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Le vacanze di René - 17


di July64
26.06.2017    |    21.730    |    13 9.6
"Poi, prima che il pesce e le ostriche potessero disidratarsi per il calore, infilai tutto nel mio sacco e mi diressi verso l’accampamento..."
Le vacanze di René - parte diciassettesima


Mentre eravamo a cena, gustando i tentacoli del polpo che avevo pescato, riflettevo sui mutamenti che questa avventura aveva impresso alla mia vita e a quella di tutta la mia famiglia. Avevo scoperto un mondo fino ad allora sconosciuto, quello del sesso, nel quale mi ero improvvisamente tuffato proprio come nelle acque cristalline del nostro paradiso tropicale. Ed avevo provato sensazioni ancora più intense di quelle prodotte dal mare: calore estremo, senso di accoglienza. Mi sentivo cullato dai miei affetti come dalle piccole onde di quel mare di smeraldo. Senza morbosità, con una naturalezza che appariva in totale contrasto con i contenuti della mia iniziazione sessuale, soprattutto in considerazione dei soggetti che l'avevano favorita, mi stavo godendo i frutti di questa nuova, idilliaca, vita. Intendevo approfittarne finché fosse durata…

I giorni passavano senza monotonia. L'intensità degli impegni quotidiani non consentivano a nessuno di annoiarsi, tanto meno a me. Eravamo tutti compresi del ruolo attribuito a ciascuno di noi e cercavamo di svolgerlo con la massima serietà. In effetti mi accorgevo che la nostra era una comunità perfetta. Non che i contrasti mancassero, tutt'altro, ma erano tutti riconducibili a diversa visione dei fenomeni, sul presupposto del grande affetto che comunque ci legava tutti, quindi destinati a ricomporsi in modo sollecito e definitivo.

Curavo amorevolmente il mio campicello di "riali", nel quale vedevo le piantine svilupparsi di giorno in giorno. Fu una fortuna aver pensato di mettere a dimora i semi a distanza l'uno dall'altro: le piantine mostravano di voler espandersi bene, soprattutto grazie alle mie irrigazioni quotidiane ed alla cura maniacale del terreno. Non potevo permettermi di perdere neanche una piantina. Non avevo interrato tutti i semi e ne conservavo ancora diverse centinaia nel sacchetto che mi aveva donato Loanai, così come custodivo gelosamente anche i frutti freschi di “riali”, che, al pari dei datteri, non mostravano alcun segno di deterioramento.

In realtà non tralasciavo neanche la "cura" delle mie donne. Annette non aveva mai bisogno di essere pregata per rendersi disponibile e, devo confessare, nemmeno mia sorella Virginie, la quale non perdeva occasione per trascinarmi nel folto della boscaglia ed ingaggiare con me battaglie sessuali sfrenate delle quali si dimostrava sempre una grande esperta…

Non riuscivo, però, ad inventare un'occasione per restare ancora da solo con mia madre. Non si erano più ricreate le condizioni di un allontanamento di mio padre dall'accampamento per lungo tempo e quindi sarebbe stato difficile sottrarre mamma alla sua attenzione. Ciò nonostante, vi erano dei momenti nei quali riuscivo a rubarle un bacio, un sorriso intrigante, un segnale di complicità. E questo per ora mi bastava.

Come preannunciato da Jacqueline, si avvicinava la data del compleanno di nonna Sophie e bisognava ultimare i preparativi per la festa a sorpresa in suo onore. Come cospiratori, ci riunivamo, stando attenti a non essere uditi da nonna, per mettere a punto i preparativi della festa: Virginie e Jacqueline avevano nascosto nella radura i festoni preparati intrecciando pazientemente foglie di palma, Annette ed Edith stavano ultimando la preparazione del menù: oltre alle ostriche che mi ero impegnato a raccogliere ed al pesce che avrei preso all'ultimo momento, vi erano una serie di torte che le ragazze avrebbero cotto nel forno ricavato da zio Marcel in una buca nel terreno, poi riempita di brace e coperta da foglie e terra per non far disperdere il calore: vi avevamo già collaudato alcuni arrosti e funzionava alla perfezione.

