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Possederti fino a prestarti


di Membro VIP di Annunci69.it paoloxte
26.12.2019    |    237    |    0 9.2
"Sotto aveva slip grigio-perla e calze nere con reggicalze dello stesso colore..."
Possederla fino a prestarla
by paoloxte

Si sentiva tanto troia quella sera "Mi sento così fru fru, non so perché ma è così" ripeteva. Avevamo scelto il tipo da incontrare; si chiamava Giulio, un mio paziente. Lo conoscevo quale suo medico, ormai da anni, e di cui mi fidavo. Per Elisa, però, mia moglie, non era altri che un estraneo - e così doveva essere nella mia mente. L'avevamo scelto tra gli annunci XXX della nostra città; la sua era una lettera decisa, con un turpiloquio che l'aveva incuriosita; a corredarla, una foto del suo corpo nudo, con pancia e un cazzo volgare, cioè grosso e venoso: un tronco di legno reso più duro dai nodi. Non si vedeva il viso, ma in fondo (fu sempre lei a parlare) "E' solo il cazzo che mi interessa!".
La BMW di Giulio si affiancò alla nostra auto nel piazzale del Motel DiNotte; non era bello, anzi era sgradevole… Lo invitammo a salire in macchina e lui prese posto nel sedile dietro. "Davvero ti piace tanto leccare la fica?", esordì lei facendo riferimento al contenuto della sua lettera. "Sì, ma solo quando è sporca", fece lui un po' imbarazzato. Io mi godevo quella scena. Era eccitata dalla sua bruttezza, dal suo lato negativo, dal disgusto che provava nel giudicarlo (lo capivo da come muoveva le gambe, scoprendo e riscoprendo appena le cosce, di continuo, e anche dalle sue labbra, che mordicchiava pur senza darlo a vedere); era eccitata da quel maschio che non le piaceva ma che voleva, che desiderava per ciò che poteva darle. E poi... era come se avesse potuto fare la stronza con lui, perché c'ero io; e avesse voluto farla con me, perché c'era lui.
Vidi la sua mano poggiarsi sul ginocchio di Giulio e carezzarlo lieve lieve. "Era davvero il tuo quel cazzo della foto su PerCaso?", chiese, e intanto la sua mano s'era spinta fino alla patta di quei pantaloni. Lui - vincendo la timidezza con la stranezza e la particolarità dei suoi gusti e delle sue imperfezioni animalesche - era leggermente scivolato sul sedile per facilitarle il compito, e lei, con poche remore, gli aveva impugnato il cazzo, sia pure attraverso la stoffa dei pantaloni. Con l'altra mano afferrò la mia e, aperte le gambe, se la portò sulle mutandine, premendosela contro. La situazione s'era fatta calda, con la gente che passava e che, da un momento all'altro, avrebbe potuto rendersi conto di quanto stava succedendo - anche perché lei, mia moglie, come ogni mia donna in passato, era una bellezza indubbia: alta, gambe lunghissime, vitino, e… e un culo da schizzo!
Misi in moto e mi diressi verso casa nostra. Durante il tragitto non smetteva di accarezzare Giulio, tanto che lui, a un certo punto, iniziò a ricambiare. In casa, davanti al grande specchio che c'è nel salone, Elisa e Giulio si guardarono cominciando a baciarsi, lingua in bocca. Baciava quel brutto, lo voleva. Io ero geloso, gelosissimo; ma anche tanto eccitato! Insomma non sapevo che cosa provare - La testa mi urlava Picchialo! ma la pancia sussurrava Lascialo fare…
La mano di mia moglie, fra i loro corpi, continuava a toccare il cazzo di lui. Io mi avvicinai a lei da dietro, e, lentamente, le sollevai la gonna. Sotto aveva slip grigio-perla e calze nere con reggicalze dello stesso colore. Era sbalorditivo vederla così, anche riflessa nello specchio, mentre muoveva i fianchi per strusciarsi a lui, con quel contrasto fra l'intimo e la sua pelle bianca. Le tolsi le mutandine: e lei mi facilitò il compito sfilando il bacino, in quel gesto-gioco circolareggiante, ondulato, che, come una danza innata, ogni donna sa fare. Continuava a non smettere di sfregarsi contro lui, e le feci scorrere un dito all'interno dello spacco del culo.
