Gay & Bisex
SORRISONI - ep.1 "Le stelle"
di bandolero16
14.12.2024 |
878 |
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"La tiro fuori dallo zaino per giustificare la mia preoccupazione..."
Salve a tutti. Premetto che questo primo episodio è un po’ lungo, mi serviva come intro per presentare il protagonista e alcuni personaggi. Da metà è comunque presente una scena di sesso. BUONA LETTURA._______________________________________________________________________________________________
Le parole del prof. Mangaro rimbalzano sulle pareti dell’aula strapiena. L’esame di sociologia del teatro sembra uno dei più interessanti del mio corso di laurea, ma la flemma di questo professore è in grado di stecchire tutta la classe dopo poche slide. Con la penna tamburello sul blocco degli appunti, consapevole che la mia soglia dell’attenzione si è suicidata dopo i primi 10 minuti di lezione; dovrò chiedere gli appunti ai miei colleghi, sperando di riuscire a dare un senso alle poche frasi che ciascuno è riuscito a scrivere.
Finalmente la lezione termina e tutta la classe si riversa in cortile come un fiume che rompe gli argini. Voci che si intrecciano, sbuffi liberatori, chi raggiunge il gruppetto di amici, chi si accende una sigaretta. Io resto fuori al portone dell’aula, accolto da una delle tante panchine di pietra che circondano il cortile.
Mi presento, mi chiamo Ricardo, ma per tutti sono Ricky. È da quando sono piccolo che tutti insistono a chiamarmi Riccardo con due C, e quindi ho optato per un nome più corto, fresco e diretto: Ricky. Questa ambiguità è tutta colpa di mia madre, che da brava venezuelana mi ha dato il nome di mio nonno, senza italianizzarlo. La poveretta è in Italia da ormai 20 anni, da quando ero ancora un pupo che passava la giornata a rovinare quella degli altri. Ad ogni cena di famiglia i miei parenti ci tengono a sottolineare quanto fossi un bimbo pestifero e petulante e che è davvero una fortuna, soprattutto per la mia povera mami, che crescendo mi sia dato una calmata.
Ora, alla veneranda età di 21 anni, sono all’ultimo anno del corso di laurea in Arti Visive. Studio cinema, arte, estetica, ma la mia passione più grande è da sempre la fotografia; per me è un modo di congelare il tempo, catturare momenti in apparenza inafferrabili, di raccontare intere storie senza l’uso di parole.
Dal fondo del corridoio, tra la folla ancora fitta, vedo una ragazzina dai capelli corvini correre verso di me. È mia sorella Elèna, con uno zaino che peserà forse il doppio di lei e una pila di libri in mano che quasi mi impedisce di vederle il volto. Se è vero che crescendo ho messo un freno alla mia impertinenza, mia sorella ha messo la quinta e schiacciato l’acceleratore. Da piccola Elèna era una bimba timida e sulle sue, la vittima preferita delle mie malignità, ma ora il karma ha deciso di farmi pagare il conto di tutte le mie malefatte. Dall’inizio dell’università è diventata impertinente, sempre entusiasta, scaltra, tutta pepe, insomma…una vera rompicoglioni. Non a caso la mia abuela la chiama “diablita”. A volte sospetto che qualcuno l’abbia rapita nel sonno e scambiata con una teppista fuggita da un carcere.
“Cazzo Ricky, ti sto chiamando da un’ora, mi servono 20€ per andare a pranzo, me li presti? Anzi no dai vieni con me, almeno mi fai compagnia. No aspetta, scherzavo, forse devo andare con Tullio, quello bono del corso di Inglese. Dai che fai me li presti? Allora? Vabbè sei sempre il solito spilorcio, non ti posso chiedere mai niente, come quando…”. Vi giuro che sta facendo tutto lei, io non ho aperto neanche bocca. Il suo sclero continua, ma per fortuna le ore del prof. Mangaro mi hanno dotato di un superpotere: chiudere le orecchie a comando.
