Gay & Bisex
A un passo da lui - Parte 1
di RagaRiserv87
20.03.2022 |
7.844 |
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"Era etero, indiscutibilmente..."
Non posso negare che uno dei motivi per cui accettai subito di prenderlo come coinquilino fu il suo aspetto fisico. Venne a vedere la casa in compagna del padre, un uomo distinto sulla cinquantina e, immediatamente, mi resi conto che avere quel ragazzo nella mia casa, poterlo osservare compiere gesti di routine quotidiana, magari immaginarlo in accappatoio, fresco di doccia, avrebbe ravvivato in maniera piuttosto eccitante la mia monotona vita da modesto impiegatuccio milanese.
Avevo trentacinque anni e, oltre a uno stupido lavoro che non mi dava alcuna soddisfazione, possedevo quella casa. Un’eredità, nel pieno centro della città, che mi consentiva, oltre a un’indipendenza dalla famiglia medio borghese in cui ero nato e che, per motivi di lavoro, vedevo ben poco, anche un’entrata extra grazie alla possibilità di affittare la stanza degli ospiti a qualche studente di turno, che avrebbe pagato una cifra ben al di sopra delle sue possibilità pur di vivere a pochi passi dal Duomo.
Erano cinque anni che, grazie a quell’escamotage, arrotondavo il mio stipendio, ma mai nessuno, tra le persone che si erano avvicendate nel corso del tempo, mi aveva provocato un brivido lungo la schiena come stava facendo Matteo in quel momento. Fu per quello che, probabilmente, al momento di dirgli il prezzo del canone di affitto, abbassai la cifra richiesta di un centinaio di euro, rendendo l’abitare insieme a me un’occasione che nessuno studente universitario e nessun genitore al mondo avrebbero potuto rifiutare.
E così l’affare andò in porto, il contratto fu firmato e, due settimane dopo, quel giovane ventenne si trasferì stabilmente a casa mia. Lo guardai, mentre sistemava i primi scatoloni, e non potei fare a meno di congratularmi con me stesso per la lungimiranza che avevo avuto nello sceglierlo. Quel giorno indossava dei Jeans stinti mom fit, un paio di Nike bianche, e una t-shirt nera aderente che gli metteva in evidenza la muscolatura tonica ma non eccessiva del corpo.
«Hai bisogno di qualcosa?» gli chiesi, facendo capolino nella stanza.
Matteo sollevo lo sguardo, fissandomi con due penetranti occhi nocciola.
«No, grazie, me la cavo da solo, non voglio crearti disturbo».
La sua voce era insolitamente profonda per un ragazzo così giovane. Sembrò entrarmi dentro, facendo vibrare la mia cassa toracica.
«Nessun problema» risposi «facciamo così, ti preparo un caffè, che ne dici?»
Mi sorrise, mostrando una lunga fila di denti bianchi e perfetti. Una fossetta gli si disegnò sul lato destro del viso, in corrispondenza del punto in cui il suo sorriso si era aperto in maniera più ampia, rendendo la sua espressione ancora più seducente. Provai a immaginare quante ragazze riuscisse a far cadere ai suoi piedi con quel visetto indisponente che si ritrovava.
«Sì, un caffè sarebbe molto gradito, in effetti».
«Bene, allora te lo preparo subito».
Restai qualche altro secondo a guardarlo prima di spostarmi in cucina. Era alto circa un metro e ottanta, forse poco più, aveva la pelle olivastra e inconfondibili origini calabresi. Capelli scuri tagliati corti, un tatuaggio che gli copriva interamente il braccio destro e che quasi stonava con l’aria da bravo ragazzo che pareva avere; due gambe toniche che mi sarebbe piaciuto prendere a morsi. E poi quel viso. Incarnava esattamente il prototipo del mio ragazzo ideale: occhi scuri e profondi, labbra carnose e un naso dritto e regolare che lo faceva decisamente maschio.
Mi allontanai di scatto.
Non volevo che si accorgesse delle mie attenzioni.
Dovevo entrare in sintonia con lui, conquistarlo con la mia gentilezza e la mia simpatia prima di potermi permettere di osservarlo senza che i miei sguardi gli risultassero equivoci, provocatori. Ero molto bravo in questo: avevo un carattere estremamente spigliato, di me dicevano che sapevo mettere a proprio agio le persone, e forse era per quello che mi occupavo di pubbliche relazioni nella ditta per cui lavoravo.
Nelle settimane che seguirono mi impegnai duramente affinché, tra me e Matteo, si instaurasse quel clima di fiducia e di cameratismo che mi avrebbe permesso di godere in maniera più libera della sua presenza. Imparai a conoscere le sue abitudini, a farmi un’idea delle sue attività. La mattina si alzava presto, prima di me, e andava all’università a seguire i corsi. La sera, quando tornavo dal lavoro, era chiuso nella sua stanza, a studiare, tranne i giorni della settimana in cui andava a giocare a basket in una squadra locale che aveva trovato prima di trasferirsi in città.