Fu adesso che mi disse: Fermo, stai seduto; guardami e fatti una sega - ti prego. Giulio, leccandole il collo, le afferrò con le mani le natiche e gliele tenne ben larghe. Mi abbassai la lampo e tirai fuori il cazzo già duro. Stavo lì, seduto sul divano, voglioso, a respirare l'odore della mia carne sotto il naso - mentre mia moglie, l'amore della mia vita, godeva con un altro…
Glielo fece sentire contro i glutei, dentro le chiappe: lei adorava avvertirlo, percepirlo, sapere di averlo vicino. Ansimava, continuava a volersi sentire decisa con Giulio. Dal sofà passammo in camera da letto. Elisa si sedette sul letto e volle che lui la leccasse: la sua fica era grande, carnosa, larga e con le ali come una farfalla; e sprigionava un odore intenso, forte, che faceva drizzare il cazzo sempre, in ogni occasione. La leccava e lei godeva; la annusava e si sporcava la bocca e il naso di un bianco perlaceo…
Giulio - intervenni - prendila senza profilattico. Lei mi guardò e io la rassicurai: le feci un cenno con la testa, uno di quei segnali che solo l'intimità, la confidenza di anni di vita insieme sanno donare e garantire. Si fidò, comprendendo che c'ero io dietro quell'incontro solo apparentemente al buio. Io, in fondo al letto, restavo abbandonato sulla poltrona di camera nostra. Girava la testa ora da una parte, ora dall'altra, guardandomi e succhiando la sua lingua, mentre le sue mani stringevano quel cazzone. Era calda, io lo sapevo; e, dopo averla spogliata (ma lasciandole calze e reggicalze), lui le strizzava le tette, facendole anche male, perché vedeva che così le piaceva. Giulio le massaggiava la fica e lei allargava le gambe a più non posso. Mi alzai in piedi sul letto, sopra di lei. Ma lei disse - No, non farlo; resta dove sei, fermo. E guardami godere… Sono la troia che vorresti, sono anche questa. Sono una puttana che vuole il cazzo più grosso del tuo. Stasera sono tua così. E lo sono a tal punto che puoi darmi in prestito.
Giulio le si era inginocchiato fra le cosce e le stava leccando la fica facendo un rumore inconfondibile. Io, eccitato da quelle sue parole, idealmente gli guidavo la testa con una mano dietro la nuca, e lo vedevo darle i coglioni da leccare - cosa che lei apprezzava tanto tanto. Amava il pelo. E l'odore del cazzo. Lui le massaggiava la faccia con la cappella e gliela passava spesso sulla lingua che lei teneva fuori, senza mai ritrarla nella bocca aperta, famelica di cazzo. "Fottimi la bocca", fu il suo rantolo. Sapeva quanto le parole funzionassero con me e per me. Non dimenticava di farmi sentire protagonista, benché tramite lui, questo Giulio, un estraneo. S'inclinò un po' indietro, poggiandosi sui gomiti, e lui, tenendola per i capelli, infornò il cazzone nella sua bocca capiente, andando avanti e indietro come se fosse la fica, che, invece, in quel momento, eruttava liquido viscoso. "Troia, sei una troia, una puttana", le dicevo, mentre lei si godeva la lingua nella fica, gemendo a occhi socchiusi. Venne così, spruzzando la bocca di Giulio, che appena dopo abbandonò la fica e venne a mettersi a portata della sua bocca. Mia moglie si dedicava a quella cappella: accarezzava le palle, le insalivava per bene e se le cacciava in bocca a più non posso, avida di carne ma delicatamente. Avrei potuto sborrare subito, ma non volli.
"Vuoi il cazzo in culo, vero?" le dissi, sapendo di eccitarla ancora di più. Lei non rispose… ma lui le si mise dietro e, sputandole sull'anello del culo, la preparò. Lei mi guardava, mi guardava in silenzio. Poi disse "Voglio sentirmi rotta". Lui le appoggiò il cazzone sul buco già largo, e lo fece scivolare dentro: subito tutto, subito fino alle palle. Spingeva indietro con i fianchi e, lei - quella troia di mia moglie che, a bocca aperta, gridava la sua voglia di cazzo. Tremava, ragliava, e in quel buco Giulio pompava, pompava, pompava. Lei non si trattenne oltre, e venne così, con il cazzo di uno sconosciuto nel culo, e quello più lontano del marito: ritto, teso fra mani che avrebbero voluto fare tanto ma non fecero nulla.
Il fatto che io fossi seduto, inerme, a osservarla, e quasi, per certi aspetti, spiarla, la faceva sentire la più zoccola delle donne, e ogni tanto ogni donna ha bisogno di sentirsi così - mi dicevo.
