bada, poiché la malinconia, la nostalgia, la tristezza, la mia maledetta depressione!Erano le uniche cose che mi stavano sempre accanto, assalendomi facilmente e farmi ammalare il mio povero cuore. Oltre le mie persone più care che persi, mi tormentava molto l’idea che non potevo più seguire la cura HRT, che sembrava favorisse lo sviluppo di malattie oncologiche.
E lì intervenne la mia amica estetista chiedendomi se mi ricordavo la prima volta che vidi apparire Ginevra in tutta la sua bellezza. Le risposi che me lo ricordavo perfettamente, conservando ancora una vecchia foto che lei stessa mi scattò e che uscii fuori dal mio zainetto, mostrandogliela con un sorriso pieno di gioia e ammirazione. Mi ribadì che allora non avevo nessuna cura ormonale ed ero bellissima lo stesso! Io ribattevo che ero molto giovane e che adesso la conformità delle mie ossa stavano morfologicamente virando decisamente verso la sessualità maschile. La mia amica mi rispose con un -...e allora?… guardati bene! Tu sei perfetta così! Non hai nulla di sbagliato in te! Sei già bellissima così!...- ; Le ribattei che non ero una donna, ma lei mi rispose decisa ed autoritaria che ero una travestita bellissima, decisamente molto femminile, più donna di tante altre che lo erano dalla nascita.
Mi confessò che perfino lei stessa, lesbica dichiarata, provava un’attrazione per me dalla prima volta che vide Ginevra in me, eppure sapeva benissimo qual era il mio reale sesso e lei non era mai stata con uomini. A quella confessione, restai sbigottita e sorpresa, non seppi fare altro che ringraziarla, dopotutto se non fosse stato per lei, forse Ginevra non sarebbe mai nata e i suoi sinceri apprezzamenti nei miei confronti mi facevano rivalutare la situazione positivamente.
Dovevo convincermi di vedere la mia vita come un bicchiere colmo d’acqua, ma non come fosse mezzo vuoto, bensì sempre mezzo pieno!
Episodio XVII
Una scelta
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Non ero più la stessa persona di prima e presa da rabbia frustante e con grande rassegnazione, accettai di diventare solamente quel che sono attualmente e che in fondo sono sempre stata: una semplice travestita, una dolce Trav!
Sarei stata solamente una travestita per sempre, ma accettai questo ruolo, nonostante i miei sogni di diventare una donna, come lo fu Vanessa! Soprattutto non dovevo volgermi a guardare i miei ricordi, poiché la nostalgia avrebbe alimentato la mia maledetta depressione, che cercavo sempre di tenere a bada, grazie anche ad un aiuto e sostegno psicologico di una valida dottoressa, mia grande e sincera amica, conosciuta grazie a Luigi, quando seguivo la terapia HRT.
Ricominciai a mangiare regolarmente e a seguire una costante attività fisica, sebbene fossi piena di lesioni dovute al famoso incidente e succube di una cura che mi aveva devastata fisicamente e psicologicamente. io Ginevra… scelsi di vivere!
Ero più che spronata a cercare di sentire nuovamente emozioni, sensazioni, solo che combattevo una guerra impari, in cui, io, come un’unica amazzone che non si sarebbe mai arresa, ero costretta a combattere contro un intero esercito di mostri più forti e più grandi di me!
Piango facilmente, sono debole, sono dolcemente femminile, avverto il dolore in maniera esagerata a causa della mia elevata sensibilità… Ma sebbene non abbia muscoli, non abbia un’armatura con spesse corazze, non posseggo un carattere rude e maschile e non ho una salute eccellente, avrei lottato come una piccola demone per difendere la mia piccola esistenza! Sono armata solamente del mio cuore di donna, della mia dolce femminilità, del mio sorriso e della mia voglia di vivere… Spero che bastino!… posso perdere molte battaglie, ma spero che qualunque cosa io sia, basti a vincere la mia guerra!
Episodio XVIII
Una vita degna di essere vissuta?