Non lo avevo mai visto con una ragazza, non ancora almeno. Né, mio malgrado, ero riuscito a beccarlo nudo all’uscita dal bagno o in camera sua. Il massimo che ero riuscito a scorgere erano stati i suoi pettorali torniti mentre si cambiava la t-shirt o i muscoli delle sue gambe quando girava in pantaloncini.
Mi ero masturbato più volte pensando a lui, immaginando il contatto con il suo corpo, l’odore della sua pelle. Era un ragazzo abbastanza schivo ma, dovevo ammetterlo, col mio carattere ero riuscito a conquistare la sua simpatia e più volte eravamo rimasti a chiacchierare mentre fumavamo una sigaretta prima di andare a dormire.
Mi era difficile concentrarmi quando ero in sua presenza. Il mio sguardo non faceva che ricadere sul suo tatuaggio, su quel braccio muscoloso che avrei voluto percorrere interamente con la lingua, e poi più in basso, fino al bozzo che intravedevo dai pantaloni della tuta. Ma non volevo pensarci. Non potevo. Non senza che la mia evidente erezione avrebbe rivelato a Matteo la natura di quegli sguardi, di quelle attenzioni.
Quella sera, quando tornai dal lavoro, lo trovai sul divano che guardava la televisione. Per poco non svenni alla vista di quel giovane toro che mi ritrovavo in casa. Indossava una canottiera bianca, modello vogatore, che lasciava intravedere un capezzolo rosa scuro. Immaginai le mie dita percorrere quella collinetta di piacere, mordicchiarla avidamente con la lingua. Abbassai lo sguardo e osservai i suoi piedi nudi, dall’arco pronunciato e dalle dita simmetriche e perfettamente cesellate.
Cazzo, quanto mi piacevano i suoi piedi.
Li avevo intravisti altre volte, mentre camminava in pantofole per casa, ma mai come quella sera avevo avuto l’opportunità di osservarli da vicino, di studiarli. Mi sedetti accanto a lui con una scusa, iniziando a parlare del più e del meno. Immaginai l’odore maschio che dovevano avere, visualizzai la mia lingua passare tra quelle dita perfette succhiandole a una a una. Osservai il dorso, così liscio, così dannatamente perfetto.
Con una scusa mi alzai, allontanandomi da lui, e lanciai uno sguardo alla pianta, più chiara rispetto al colore della sua pelle, e all’apparenza decisamente morbida. Cazzo, dovevo smetterla.
Mi chiusi in bagno, avevo assolutamente bisogno di spararmi una sega.
Forse, in fondo, avevo sbagliato a sceglierlo come coinquilino.
Era etero, indiscutibilmente.
Mi aveva accennato più volte al fatto che gli piacessero le donne, con qualche commento volgare su una tipa con cui si era visto o parlandomi di qualche ragazza che aveva frequentato in passato. Non avrei mai potuto ottenere nulla da lui, se non il fatto di avere il mio cazzo sempre in tiro, senza la possibilità di dare spazio alle fantasie che mi tenevano sveglio giorno e notte.
Non che avessi una vita sessuale insoddisfacente.
Avevo scopato, qualche giorno prima, con un ragazzo conosciuto su Grindr. Ero stato a casa sua, ma era stato il solito sesso mordi e fuggi, privo di passione, senza alcuna emozione. Tutto ciò che ero riuscito a fare, mentre godevo, era stato immaginare il viso di Matteo, il suo cazzo giovane penetrarmi lentamente, e poi sempre più forte, fino a farmi scoppiare di piacere.
Mi sedetti sul water e tirai fuori il cazzo. La cappella mi pulsava dall’eccitazione. Cominciai a masturbarmi lentamente e fu allora che me ne accorsi. Il mio cuore perse un battito: quelle abbandonate in un angolo erano le sue scarpe, con ancora dentro i calzini. Non succedeva mai che dimenticasse qualcosa in giro per la casa, era un tipo molto preciso, ma quella sera il fato era stato molto generoso con me.
Mi avvicinai, quasi tremando, a quel paio di Stan Smith, afferrai uno dei calzini, me lo portai al naso e inspirai, per la prima volta, l’odore maschio di Matteo.
Dio.
Era un odore leggero, non troppo pronunciato, ma decisamente afrodisiaco. Mi sedetti nuovamente e, con quel pezzo di stoffa saldamente incollato alla mia faccia, ricominciai a segarmi, dando colpi sempre più forti al mio cazzo, inebriato dai suoi umori, inebriato da lui.
Venni copiosamente, senza controllo, imbrattandomi i pantaloni e schizzando qualche goccia sul pavimento. Porca puttana. Erano mesi che non avevo un orgasmo così intenso e se solo la presenza di quel feticcio era riuscita a farmi godere in quel modo non osavo immaginare avere il suo corpo a mia disposizione cosa avrebbe potuto farmi provare. Sarei morto di crepacuore, probabilmente.
Ero perso tra quei pensieri quando sentii la porta aprirsi. Cazzo, avevo dimenticato di chiuderla a chiave.
«Manu, ne hai ancora per molto? Dovrei…» le parole gli si spensero sulla bocca.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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