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L'amica dominante


di HAL9000
14.06.2024    |    268    |    4 8.0
"Un invito irresistibile che non lasciai cadere..."
a Cristina

Ti devo dire una cosa però e voglio essere chiara. A me piace dominare. Parlavamo già da qualche giorno e, messaggio dopo messaggio, mi rendevo conto di aver ormai superato brillantemente quella sottilissima linea che nella chat con una singola del sito demarca l'area della fiducia da quella che porta dritto al popolatissimo cimitero dei singoli. Rimasi qualche secondo sospeso e nel mentre i miei pensieri volarono su questa inusuale idea della dominazione. Per carità! Siamo qui e ci sta, ma l'idea che tutto a un tratto ne potessi fare parte anch'io mi spiazzò completamente.
Non l'ho mai fatto - le risposi infine - ma la cosa mi intriga. Ed era vero. Non una cosa detta così tanto per restare in partita, ma una risposta sincera, come se quella sua predisposizione avesse stimolato un mio interesse recondito e mai concretamente esplorato, né tantomeno immaginato. Al punto che mentre continuavamo a parlare, ormai d'altro, parallelamente mi vedevo a letto, nudo e in balia di questa donna con tacchi alti e tailleur nero intenta a godere di me, a maltrattarmi, a sbeffeggiarmi e persino umiliarmi. Così vagheggiavo quando all’improvviso mi scrisse: Ho anche la frusta sai? Questa poi. La prima cosa che mi venne in mente fu una scena dell’Armata Brancaleone, quella in cui lui si imbatte in una femmina provocante che, negli antri nascosti di un castello, lo invita a spogliarsi e poi, mentre lui si cala i pantaloni, lei da dietro lo piglia a frustate. Ma questa immagine tragicomica svanì presto di fronte alla paura che, sul serio, mi sarei potuto trovare, magari solo tra qualche giorno, davanti - o peggio - di dietro a questa tipa che mi avrebbe accolto schioccando in terra la frusta, pronta a sferzarmi le natiche. Cosa le dirò? Scherzavo dai, mica vorrai veramente frustarmi! E se lei invece lo facesse sul serio? Mi eccita – le risposi invece. Ma stavolta non ero poi così convinto. Forse sarà pure una cosa da provare una volta nella vita, ma non adesso, meglio più in là.
Era con tutti questi pensieri dentro che lasciai l'auto al parcheggio e mi diressi col cuore in gola all'appuntamento. Il luogo scelto era un bar del litorale romano, giorno lavorativo in pieno inverno, dieci di mattina. Il mare d’inverno è sempre un concetto che il pensiero non considera, un po’ come questa strana situazione in cui – pensavo – mi stavo cacciando. Arrivai e notai una signora elegante sulla quarantina seduta a un tavolino in veranda. Al mio arrivo, mi volse lo sguardo, ci scambiammo un cenno d'intesa e la raggiunsi. Mentre percorrevo la sala vuota osservai come mi stesse scrutando ad ogni passo. Stetti al gioco e la lasciai fare. Poi, appena giunto davanti a lei mi misi sull'attenti, sbattei i tacchi e come un appuntato dei carabinieri le prime parole che le dissi furono: Comandi! Mi guardò quasi esterrefatta e scoppiò a ridere. A quel punto assunsi una posa più umana e normale, le posi la mano e mi presentai. La conversazione scivolò leggera e piacevole. Da bravo seduttore, mostrai interesse per le cose che diceva, che oltretutto trovai seriamente interessanti. Mi piacciono gli uomini con le scarpe inglesi – mi disse all’improvviso, e la cosa mi gratificò molto. Le sorrisi, mi sorrise e decidemmo di andare. Facciamo due passi in spiaggia? Mi disse. Non ho le scarpe adatte – le risposi con un sorriso malandrino. Mi sorrise e disse: allora andiamo da me. Arrivammo in pochi minuti a casa sua, entrammo e posai la giacca su un tavolo. Dentro era un gran casino e lei, come a scusarsi, disse che era una casa che stava liberando per ristrutturarla. Le dissi che non era un problema ma un po’ mentii perché sono un inguaribile esteta e i posti brutti mi danno fastidio. Lei si accese una sigaretta e la seguii in veranda. Ne accesi una anch’io ma dopo un paio di tiri che consumammo in silenzio guardandoci negli occhi lei si avvicinò e mi baciò prepotentemente. Andammo in camera e ci spogliammo in fretta. Mi adagiai sul letto aspettando che finisse, poi si distese accanto a me e cominciò a baciarmi. Il cazzo mi era diventato durissimo e lei lo prese in mano e mentre mi baciava mi segava con irruenza. Poi mi lasciò e sollevandosi con le ginocchia mi appoggiò la fica sulla faccia. Leccami, leccami bene e senti com’è bagnata – mi disse. Sdraiato di schiena e immobilizzato, praticamente riuscivo a muovere solo la lingua. Feci come un gesto per