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Clara e la magia del Natale, parte prima ovvero: Una serie di fortunati eventi
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18.11.2022 |
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"” ma mentre finivo di dirle quelle parole lei aveva già aperto la porta, “no aspetta almeno di avere un armadio, così posso lasciarci dei vestiti, domani..."
Dopo che Matteo (per chi non sapesse chi è basta rileggere il mio precedente racconto) mi aveva reso cornuto, i giochi con Clara si erano resi ancora più spinti ed eccitanti. Nel dicembre del 2018 era ormai un anno che stavamo insieme ed io avevo appena preso un grosso progetto a lavoro che mi avrebbe messo al sicuro economicamente, per questo decisi di lasciare la casa dove vivevo e di prenderne un'altra in affitto, un po' meno centrale e un po' meno rumorosa, ma certamente più grande e spaziosa.Eravamo sotto natale e ovunque si respirava aria di feste e gioia, mentre io ero intento a preparare pacchi, non di regali, per il trasloco. Quando arrivai nel nuovo appartamento tutto era vuoto e freddo, il vecchio proprietario aveva lasciato appena un paio di sedie, un tavolino e mezza cucina. Niente di strano, era quello che cercavo, volevo arredarla a mio piacimento e l'accordo era quello, se la situazione fosse rimasta stabile avremmo concordato un prezzo per l'acquisto.
In quei giorni con Clara passavamo molto tempo, chiamavamo tecnici per rimetterci a posto tubature, impianti e ci arrabbiavamo per i ritardi delle consegne – il letto era arrivato dopo quattro giorni che avevamo messo piede in casa – che rallentavano l'ultimazione dell'arredo di minima, almeno per rendere la soluzione abitativa non solo emergenziale ma quanto meno decente. Finalmente la settimana prima di natale la casa aveva qualche mobilio qua e là e la presenza di un letto in una stanza completamente vuota, seppur non fosse l'ideale, era già qualcosa. Eravamo arrivati agli sgoccioli delle feste stanchi e senza forze.
Mentre montavamo alcuni mobili, la vedevo occupata ogni tanto al cellulare. “Con chi messaggi?” le chiedevo con disinvoltura, non ero geloso, ormai non aveva più senso, ma mi terrorizzava ancora l'idea di essere escluso dalle sue cose. Lei mi guardò distratta, “con Matteo, mi commenta le foto su instagram” mi disse quasi sorridendo. Sapevo che si sentivano, ogni tanto mi faceva leggere qualche messaggio, c'erano scritte le solite cose porche di due amanti eccitati “vorrei sbatterti” scriveva lui, “non sai quanto mi manca godere con te” le rispondeva lei. Sapere che lui era in Sicilia comunque mi dava tranquillità, sapevo che quello era un gioco e che la cosa non sarebbe mai andata oltre.
Eravamo comunque a un punto di svolta della nostra relazione atipica e quella sarebbe stata la settimana che ancora oggi amiamo definire come “la settimana della doppia inaugurazione della casa”. Che gli eventi di quella settimana avrebbero preso una svolta imprevedibile qualcosa nell'universo doveva farcelo capire. Era la sera del 19 dicembre, alle cinque era già sera e fuori faceva freddo, Clara mi disse “forse è meglio che vada, altrimenti non trovo un pullman per tornare”. Io ero intento a montare uno di quei piccoli scaffali neri dell'Ikea, “sicura che non vuoi che ti accompagni io?”, mentre le ponevo quella domanda di cortesia lei era già ben coperta e pronta ad affrontare il freddo natalizio, “no dai, sei concentrato, magari riesci a montare almeno quel comodino”. Sorrisi, “comunque il letto c'è se vuoi restare qua...” ma mentre finivo di dirle quelle parole lei aveva già aperto la porta, “no aspetta almeno di avere un armadio, così posso lasciarci dei vestiti, domani con cosa mi vesto per uscire... dai tanto ci sentiamo per telefono e ci vediamo domani, ok?”