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Ebbi il coraggio di lavorare duramente, ma anche di seguire i miei istinti e le mie voglie di fare sesso che si erano accese dopo molta astinenza, facendomi sentire quasi una ninfomane. Frequentavo palestre e piscine per tenere in forma il mio fisico, riuscendo anche a fare nuove conoscenze e amicizie e soprattutto scoprire nuovi interessi. La mia amica estetista mi contattò telefonicamente che voleva uscire con me e ci organizzammo per passare una serata in discoteca. Ero vestita con un abitino corto, attillato e scuro. Le mie gambe erano velate da collant aperti sulla zona pubica, ai piedi calzavo scarpe con tacchi comodi. Purtroppo non avevo più i miei capelli e ricorsi a una parrucca con capelli lunghi e scuri. Il mio make-up era abbastanza esagerato, ma mi rendeva attraente che la mia amica mi trovò incantevole. Mi piacevano i suoi complimenti e ballare in pista con lei fu molto divertente. Stanche e assetate ci avvicinammo al bar, dove mi fece bere così tanti alcolici che mi resero allegra e completamente arrendevole, fino a concedermi facilmente alle sue lusinghe. La mia amica era lesbica e sebbene fossi solo una travestita le solleticavo molte curiosità sin da quando mi trasformai per la prima volta in Ginevra. La mia amica era vestita di un vestitino con molti spacchi e aperture, calze autoreggenti e comodi stivaletti. Era stata sempre molto robusta, ma nel tempo riuscì a perdere molti chili fino ad ottenere una corporatura, seppur non longilinea, più morbida. Personalmente invidiavo i suoi grossi seni ed il fatto che lei fosse una donna vera e rapportata a me mi faceva sentire una strana creatura che non era ne carne ne pesce.
Lei mi rincuorò che non era vero quel che pensavo e che ero comunque già stupenda così e per convincermi mi portò in un luogo più appartato, riuscendo quella sera stessa a baciarmi, cacciando la sua lingua nella mia bocca e avvinghiandola con la mia. Le sue mani avide carezzavano le mie cosce, fino a raggiungere il mio sesso e spostarmi gli slip. Ma il suo obiettivo non era il mio pene, bensì il mio pertugio anale, che dopo molto tempo si era del tutto ristretto, con le sue dita umide di abbondante saliva, prese a sodomizzarmi con mio grande piacere. Ovviamente la ricambiai con le mie mani, manipolando le labbra della sua vagina, fino al suo clitoride. La sentii gemere e godere sommessamente insieme a me, fino ad eccitarci a vicenda. Ci guardammo negli occhi e mi prese per mano per andare nella sua auto. Continuò a baciarmi pure lì, ma eravamo troppo scomode per continuare e sinceramente non era mai stato di mio gradimento scambiare effusioni in mezzo ad una strada. Accese la sua automobile e andammo a casa sua per finire a letto insieme. Già da dietro la sua porta ricominciò a baciarmi e toccarmi. Eravamo in piena eccitazione e la mia voluttuosità era così accesa che avrei fatto qualsiasi cosa con lei, tanto che riuscì a coinvolgermi in pieno e con mia estrema sorpresa, ebbi un’erezione come ormai non mi capitava da tempo.
Ci esploravamo i nostri rispettivi sessi con le nostre bocche e le nostre lingue nella posizione a 69, finendo per gemere e godere di sensazioni che eccitavano i nostri sensi.
Da lì a poco finimmo per penetrarci a vicenda, io col mio sesso e lei col suo strapon fino a raggiungere l’orgasmo entrambe, finendo completamente esauste, felici e abbracciate sul suo letto.
Nei giorni seguenti mi fece conoscere un ragazzo longilineo, dai capelli lunghi e molto effeminato. Inutile dire che lo coinvolgemmo nei nostri giochi, risvegliandomi nuovi interessi che pensavo fossero ormai sopiti da tempo. Mi fece iscrivere su alcuni siti, tra cui “Annunci 69”, moltiplicando i miei giri di conoscenze ed incontri. Ormai da sola incontravo chiunque: coppie, donne, gay, molti single… e non dicevo mai di no. L’unica regola su cui ero irremovibile era il mantenimento della mia salute, per non espormi e contrarre malauguratamente brutte malattie veneree, mediante l’uso di contraccettivi e soprattutto evitando di bere o venire a contatto con liquido seminale con la mia bocca, salvaguardandomi dai tutti i pericoli di salute derivanti dal sesso.
In fondo al tunnel buio, finalmente intravedevo una debole luce che presi a seguire: Era la vita?… il sesso?… il risveglio di voglie sopite da troppo tempo?… qualsiasi cosa fosse mi teneva a galla, evitandomi di affondare!
Ero diversa rispetto a molto tempo fa, mi sentivo una troia disperata, ma almeno mi tenevo lontana da brutti pensieri e questo era già abbastanza per me. Pensavo a Luigi ogni tanto, chiedendomi cosa stessi combinando e se stessi solamente perdendo tempo. Ma mi piaceva fare sesso, provando il buon gusto della lussuria e quel gran senso di soddisfazione di sentirmi nuovamente la donna passionale che sono. Forse non sarà questa la mia vita o forse non avevo ancora incontrato una persona che l’avrebbe cambiata, dandole un nuovo scopo.
