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Gay & Bisex

Il professore


di Gigistella
11.06.2024    |    231    |    8 9.3
"Il prof mi incoraggiava a continuare oppure a fare più piano sempre con voce calma ma decisa e poi sempre con decisione ma mantenendo una certa delicatezza mi..."
Estate 1986, le radio passavano ininterrottamente papa don’t preach di Madonna, easy lady di Spagna e anche Samanta Fox spopolava con touche me, erano passati solamente pochi mesi dal disastro di Chernobyl ed in Messico si svolgevano i mondiali di calcio a cui l’Italia partecipava da campione in carica. Io avevo sedici anni, la spensieratezza della gioventù e una bellissima ragazza al mio fianco che dalla gita in Sicilia era diventata ufficialmente la mia ragazza.
C’era solamente un piccolissimo problema da risolvere, riparare la bocciatura in greco che mi avrebbe costretto a studiare e seguire lezioni private in prospettiva dell’appello di settembre.
Il professor Mazzi (nome di fantasia) era uno stimato insegnante in pensione che si portava dietro una fama accademica di gran profilo ma anche un paio di divorzi alle spalle ed una risaputa passione per feste e festini vari. Nella sua villetta vista mare passavano con disinvoltura poeti in erba, scrittori affermati, prostitute di alto e basso bordo, musicisti scapestrati, gigolò e travestiti, ragazzi bisex o drammaturghi in cerca di scritture, attori di teatro e di vita. Tra una lettura di poesie ed un concertino sinfonico il professore non disdegnava una più prosaica orgia e soprattutto non si preoccupava minimamente se nel corso della stessa si abbandonava tra le braccia di una bella signora o di un aitante ragazzotto.
A lui fu affidato il compito di accompagnarmi nel percorso di riparazione tra versioni e letteratura greca.
Quando suonai al cancello della sua villa avevo in mente solamente Donatella e il tempo da passare con lei e nessuna intenzione di ascoltare lezioni di greco antico. Il professore mi accolse con una stretta di mano e mi fece accomodare in giardino dove, disse, si stava più riparati dalla canicola di quel giorno. Il completino bianco da tennis Ellesse non si addiceva proprio al suo fisico imbolsito, la polo sbottonata metteva in risalto una pancia più da frequentatore di birrerie che di campi in terra battuta, il pantaloncino attillato, però, turbò i miei pensieri e creò un certo imbarazzo misto ad eccitazione. Avevo già sperimentato questa sensazione di eccitazione e vergogna allo stesso tempo quando dopo gli allenamenti di calcio rimanevo a guardare, estasiato, il cazzo del mio amico Roberto e poi, a casa, mi masturbavo ripensando alla scena. Una sensazione che avevo sempre combattuto e cercato di scacciare dalla mia mente che, però, puntualmente si riproponeva. Così, la vista del cazzo del professore che spingeva prepotentemente sul pantaloncino mi mandò in tilt, passai la gran parte del tempo a guardare quell’enorme membro immaginando di averlo tra le mani e non solo. Le parole del prof erano suoni confusi di cui non afferravo il senso. Ovviamente lui se ne accorse e facendo ricorso alla sua abilità oratoria iniziò a narrare dell’antica Grecia e del fatto che era in quell’epoca del tutto normale per un insegnante avere rapporti intimi con un fanciullo suo studente e citò innumerevoli esempi riportati sui libri di storia classica. Fece questa sua lezione a mo’ di arringa alzandosi e gesticolando finché non si posizionò a qualche centimetro da me che ero seduto e spinse il suo bacino ad un palmo dal mio naso. Avevo il suo cazzo a portata di bocca, così vicino che quasi ne percepivo l’odore, il rossore del mio viso fu camuffato dall’abbronzatura ma nulla potei per nascondere l’erezione del mio pisello che non sfuggì di certo all’occhio del prof.
Con una certa nonchalance il professore mi posò una mano sulla testa e me la spinse verso di sé nel mentre aveva fatto scivolare i pantaloncini lungo le sue gambe e l’assenza di mutande aveva fatto uscire in tutta la sua maestosità quella enorme nerchia. Io, come fosse del tutto normale presi il suo cazzo con le mani e lo iniziai a leccare, succhiare, baciare ormai completamente in trance.
Il prof mi incoraggiava a continuare oppure a fare più piano sempre con voce calma ma decisa e poi sempre con decisione ma mantenendo una certa delicatezza mi fece mettere a pecorina sull’erbetta fresca del suo giardino, prese dal lavandino lì vicino una saponetta la strofinò sulle mani con un po’ d’acqua e poi se la passò lungo il suo cazzone come se si stesse lavando, prese ancora un po’ di sapone e sempre strofinandolo sulle mani inizio a massaggiare il mio buchetto con calma e maestria tanto che piano piano lo sentii allargarsi, infilò un dito, poi un altro e mentre andava sempre più in profondità cercava di rotearli senza farmi male, io mi stavo masturbando con una tale foga che dovetti stopparmi bruscamente per non venire. Le dita si ritrassero dal mio sfintere e la grossa cappella prese il loro posto, fece un paio di volte su e giù sfregandosi nel solco del mio culo e per poi puntare decisa dentro il buco. Con lentezza studiata e movimenti delicati piano piano quell’asta entrava dentro di me fino a che sentii il suo pube toccare sulle chiappe. Sentivo il culo allargarsi spropositatamente e l’intestino pieno, nonostante quel grosso uccello mi avesse impalato quasi tenendomi bloccato, accompagnavo i movimenti del suo bacino con il mio culo, era una situazione di godimento puro che però mi procurava anche un enorme disagio ed imbarazzo.
Stanco e sudato il professore lo tirò fuori mi invitò con gesti decisi a girarmi ed abbassarmi e riversò tutto il suo piacere nella mia bocca, mi sorpresi a bere tutto ed a cercare tra le sue dita e le sue gambe ogni goccia di sperma sfuggita alle mie labbra. Con estremo imbarazzo mi rivestii, raccolsi libro e quaderno e scappai letteralmente da quella casa, in lontananza sentii solamente le parole del professore che con il sorriso di chi ha visto tanto nella vita mi diceva “adesso fuggi ma presto tornerai da me strisciando…non mi scappi…”.
Tornai a casa di corsa e mi fiondai dentro la doccia, volevo togliermi tutto lo sporco di quelle ore passate a casa del professore, l’afrore del suo sudore, il sapore del suo cazzo, il gusto salato del suo sperma, avrei voluto che quella doccia cancellasse tutto ciò che avevo fatto in balia del prof.
I miei tormenti trovarono rifugio tra le morbide labbra di Donatella ed il profumo della sua pelle delicata di donna in fiore, però le parole del professore rimbombavano ancora nella mia mente
“adesso fuggi ma presto tornerai da me strisciando…non mi scappi…”.
Beh, aveva ragione lui, ma questa è un’altra storia

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