Alla fine ci incamminiamo verso la mensa, perché questo famoso Tullio non risponde ai messaggi di mia sorella.
“Quindi oggi resti a digiuno? E non sto parlando di cibo sorellina”.
“Pensa a quelli che ti scopi tu, che agli ultimi due che mi hai presentato non l’avrei data neanche sotto tortura”.
Ah sì, ho omesso un piccolo dettaglio. Sono gay. Ho fatto coming out a 16 anni, quando tutto il mondo mi sembrava un campo minato pronto a farmi saltare in aria al minimo passo falso. Per fortuna sono nato in una famiglia accogliente e senza pregiudizi, dove al primo posto c’è l’armonia e la felicità di ognuno di noi.
“A proposito di quelli che mi scopo, guarda lui”.
Mostro a mia sorella la foto profilo di un ragazzo che mi ha scritto stamattina, un certo Manuel. 30 anni, alto, pelato, con una bella barba da vichingo, tutti i muscoli al posto giusto e con le braccia piene di tatuaggi. È un nuovo barista del Prince, il locale che mi ha visto più spesso in condizioni disastrose.
“Allora? Che ne dici? Mi ha chiesto di passarlo a salutare stasera al locale”.
“Sembra carino, ma per scrivere a te dovrà essere per forza uno svitato”.
“Sei sempre la solita”.
“Dai Ricky, lo sai che scherzo. Magari è un tipo tranquillo, dagli una possibilità. Ora se permetti devo andare a cercare quella merda di Tullio, se senti le urla sai cos’è successo”.
“Aspetta, vieni un attimo qui”.
Tiro fuori la mia amata Polaroid, il mio gioiellino, e abbraccio forte mia sorella nella remota speranza di poterla strozzare. Ci scatto una foto girando la macchinetta, illuminati dalla luce che entra dalle finestre della mensa.
“In posa mi amor. SORRISONI”.
. . . . . . . . . .
Finite le lezioni del pomeriggio torno nel dormitorio. I letti sembrano una discarica: vestiti sgualciti, libri capovolti e una valigia che fatica a chiudersi. Una voce arriva dal bagno.
“Ricky? Eres tù?”
È Alejandro, mio fratello maggiore di 24 anni. Dividiamo il dormitorio dal mio primo anno di università, quando lui ancora buttava il sangue sugli esami di diritto. Ora è prossimo alla laurea e suppongo stia preparando la valigia per lasciare la stanza dopo la proclamazione.
“Se non sono di troppo disturbo vorrei prendere possesso del mio letto, c’è una mutanda proprio sul mio cuscino, spero che almeno sia pulita…”.
Faccio per avvicinarmi a quel mercatino delle pulci e mi trovo mio fratello alle spalle, con solo un asciugamano in vita, che con due falcate mi supera e arriva al mio letto, buttando sul suo tutto quell’ingombro.
“Ecco a te hermano, da settimana prossima potrai dormire pure crocifisso a una parete per quel che mi riguarda, tra poco sarò un hombre libre”.
Mio fratello è l’unico della famiglia a essere sempre rimasto coerente con sé stesso. È un ragazzo diligente e brillante, all’apparenza un po’ stronzo ma molto altruista, soprattutto verso i più deboli. Credevo che un uomo tutto d’un pezzo come lui avrebbe fatto il militare, ma alla fine ha scelto un’altra strada per aiutare le persone.
Ha un corpo scolpito da anni di palestra: alto, tonico, con una schiena larga quanto un armadio; nulla a che vedere con me che sono bassino, magro e con forme più dolci e delicate. L’unica cosa che abbiamo in comune sono i colori: pelle un po’ olivastra e capelli ricci e nerissimi, come quelli di Elèna.
Mi infilo in doccia di corsa per prepararmi all’appuntamento con Manuel e quando esco mio fratello è già uscito dalla stanza. Peccato, avrei voluto un suo parere sul vichingo. Poco male, gliene parlerò stanotte.
