Lui & Lei
Sherazade va dal meccanico
di Alternos
23.05.2022 |
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"Ma potrebbe essere anche il signor Manzoni, tanto caro, che ti fa sempre regali..."
Era un classico. Baciavo il collo di Marianna e chiedevo. Leccavo i suoi capezzoli turgidi e chiedevo. Raggiungevo la figa mai sazia, ne schiudevo le carnose ali di farfalla e la penetravo con le dita. Nel frattempo continuavo a chiedere, dominato dalla solita, incessante, morbosità, potente molla della mia eccitazione. Come sempre, lei finiva per accontentarmi, anche se un po' me lo faceva sospirare."Ormai sai già tutto. Ti ho raccontato tutto."
"Tutto tutto no. E lo sai. Ci sono ancora due storie che mi devi raccontare."
Cercavo di essere suadente, ma la voce era roca, anche se il tono finiva per diventare quello del bambino che chiede la nutella alla mamma. Per essere ancor più convincente mi strusciavo col cazzo duro, introducevo un secondo dito dentro di lei: la farfalla si era trasformata in una tropicale pianta carnivora, pronta a divorare tutto. Ma io il cazzo glielo strusciavo e basta, prima doveva iniziare a raccontare. Tu mi fai sospirare le tue storie? E io ti faccio sospirare il cazzo, il duro bastone che, ormai fradicia, desideri più di tutto, per farti squassare dentro, per farti venire gli occhi rovesciati, per farti schizzare come una sorgente.
A quel punto potevo chiederle tutto, ma non quello. Sulle due storie inevase si irrigidiva. Di contro, io, ovviamente, desideravo ancor più morbosamente conoscerle. Dovevano assolutamente essere mie, mi opprimeva non saperle, in ogni loro dettaglio, dovevo impadronirmene. Ma non c'era verso. Neppure aver bevuto e fumato la scioglieva. Il riserbo sulle due questioni restava impenetrabile.
"Lo sai che non te le voglio raccontare. Queste due no, le tengo per me."
"Ma perché? Dai."
"Sarà la millesima volta. Perché mi vergogno. Basta, non dirò una parola di più."
"Dai, cosa ti costa? Abbiamo fatto 30, facciamo 31. Anche se il numero è ben più alto, puttanella."
"Ti ho già risposto. Non ti dirò niente. E non chiamarmi puttanella, mi piace di più gran puttana, troia, cagna."
"Va bene, cagna, allora. Però dai, raccontamele. Almeno una delle due, per questa volta. Cosa ti cambia? Dici che ti vergogni, ma non ci credo. Scusa, eh. Me ne hai raccontato mille... Di ogni colore... Cos'avranno di diverso queste, che non me le vuoi raccontare? Un motivo ci sarà."
"Basta, tanto non te le racconterò mai. Queste voglio tenerle per me. Private."
"Mi farai perdere la testa. Tanto i sospetti ce li ho. Il tuo caro amico e collega Salvatore, eppoi anche quel tuo amico di Roma, Stefano, l'artista della minchia. Ma potrebbe essere anche il signor Manzoni, tanto caro, che ti fa sempre regali. Dici che è vecchio, ma tu resusciti i morti. E poi chi altri? Sicuramente qualcuno che conosco. Se è così, il campo è ristretto, ti sei fatta sbattere dalla maggior parte dei tuoi conoscenti, puttana, ne restano fuori pochi. Com'è che ha detto anche quello stronzo di Luigi Puddu? Era abbastanza sbronzo, ma è stata una mancanza di rispetto, in mia presenza. Abbastanza significativa comunque: chi non se la chiaverebbe Marianna? Magari lui stesso allora, anche se tu dici di no. Tra l'altro ti sei fatta scopare anche da suo cognato. Sei proprio una gran zoccola."
"Basta adesso, tanto è inutile, non saprai niente. Né ora, né mai. Puoi farmi tutti i nomi che vuoi, non ti dirò né sì né no. Niente. Ma non ti puoi accontentare? Non te ne ho raccontato abbastanza? Praticamente ti ho detto tutto."
Non cedeva proprio e io ancor di più mi ci intestardivo. Ogni volta che potevo insistevo vanamente per conoscere queste trame nascoste, minacciose ed eccitanti allo stesso tempo. Immaginavo che le rivelazioni dovessero essere davvero sconvolgenti per tenerle così ferreamente segrete. Non mi restava che elucubrare sui maggiori sospettati e poi magari non era neppure uno di loro. Uffa.
"Allora, ti sei fermato? Mi vuoi mettere il broncio? Non lo senti come sono bagnata, la voglia che ho? Hai voglia di cazzo, puttana."
"Sì, ho voglia di cazzo e sono la tua puttana. Perché non mi infilzi?"
"Perché prima devi raccontarmi qualcosa. Eppoi adesso ho molta voglia di leccartela, la figa, e pure il culo."
"Fallo allora, dai. Mangiamela."
"E tu racconta."
"Cosa? Cosa vuoi che ti racconti?"
"Del meccanico. Del meccanico di Abbasanta."
