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Scuola Guida (parte 4)


di LettoreErotico
22.01.2024    |    310    |    1 9.3
"Sentì la pressione sotto le dita che si avvolgevano attorno a quel cazzo pieno e duro..."
Claudio entrò nella volante di Francesco sedendosi su uno dei sedili posteriori. Si aspettava di essere seguito da Luca, invece il ragazzo decise di sedersi nel sedile davanti, il quale era al momento libero perché Francesco era in servizio da solo. Il poliziotto fu momentaneamente sorpreso ma non disse nulla. Non disse nemmeno dove li stesse portando.

Dopo aver visto il pacco di preservativi cadere sull’erezione dell’istruttore di guida, l’agente aveva detto loro che sarebbero dovuti andare con lui e i tre si erano incamminati alla macchina parcheggiata pochi metri prima.
Claudio e Luca erano troppo imbarazzati per dire qualcosa. Claudio si immaginava già la scena del loro arrivo alla stazione di polizia. Riusciva ad immaginare la strada che avrebbero preso per arrivare lì e la volante parcheggiare davanti l’ingresso principale.

Non sapeva molto di come funzionasse una stazione di polizia ma immaginava un corridoio lungo con ai lati file di porte e poliziotti. Immaginava lui e Luca camminare lenti in manette dietro Francesco che li scortava al suo ufficio. Immaginava gli sguardi divertiti degli agenti.

Uomini con aria altezzosa che li giudicavano in divise aderenti come quella del suo amico. Immaginava sguardi divertiti e qualche risata accompagnata da un paio di mani che afferrava il cavallo dei pantaloni impugnando il pacco da sopra la stoffa blu. Li immaginava come goliardici ragazzi del liceo che gli proponevano con quel gesto di fare quello che Luca aveva fatto a lui nell’auto della scuola guida.

Li vedeva ridere sotto i baffi mentre a coppie sbattevano energeticamente l’uno il bacino contro le chiappe dell’altro. Aprivano la bocca e alzavano gli occhi al cielo recitando orgasmi intensi come aveva a volte fatto lui quando erano andati in discoteca per scatenare qualche risata di gruppo.
Ridevano perché immaginavano il motivo per cui il collega li avesse portati in stazione. Ridevano del fatto che Claudio si fosse fatto succhiare il cazzo da un altro ragazzo.

Immaginava in fondo al corridoio l’ufficio di Francesco come una di quelle stanze per interrogatori che aveva visto tante volte in televisione. Un tavolo d’alluminio, due sedie e un lampadario basso. Luca nell’altra stanza e lui solo con Francesco. Ma per poco.

Immaginava una decina di quei poliziotti incuriositi che entravano tutti insieme in quella stanza. I loro volti indistinti nell’ombra e alla luce della lampada solo i loro corpi erano visibili. Alti, con spalle larghe e muscolose strette nelle polo. Bicipiti grossi e intimidatori, avambracci che avrebbero facilmente potuto tenerlo fermo a terra. Tutti a braccia conserte mentre erano rivolti verso lui. Gambe aperte a sottolineare una posizione di potere. E poi di nuovo quel gesto.
Le mani sul pacco. Tutte intorno a lui all’altezza dei suoi occhi scuotevano il contenuto dei pantaloni in una degradante offerta. Si immaginava in ginocchio in mezzo a quel cerchio di gambe e cazzi a malapena contenuti in quei pantaloni di stoffa blu. Immaginava cosa avrebbe dovuto fare per convincere quei poliziotti a mantenere segreto il motivo per cui era stato portato alla stazione di polizia.

Immaginava le zip lentamente e rumorosamente scendere all’unisono. La tensione aumentare ad ogni centimetro. Immaginava il calore emanato da quei corpi imponenti che gli si stringevano attorno. Gli tornava alla mente l’odore che aveva riempito poco fa l’auto della scuola guida. E poi li immaginò. Una decina di cazzi che la sua mente, con pochi altri termini di paragone, poté solo immaginare come quelli degli attori dei porno che aveva visto. Cazzi enormi. Lunghi e doppi, decorati da vene pulsanti e palle grosse. Li immaginava tutti scappellati e pronti all’uso. Le teste turgide e arrossate, rese invoglianti da bagliori riflessi dall’umidità che già avevano iniziato a produrre.