Metto il mio jeans preferito, che fascia il mio culetto alto e rotondo, una felpa bianca e un giubbino di pelle. 2 spruzzi del mio profumo preferito e sono pronto per scendere.
Raggiungo il Prince in auto e parcheggio nella strada adiacente al locale. Manuel mi ha scritto che stacca alle 22:00, sono le 21:30. Decido comunque di entrare nel locale, magari un po’ d’alcol mi farà sembrare più simpatico.
Appena mi siedo agli sgabelli del bancone mi ritrovo proprio Manuel davanti. Ha un berretto nero, con una felpa bianca con le maniche arrotolate e una salopette. Il bancone gli arriva poco sotto la cintura, sembra davvero un gigante, e ha due occhi penetranti che in foto non rendono assolutamente.
“Ehi dolcezza, alla fine sei venuto, quasi non ci speravo”.
Iniziamo bene, “dolcezza”, questo è un altro che vuole fare il dongiovanni.
“Beh, ho pensato che potessi offrirmi qualcosa, che mi consigli?”.
“Dipende, hai bisogno di essere coccolato o vuoi una bella scarica di emozioni?” e mi fa l’occhiolino.
Dio Santo, ma chi me l’ha fatto fare. Decido comunque di reggere il gioco perché quegli occhietti vispi riescono a smorzare il tono delle cazzate che gli escono da bocca.
Alla fine mi prepara un banale gin tonic e iniziamo a chiacchierare mentre serve altri clienti e si prepara alla chiusura. Col suo fisico occupa tutta la passerella dietro il bancone, riesco a intravedere le fibre muscolari nelle sue braccia anche sotto i tatuaggi e ogni tanto, tra una comanda e l’altra, si gira verso di me e mi manda bacetti o occhiolini, sparandomi poi un sorriso a 32 denti. Nelle sue varie acrobazie da bartender ha anche fatto rompere 2 bicchieri, che imbranato.
Io rido sornione; un po’ mi mette in imbarazzo essere “corteggiato” in questo modo, ma ammetto che il cretino ci sa fare, quantomeno sa come giocarsi le sue due armi migliori: lo sguardo e il sorriso. Alle 22:30 rimaniamo soli nel locale, gli do una mano con la chiusura cassa e ci chiudiamo la porta del bar alle spalle.
“Adesso baby, portami in un posto speciale”.
“Ah sì? Guarda che sei tu che mi hai invitato ad uscire, non hai pensato a niente?”
“Hai ragione dolcezza ma ho l’auto dal meccanico, ora come ora ho le mani legate, ma se ti va puoi guidare tu e ti porto in un posticino speciale”.
Decido di assecondarlo. Saliamo nella mia auto e ci incamminiamo dal centro verso una stradina di campagna che porta verso la collina. Dopo un 10 minuti di strade sterrate arriviamo su un’altura con una vista mozzafiato; sono anni che vivo in questa città ma nessuno mi aveva mai portato qui.
Parcheggio sul lato di uno spiazzale e ci accendiamo una sigaretta in auto.
“Che posto bellissimo, le stelle brillano quanto le luci della città”.
“Sono contento che ti piaccia. Qui non è che ci porto chiunque, eh”.
“Ahahah ma fammi il piacere dai, mi hai conosciuto stasera, perché dovrei essere così speciale?”.
“Mah in realtà non lo so, ma da quando ti ho visto varcare la porta del locale ho iniziato ad arrossire e a sudare le mani. Mi sono anche scivolati quei due bicchieri, che figura di merda ahahah”.
“Ahahah sì ho notato, beh puoi dire al tuo capo che è stata colpa mia che ti ho fatto emozionare”.
“Non me la prenderai mai con te baby, sei troppo carino per darti la colpa di qualcosa”.
