Gay & Bisex
Confessioni prime di un frocetto

07.03.2025 |
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"Non sognavo ragazzi imberbi della mia età, ma uomini maturi ed esperti che mi usassero per il loro e il mio piacere..."
Quello che sto per raccontare non è frutto di fantasia, ma è la pura verità, forse soltanto un po’ distorta nella memoria dalla nebbiosità del tempo. I primi approcci cominciarono già verso la terza media, e dato che io andavo bene a scuola un compagno di classe mi chiese se poteva venire a fare i compiti con me. Ci chiudevamo nella mia cameretta per fare le lezioni e poi salivamo e ci chiudevamo in una terrazza illuminata dal sole e nascosta da ogni possibile sguardo indiscreto. A un certo punto il mio compagno si distende sul pavimento riscaldato, si cala i pantaloni e liberando l’uccello inizia a masturbarsi. Ci guardiamo sbigottiti, allora lui si ferma e io mi avvicino lentamente. Con un po’ di timore gli carezzò l’uccello, lui torna a stendersi e io gli faccio una sega fino a sentirmi in mano un poco di sborra adolescenziale. Non ci diciamo niente, ma lui sorride, come a dire che gli è piaciuto il lavoretto. Anche a me era piaciuto tenere in mano il suo caldo pisello, e la sera e i giorni successivi ci ripensavo con compiacenza. Questo nostro giochetto andò avanti per un paio di mesi, una o due volte la settimana, anche se nel frattempo un altro compagno veniva a studiare con me, e subito, appena chiusa la porta della terrazza mi mise in mano l’uccello per farselo menare. Probabilmente aveva avuto delle confidenze dal primo compagno, ma a me andava bene lo stesso, anche se il suo uccello era più piccolo del primo. Il primo aveva un uccello già grande per la sua età, e dava soddisfazione e calore tenerlo in mano e farlo scorrere su e giù. Non andammo mai oltre la semplice sega e la cosa finì lì. Un’estate di qualche anno dopo, mentre ero disteso sulla sabbia e i miei amici giocavano a pallavolo in mare, vidi passare una coppia di bagnanti con costumi ridottissimi. Lei aveva le poppe che quasi uscivano dal reggiseno e tra le chiappe un filo di perizoma che praticamente le metteva interamente in mostra. Ma quello che fulminò la mia immaginazione fu lui. Camminava lentamente con uno piccolo slip, dentro il quale un grosso pacco oscillava a ogni passo. Quella visione mi ha tormentato per mesi, con me che fantasticavo di tendergli la mano, farlo stendere accanto a me, carezzargli il pacco, liberarlo dallo slip e tuffarmi su quel cazzo che immaginavo grosso e liscio. Succhiarglielo fino quasi al suo godimento, quando lui mi faceva piegare alla pecorina e con dolcezza me lo spingeva dentro il culo, scopandomi con tenera passione e con affondi che mi facevano ululare di passione, fino a esplodermi dentro la sua calda sborra. Oh, quante seghette ho dedicato a questo pensiero! Purtroppo mai realizzato. Gli anni passavano con me che studiavo e fantasticavo con sensi di colpa e però guardando cazzi sui giornalini porno. Due estati dopo, sempre al mare insieme con i miei amici, dopo aver fatto il bagno ci stendemmo a prendere il sole. Un mio amico, con tendenze simile alle mie, tanto che in seguito facemmo porcate insieme – ma questa è un altro storia -, si sdraiò sopra di me che ero disteso a pancia in giù, quasi appisolato al calore del pomeriggio. Spinse più volte il bacino contro le mie natiche per farmi sentire la sua erezione, e poi scappò via ridendo. Per lui sarà anche stato uno scherzo, ma per me fu una folgorazione. Pur attraverso la stoffa dei nostri costumi sentii un cazzo duro che premeva e strusciava tra le mie chiappe, e le mie uniche sensazioni furono di desiderio e di accogliere a fondo quel cazzo. La sera non riuscivo a pensare ad altro e giunsi alla conclusione che quella sensazione mi era piaciuta troppo e che un cazzo duro tra le chiappe io volevo sentirlo ancora. Dopo tanto