Naturalmente non ero il solo protagonista delle battaglie sessuali: durante le mie passeggiate verso la spiaggia mi capitava spesso di imbattermi in zio Marcel che se la spassava con Edith e Annette. Era sempre uno spettacolo: zio Marcel era praticamente instancabile. Mi sentivo un po’ guardone, ma il divertimento era tale che sarebbe stato impossibile passare oltre senza soffermarsi…

Finalmente giunse il grande giorno: nonna Sophie avrebbe compiuto il suo sessantatreesimo anno di età. Confesso che era davvero difficile attribuirle la sua vera età. Alta, longilinea, non nascondeva nulla dei suoi anni, una civetteria al contrario: mostrava qualche ruga, ma soltanto se la si guardava con estrema attenzione, capelli grigio-platino naturale, che tutti credevano, a torto, frutto di un sapiente lavoro di parrucchiere, corpo morbido e pieno di curve, curato quotidianamente con ore di palestra e sauna, seno grande e sodo, nessuna flaccidità che ci si aspetterebbe di trovare in una persona della sua età.

Le ragazze, che, al pari di me, si erano alzate alle prime luci dell’alba, iniziarono a riscaldare i forni improvvisati per la cottura dei dolci. Io mi diressi alla spiaggia per la mia raccolta di ostriche, lasciando gli altri in una iperattività silenziosa, ma degna di un alveare. Il mare, come di consueto, era calmo e limpidissimo. Era difficile immaginare che avesse potuto scatenare quella furia estrema che aveva provocato il nostro naufragio. Mi ritrovai a pensare alla mia vita “alternativa” in quel paradiso, e, di conseguenza, a ciò che avevo lasciato in Francia: praticamente nulla. Tutto ciò che avevo di più bello e di più caro era lì con me. Non avevo rimpianti, non avevo alcun legame sentimentale, non amavo le discoteche, niente spinelli, nessuna ragazzata. Non che mi sentissi uno stinco di santo, ma non ero certamente uno scriteriato: una persona normale, dopotutto, con i sentimenti e le pulsioni di un adolescente, forse maturato in fretta, specialmente dopo gli ultimi avvenimenti.

Giunto sulla spiaggia legai il coltello al polpaccio ed il retino sui fianchi, indossai la maschera e le pinne e mi tuffai in mare, facendomi accarezzare la pelle dall’acqua tiepida. La visibilità era ottima e non incontrai difficoltà ad individuare e raccogliere le ostriche. Mentre mi immergevo miriadi di pesci mi giravano intorno, incuriositi dalla mia presenza. Era evidente che un umano nelle loro acque non doveva costituire per loro un fenomeno abituale e nemmeno un pericolo. Quando il retino era ormai pieno di ostriche ritornavo a riva e lo svuotavo sulla spiaggia. Mi rivolsi un muto complimento per aver pensato a portare con me un grosso sacco per trasportarle al nostro campo.

Mi lasciai cullare dalle onde per circa tre ore e quando risalii per l’ultima volta e mi diressi verso la spiaggia mi resi conto di aver fatto proprio un bel lavoro. Forse un tantino esagerato, a giudicare dal mucchio di ostriche accumulate sulla sabbia, che formavano una piramide di discrete dimensioni!

Infine mi tuffai un’ultima volta armato di fucile subacqueo e dopo alcune immersioni esplorative non ebbi alcuna difficoltà ad arpionare due grosse cernie che si celavano nelle proprie tane e, con qualche difficoltà, a portarle a riva. Il peso complessivo del pesce mi parve sufficiente a sfamare tutta la famiglia, tenuto conto anche della gran quantità di ostriche già raccolte e non ritenni opportuno insistere oltre, soprattutto per la sensazione di grande disagio che mi dava dover sopprimere dei pesci, anche se si trattava della nostra sopravvivenza.

Riposai qualche minuto sulla spiaggia, lasciando che il sole, ormai alto e molto caldo, asciugasse la mia pelle, che ormai era divenuta marrone quasi quanto quella di un maori. Andavo quasi sempre in giro in costume da bagno ed il mio colore avrebbe suscitato l’invidia di tutti i bagnanti della Costa Azzurra.

Poi, prima che il pesce e le ostriche potessero disidratarsi per il calore, infilai tutto nel mio sacco e mi diressi verso l’accampamento. Quando vi giunsi sembrava tutto tranquillo e normale, proprio come un giorno qualunque. Mi resi conto, infatti, che la festa a sorpresa non era ancora cominciata, né se ne scorgevano le tracce, altrimenti addio sorpresa. Mia madre, passandomi accanto, mi fece un gesto di complicità come per rassicurarmi che i festeggiamenti non avrebbero avuto inizio senza di me.

