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MEMORIE DI DI CAMPAGNA. LE PRIME ESPERIENZE DI UN RAGAZZINO IN CASCINA. PARTE III


di deepmen
05.09.2023    |    1.088    |    2 9.0
"Una volta il mio cuginetto mi ha raccontato che Gino per punirlo perché secondo lui aveva la rosellina troppo larga gli aveva infilato nel culetto il manico di..."
Come vi ho già raccontato ero un ragazzino di città ma l’estate la passavo dai miei parenti in campagna. Negli anni Settanta al mare ci andavano solo i ricchi così i miei mi mandavano dai nonni e dagli zii in campagna appena finiva la scuola.
Vivevano molte famiglie nella grande cascina dei miei nonni, il padrone veniva poco. Era come un piccolo paese con tanti ragazzini che giocavano a pallone in cortile con pantaloncini da calcio sporchi e la canottiera, i pantaloncini erano sempre troppo larghi e non si portavano le mutande così spesso spuntavano fuori le palle o il ciuffo di peli ma nessuno ci faceva caso in campagna.

C’era un solo bagno per tutti e si pisciava dove capitava in compagnia con gli amichetti. Guardavamo chi ce l’aveva più grosso e ci divertivamo a vedere chi faceva il getto più lungo.
Pinuccio era quello col cazzo più grosso di quelli della mia età e lo faceva vedere a tutti per orgoglio. Se glielo chiedevi si scappellava davanti a te per fartelo vedere bene. Era piccoletto, magrolino con la faccia da bambino, ma il suo cazzo sembrava quello di un quarantenne con un gran ciuffo di peli neri e le vene scure in rilievo.
Un pomeriggio d’estate prima che ci chiamassero tutti per la cena in mezzo all’aia, ha tirato il prepuzio la mi ha fatto vedere la cappella usciva dalla fessura una goccina di sborra.
Mi ha detto: - “mi sono appena fatto una sega e ho sborrato un sacco. Poi mi viene sempre da pisciare quando ho finito! A te dopo aver sborrato non viene da pisciare?” -. Si è messo a ridere, ha passato il pollice sulla cappella: la goccia di sborra dondolava sul suo dito, ha tirato fuori la lingua e l’ha leccata come un gelato.
Io ho detto a Pinuccio: -“ a me non scappa la pipì dopo una sega, ma tu ti lecchi la tua sborra Pinuccio?”-.
- “Qualche volta per sentire il sapore, mi piace la mia sborra. Prova anche tu” -, mi ha risposto lui.
Cose normali in campagna. Niente di strano, lo facevano tutti. Lui era bianco di pelle ma il suo cazzo era scuro e molto peloso per la sua età. Oggi ha tre figli e si è sposato in città dove ha aperto un bar.

Come sapete dagli altri racconti avevo un cuginetto della mia età: Santo. Era piccoletto, biondino, grassottello, due occhioni azzurri, senza peli, ancora liscio e bianco come una femmina. Sembrava un angioletto ed era la gioia della sua mamma. Aveva un pisello un po’ piccolo ma sempre duro e largo con due belle palle come abbiamo tutti in famiglia e se penso al suo culetto pieno e rotondo mi viene ancora duro... Si andava a pescare nei fossi, si girava per i campi. Le prime seghine me le sono fatte con lui nei campi di granoturco.
Come sapete Santo aveva preso l’abitudine di succhiare il pisello a tutti i ragazzi dei dintorni che dovevano svuotarsi le palle. Lo faceva senza problemi e senza nascondersi troppo così si era sparsa la voce. Da ragazzini si hanno sempre le palle piene di sborra e il pisello diventa duro con niente, il mio cuginetto Santo te lo prendeva in bocca e ti faceva venire dopo averti ciucciato per bene, col tempo era diventato bravo. Mi giurava che però la borra gli faceva schifo e non la beveva a nessuno tranne che a me che ce l’ho dolce diceva lui, ma io non ci credevo. Giurava anche che nessuno lo scopava nel culo perché lui comunque non era frocio, succhiava il pisello agli amici e basta.
Io ero un po’ geloso, allora mi diceva: - “Mica mi faccio le seghe da solo! Dai! Sei sempre in città! Poi arriveranno le femmine.. ho sentito dire dai grandi che è molto meglio con loro! Ma intanto mica mi sego da solo dai! Poi quando avremo le morose magari ce lo succhiamo ancora qualche volta boh, magari non ci piace nemmeno più ” -.
In campagna niente di così strano una volta. Poi anche lui ha trovato la morosa da grandicello e non lo succhiava più a nessuno, solo a me qualche volta anche quando era già fidanzato ma solo prima di mettere incinta la morosa.