rimuginare sulla mia sessualità, e dopo quanto sopra descritto, dovetti ammettere a me stesso di essere un frocetto, una femminuccia a cui piaceva tanto il cazzo. Ma come fare a vivere da frocio in un piccolo paese dove certi tabù sono ancora lungi dall’essere superati? Allora cominciai a vivere i miei piaceri nel segreto della mia casa. Cominciai con piccoli oggetti, pian piano sempre più grandi, che m’infilavo su per il culo e che però mi procuravano più dolore che piacere. Provai con delle zucchine che ricoprivo con un preservativo e alla fine giunsi a una carota con forma fallica di medie dimensioni. Mi accorsi che andava meglio usando un olio lubrificante, poi la tenevo dentro per qualche istante e lentamente iniziavo a muoverla avanti e indietro. Un po’ dentro e un po’ fuori e poi fino in fondo, allora cominciai a sentire un calore all’inguine e un piacere che cresceva fino a diventare puro godimento, e gemevo e sborravo senza neanche toccarmi la pisella. Il mio amico in spiaggia mi aveva indicato la strada, e io ci avevo un po’ lavorato per raggiungere la meta, ma ora ne ero certo: è proprio bello prenderlo nel culo. Mi mancava però di provare un cazzo vero di un uomo che ti sbatte, e qui tutte le mie fantasie si bloccavano perché non avevo il coraggio di tentare approcci nel paese. Non sognavo ragazzi imberbi della mia età, ma uomini maturi ed esperti che mi usassero per il loro e il mio piacere. Così l’estate successiva, mentre passeggiavo sul lungomare con i miei capelli lunghi e una borsa a tracolla, un turista da un’auto sportiva accosta e mi saluta calorosamente. Io ricambio cordialmente il saluto, ma lui deve muoversi perché con la macchina intralcia il traffico. Poco più avanti, in uno slargo, lo ritrovo in piedi appoggiato alla sua macchina che mi stava aspettando. Mi chiede se può offrirmi da bere, ma io rispondo che è meglio uscire dal paese, avendo già intuito quali fossero le sue intenzioni. Facciamo così un giro lungo, di parecchi chilometri, intorno la costiera. Durante il tragitto parliamo per fare un po’ di conoscenza e mi dice che è sposato e che è in vacanza. Io, per stuzzicarlo un po’, gli chiedo se sua moglie lo sa che la sera va in giro per abbordare ragazzi, lui sorride, mi mette una mano sulla coscia, e mi risponde che la moglie non sa nulla dei suoi segreti. Continua a carezzarmi una coscia e io lo guardo sorridendo. Ha i capelli ricci e scuri, un filo di barba e dei baffetti e un profumo inebriante che sa di costoso. Lui mi palpeggia la coscia e non si decide mai ad arrivare al centro, allora io ripensando a tutte le mie fantasie decido di sciogliermi. Mi avvicino a lui e gli metto la mano aperta sulla patta per carezzargli il cazzo. Lui mi guarda e sta per dire qualcosa, e io mettendogli un dito sulla bocca lo prego di lasciarmi fare. Con la mano destra gli apro la cerniera dei pantaloni e vado in cerca del suo cazzo. Lui mi dice di aspettare perché così rischiamo un incidente, allora mi contengo ma continuo a tenere la mano sinistra sul suo cazzo. Poco dopo si ferma sopra uno spiazzo su di una bassa scogliera. Intorno c’è silenzio e notte, la luna risplende sul mare sotto di noi. Appena spegne il motore si sfila i pantaloni e le mutande e sfila i pantaloni anche a me. Mentre sta per gettarsi sulla mia pisella io gli afferro il volto con due mani e lo bacio mettendogli la lingua in bocca. Lui ricambia sorpreso lo slinguamento ma poi si china per farmi un pompino. Il lavoro va per le lunghe, allora io gli carezzo la testa, il collo e gli dico che è bravo, mentre invece penso che fa un lavoro meccanico senza mostrare piacere nel succhiare un cazzo. Dopo tanto su e giù con la testa gli vengo in bocca e lui trattiene la sborra per poi sputarla fuori dal finestrino. Si distende comodo sul sedile e comincia a segarsi, allora io gli dico di lasciare fare a me. Gli carezzo le palle, gli lecco