Così dicendo mi inizia ad accarezzare una guancia, guardandomi fisso con quegli occhi profondi e un sorriso accennato. Il fumo di sigaretta si perde nei ricci della sua barba, il suo corpo steso sul sedile sembra occupare sempre più spazio. Decido quindi di strusciarmi sulla sua mano, come a fargli le fusa, spinto dalla dolcezza del momento. Mi sembra un ragazzo così dolce, tenero, anche un po’ goffo; un gigante buono. Tenendo il suo sguardo fisso nel mio inizia ad avvicinarsi, lentamente, forse aspettando una mia reazione; ma io ormai ho deciso di fidarmi, sono una persona molto istintiva per cui le prime impressioni hanno un forte valore.
Rispondo dunque con un bacio, all’inizio cauto e tenero, ma poi lancio la sigaretta dal finestrino e gli butto le braccia al collo. Lui fa lo stesso, stringendomi tra i suoi muscoli e rispondendo al bacio con passione. Mi trascina verso di sé e con un solo movimento sono a cavalcioni sul suo corpo. La sua lingua continua a frugare nella mia bocca mentre una mano mi accarezza la nuca e l’altra mi cinge i fianchi.
La situazione inizia a scaldarsi subito, la dolcezza che regnava fino a poco fa viene in un attimo sostituita da una fortissima eccitazione, non so se anche da parte sua ma sicuramente da parte mia. Inizio così un leggero movimento di bacino avanti e indietro, mentre continuo a limonarlo e con le mani impasto quei pettorali da urlo da sopra la felpa.
“Ehi baby, se fai così mi fai impazzire…”
Si stacca per un attimo dal bacio e mi regala un altro dei suoi meravigliosi sorrisi. Decido di non rispondere a parole alla sua provocazione, ma sposto la sua mano dal mio fianco al mio culo, per farmi palpare per bene. Lui capisce che non è il momento di parlare, alza la schiena dal sedile e con un solo movimento mi sfila la felpa. In un attimo ho le sue labbra attaccate a un capezzolo, succhia come un’idrovora alternando baci e colpi di lingua, mentre l’altra mano passa a titillarmi il capezzolo libero. Il suo lavoretto mi fa accaldare ancora di più e mi scappano dei gemiti di godimento. Ho paura di cosa possa pensare di me, forse dirà che sono un ragazzo facile, che faccio sesso alla prima sera con tutti, ma il coinvolgimento è troppo alto e ora come ora non me ne importa.
Decido allora di accelerare il movimento di bacino e ricambio il suo servizietto togliendogli a mia volta le felpa e iniziando a baciarlo sul collo e dietro all’orecchio. Con la coda dell’occhio vedo i suoi muscoli irrigidirsi a ogni mio bacio, ha un corpo da fare invidia a un modello di fama mondiale. La mia lingua scende sulla spalla, assaggiando ogni lembo di pelle fino ai capezzoli, poi agli addominali e infine mi trovo inginocchiato davanti alla sua patta. Prima per la posizione non avvertivo la durezza del suo cazzo, ma ora ho davanti a me un bozzo enorme, che da sotto al pantalone arriva quasi al fianco sinistro. Il ragazzone inizia a spazientirsi, preso dall’eccitazione, ha uno sguardo da ubriaco per il servizietto appena ricevuto e in un attimo si slaccia cintura e pantalone per liberare il suo arnese.
Mi ritrovo davanti una mutanda che a stento contiene quel bendidio, bagnatissima in corrispondenza della punta e da cui fuoriescono le due palle gonfissime. Manuel chiude gli occhi, reclinando la testa all’indietro, quasi spaventato delle sensazioni che sta per provare, come chi ha paura degli aghi che gira la testa di lato quando va a fare un prelievo. Decido allora di agire lentamente, per aumentare la tensione, e allargo la molla della mutanda per scartare il mio regalo. Ma in un attimo il suo pene schizza verso l’alto, sparandomi in viso qualche goccia di precum. Mi ritrovo davanti un bastone nodoso di almeno 23 cm, pieno di vene e duro come roccia. Lo spettacolo delle sue cosce aperte, i coglioni enormi appesi, quel cazzone che svetta per me e il suo corpo che freme nell’attesa mi fanno perdere tutti i freni inibitori.