Senza aspettare una risposta, che comunque non avevo, Clara si era lasciata la porta alle spalle e la casa era sprofondata nel silenzio. Dopo mezz'ora quello stesso silenzio fu improvvisamente rotto dal suono sordo del citofono, mi dirigo verso la porta e non aspettando visite chiedo “chi è?”, la voce di Clara fece capolino oltre l'apparecchio “ehi ma tu lo sapevi che oggi iniziava lo sciopero dei pullman?”, ovviamente non lo sapevo e quindi feci quello che andava fatto “sto scendendo e ti accompagno io, tranquilla”. Se lo sciopero del pullman fu il primo segnale, il secondo non tardò ad arrivare. Arrivato al parcheggio ci mettemmo in auto, mi soffiai tra le dita nel disperato tentativo di riscaldarmi le mani. “Scusami se ti ho fatto uscire” mi disse con premura e il volto era davvero dispiaciuto, “ma no figurati” chiosai io e intanto cercavo di mettere in moto. Uno, due, tre tentativi, ma la macchina non partiva. “Cazzo con il freddo forse sarà successo qualcosa alla batteria, pensai”. Così uscendo dall'abitacolo provai a chiamare un tipo che conoscevo, “Ehy Carlo, senti mi si è fermata l'auto, non riparte, forse è la batteria...” dall'altra parte non ricevetti la risposta sperata, “Mi dispiace ma oggi sono bloccato con altri lavori, domani posso passare a vedertela e capiamo come risolvere”.
Clara ora se ne stava fuori dall'auto infreddolita e mi guardava mentre mi agitavo a distanza a telefono con Carlo, spiegandogli come per lavoro fosse importante che l'auto ripartisse e che a giorni sarei dovuto tornare dai miei genitori per le feste e avevo necessità di avere la macchina a disposizione, ma qualsiasi tentativo di discussione morì in breve tempo, non aveva alcuna possibilità di passare quella sera stessa e accettai senza troppo colpo ferire.
Clara, “e ora?”
La guardai facendo una smorfia di perplessità, “non ne ho idea, torniamo a casa...”
Tornati a casa la situazione era come l'avevamo lasciata, con lo stesso scaffale ancora in fase di montaggio, con le solite istruzioni che mi sembravano incomprensibili. “Dai” spezzò il vuoto Clara, “finiamo almeno di montare sto coso... giusto per non dire che è stata proprio una serata di merda”. Tirai un sospiro enorme e mi accovacciai di nuovo provando a finire quel lavoro. E qua arriva il terzo segnale dell'universo. Intorno alle nove, ormai stanco e affamato dico a Clara, “cuciniamo qualcosa?” lei annuì e le parve la prima cosa bella della serata. Quando però entrai in cucina il piano cottura non funzionava. Non potevamo crederci, non volevamo crederci. Il gas non usciva dai fornelli e i fuochi non si accendevano. “Oh ma che è stasera?” dissi irritato, Clara si lasciò andare in una risata isterica, “è mercoledì 19 o venerdì 17?” chiese ironicamente. Alla fine i tentativi di far ripartire il piano cottura fallirono miseramente e alle 22 e qualcosa decidemmo di ordinare.
“Pizza?” la guardai ridendo, “e pizza sia...” mi rispose ricambiando con un sorriso. Chiamai e ordinai. “Bene alle undici son qua” dissi. Questo era come immaginavamo che le cose dovessero andare, ma non potevamo sapere che l'universo stava apparecchiando qualcosa per noi e non era la pizza. Il quarto segnale poteva solo farci credere che non era giornata e avremmo dovuto gettare la spugna, quando a mezzanotte la pizza non era ancora arrivata e noi chiamammo per avere delle spiegazioni che non erano proprio quelle che ci aspettavamo.
“Oh scusateci, ci siamo persi il vostro ordine, non vi è arrivato nulla perché non avevamo preparato nulla, abbiamo chiuso la cucina e il pizzaiolo se ne è appena andato”. Il nostro stupore fu totale, eppure come gli eventi negativi si capovolgano per diventare positivi è presto detto. Sconfortati davanti a questi eventi e con la proposta irricevibile del “vi possiamo mandare un paio di panini” quando ormai stavamo per porre fine a quella serata di supplizio dicendo no e andando semplicemente a dormire, ecco il colpo di scena, il quinto segnale dei sei segnali di quella serata, “aspettate il pizzaiolo è qua fuori vediamo se ve le fa...” passarono alcuni minuti di attesa e poi la sorpresa “ve le fa... ve le fa... siete fortunati che si è dimenticato il portafogli ed è tornato indietro, mezz'ora e ve le faccio portare”.