La raggiunsi mentre si avvicinava al laghetto di acqua dolce al centro del campo e lei, lanciandomi un bacio, mi disse che zio Marcel avrebbe trovato una scusa per far allontanare la nonna dal campo e quindi noi avremmo potuto montare i festoni ed allestire la tavola, costituita da grandi foglie di palma appoggiate su dei sassi.

Eravamo tutti nello spiazzo antistante la grotta, che continuava a costituire un rifugio eccellente e ad un tratto zio Marcel, avvicinandosi a nonna Sophie, attirò l’attenzione su di sé: “Ragazzi” disse con un sorriso a tutta dentatura, “vi chiedo licenza, mi apparto per un po’ con questa splendida ragazza…” e dopo aver dato una pacca leggera sul sedere di nonna le offrì il braccio come per condurla a danzare.

“Ma che impertinente” lo sgridò nonna Sophie, ma con un sorriso appena accennato; “fare questo a tua madre. Sono io che dovrei sculacciarti, invece!”

Zio Marcel fece il broncio, ma tenendo la nonna a braccetto la condusse oltre gli alberi che costituivano il recinto del campo e presto scomparvero alla nostra vista. Fu questo il segnale che scatenò il finimondo: correvamo tutti verso i posti nei quali avevamo nascosto festoni, foglie e decorazioni. In meno di un quarto d’ora avevamo portato tutto nella radura. Mi arrampicai sulle due palme che avevamo individuato per sorreggere i festoni e li legai abbastanza in alto da lasciar scorgere i messaggi: “Auguri nonna Sophie” e “Ti vogliamo bene”.

Nulla di particolare, ma come dice sempre nonno André, se ci vogliamo bene e non ce lo diciamo mai è come avere dei fiori bellissimi e lasciarli appassire perché non li innaffiamo mai. Ed il bene nei confronti di una persona va coltivato con l’affetto costante e con la partecipazione.

Insieme a mio padre intrecciammo le foglie di palma fino a formare un piano abbastanza stabile, sul quale mamma e le zie si occuparono di apparecchiare tavola con ciò che di più bello era rimasto sulla barca dopo il naufragio, mentre Annette ed Edith provvedevano ad ultimare la preparazione del pesce su una griglia improvvisata e dei dolci che i forni interrati avevano portato a cottura.

Corsi nella grotta per recuperare i frutti di “riali” rimasti e li disposi a piramide in una larga foglia di banano che Virginie mi aveva procurato e che costituiva un originalissimo recipiente porta-frutta. Mio padre decapitava a tutto spiano noci di cocco, che, contrariamente a quelle vendute in Francia, avevano la polpa morbida e profumata, mentre le zie si affaccendavano a decorare la tavola con i fiori appena raccolti.

In brevissimo tempo la scena della festa prese vita ed il risultato fu obiettivamente notevole, anche tenuto conto della scarsità di mezzi a nostra disposizione.

Mi misi d’impegno ad aprire le ostriche e a disporle su altri vassoi formati da foglie intrecciate e dopo pochi minuti avevo sgusciato tutta quanta la piramide: ero diventato sveltissimo!

Quando anche le torte fumanti furono portate in tavola chiamammo a gran voce nonna e zio Marcel, i quali, dopo alcuni istanti sgusciarono fra i cespugli. Nonna Sophie si guardò intorno smarrita, forse confusa per la repentina trasformazione che aveva subito il nostro accampamento, poi la sua attenzione fu attratta dai festoni in suo onore. Arrossì e si portò le mani al viso, commossa.

“Oh, ecco perché nessuno di voi mi ha dato gli auguri, oggi! Non riuscivo a spiegarmi perché, dopo tanti anni, era la prima volta che tutti avevano dimenticato il mio compleanno. Lo attribuivo alle emozioni forti che ci hanno confuso tutti quanti, ma ora vi chiedo scusa, non potevo immaginare che stavate preparando questa bellissima festa! Grazie, grazie a tutti!”

Si avvicinò a noi e ci baciò. La sua emozione era evidente e gli occhi le brillavano per la gioia e per qualche lacrima che vi si affacciava…

“Su, su,” intervenne zia Juliette, sempre molto pratica “non perdiamo tempo con tutte queste sdolcinatezze e facciamo festa con questo ben di dio!”