Fanculo la lentezza, mi butto a capofitto su quella mazza, deglutendo la cappella impregnata di liquido e scendendo fino a metà asta in un colpo solo. Manuel sobbalza, piegandosi in due e abbracciandomi la testa.
“Porca puttana, ma allora sei affamato”.
Con una mano mi afferra il cranio e inizia a dettare il ritmo del pompino. La forza che ci mette nel tenermi giù mi impedisce di risalire a prendere aria, mentre quel cazzone mi scava sempre più nella gola. Inizio a cacciare saliva dai lati della bocca, cerco di irrigidire gli addominali per evitare la sensazione di vomito ma il ritmo è davvero estenuante. La mia testa rimbalza sul suo cazzo, prendendolo tutto fino alle palle e risalendo fino al glande.
Decido di non mostrarmi impreparato e a questo movimento passivo aggiungo un lavoro di lingua e cerco di stringere la gola quando scendo per avvolgere ancora di più quella mazza. Manuel è in visibilio, mi afferra la testa con entrambe le mani e inizia a scoparmi la gola con precisi colpi di reni, facendo sbattere la mia faccia sui suoi addominali. Dopo pochi colpi mi lascia però prendere aria, ma subito mi afferra da sotto le ascelle e mi solleva di peso riportandomi in braccio a lui.
“Ora vieni qua troietta, l’hai voluto tu”.
Capisco dove stiamo andando a parare e velocemente mi spoglio anche della parte di sotto dei vestiti. Mentre continuiamo a baciarci sento il cazzo bollente che sfiora il mio buchetto, quando il porco dal nulla mi inizia a titillare il buchetto con due dita. Di riflesso il mio ano si allarga per ricevere quella penetrazione; sono già caldo e tutto bagnato per l’eccitazione. Piega le dita a uncino dentro di me, andandomi a stimolare direttamente la prostata. Questo giochetto mi fa impazzire, ormai non trattengo più i gemiti e nella foga del suo su-e-giù con le dita cerco invano di aggrapparmi al suo collo.
Di colpo mi fa scendere di nuovo sulle sue gambe; leggo incredulità nel suo volto, quasi fatica, come se non si aspettasse un coinvolgimento così intenso. Ma ormai dopo il lavoretto ricevuto sono eccitato come non mai, ora tocca a me prendere in mano la situazione. Mi sputo su una mano e bagno la sua asta, poi ci appoggio il buchetto sopra facendo un leggerissimo movimento verticale sul glande.
“Ti prego smettila, non ce la faccio più, o scendi sul cazzo o te lo sbatto io dentro”.
“Ma come siamo impazienti…’baby’”.
Continuo col mio movimento cadenzato, senza mai fare entrare la punta nel mio buchetto. Manuel inizia ad avere degli spasmi, contrae il viso e inizia a sbuffare, la stimolazione al glande dev’essere insopportabile. Nonostante l’eccitazione mi lascia condurre il gioco e questa cosa mi eccita ancora di più. Decido allora di fargli un bel regalo. Trattengo il respiro, cerco di dilatare la mia mucosa e lentamente mi siedo su quel palo di carne. Scendo senza fermarmi e quel cazzone si fa strada in me lacerandomi lo sfintere. La sensazione è stupenda ma quando mi siedo sulle sue palle ho bisogno di fermarmi per abituarmi a quella dimensione. Vedo la sua faccia sconvolta, ha gli occhi sgranati ed è come in apnea.
“Ti prego…baby…inizia a muoverti…non ce la faccio più”. Non mi era mai capitato di dare così tanto piacere a un uomo, ho il dubbio che stia fingendo, ma il suo cazzo dentro di me inizia e vibrare e diventa come di marmo. All’improvviso mi stringe forte con le sue braccia e inchioda bene i piedi per terra. Parte una monta selvaggia, con colpi dal basso che mi scavano fino all’intestino. La foga improvvisa mi fa perdere ogni controllo, inizio a sballottolare tra le sue braccia e a dimenarmi mentre gemo. I suoi occhi sono diventati di fuoco, ha deciso che adesso tocca a lui tenere le redini. Mi scopa velocissimo mentre le palle mi sbattono sul culo a ogni botta. Le mie mele rimbalzano sui suoi fianchi e il porco inizia ad accarezzarmi dai fianchi fino alla schiena e al collo.