Non potevamo crederci. Così dissi a Clara di farsi la doccia intanto e che poi l'avrei fatta io. Così dopo un po' di tempo uscì bagnata e avvolta appena da un asciugamani, “dai mi butto anche io in doccia prima che arrivino le pizze” le dissi. Non feci in tempo a finire quelle parole che suonarono ed era il fattorino. Cinque dei sei segnali del resto dovevano portare a qualcosa di più di una semplice pizza e infatti la cena sarebbe stata soprattutto per Clara molto più gustosa. Quando il ragazzo delle consegne salì ci trovammo davanti a un bel tipo sui 24-25 anni, capelli riccioli, sorrisetto sicuro di sé, era magro ma con un po' di pancetta per niente così evidente a dire il vero, “le pizze sono vostre?” ci disse e rimase colpito dall'accoglienza, con Clara appena appena coperta in piedi dinanzi a lui, “Sì, grazie” disse lei con voce da gattina.
Mentre il ragazzo stava porgendo le pizze in mano a Clara lei esitò un secondo, “no aspetta se le prendo poi mi cade tutto” e sorrise, "appoggiale sul tavolino" disse, “scusa ma la casa è in fase di arredamento” giustificandosi, poi si diresse verso la sua borsa, “cerco i soldi”.
Ma dopo alcuni secondi di ricerca del portafogli lei si bloccò e alzò lo sguardo verso di me, sorridendo, “non lo trovo, pagalo tu cazzettino”. E quel cazzettino lo disse rimarcandolo per bene, io la guardai perso e rosso in faccia, mentre il porta pizze sorrise non capendo se quella frase era un nomignolo affettuoso o meno.
“Ho il portafogli nell'altra stanza” risposi e mi avviai per andarlo a prendere ma potevo sentire ancora quello che si dicevano, o meglio quello che lei diceva. “Scusaci, stiamo mettendo a posto casa ed è tutto un delirio, il cornuto non riesce neanche a montare il mobiletto, ma va beh, diciamo in generale non sa montare nulla”. Arrivai proprio mentre aveva appena finito di dire quelle cose, diedi i soldi al ragazzo che ringraziò e prima che si voltasse e andasse via, Clara fece qualcosa di davvero impensabile, “E se ci manca qualcosa o qualcosa non va con le pizze? Lasciami il numero per l'evenienza”. Il ragazzo sembrò colpito da quella richiesta inusuale, ma senza dire nulla diede il suo numero e poi andò via.
“Ma che cosa è successo? Perché lo hai fatto?” le chiesi. Lei sorrise, “l'ho visto e mi sono eccitata e ho voglia di farmi scopare”. Non riuscivo a crederci. “Beh ora è andato via però...” e lei sorridendo prese il cellulare e attivò la fotocamera, si lasciò cadere l'asciugamano e fece una foto alle sue tette e poi mandò un vocale, “Scusa ho appena notato che non ti ho dato la mancia e inoltre ti dico che avrei voluto una bella salsiccia sulla mia pizza così non mi piace molto...”.
Rimasi fermo a guardarla come uno scemo. “Ma l'hai mandata a lui?” e lei sorrise annuendo. Passarono alcuni minuti dove eravamo in silenzio, presi dei piatti per metterci le pizze e cominciammo a mangiare. Non le aveva risposto e pensai alla figuraccia fatta, finché il telefono non tremò. “Eccolo” disse lei sorridendo e leggendo. “Che dice?” le chiesi curioso e non potendo credere a quello che stava accadendo. “Mi ha scritto che se quella era una parte della ricompensa tornava indietro” Clara gli scrisse che avrebbe avuto quello che desiderava e il ragazzo le rispose “faccio un'ultima consegna e ti porto la salsiccia per la pizza... solo una domanda, ma ci sarà anche il tuo ragazzo?” e lei ridendo rispose “tranquillo è un bravo cornuto, poi sa che è importante dare la mancia”.