Ci avvicinammo tutti alla lunga tavolata sulla quale facevano bella mostra i vassoi delle ostriche, del pesce guarnito con foglie di palma, della frutta, del cocco e delle torte, alcune salate ed altre dolci, che emanavano un profumo invitante. Zio Marcel dette ad ognuno di noi una noce di cocco, con la quale brindammo alla salute della nonna. Certo durante il brindisi non si sentiva il tintinnio del cristallo e in quei contenitori non c’era champagne, ma latte di cocco, però eravamo felici lo stesso, ed ancora di più per essere tutti insieme a festeggiare nonna.

Le ostriche scomparivano a vista d’occhio: meno male che ne avevo raccolte in quantità: erano un concentrato di profumo di mare. Il pesce era fragrante e le torte erano squisite: Jacqueline e Virginie ne mangiavano senza ritegno. “Attenta, Jac” le diceva Virginie “le ostriche sono afrodisiache. Come farai se poi ti viene una voglia…?”
“Ma dai smettila!” le rispondeva Jacqueline, un po’ infastidita. “Possibile che tu non pensi che a quelle cose?”

Il pezzo forte furono le torte, calde, fragranti. Un pezzettino di Francia in Polinesia. I forni improvvisati avevano funzionato egregiamente. Erano tante, una più buona dell’altra: Edith e Annette erano state bravissime e ricevettero i complimenti più che doverosi, anche con grandi segni di approvazione fatti da cenni del capo a bocca piena.

Nonostante quella abbuffata i commensali non accennavano a dar segni di sazietà. Zio Marcel e zia Jeneviève, con pazienza certosina, si davano da fare a staccare la polpa delle noci di cocco per mangiarla, mentre le mie sorelle piluccavano anche le ultime briciole di torta. Evidentemente l’aria della Polinesia ed anche l’attività fisica alla quale tutti ci sottoponevamo ci regalavano un appetito formidabile.

Spazzolate tutte le vivande passammo all’attacco del vassoio colmo di riali. Le mie zie conoscevano bene il suo sapore – ed anche gli effetti – ma per i nonni il frutto costituiva ancora una novità.
“E questi che cosa sono?” chiese ad un tratto nonna Sophie, incuriosita da quei frutti disposti in ordine a piramide sul vassoio-foglia.
“Mangiali, mangiali” disse zia Jeneviève “quelli fanno bene a tutti…e a tutto!”
Nonna Sophie non si fece pregare e ne assaggiò uno. Poi, vincendo la sua naturale moderazione, anche a tavola, espresse la sua approvazione: “Buonissimi, sanno di fragole e di qualcosa che non saprei definire, ma mi piacciono molto.” E ne passò uno al nonno, mentre continuava a mangiarne.

Il vassoio era pieno; in occasione della festa avevo dato fondo alla riserva di frutti miracolosi, sapendo che ben presto ne avrei avuti altri dalla mia piantagione. E comunque conservavo nella grotta ancora il sacchetto semipieno di semi. Tutti ne presero, passai un frutto a Virginie, poi un altro ad Annette. A poco a poco la piramide che avevo pazientemente costruito, aggiungendovi i frutti uno ad uno, veniva smantellata.
“Davvero buoni” annuiva il nonno “una cena fantastica, dall’inizio alla fine! Nemmeno nel ristorante più chic di Parigi avremmo pranzato tanto bene.”

La meraviglia più grande la offriva nonna Sophie, la quale, pur essendo molto morigerata, specialmente nell’alimentazione, mostrava di gradire tantissimo i riali, e li mangiava come le ciliegie…
In un quarto d’ora circa il vassoio fu svuotato e la foglia ripulita come se l’avessimo appena staccata dall’albero.

Espressioni di soddisfazione si diffondevano nell’accampamento. Gli “oh”, “ah”, “che buono” si incrociavano ai complimenti per quelle ottime preparazioni.

La nonna era visibilmente emozionata. Ci riunì intorno a sé e tenendo poggiate le mani una sulla mia spalla e l’altra su quella di nonno André ci disse: “Miei cari, come sapete non so essere molto espansiva, ma devo ammettere che oggi la commozione mi ha vinta e confesso che mi sento come se mi avessero liberata di antichi freni. Avverto un desiderio potente di dirvi quanto vi amo, tutti quanti, e quanto apprezzo il vostro affetto per me. Ho vissuto e vivo per voi e per tutti gli anni che mi restano non voglio stare che con voi. Grazie a tutti.”