Immaginava i proprietari di quei cazzi impazienti, spingersi sempre più vicino alla sua bocca cercando ognuno di essere il primo a farselo succhiare. Lo vedeva davanti a sé il primo, il più grosso. La superiorità della taglia bastava a tenere a bada gli altri. La cappella sempre più vicina alle sue labbra. Il resto della mazza che si irrigidiva e sobbalzava ad ogni flessione del muscolo. Gli si muoveva davanti agli occhi quasi a tormentarlo, a ricordargli cosa avrebbe dovuto fare.

Claudio sentì la saliva bagnargli la bocca in preparazione a tutto quello che stava per entraci. Sentì la pressione sotto le dita che si avvolgevano attorno a quel cazzo pieno e duro. Poi con un sobbalzo l’immagine svanì. Il rinculo della frenata l’aveva riportato alla realtà come lo schiocco di dita di un ipnotizzatore.

Si accorse che la macchina della polizia si era fermata, e si accorse che il cazzo pieno e duro che stava stringendo tra le dita era in realtà il suo attraverso la stoffa della tuta.
Strizzò gli occhi per mettere a fuoco dove fossero. Per sua fortuna e sorpresa non riconobbe il luogo come la stazione di polizia, ma come il palazzo dove viveva Francesco.

Claudio si sporse verso i sedili anteriori per chiedere all’amico come mai non li avesse portati in stazione ma nel fare ciò si accorse che lo studente aveva già ottenuto l’attenzione del poliziotto mettendogli una mano sul pacco e iniziandolo a massaggiare. Il respiro profondo dell’amico lasciava capire quanto fosse conflitto tra il lasciare quella mano continuare e il dire al ragazzo di fermarsi.

Infine il poliziotto fermò la mano del ragazzo poggiandovi sopra la sua, ma dalle forme era evidente che sotto le dita e la stoffa il cazzo pulsava ancora voglioso. Francesco disse di non continuare qui ma di salire su nel suo appartamento.

Fu in quel momento che Claudio realizzò che all’amico quella mano sul pacco piaceva veramente e che gli avrebbe fatto piacere continuare la cosa. Il suo amico che conosceva da anni. Francesco, il ragazzo col quale avevano scherzato su quanto si fossero fatte grosse le tette delle loro compagne di liceo, il ragazzo con cui aveva dormito un sacco di volte nello stesso letto alla fine di lunghi festini, il ragazzo a cui aveva raccontato come era stata la prima volta che aveva leccato una fica.

Claudio era confuso, ma quello che qualche ora prima era successo tra lui e il suo studente gli fece mettere le cose in prospettiva. Forse era normale sfogarsi tra uomini di tanto in tanto. L’istruttore di guida iniziò a chiedersi se l’amico avesse avuto altre esperienze con uomini. Si chiese se giorni prima si era ritrovato il cazzo tra le chiappe dell’amico per coincidenza o se fosse stato Francesco a far succedere la cosa.

Vide il sedere grosso e sodo del poliziotto tirare la stoffa mentre si alzava per uscire dalla macchina e si chiese se qualche cazzo fosse mai entrato tra quelle chiappe. Senti di nuovo il cazzo pulsargli dall’eccitazione.

Poi si accorse che la portiera alla sua destra era aperta e che Francesco stava invitando anche lui a salire nel palazzo. Claudio non sapeva cosa fare ma era grato all’amico per non averlo portato in stazione e non voleva rischiare di sprecare questa grazia. Seguì zitto il poliziotto e il ragazzo attraverso il portone d’ingresso e attraverso l’atrio del palazzo. Aspettarono qualche secondo in silenzio l’ascensore che scendesse.

Quando le porte scorrevoli si aprirono Luca fu pronto a fermare il poliziotto e far cenno a Claudio di entrare per primo. Naturalmente si posizionò con le spalle volte al muro dando il viso alla porta. Si vide Francesco camminare verso di lui per entrare ma il ragazzo trattenne il braccio del poliziotto per farlo girare.

Ora sia Claudio che Francesco erano nella cabina dando le spalle al muro nella stessa direzione. Claudio si chiese perché il ragazzo ci tenesse al modo in cui stavano in ascensore ma la risposta fu subito evidente quando infine entrò anche lui nell’ascensore palesando che lo spazio era troppo stretto per far stare comodi tre uomini. Tutti e tre davano la faccia alla porta appena chiusa e i loro corpi premevano stretti l’uno sull’altro.
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