Mezz'ora dopo Michele, era quello il nome del fattorino, era di nuovo a casa da noi e questa volta Clara lo accolse completamente nuda. “Ciao” disse lei con tono sensuale. Lui sorrise e mi guardò, “fate spesso questi giochetti?”, Clara gli si avvicinò e gli accarezzò la patta, “quali giochetti?” e poi si morse le labbra, “mi piace la figa rasata, complimenti, hai anche due tette enormi...” disse lui strizzandole quella di destra, poi mi tirò un'occhiata, “e tu che fai normalmente? Guardi mentre te la scopano?” io non risposi e lui dopo qualche secondo riprese “tranquillo non sei il primo cornuto che mi chiede di scopargli la tipa... ce l'avete scritto in faccia”. Clara gli sbottonò il pantalone e non perse tempo a riprendere quell'affermazione, “Che faccia?”, Michele sorrise, “da cornuto”.
Dette quelle parole Clara tirò fuori il cazzo del ragazzo e si inginocchiò cominciando a succhiarlo, leccando l'asta, scappellandolo per bene, Michele ansimava e le teneva la nuca e intanto mi guardava. “Spogliati” mi disse ed era più un ordine che io eseguii senza fiatare. Quando fui completamente nudo rimasi in piedi fermo. Lui sorrise “ora ho capito perché sei cornuto”, indicando con lo sguardo il mio pisellino. “A quattro zampe” mi ordinò e intanto Clara succhiava e lui si calava definitivamente pantaloni e mutande. “Tu lecca le palle che ti piace” le disse e lei leccò con passione innata. “Vieni a quattro zampe verso di noi, cornuto”. Non so perché ma accettai che fosse lui a comandare e come un cagnolino mi avvicinai al padrone. Tolse il cazzo dalla bocca della mia ragazza e di nuovo un altro ordine, “ora mettiti a gambe aperte sulla sua schiena, lo useremo come un tavolino”.
E lei fece quello che Michele le aveva ordinato. “No, non così” le disse e aveva le gambe aperte rivolte verso il mio culo, “normalmente si fa così, ma voglio che lui veda qualcosa, quindi mettiti a gambe aperte verso la sua testa” in pochi secondi avevo la figa oscenamente aperta di Clara sopra la mia testa e si vedeva che il ragazzo sapeva farci perché aveva studiato bene quella posizione avendo davanti a me anche lo specchio che mi dava la visuale di tutto. A quel punto Michele appoggiò le ginocchia a terra, avevo il suo enorme cazzo davanti alla faccia e intanto lui leccava la figa di Clara e la masturbava, lei godeva e si bagnava e alcuni umori mi arrivavano addosso “oh sì... quanto mi piace... che porco che sei”.
Dopo alcuni minuti si alzò e si segò il pisellone, lo diresse verso la figa di Clara aperta all'inverosimile e in breve tempo le labbra della figa avevano avvolto l'asta del suo cazzo, avevo le palle maschili di quel toro su di me e sentivo che la stava pompando come si deve. “Tieni il cazzo puttana” le diceva e anche “che tette che hai, ora te le strizzo” e altre oscenità e insulti vari rivolti verso di me, “ti piace farti scopare mentre umilio il coglione vero?” o “altro che di pizza, sei affamata di cazzo, zoccola”. Dopo vari minuti estrasse il cazzo e la fece scendere dalla mia schiena dolorante, Alzai un po' la testa e lo vidi davanti a me con l'aria superiore. Mi passò il cazzo sulla guancia e mi disse “coglione almeno servi per farmi pulire il cazzo con gli umori della tua ragazza”.