l’asta e poi la cappella, che è già bagnata di precum. Ha un cazzo lungo ma non tanto largo, ogni tanto lo spingo in gola e lui si abbandona a dei gemiti. Alzò gli occhi e vedo la luna che brilla in mezzo al cielo, allora capisco che quello è il momento giusto. Mi tolgo la maglietta e completamente nudo, camminando sulla ghiaia, mi porto dalla sua parte, apro la portiera e mi siedo cavalcioni su di lui. Lo bacio sulla bocca, sul collo e aspiro il suo afrore di uomo maturo. «Caro, che intenzioni hai?», mi sospira nell’orecchio. Credevo che un uomo esperto capisse certi desideri in certi momenti. Gli bacio l’orecchio e sussurrando gli dico che lo voglio nel culo, che lo voglio sentire tutto dentro il culo. «Oh caro ragazzo! Ma lo hai già fatto?». Gli ho risposto che mi sono allenato come potevo, lui ha sorriso e mi ha fatto piegare in avanti. Si è sputato sulle dita e mi ha titillato lo sfintere, poi ha messo un dito dentro e preso a farmi un ditalino. Io ho cominciato a gemere e a sospirare che mi piaceva ma che avevo voglia di un cazzo vero. Son tornato a sedermi cavalcioni su di lui ma non mi entrava tutto dentro. Lui allora ha tirato indietro più possibile il sedile e io mi sono messo per sedermi su di lui dandogli la schiena. Mi sono aperto le natiche con le mani e lentamente mi sono calato sul suo cazzo, quando ho sentito la cappella affacciarsi al mio culetto, mi sono fermato un attimo, volevo godermi quel momento. Poi mi sono lasciato andare e in un colpo l’ho sentito tutto dentro di me. Lui stava fermo con il bacino e continuava a chiedermi se sentissi male, allora ho preso le sue mani e me le sono strette al petto e l’ho implorato di scoparmi come una femminuccia. Ha iniziato a muoversi con il bacino e a dare dei colpetti in alto. Io seguivo il suo ritmo muovendomi su e giù, e capivo che più lo facevo più mi piaceva, tanto che ho iniziato a mugolare e non capire più cosa stessi dicendo. «Dio che bello un cazzo in culo! Dio come mi piace! Scopami! Fottimi! Dimmi che sono la tua femminuccia! Aprila tutta la tua femminuccia!». Nello stordimento di quel momento sentivo i suoi prolungati gemiti e lo schiocco delle mie chiappe sulle sue cosce quando scendevo per sentire fino in fondo il suo cazzo. Ero già venuto, ma in quell’estasi di sensazioni continuavo a godere. Eravamo talmente sudati che ci siamo quasi attaccati quando mi sono sporto all’indietro e ho sentito la sua cappella gonfiarsi dentro di me. «Sì amore mio, bel pisellone, sborrami dentro tutta la tua libidine! Fammi sentire una vera troia e sborrami nel culo!». Lui riversò il suo caldo seme dentro di me a più riprese, ansimando e farfugliando che ero il più bel frocio che avesse mai incontrato. Rimanemmo così diversi minuti, con la mia schiena attaccata al suo torace, prima di riprendere contatto con la realtà. Poi mi girai di nuovo cavalcioni su di lui, e mentre sentivo la sua sborra che mi colava dal buchetto aperto, lo baciai a fondo con la lingua, strusciando ogni tanto la mia guancia sulla sua barba. «Certo, che per essere anche tu un succhiacazzi mi hai scopata ben bene questa sera». Questa volta fu lui che mi baciò con passione. In uno slancio di vanità gli chiesi poi se fosse vero che ero un bel frocio e lui mi rispose che sì, era certamente vero, allora glielo feci ripetere diverse volte, mentre con la mano cercavo di rianimare il suo cazzo a riposo. Lui mi domandò se avessi voglia di ricominciare e allora in sincerità gli confidai che il culetto un poco mi bruciava, ma che volevo ringraziare il suo cazzo. Così mi chinai per prendergli in bocca il cazzo a riposo e ricoperto di sperma. Il suo cazzo diede qualche segno di ripresa e insieme scoppiammo a ridere. «E sì, sono proprio un bel frocetto se riesco a risvegliare il tuo cazzo a riposo».
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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