Non riconoscevo la moglie timida e raffinata che a volte dovevo quasi spronare; Giulio, invece, che aveva compreso subito come la eccitasse il concetto di "avventura peccaminosa e lussuriosa", ora se lo toccava lentamente, guardandola negli occhi. Si stringeva il cazzo alla base, con le dita di ambedue le mani, e lo scrollava come per pisciare. Lo scappellava lentamente e gliene mostrava l'interno paonazzo. Lei si bagnava le dita di saliva e si spremeva i capezzoli, strizzandoseli con forza. Si allargava e sollevava le labbra della fica, per metterne in mostra la larghezza. Ed era larga la fica di mia moglie; appena bagnata, le mettevo dentro le mie quattro dita, senza troppo sforzo - era così di suo, e la gravidanza aveva poi contribuito...
"Voglio che la tua fica senta due cazzi". E aspettai la sua risposta non richiesta, che lei puntualmente non fornì. Ancora quel silenzio, ancora risposte concrete, cioè con i fatti - pensai fra la speranza e il timore. Si abbandonò infatti sul letto, sussurrando quasi a se stessa "Fatemi godere, fatemi tutto e fatelo subito". Fu qui che compresi il senso di un altro concetto: quello di "usarla" e farlo così tanto da "farla usare". E lo feci davvero, per la prima volta così, con un altro uomo! dando libero sfogo a quelle fantasie che mi spingevano sempre e soltanto, fino a quel momento, a masturbarmi di nascosto da lei, in bagno, immaginandola con due cazzi, oppure a parlargliene quando godeva, mentre facevamo l'amore. Ne approfittavo, coglievo proprio il momento in cui lei veniva: non capiva niente per due minuti, e io le dicevo cose del tipo "So che ti piacerebbe prendere due cazzi insieme, io lo so".
Ora ero libero; mi sentivo pronto a fare io l'estraneo, a scoparla come se fossi Giulio. Fu così che mi uscirono queste parole: "Ti voglio con due cazzi in un solo buco". E mentre le pronunciavo, la mia cappella insisteva sulla sua fica già piena. L'avevamo sognato una volta, ma mai fatto, perché c'era sembrata un'esagerazione. Un'altra persona nel nostro letto? E se si rovina tutto? E se la perdo? E se mi perde? Non pensai più! Staccai la spina. Volli sentirmi oltre… Adesso ero pronto: volevo abusare di mia moglie, in un meccanismo di dominazione / umiliazione che me la faceva pervenire come una vittima di sé, del suo desiderio incontrollabile, del suo dover provare piacere per saziarsi. Lo misi dentro a forza, lo zeppai, lo spinsi dentro. Le penetrai la fica e Giulio lo tenne dentro senza muoverlo.
Godeva, godeva tanto, tantissimo, lei… "Mi fa male!", sussurrò senza che lui sentisse. E fu così che io compresi: l'aveva detto a me, solo a me; eravamo tre a letto, ma solo io esistevo per lei. Giulio avrebbe potuto chiamarsi Gianni o Luca, ma io ero solo io. E lei mi amava; lo faceva anche così.
Si allargò le labbra, si voleva sentire prima aperta e poi chiusa, riempita di cazzo. Si sentiva puttana dentro. Si sentiva donata, leggera, senza il dovere di decidere alcunché. Si fece fermare dai due cazzi. Si fece fottere! inchiodare. E le piaceva così tanto da rimanerne confusa, quasi stordita.
Giulio adesso spingeva, ora si muoveva anche lui. Non fu agevole, ma alla fine due pistoni le lavoravano nella fica, la rigavano dentro, la laceravano, continuamente, fino a farla urlare… Guaiva come una cagna, si sentiva preda, un animale preso senza alcun riguardo. Capivo perfettamente come lei doveva sentirsi: infinitamente, essenzialmente, necessariamente troia. Era lì, con la sua parte più intima esposta, regalata; e restava lì, desiderata, a fica farcita, ingolfata di cazzo. Ogni tanto le piaceva tenere le mani fra i nostri corpi, per toccare quei due uccelli, percepirne la grossezza rispetto al diametro del suo buco. E mugolava…
Io venni! Venni per primo dentro di lei nell'ascoltarla. Giulio la pompava ancora, mentre la mia sborra la lubrificava e faceva un rumore naturale - di acqua, di olio, di sangue che scorre; era un fragore liquido insomma. Sborrò anche lui dentro, e nessuno di noi due lo fermò. Poi le liberammo la fica. Era venuta tante volte, ma non poté fare a meno di toccarsela ancora, fuori, finché scrosciò in un flusso anche di piscio che le lasciò la fica ciondolante, fradicia, sfonda. Rimase così, a cosce aperte e buco all'aria.
Giulio andò in bagno. Io a fumare.
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