Dopo alcuni secondi ci spostammo verso la camera da letto, io li continuavo seguire a quattro zampe anche se non me lo aveva ordinato. Clara si sdraiò sul letto ma lui le disse “vieni verso il bordo” e a me “tu sdraiato a terra con la faccia rivolta verso la figa della troia”. E così feci. Adesso avevo il cazzone che mi sovrastava il volto e vedevo le palle di Michele pelose penzolarmi davanti agli occhi. Dopo alcuni attimi il cazzo era di nuovo nella figa di Clara e Michele prese a scoparla con foga. “Che puttana che sei”. Io mi portai le mani al pisellino e cominciai a segarmi, “ti sei trovato il ragazzo giusto, un fesso che si fa le seghe mentre scopano la sua donna”.
“Oh sì... avevo bisogno di farmi scopare così... più forte” Clara ormai si era lasciata andare “ho bisogno di cazzo” e intanto Michele la scopava sempre più ferocemente, “ho bisogno di essere trattata come una troia”.
“Brava così devi essere, troia e servizievole” poi tirò fuori il cazzo, e sul mio volto caddero umori di vario tipo, “a pecora, veloce”, ordinò e Clara come un'automa si trovava al bordo del letto col culo sporgente. Lui appurò che il culo era già bello aperto e vi sputò un po' di saliva, “vecchia maniera, ti piace?” le disse e senza aspettare una risposta si portò il cazzo verso il suo culo. Vidi l'immagine di questo missile farsi strada nelle viscere anali della mia ragazza e squarciarla completamente. Da quel momento cominciò una serie di bordate dure che durarono alcuni minuti, fatti di schiaffi sul culo, di capelli tirati, di insulti verso di lei “tieni il cazzo troia” e verso di me “guarda coglione, guarda che pezzo di troia hai come ragazza”. Sentivo i clap dell'addome di Michele che si scontrava con il culo di Clara e l'unica cosa che pensai oltre a quanto non sarei mai stato così all'altezza è che non avrei mai voluto che finisse quel momento così bello. Intanto ero arrivato, ma non ero io il protagonista della scena, erano loro due e rimasi in silenzio a guardare quella meravigliosa scopata.
Quando Michele tirò fuori il cazzo soddisfatto pensò bene che era arrivato il momento di farmi fare il passaggio definitivo al livello pro del cornuto che ero. Chiese a Clara di segarlo e pomparlo da sdraiata sul letto con la testa oltre il bordo, come aveva fatto ogni cosa fino a quel momento, così la vedevo succhiare e pompare e lui lasciarsi andare a versi impossibili. Quando accelerò il ritmo, i versi del maschio erano fuori controllo, finché non portò la sua mano alla testa di Clara e la costrinse ad ingoiare tutta quella mazza e lui si lasciò andare ad un esausto “oh sìì cazzo”. Clara sembrò soffocare e avevo capito cosa era accaduto, le aveva sborrato in bocca e lei aveva dei conati perché non era riuscita ad ingoiare tutto, così Michele mollò la presa solo dopo alcuni secondi e quando lo fece un misto di saliva e sborra arrivò dritto sulla mia faccia “e questa è per te coglione, a lei mancava la salsiccia sulla pizza e alla tua mancava la mozzarella filante” disse ridendo.
Ci lasciò in quella posizione per un tempo che mi sembrò infinito e senza dire una parola cominciò a rivestirsi, Clara si voltò con la faccia verso il soffitto sempre sdraiata sul letto, io a terra sporco di sperma e di saliva di Michele e di Clara e sulla pancia goccioline di sperma autoprodotte. Eravamo stanchi, estasiati e senza parole. Michele si abbottonò i pantaloni e si mise le scarpe e poi cercò la maglietta e quando la indossò si diresse verso l'entrata.
So bene che il lettore più attento avrà notato che i segni dell'universo erano sei e noi ci eravamo fermati ad appena cinque, ma il sesto si era già mosso ben prima che ogni cosa andasse al suo posto e per spiegarlo serve chiaramente il finale.
Quando Michele si avvicinò alla porta sorrise “Beh, grazie per la serata e buon natale ragazzi. Chi lo avrebbe detto, stasera non dovevo neanche essere di turno, per fortuna che il mio collega si è ammalato, no? Buone feste. E se vuoi troia, il mio numero ce l'hai. Mi raccomando anche a te cornuto”. E con quelle parole aprì la porta e uscì di casa.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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