Un applauso fragoroso da parte di tutti accolse la dichiarazione di affetto della nonna. Tutti quanti ci avvicinammo a lei per manifestarle il nostro affetto. Ma, come era prevedibile, l’intensità dei nostri abbracci non era quella solita, di persone della famiglia che si scambiavano gesti di simpatia e di affetto. Infatti il nonno, per primo, le schioccò un bacio sulle labbra, che la nonna sembrò gradire molto, nonostante la sua proverbiale riservatezza, specialmente in quel genere di effusioni…

Subito dopo fu la volta di zio Marcel, il quale, sfacciatamente, le spalmò letteralmente la mano sul sedere, dicendole: “Però, complimenti! Nonostante la tua veneranda età hai un fisico da sballo!”

Nonna Sophie gli appioppò un buffetto sul braccio, ma senza tanta convinzione: il suo viso si era arrossato e tutti quei complimenti sembrava la lusingassero molto. In effetti era vero: a dispetto della sua età la nonna sembrava una mannequin, una di quelle attrici per le quali il tempo non sembra trascorrere mai. Poi il costume da bagno le conferiva un aspetto ancora più giovanile ed il taglio dei capelli contribuiva anch’esso al fascino indiscutibile che promanava dalla sua persona.

Anche con le donne, le tre sue figlie, Edith e Annette, si scambiarono degli abbracci molto intensi.
Ero perplesso ed aspettavo con grande curiosità il momento del massimo effetto. In realtà avevo mangiato anch’io qualche frutto di “riali”, ma non quanto gli altri e soprattutto non quanti ne avesse presi la nonna, che sembrava averne fatta una scorpacciata.

L’euforia, per la festa e per il “riali”, si era ormai diffusa per tutta la comitiva. Ci prendemmo per mano ed iniziammo una specie di girotondo intorno a nonna, poi ci avvicinammo a lei e la prendemmo in braccio, sollevandola in alto. Devo ammettere che i palpeggiamenti che anch’io riuscivo a farle non le dispiacevano affatto, né tanto meno nonna mostrava segni di disagio per tutte le mani che ormai la toccavano ovunque…

L’aria festosa era pervasa di sensualità: l’eccitazione si stava impadronendo di tutti. Dopo averla lanciata più volte in aria, la facemmo ricadere tra le nostre braccia. Nonna si accasciò esausta, ma sorridente sull’erba, allargando le braccia come in segno di resa. Il suo sensuale abbandono fu come la molla che fece scattare in ognuno di noi la follia erotica. Quando si risollevò in piedi ci tuffammo tutti insieme a baciarla dappertutto. Le più intraprendenti furono le mie zie, le quali, senza alcun ritegno le abbassarono le spalline del costume da bagno e glielo tirarono giù sino ai piedi, in un attimo. La nonna ci apparve splendida nella sua completa nudità. Il seno pieno e maestoso era adornato da capezzoli eretti e contornati da grandi areole rosa cupo. Il ventre mostrava appena la rotondità dovuta all’età. Un folto cespuglio di peli castani (immaginavo che fossero già grigi, ma mi ero sbagliato) nascondeva il suo sesso. Una donna splendida, con meno rotondità di mia madre, ma fascinosa quanto lei.

La sua nudità fu un segnale inequivocabile per scatenare la tempesta ormonale latente in ciascuno di noi. Mentre nonna cercava di riprendersi dalla sorpresa di vedersi improvvisamente nuda, cento mani cominciarono ad accarezzarla. Tra i più arditi, mio padre e zio Marcel si avvicinarono e si impadronirono ciascuno di un capezzolo, che succhiavano come fossero bambini affamati. La nonna, con gli occhi sgranati, sia per la sorpresa che per l’eccitazione, volse lo sguardo all’indietro, verso il nonno, che le era alle spalle e le accarezzava il sedere e non appena la ebbe a portata di bacio le infilò la lingua in bocca. Nonna chiuse gli occhi e finalmente si abbandonò a quel dolce assalto.

Lentamente si lasciò scivolare fino a terra e si distese sull’erba, mentre mio padre e zio Marcel non le lasciavano i capezzoli nemmeno per un attimo. Le grida festose di augurio avevano lasciato posto ai mugolii di piacere che nonna e tutti noi che le stavamo intorno inevitabilmente emettevamo. Una volta a terra l’iniziativa fu presa da Annette, la solita, che presa quanto gli altri dagli effetti del “riali” aveva solo voglia di divertirsi, come suo costume. Si introdusse tra le cosce della nonna e senza molti preliminari cominciò a leccarle la fica, voluttuosamente, proprio come se assaggiasse dei frutti esotici. Nonna cominciò a tremare per l’eccitazione, Il suo bacino si sollevava e ricadeva al suolo, come se volesse porgere il suo sesso alla lingua di Annette.