spostarla e portare una mano per toccarla ma mi fermò. Adesso voglio che mi lecchi e basta – disse spingendo la fica contro il mio viso e agitando il bacino come a strusciare le labbra umide sulla lingua e sul mio naso. Ero eccitatissimo e mi stavo massaggiando il cazzo. Lei lo notò, e senza interrompere la sua energica cavalcata mi prese la mano e l’allontanò, lasciandomi a cazzo dritto lì steso sul letto. Quasi non respiravo ma ero tremendamente eccitato nel sentirmi addosso la sua veemenza, non riuscivo letteralmente a staccare la bocca dalle sue labbra che ormai erano umidissime e mi riversavano sulle guance e sul mento tutti i suoi umori. Alla fine si staccò, indietreggiò un po’ e mi salì sopra. Con le mani appoggiate sul petto e le ginocchia piegate su sé stesse iniziò a scoparmi con vigore, pompandomi su e giù con movimenti ritmati e decisi. Una macchina, pensai, una macchina del sesso e del piacere, e nel mentre rispondevo alla sua cavalcata spingendo in alto col bacino. Tra di noi sguardi intensi e potenti. Ti piace come ti scopo, eh porco? Ti piace, lo sento, lo sento da quanto è duro. Lo voglio ancora. Poi scese e si adagiò sul letto infilandomi un braccio sotto alla schiena come a invitarmi a salire su di lei. L’avrei fatto comunque, ma la cosa mi eccitò molto e accolsi questo invito come una risposta a un suo desiderio, come a dire – se me lo chiedi tu allora! Iniziai a scoparla e lei non perse tempo. Mi appoggiò entrambe le mani sul culo e iniziò a spingermi verso di lei come a forzarmi il movimento. Scopami! Dai cazzo, scopami più forte! Sentirmelo dire mi eccitava da matti e mi dava un po’ la sensazione di essermi trasformato in una specie di oggetto sessuale nelle sue mani, come se mi stesse usando per il suo piacere senza curarsi del mio. In realtà, godevo tantissimo e lei lo percepiva bene. Poi iniziò a schiaffeggiarmi sul sedere e a graffiarmi sulle spalle. Sembrava come indemoniata e questa sua energia non faceva che accrescere a dismisura la mia eccitazione e il mio piacere. Ebbe un orgasmo fortissimo, urlò, mi strinse forte e mi baciò intensamente. Io rimasi ancora dentro di lei per un po’, scivolando dolcemente nella sua fica madida. Poi mi distesi accanto a lei e ci guardammo intensamente per qualche attimo eterno. Poi, sempre fissandomi dritto negli occhi, mi disse una cosa che mi gratificò molto. Continuavo ad essere eccitatissimo, sentendomi tuttavia un po’ stretto nel ruolo che avevo interpretato finora. Per carità non che mi fosse dispiaciuto, ma in fin dei conti non lo sentivo mio. Fu così che dopo un bacio appassionato mi staccai all’improvviso dalla sua bocca e inizia a baciarle la fica. Avvertii subito un suo risveglio. Con le mani mi accarezzava i capelli, ma adesso senza stringerli o spingermi la testa in su e in giù. Era dolce, come appagata ormai per tutto il piacere che si era presa. Io no, non ancora completamente almeno. La sollevai piegandole le ginocchia e finalmente mi trovai davanti al suo culo. Strana sensazione fare una così bella scoperta solo a questo punto della storia. Ma si sa, le donne dominanti usano stare sopra! La penetrai e inizia a pomparla. I sensi le si risvegliarono immediatamente. Iniziò a dimenarsi, prima venendo incontro con forza ai miei movimenti, poi scuotendo la testa come in una danza ipnotica e liberando nell’aria i capelli. Un invito irresistibile che non lasciai cadere. Fu così che le afferrai un ciuffo con una mano tirandole indietro la testa. Con l’altra un gesto ancora più ardito e scostumato. Partì uno schiaffo deciso sul culo a cui seguì un forte gemito di piacere. Il segnale era inequivocabile: la signora dominante sembrava apprezzare moltissimo questa nuova prospettiva che le stavo offrendo. Forse era tutto frutto di quel gioco mentale che in parte avevo sperimentato poc’anzi di sentirsi adesso me che dominavo, così come prima io lei. O forse le piaceva e basta. La possedetti ancora a lungo, perdendo attimo dopo attimo ogni remora rispetto ai ruoli con cui avevamo costruito il nostro rapporto, lì nel letto e nei giorni prima in chat. Era completamente sottomessa a me e sentivo come una liberazione il riaffermarsi della mia indole. Venni copiosamente, mentre la sua natica destra era ormai rossa paonazza, non meno delle sue guance e del suo viso sconvolto dal piacere. Ero tornato in me e forse lei in sé, io non proprio sottomesso e forse lei non proprio dominante. Frusta compresa, che fortunatamente era rimasta nel cassetto o che magari non c’era mai stata.
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