“AAAHH… TI PREGO…NON COSI’ FORTE…AAHHH..AHH”
“Stai zitta puttana, ora ti prendi il cazzo e stai zitta!!”
Sento la temperatura in me arrivare alle stelle, come mi scopa, come mi tocca, come mi guarda, sembra conoscere a memoria il mio corpo, come se facessimo sesso insieme da una vita. Ad un tratto spalanca la portiera, fa passare le sue braccia sotto le mie ginocchia piegate e mi prende di peso, per poi uscire dall’auto, senza togliermi il cazzo da dentro.
“Che cazzo stai facendo, non all’aperto”.
Neanche il tempo di finire la frase e mi sbatte sul cofano dell’auto, ricominciando subito a scoparmi. I colpi adesso sono più cadenzati, più lenti ma più profondi, assestati a tutta forza. Le mie urla sembrano fare eco nel buio dell’aria, non ho neanche avuto il tempo di guardare se ci fossero altre auto, ma il pensiero che qualcuno possa sentirmi mi eccita ancora di più. Mentre mi scopa mi porta le mani al collo, iniziando a sbuffare come un toro e a caricare colpi sempre più forti.
“Mamma mia che cagna che sei, ti sei abituata a sto cazzone in un niente, guarda come stai godendo”.
“Manu…ti scongiuro…rallenta…AAHH…mi stai sfondando…AAAAHHHH!!”
Il mio culo slabbrato inizia a fare un rumore di sciacquettio, come di figa che sta per squirtare. I miei umori misti al suo precum mi lubrificano e gli permettono di scavarmi nel culo a suo piacimento. Partono 2-3 schiaffi poderosi che mi fanno eccitare ancora di più. Di riflesso inizio a sgravare e il mio sfintere si dilata ancora di più.
“Uuuhh…ma allora ti piace se ti tratto da troia eh…”.
“Sì ti prego…scopami come una puttana…voglio sentire tutto il cazzo”.
Sento la mia voce come di una persona estranea, ormai ho perso totalmente il controllo della situazione. Mentre il cazzone continua a slabbarmi il culo, Manuel si china su di me, facendomi sentire tutto il peso del suo corpo e iniziando a mordermi le labbra. Ormai sono una bambolina tra le sue mani, mi sta scopando come un toro, mi toglie l’aria con il suo corpo e mi sta mangiando le labbra come fossero un cioccolatino.
“Sì cazzo…che pesce enorme…AAHH SIII…rompimi la figa ti prego…AAH!”
“Preparati troia…ora ti do il benservito, le cagne come te vanno castigate per bene”.
Di colpo esce dal mio culo, lasciandomi un buco infiammato e totalmente spanato. Con una mano mi afferra per i capelli e mi trascina dal cofano fino alla portiera posteriore. Spalancata la portiera mi posiziona a pecora sul sedile mentre lui resta in piedi fuori dall’auto. In un attimo è di nuovo dentro di me, ormai il culo ha preso le dimensioni del suo cazzone. A pecorina sento la cappella spingere sulla mia prostata. La scopata mi regala sensazioni mai provate. Inizio a guaire come una cagna mentre il porco mi sculaccia e mi riversa addosso una caterva di insulti.
“Rottinculo, come si vede che avevi voglia di pesce stasera, mi hai provocato e ora ti becchi le conseguenza, ti devo mettere incinta, se no non ti sazio”.
Dal buco mi parte una scarica elettrica che mi fa vibrare tutta la schiena e arriva fino al cervello. Contraggo le dita dei piedi mentre stringo i denti e cerco di dominare questa sensazione. Ma ormai Manuel ha deciso di non farmi capire più nulla, mi afferra di nuovo per i capelli e mi fa piegare in due quasi a spezzarmi la schiena. Continua a fottermi come un ossesso mentre dall’alto mi infila due dita ai lati della bocca e mi sputa ripetutamente in faccia.