Generosa come sempre, Annette fece cenno a Edith di avvicinarsi e la sostituì a sé nel compito di leccare nonna. Edith non si fece pregare: si inginocchiò davanti alle gambe ormai spalancate della nonna e riprese con lena a leccarla e a succhiarle il clitoride. Nonna ormai urlava di piacere: il suo corpo era oggetto delle attenzioni di tutti, tranne però di quelle di mia sorella Jacqueline, che guardava attonita, senza osare intervenire a quella specie di orgia.

In realtà anche mia madre non si era gettata nella mischia, ma era evidente che l’atmosfera aveva contagiato anche lei. Approfittando del fatto che mio padre era occupato a ciucciare i capezzoli della nonna, mi avvicinai a lei e cominciai ad accarezzarla. Mamma mi sorrise e compresi subito che quello era un lasciapassare. Ora o mai più, mi dissi. Avvicinai il mio viso al suo e ci scambiammo un tenerissimo bacio, che si trasformò quasi subito in un violento combattimento delle nostre lingue, che si intrecciavano furiosamente, lasciandoci senza respiro. Nessuno badava a noi: erano tutti infervorati intorno alla nonna, completamente nuda, che subiva ripetutamente e poco passivamente, in realtà, a giudicare dai mugolii di piacere che emetteva, le attenzioni erotiche di tutti: del nonno che la baciava, di mio padre e zio Marcel, che le succhiavano un capezzolo ciascuno, di Edith o alternativamente di Annette che le leccavano il clitoride, delle zie che la accarezzavano nei punti liberi del suo corpo.

Mentre ero deliziosamente attratto tra le braccia di mamma, riflettevo sul fatto che la nonna, sempre tetragona nella sua discrezione e nella riservatezza estrema con la quale trattava – raramente – gli argomenti sentimentali e quasi mai quelli sessuali, grazie al “riali” si era trasformata in una tigre, una irrefrenabile donna avida di sesso. La osservavo che stringeva tra le mani i piselli di mio padre e di suo figlio, i quali, mentre le succhiavano i capezzoli, si erano a loro volta completamente denudati.

Io ero completamente basito, sconvolto dallo spettacolo di nonna che si faceva scopare come la regina del sesso isolano. Ad un tratto mi apparve la figura distinta di nonno André, anche lui ormai completamente nudo, che sfoggiava non soltanto un pisello di dimensioni notevoli, ma soprattutto una borsa scrotale che assomigliava ad una noce di cocco, tanto era fornita. Nonno si inginocchiò accanto al viso della nonna, che ormai accoglieva fremente nel suo grembo il membro del proprio figlio Marcel, disteso su di lei, ed appoggiò il suo membro sulle labbra della moglie, che cominciò dapprima a baciarlo dappertutto e poi a passare la lingua su tutta la lunghezza del pisello, dalla punta sino alla maestosa borsa.

Non avrei mai creduto che nonna fosse così esperta. Mi sembrava di assistere ad un filmato “vintage” in bianco e nero. Ma quelle, invece, erano tutte scene “dal vivo” ed assai attuali. Non ebbi più la possibilità di guardare ancora, perché tuffai il viso nel seno di mamma, le abbassai il pareo e cominciai anch’io a succhiarle i capezzoli, già eretti per l'eccitazione, proprio come aveva fatto mio padre con mia nonna. Mamma sollevava il viso e muoveva la testa a destra e a sinistra, manifestando la sua eccitazione: “Sì, piccolo mio, leccami” mi diceva dolcemente. “Succhiami come quando eri bambino e ti allattavo!”

Quelle parole dolcissime ebbero un effetto devastante sulla mia eccitazione già parossistica. Scivolammo lentamente sull’erba e dinanzi a tutti denudai completamente mamma Mireille; gustandomi ogni centimetro del suo corpo stupendo la baciai dappertutto. La sua pelle di seta era profumata di mare, di erba e di buono. Ebbi appena il tempo di lanciare un’occhiata a mio padre che si stava ancora occupando di mia nonna e notai che osservava tutta la scena, ma senza manifestare disappunto, come io temevo. Del resto non avrei nemmeno avuto la forza di tornare indietro. Volevo stare con mamma. La situazione paradossale era che mentre fino ad allora lo avevamo fatto sempre di nascosto, il “riali” aveva definitivamente rimosso tutti i freni inibitori e, finalmente, avevamo la possibilità di amarci dinanzi a tutti.