Episodio XIX
Altre storie
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La mia nuova amica da letto mi fece comprendere che avrei potuto fare l’amore con qualunque sesso e genere, ma non restò con me.
Lei mi ringraziò di avermi avuta nel suo letto, poiché era da molto tempo che mi desiderava.
Capii che era un addio e non un arrivederci… Le chiesi cosa avessi di particolare, visto che a lei piacevano le donne. Mi rispose che nel mio cuore ero più donna di tante altre di quante lei stessa conobbe nella sua vita. Mi salutò andandosene via con una nuova fiamma, augurandomi buona fortuna e di stare attenta. Ero come una farfalla a cui piaceva volare attorno ad un fuoco, il rischio di venire bruciate era sempre alto!
Ci salutammo e ci abbracciammo per l’ultima volta, non la vidi mai più…
Sebbene cercassi di seguire i buoni consigli, cercavo di non avere coinvolgimenti sentimentali, ma la mia dolcezza e la mia emotività, spesso mi giocavano brutti scherzi, illudendomi facilmente.
Ebbi diverse storie con altri uomini che conobbi nel corso della mia vita, alcuni mi fecero innamorare perdutamente, illudendomi e fracassando impunemente il mio debole cuore di donna in mille pezzi.
Per me era facile innamorarmi, il mio aspetto è ancora statuario e di bella presenza, facilmente mi venivano dietro a corteggiarmi fino a raggiungere un posto carino dove poter amoreggiare e potermi fare esprimere pienamente la mia essenza più intima: la donna che tutti e tutte, conoscevano col nome di Ginevra.
Solo a pochi davo la possibilità di chiamarmi Gina, il diminutivo del mio nome e solamente dopo aver preso una mutua confidenza reciproca e soprattutto dopo aver costruito un buon rapporto di stima e una grande fiducia reciproca.
Ho conosciuto molte persone e non solamente a letto. Ognuna diversa e dotata di una sessualità molto singolare. Molti volevano fossi addirittura attiva o solamente versatile, ma solo alcuni solleticavano i miei istinti femminili fino a raggiungere gli obiettivi prefissati del piacere.
A volte ebbi delle delusioni talmente amare da lasciarmi in uno stato quasi catatonico, per poi riprendermi lentamente e comprendere che nel gioco erano compresi anche inevitabili e frustanti fallimenti.
Arrivai anche a cancellarmi su quei siti per incontri di sesso, per poi riprendere le mie orme, riscrivendomi su quelli dove avevo maggiori risultati.
Conobbi uomini sposati con cui facevo sesso tranquillamente, col mutuo consenso che le loro povere mogli erano cornificate dalle nostre condotte.
Conobbi anche uomini su cui ebbi storie più serie, fino ad innamorarmi e scoprire in seguito che non erano single e che volevano, con mia grande delusione, solo qualche distrazione dalla noiosa vita coniugale.
Conobbi anche molti depravati che all’inizio sembravano più soft, per poi richiedere prestazioni che non potevo permettere poiché erano al limite del buon gusto e della decenza.
Conobbi anche molte donne con cui giocai da lesbica e con quasi tutte, ebbi anche delle penetrazioni reciproche.
Conobbi anche molte coppie con cui ebbi rapporti sessuali molto soddisfacenti per entrambi le parti.
Alcune di queste coppie erano bisessuali e per mia grande felicità fui molto contenta di essere la figura centrale del loro rapporto e poter amoreggiare con loro, esprimendo tutta me stessa e poter manifestare, di tanto in tanto, anche la mia parte sessuale attiva.
Episodio XX
...e tu?
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Sai cosa dicono di me?
Dicono che sia:
...una persona gentile, timida, dolcissima, tenera, arrendevole, umile, pulita, raffinata, delicata, educata, discreta e riservata... ma altrettanto passionale, sensuale, elegante e dai modi garbati, dagli sguardi languidi e sensuali, sempre sorridente e disponibile a donare tutta se stessa...
...e tu, cosa ne pensi?...
...Cosa aggiungeresti?
Ti chiedi cosa sia? Sono un essere fragile, eternamente in prima linea, capaci di accusare facile dolore a causa della mia elevata sensibilità, eppure affronto il viaggio della nostra vita senza alcuna difesa, armata solamente del mio piccolo cuore di donna, consapevole che un giorno perderò tutto quello che ho duramente guadagnato.
Sembra sia questa la fine di tutte quelle che sono come me, quindi ti prego, se dovessi incontrare una come me, ti chiedo un po' di gentilezza nei miei confronti, del resto sono sempre una donna!
Ho uno splendido giardino nel mio cuore… vorresti vederlo?
Con Amore Immenso
Vostra Ginevra
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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