Gli ultimi colpi mi fanno allargare come non mai, un calore estremo si irradia a macchia d’olio in tutto il corpo. Inizio a sborrare senza toccarmi, cosa che non mi era mai successa, ma le sensazioni di questo orgasmo anale sono indescrivibili, sento come se i miei organi interni si stessero sciogliendo e il mio sfintere si chiude di scatto in una morsa, andando a stringere ancora di più il suo cazzone.
“Puttana, che mi fai?…sto per venire cazzo…ti sborro in figa…la vuoi eh? Dimmi che la vuoi cagna!”
Il mio cervello è ormai appannato, la sensazione dell’orgasmo mi ha svuotato i polmoni da tutta l’aria, riesco solo a biascicare un flebile
“sii…”.
Il porco accelera con altri pochi colpi per poi buttarsi di peso su di me.
Ci ritroviamo stesi sui sedili posteriori, io con il suo cazzone che ormai fa capolino al mio secondo buco e che mi pompa litri di sborra direttamente dentro, lui madido di sudore, che mi stringe forte e grugnisce nel mio orecchio come un cinghiale ferito…
. . . . . . . . . .
“Guarda, quella è la costellazione dell’Aquario, il mio segno”.
Con un dito Manuel mi indica un gruppo di stelle dal finestrino del lato posteriore della macchina, dove siamo rimasti per almeno un’ora abbracciati dopo aver scopato. Mi stringo ancora di più al suo corpo, che ora è asciutto ma comunque bollente. Gli accarezzo dolcemente il viso e lui per l’imbarazzo ruota gli occhi all’insù e ride di nuovo come un deficiente. Mi soffia il fumo di sigaretta sul volto e di tutto risposta decido di fargli il solletico. Quel bestione inizio a divincolarsi come un bambino, facendo scuotere tutta una macchina, più di quanto abbia fatto prima mentre mi scopava. Nella frenesia del momento sbatte con i piedi sul pavimento dell’auto e calpesta per errore qualcosa.
“AHAHAHAH TI PREGO SMETTILA HAHAHAHAH, BASTA TI SCONGIURO AHAHAH. EHI…AHAH… ehi fermati baby, aspetta…cos’è qui…c’è qualcosa sotto al sedile”.
Si allunga verso il basso e tira fuori il mio zaino dell’università. Cazzo, ero convinto di averlo lasciato in camera. Oh no, la Polaroid. Come un fulmine glielo strappo dalle mani e apro la zip dello zaino, inizio a scavare sperando con tutto il mio cuore di non ritrovarla in frantumi. Per fortuna la ritrovo sul fondo, avvolta in una felpa di riserva che porto sempre.
La tiro fuori dallo zaino per giustificare la mia preoccupazione.
“Ehii ma che bel modello, mi piacciono molto le macchine fotografiche, questa sembra anche un po’ vintage. Fa’ vedere”. Gli allungo il mio più prezioso tesoro ma lui sembra capire l’importanza che ha per me e lo maneggia con cura.
“Senti, ti va di scattarci una foto? Sono stato molto bene stasera e se per te va bene vorrei conservarne un ricordo, vorrei…mmhh…come dire…congelare questo momento ahahah”.
Incredibile, ora questo omaccione legge anche i miei pensieri.
“Ma siamo ancora nudi, stravolti dal sesso, siamo impresentabili…”.
“Ma chi deve vederla sta foto, e poi è meglio così, almeno quando la guarderò mi ricorderò del perché questi bei ricci sono così arruffati…”
Con una mano mi scompiglia i capelli e mi schiocca un bacio dolcissimo.
Ci mettiamo in posa, io getto le braccia languido al suo collo e guardo in camera, mentre lui dall’alto mi stampa un bacio sulla fronte e fa una smorfia con le sopracciglia.
“SORRISONI”.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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