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Cadorna, stazione di Cadorna (cap. 22)


di Membro VIP di Annunci69.it Pink1966
23.08.2023    |    829    |    6 9.6
"“Devo scappare, a questa sera” la baciò ancora, questa volta dolcemente, su una guancia, prima di avviarsi verso la porta di ingresso..."
22.

La (quasi) verità a Piero

“Zzzzzz zzzzz zzzzz zzzzz” Il suono fastidioso della sveglia del telefono fece tornare Silvia nel mondo dei vivi. Per quanto l’aggettivo non potesse adattarsi troppo a chi aveva trascorso l’ultima notte a rigirarsi nel letto, cedendo solo poco prima dell’alba a un sonno profondo, durato troppo poco. “Zzzzzz zzzzzz zzzzzzz zzzzzzz”. Con un movimento incerto, la testa sotto il cuscino, Silvia dopo un paio di tentativo riuscì a trovare lo smartphone sul comodino e a spegnerlo. Al suo fianco, Piero era ancora immerso nel sonno. Piero. La sera prima, quando era tornata a casa, Silvia aveva fatto fatica a guardarlo in faccia. Un ‘ciao’ veloce quasi sussurrato poi, il tempo di togliersi le scarpe e si era precipitata in bagno, dove pochi minuti dopo lui l’aveva trovata semisvenuta nella vasca bollente, gli occhi chiusi, l’acqua alle spalle, i capelli bagnati a galleggiare. Per un po’ se n’era rimasto lì in silenzio a guardarla, poi si era inginocchiato e con delicatezza le aveva scostato una ciocca di capelli dalla fronte bagnata.
“Vuoi parlare?” le aveva chiesto con la sua solita voce tranquilla, che però non poteva nascondere una forte curiosità e, ma di questo Silvia non poteva essere completamente certa, anche un poco di irritazione.
“Sei arrabbiato?” gli chiese, tenendo gli occhi chiusi e trattenendo un attimo il respiro in attesa della sua risposta.
“No, non sono arrabbiato. Però… vorrei sapere, quello sì. Diciamo che non era la giornata che mi sarei aspettato quando questa mattina sono uscito di casa”.
E a quel punto, Silvia aveva cominciato a raccontare, il numero di telefono che quell’uomo le aveva lasciato quella sera in metro, lei che il giorno dopo lo aveva salvato in rubrica, le mille titubanze sul chiamarlo o no, la decisione di farlo anche dopo quello che lui, Piero, le aveva detto nei loro momenti di intimità. E poi l’invito, anzi no, l’ordine di presentarsi a casa sua e tutto quello che era seguito da quel momento in poi. Mentre raccontava, a un certo punto a Silvia venne quasi da piangere, rendendosi conto di avere tradito la fiducia di Piero, ma poi le bastò guardarlo per capire come sul suo viso, più che la delusione facesse mostra di sé una sorta di eccitazione. Confermata da quel bozzo che si intravvedeva sotto i pantaloni della tuta. Quella sua reazione, paradossalmente la tranquillizzò, e mentre Piero le accarezzava i capelli, a occhi chiusi Silvia continuò a raccontare gli eventi di quella giornata che, lo volesse o meno, le avrebbe cambiato la vita.
Non tralasciò nulla di quello che il suo Padrone (quel nome era tale però solo nella sua testa, a Piero questo non riuscì a confessarlo) le aveva fatto, accennò, ma senza entrare nei dettagli, a quella quasi aggressione alla quale era sfuggita in metropolitana, raccontò di come la comparsa di un poliziotto sulla piattaforma della metropolitana avesse scongiurato spiacevoli conseguenze, ma non se la sentì di dire cosa fosse avvenuto con i due poliziotti.
Perché, ne era sicura, Piero non avrebbe esitato a sporgere denuncia su quanto accaduto. Ma anche perché, avesse raccontato tutto quello che era accaduto in quell’ufficio che odorava di aria stantia, avrebbe anche dovuto confessare come, dopo avere ceduto alla violenza dei due poliziotti – perché di quello si trattava e nulla avrebbe potuto cambiarlo – anche lei si fosse lasciata trasportare fino a raggiungere uno degli orgasmi più potenti di cui si ricordasse, di come una parte di lei fosse assolutamente inorridita per quello che era successo, ma un’altra, a se stessa questo non avrebbe potuto negarlo, era ancora terribilmente eccitata nel ripensare a quella scopata selvaggia. E così, quell’ora nella quale orrore panico e piacere si erano mescolati diventando un cocktail di ormoni esplosivo, restò un segreto che Silvia promise non avrebbe mai raccontato a nessuno.
Quando ebbe finito di raccontare, l’acqua del bagno era ormai quasi fredda e, la pelle d’oca e la stanchezza che improvvisamente le era calata addosso, fecero sì che non appena si infilò sotto le coperte, la schiena rivolta verso Piero che le si accostò cingendola in un abbraccio protettivo, le mani ad accarezzarle in maniera leggera il culo ancora segnato dai colpi della canna, Silvia precipitasse in un sonno agitato. Durante il quale, le immagini di quel giorno a tratti tornarono a farle visita, con continui dormiveglia e giramenti continui sotto le lenzuola che, al suonare della sveglia, la trovarono ancor più stanca e spossata di quando si era addormentata.
La colazione scivolò via tra i discorsi dei ragazzi che le raccontavano il film visto la sera prima, le interrogazioni scolastiche in programma, il solito caos casalingo di ogni mattina, anche se Piero era insolitamente meno loquace del solito. Quando i ragazzi, perennemente in ritardo, salutarono di corsa per andare a prendere l’autobus, Silvia e Piero rimasero qualche minuto da soli, prima che anche il marito uscisse per andare al lavoro. Mentre Silvia, ancora in sottoveste, stava sistemando i piatti nel lavandino, Piero le si avvicinò alle spalle, la cinse in un abbraccio e le baciò delicatamente il collo.
“L’immagine di te con lui mi ha accompagnato tutta la notte, non sono arrabbiato, anzi” le sussurrò, mentre appoggiandosi al suo corpo le faceva sentire un’erezione prepotente sotto i pantaloni. Poi, come non aveva fatto la sera prima quando Silvia era stata molto attenta a non mostrarsi, nell’alzarle la vestaglia Piero si trovò ad ammirare quel sedere ancora ornato di segni rossi. Lo accarezzò piano, mentre Silvia tratteneva il respiro, gli occhi chiusi quasi a proteggere le proprie emozioni. Poi, facendola trasalire, le diede uno scapaccione violento. “Devo scappare, a questa sera” la baciò ancora, questa volta dolcemente, su una guancia, prima di avviarsi verso la porta di ingresso.
Immobile davanti al lavandino, le mani a sorreggerla, gli occhi chiusi, le gambe leggermente divaricate, il gluteo destro che bruciava per la sberla ricevuta, Silvia si scoprì ancora una volta eccitata.
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