Da piccolino capitava anche che Santo succhiasse il pisello dei più grandi in cambio di una mancetta, di solito erano 500 lire, per andarsi a comprare un gelato. Quelli che si facevano ciucciare da Santo erano gli amici più grandi del suo fratellone Gino.
Gino quando noi eravamo ancora ragazzini aveva già la morosa, la Maria, e doveva sposarsi. Lui non stava mai con noi ragazzini. Lavorava i campi con lo zio e passava il giorno sul trattore. Un tipo moro ben piantato, riccio con un po’ di pancetta. Sempre in pantaloncini e scarponi sporchi di fango. Era abbronzato col segno bianco della canottiera, dai pantaloncini spuntava sempre un gran ciuffo di peli nero sotto l’ombelico.
Come ho già scritto era venuto a sapere che il suo fratellino succhiava i piselli di tutti i ragazzi delle cascine vicine ma faceva finta di niente: niente di più normale, forse da ragazzino lo aveva fatto anche lui.
Solo quando aveva saputo che anche il suo amico Bepi, un uomo fatto che faceva l’imbianchino, già sposato con due bambini, si faceva succhiare il picio dal suo fratellino e gli dava ogni volta una mancetta di 500 lire si era arrabbiato molto con Santo.
Da quel giorno lo minacciava di dire tutto allo zio e alla zia. Per punizione lo costringeva a succhiargli l’uccello e se lo inculava ogni volta che voleva. Santo mi raccontava tutto e piangeva.
La Maria, la fidanzata di Gino, non voleva rapporti sessuali prima delle nozze e così Gino aveva sempre i coglioni pieni di sborra che bolliva nelle palle. Qualche volta andava a puttane in città, ma aveva sempre a disposizione il fratellino quando tornava a casa dai campi e ce l’aveva duro. Aveva detto a Santo che lui le seghe era troppo grande per farsele ancora e visto che a Santo piaceva ciucciare i piselli adesso doveva succhiare solo lui che era suo fratello maggiore. Santo piangeva perché gli faceva male prendere nel culo il pisello di Gino.
Così a un certo punto il mio cuginetto Santo ha quasi smesso di succhiarmi il picio perché se il suo fratellone se ne accorgeva lo ammazzava di botte. Era diventato la puttanella del suo fratellone. Dormiva insieme a Gino in uno stanzone al piano di sopra nello stesso letto matrimoniale che era stato dei nonni una volta. Era una stanza molto grande, con il lettone altissimo come usava una volta.
Tutte le sere Gino controllava che il picio del suo fratellino non avesse sborrato, gli palpava le palle e se erano sgonfie lo riempiva di ceffoni, poi controllava che il culo non fosse slargato, voleva vedere la rosellina del suo ano bella stretta, ci infilava tre dita per vedere se faceva fatica a entrare.
Dopo averlo preso a sberle perché non si fidava mai, glielo metteva in bocca fino al suo cespuglio di peli neri, fino a farlo soffocare, qualche volta gli sborrava in gola senza perdere tempo, qualche sera lo inculava e gli slargava la rosellina così Santo il giorno dopo camminava a gambe aperte.
Prima di spegnere la luce sul comodino Gino ordinava a Santo di farsi una seghina veloce davanti a lui così non aveva tentazioni il giorno dopo. Doveva stare attento a non sporcare le lenzuola altrimenti le prendeva ancora. Poi per non doversi alzare dal letto a prendere uno straccio in cucina si doveva leccare tutta la sua sborra dalla mano e Gino controllava che tutto fosse ben pulito. Santo mi raccontava tutto, io dormivo nella stanza vicina e sentivo il letto che cigolava, il mio cuginetto che si lamentava e la voce bassa e rauca del suo fratellone.
Piangeva con me, me lo succhiava come sapeva fare lui ma non poteva sborrare se non voleva prenderle da Gino.