Ben presto la scena della festa si trasformò in un’orgia, con mia nonna che aveva assunto il ruolo di protagonista principale ed oggetto delle fantasie sessuali di tutti i partecipanti, maschi e femmine, senza alcuna distinzione, con l’unico limite della fantasia, che, per mia esperienza, era senza limiti in tutti.

Soltanto mia sorella Jacqueline si era messa in disparte, forse per la sua naturale ritrosia, ma non manifestava alcun disgusto per la scena, come aveva espresso in altre occasioni nelle quali avevamo soltanto accennato all’argomento sesso, anzi, pareva osservare con attenzione lo svolgimento di quella sinfonia sessuale per orchestra familiare…

Io intanto, ad eccezione di alcuni sguardi che lanciavo soprattutto per assicurarmi di non provocare alcuna reazione in mio padre, mi dedicai completamente alla mamma, che mi guidò dolcemente dentro di lei tenendomi il pisello nelle sua mano calda. Eravamo entrambi molto eccitati e non avevamo bisogno di preliminari. Non scambiammo molte parole, ma il ritmo che mamma impresse al suo bacino in risposta alle mie spinte pelviche erano la risposta più bella che potesse darmi. Come sempre il “riali” donava il potere di durare tanto a lungo. Anzi, riconobbi di aver sviluppato una capacità peculiare: quella di resistere fino a quando lo desideravo. Quindi attesi che mia madre esplodesse almeno nel quarto orgasmo, che la fece rabbrividire tutta e le scosse ogni centimetro del suo splendido corpo, per lasciarmi finalmente andare: ”Sentimi, mamma” le dissi dolcemente, parlando vicino al suo orecchio. “Sto venendo dentro di te, voglio inondarti del mio seme” Non avrei mai creduto di avere il coraggio di pronunciare quelle parole, soprattutto di rivolgerle a mia madre e soprattutto di ricevere, come risposta: “Sì, bambino mio, riempimi, allagami, voglio sentirti…!”

Esplosi in lei con la forza che solo il “riali” poteva produrre: sentii il mio membro contrarsi una infinità di volte per schizzare il mio sperma nella vagina di mamma, che si contraeva con altrettanta forza stringendomi il pisello come in una mano. Fui scosso da un tremito alla fine di un orgasmo interminabile. Udii mamma ridere sommessamente: “Ma non finisce mai! Dove lo tenevi tutto quanto?” Le risposi teneramente: “E’ così perchè ti amo!”
“O, bambino mio, anch’io ti amo tanto.” Mi rispose teneramente. “E’ sconvolgente, ma ti amo.”

Ritornai un attimo al mondo e realizzai che l’orgia non era finita. Nonna continuava ad essere il polo di attrazione di tutti. Non avrei mai immaginato che a nonna Sophie – la donna più riservata del mondo – piacesse così tanto fare sesso, e sesso sfrenato. Aveva dentro di sé il nonno e succhiava il pisello a mio padre. Poi le posizioni si invertirono, con zio Marcel che la penetrava davanti e mio padre dietro, in contemporanea. Nemmeno in un film porno avevo visto tanta fantasia.

Anche le ragazze non erano da meno. Annette e Virginie erano annodate in un 69 sfrenato, mentre Edith e le zie facevano a gara a contendersi uno dei tre maschi “avanzanti” alla nonna. Finalmente persino mia sorella Jacqueline ebbe un fremito di sensualità: cominciò a toccarsi, definitivamente eccitata da quello spettacolo.

Non so quanto tempo era trascorso, ma mentre il sole cominciava a calare non altrettanto facevano i nostri membri. Io ricominciai a fare l’amore con mia madre, che, ritengo per generosità, chiamò accanto a sé le zie Jen e Juliette, che vedeva un tantino affannate a cercare la propria soddisfazione. Non finivo di ringraziare il “riali”, che mi dava potenza sufficiente per tutte tre quelle donne assatanate. Non facevo in tempo a penetrarne una e a portarla all’orgasmo che l’altra mi trascinava su di sé. Fu un piacere inimmaginabile. Era una miscela di sesso e sentimenti tanto piacevole quanto esplosiva. Ed infatti, alla fine esplosi in un orgasmo sui visi di mamma e delle zie, che si baciarono, cercando di rubarsi l’un l’altra tutte le gocce di sperma che erano schizzate su di loro.