Una volta il mio cuginetto mi ha raccontato che Gino per punirlo perché secondo lui aveva la rosellina troppo larga gli aveva infilato nel culetto il manico di una mazza di ferro che usava in campagna, gliela aveva spinta fino in fondo dopo averci sputato su un bel po’ di saliva. Era andato su e giù per un’ora e gli aveva sfondato il buco, la mattina dopo la mazza di ferro era nel fienile e Santo mi ha fatto vedere che era ancora sporca di sangue, poi si è messo alla pecorina mi ha fatto vedere la sua rosellina tutta rossa e slabbrata. Giurava che non si era mai fatto inculare da nessuno se non dal fratellone e che Gino lo faceva apposta a dire che lui si faceva scopare nel culo dagli altri perché si divertiva a sfondarlo.
- “ Posso vedere come hai ridotto il buco del culo Santo? Vado a prenderti una pomata” -, gli ho detto io col pisello duro che mi pulsava fra le gambe e veniva fuori dai pantaloncini da calciatore.
- “Va bene ma non infilarci dentro niente se no mio fratello mi uccide” - mi ha risposto inginocchiato alla pecorina.
Ce lo avevo davvero duro il pisello! Sentivo la mia cappella scoppiare e i coglioni che salivano vicino all’asta. Avevo un buon pisello per la mia età! Meno male che mi ero già fatto una sega quel giorno altrimenti avrei sborrato subito, sentivo la saliva che mi riempiva la gola.
- “ Me lo ciucci il pisello per favore Santo? Mi è venuto duro, dai…la pomata non so dove prenderla, se vuoi ci sputo un po’ su…”- gli ho detto.
- “ Vabbè sputa ma non infilare il dito eh, altrimenti se ne accorge mio fratello” -, mi ha risposto Santo.
Mi sono sputato sul palmo della mano e ho iniziato a inumidire la rosellina di Santo, piano piano finché non l’ho lucidata per bene ma senza entrare troppo con le dita.
- “Mi raccomando non entrare col dito altrimenti le prendo!” -, mi ha detto Santo.
- “ Va bene Santo ma adesso devo sborrare! Mi tira cazzo!” -, ho risposto io e mi sono tirato giù i pantaloncini da calciatore. Vedevo il pisellino di Santo che penzolava moscio dietro il suo culetto, non gli tirava come al solito, vedevo le sue palle che ciondolavano fra i suoi peli biondi.
- “ Lo so che tu non puoi sborrare ma succhialo a me dai…” - gli ho detto.
Da dietro gli ho preso le palle nel palmo della mano per fargli venire voglia, erano dure come biglie perché il suo fratellone non lo faceva sborrare da qualche giorno per punizione, nemmeno una seghina davanti a lui...
- “No dai…lo sai che non posso altrimenti mi picchia” - , mi ha risposto Santo. Intanto iniziava a uscirgli dalla cappella un po’ di liquido trasparente, quello che goccia fuori dalla cappella prima di sborrare. Aveva il cazzino duro e la cappella tutta rossa.
- “Va bene Santo, ti prometto che tu non sborri! Succhiamelo però, dai…” -, gli ho detto io e mi sono messo davanti a lui che era inginocchiato. Gli ho appoggiato il pisello sulla faccia, glielo ho passato fra i capelli, sotto il suo nasino a patata. Santo ha aperto la bocca per succhiarmelo, io glielo ho passato appena sulle labbra.
- “ Cazzo mi hai fatto sborrare, lo sapevo!” -, ha urlato Santo, - “adesso le prendo da Gino!” - . Si è alzato e si è infilato i pantaloncini tutti sporchi di sborra. - “ Mamma mia quante ne prendo stasera! Non dovevi!” - e si è messo a piangere, poi è scappato fuori dal fienile.
Io sono rimasto lì col pisello che gocciava in mano, sono andato su e giù con la mano solo per tre volte e un getto di sborra è schizzato in mezzo alla paglia. Per la prima volta ho seguito il consiglio di Pinuccio e ho assaggiato il mio seme . Da ragazzini è così quando hai i coglioni sempre pieni e ti tira sempre. Questa era la vita di campagna.


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