Finalmente calò la sera. E lentamente, molto lentamente, la calma ritornò nel campo dei naufraghi. Ma fu una calma molto relativa. La consapevolezza di aver scavalcato definitivamente il muro dei tabù più rigorosi ed ancestrali aveva offerto a tutti una nuova realtà.

La prima a riprendere la parola, nel senso linguistico, dopo i mugolii, le grida e i rantoli emessi in precedenza, fu la nonna Sophie. “Tesori miei,” esordì. “Mi avete donato uno dei giorni più belli della mia vita. La festa a sorpresa è stata davvero una grandiosa sorpresa. Non avrei mai creduto di godere così tanto e soprattutto non avrei mai creduto di essere capace di fare tutte le cose che ho fatto oggi. Credevo di essere una persona timorata di Dio. Mi sono scoperta una schiava del sesso. Ma vi confesso che non mi dispiace affatto, a dispetto di tutti i miei principi. Penso che vostro nonno sia contento di aver ritrovato un nuovo vigore. Senza ormai alcuna inibizione, vi confesso che erano anni che cercava di infilarmelo nel didietro ed oggi che ci è riuscito per lui è stata una conquista e per me motivo di rimprovero, perché ho capito che cosa mi sono persa tutti questi anni. Che stupida. E’ bellissimo ed io per un falso senso del pudore non gliel’ho mai permesso. Ma ora dobbiamo riguadagnare ogni minuto perduto. Vero André?”

Il nonno aveva gli occhi che luccicavano di gioia. Sembrava rinato a nuova esistenza. E di questo mi sentii orgoglioso, perché era merito mio… e del “riali”.

Poi prese la parola mio padre. “Sophie” esordì solennemente, “è strano che oggi si debba fare questi discorsi, ma la festa per il tuo compleanno ha cambiato definitivamente le nostre vite. Noi siamo qui, naufraghi, soli. Ma non disperati. La comunità che abbiamo ricreato, fondata sull’amore e sul rispetto reciproci, ci consentirà di andare avanti per tutta la vita. Poi oggi tu hai dato vita ad un nuovo rapporto fra i componenti di questa comunità. Hai consentito a me, a tuo figlio, alle ragazze, di partecipare intimamente alla tua gioia, sentimentalmente e sessualmente e di questo io ti sono particolarmente grato. Amo tantissimo Mireille e so che lei mi ama in ugual misura, ma oggi tu sei stata mia e Mireille è stata di René. Con mia sorpresa non mi sono sentito geloso, come lei non è stata gelosa di me. Ho visto le mie figlie nude, le mie cognate che scopavano con mio figlio, tuo figlio che faceva l’amore con te. Ma tutto questo non mi ha sconvolto affatto. Penso che questa sia un’evoluzione della nostra esistenza. E senza esagerazione penso che tutto questo sia avvenuto anche per un motivo di sopravvivenza. Una comunità isolata dal resto del mondo non avrebbe alto modo di perpetuarsi se non con la promiscuità, proprio come è avvenuto per noi. Quindi non mi meraviglio affatto se, per il futuro, tutti i nostri rapporti si manifesteranno alla luce del sole e siano improntati alla più grande apertura possibile.”

Il discorso di mio padre mi sembrò dapprima un po’ ermetico, ma poi, dentro di me, esplose una illuminazione: mio padre ci stava dicendo che da ora in poi potevamo unirci con chi volevamo, alla luce del sole, senza vergogna e senza ritrosia. Fantastico! Riflettevo che era quello il comportamento di tutte le popolazioni che avevamo visitato a quelle latitudini: eravamo divenuti dei maori a tutti gli effetti.

Ero vicino a mamma, che mi prese per mano mentre tendeva il braccio verso mio padre. Le loro mani si unirono. Mamma ci avvicinò e ci strinse a lei. Poi baciò sulle labbra mio padre, che ricambiò amorevolmente il bacio. Subito dopo riservò a me l’identico dono, davanti a mio padre, che approvò, stringendola a sé ed abbracciando anche me.

Avevamo davvero davanti a noi una nuova esistenza.


Fine Capitolo 17
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