Eh sì, dovevo accontentarmi, in un certo senso. I segreti restavano tali, incogniti, ma la mia morbosità continuava a divorarmi e di qualcosa doveva pur pascersi. Il meccanico di Abbasanta era un ottimo ripiego, era una delle sue storie di cagna che più mi eccitavano. mi dava i brividi anche ripensare alla sua storia col cagnaccio (così lo chiamavo), che se la inculava di brutto, ma la richiedevo più raramente, mi infastiva che fosse un compaesano e non volevo dargli troppa importanza. Pure la storia con i due musicisti della rock band nordica non era male. E altre ancora, di che scegliere ce n'era parecchio.
Inizialmente ne ero rimasto sconvolto. Non credevo fosse così. Prima di iniziare a frequentarla mi ero fatto tutta un'altra idea. D'altronde la mia ammirazione nei suoi confronti era di lunga data e non avendo modo di approfondire l'avevo idealizzata in un certo modo. Ingenuo. Era una gran figa, quando la guardavi non sapevi dove posare lo sguardo: capelli lunghi, occhi verdi, un sorriso che ti scioglieva come un ghiacchiolo in agosto, seno generoso e gambe meravigliose, ma per me, il top era il suo culo, che davvero aveva pochi pari nella mia pur lunga esperienza di estimatore. Sapevo che aveva avuto due fidanzati precedenti e che da anni era ormai single. Scambiavo la sua spontaneità e i suoi sorrisi aperti per candore. La vedevo a volte annoiata nella sua cricca di amici, in tanti la desideravano, quasi tutti, ma in paese non dava adito a pettegolezzi. Questo, se posso giustificare la mia ingenuità, aveva contribuito a farmela apparire assai più morigerata di quanto in realtà fosse, anzi l'esatto contrario. In particolare non avevo valutato il fatto che girasse tutta l'isola per lavoro.
"Sempre del meccanico di Abbasanta mi chiedi, il tuo preferito."
"Puttana, l'ultima volta mi avevi raccontato di quel tipo alla terme, il piemontese. Tutt'e due in giro per lavoro, avete unito l'utile al dilettevole. Chi lo direbbe che sei così cagna da farti sbattere dal primo sconosciuto che incontri. Così, al volo. Dopo due bicchieri bevuti al bancone del bar. Come col meccanico di Abbasanta, non hai perso tempo."
"Non è vero che scopo con tutti gli sconosciuti che incontro, altrimenti non farei altro, c'è la fila. Però ogni tanto bisogna anche divertirsi. Che male c'è? Tu piuttosto, perché mi chiedi sempre la storia del meccanico? Cosa ti eccita?"
"Che era brutto. Che aveva la pancia. Che odorava di officina. Che ti sei comportanta come una gran troia, per soddisfare le voglie della tua figa, famelica di cazzi, sbattendotene di tutto."
"Ah sì, è vero. Mangiamela allora."
"E tu nel mentre racconta. Dall'inizio e bene, con tutti i dettagli possibili."
Mi sono chinato sul suo fiore dei Tropici, la testa tra le sue cosce spalancate, di femmina spudorata. Adoro leccarle la figa, specie quando è così esposta e gonfia di umori, reclama il cazzo. Io invece la leccavo, ne suggevo le labbra aperte, operoso come un ape intenta a fare il più possibile incetta di polline. Con la punta della lingua indugiavo sul clitoride, come piace a lei, lavorandolo alla base e su fianchi, per farlo inturgidire. Non sono stato con le mani in mano, le ho cercato le tette, afferrandone prima una e poi l'altra, per strizzarne i capezzoli.
Non volendo appagare ancora la sua voglia di bastone duro, l'ho penetrata con le dita. Conosco il segreto per farla schizzare copiosamente, indirizzandole all'interno verso la parte anteriore e superiore della sua figa. Aumentando la frequenza al parossismo mi fa la doccia coi suoi umori. Quando lo faccio non capisce più niente e si farebbe scopare pure da un asino.
"Racconta però, cosa aspetti?"
"Ah sì, certo, è che me la stavo proprio godendo. Allora... Sì. Ero fuori per lavoro e stavo rientrando. Era fine mattinata. Contenta di aver finito così presto, per una volta. Invece, mentre ero all'altezza di Abbasanta, la macchina inizia a fare capricci. Così decido di entrare in paese per cercare un meccanico."
"E l'hai trovato, puttana."
"Sì, l'ho trovato, ma tu pensa a leccarmela."
Mi ha spinto la testa con decisione sulla sua figa spalancata, che ho ripreso a leccare con voluttà, bagnandomi il muso degli umori che ne grondavano. Lei ha ripreso il racconto.
"Ci lavorava insieme al padre, che forse era pure più arrapato. Mi mangiava con gli occhi quel vecchio porco. Mi sentivo i suoi sguardi impudici su tutto il corpo, indugiando sulle gambe, sulle tette, e sul culo naturalmente. E sembrava sempre sul punto di allungare le mani, ma doveva trattenersi. Al massimo mi ha accarezzato un braccio, forse anche per capire se ero vera. I modi erano quelli galanti del conquistatore, faceva ancora il galletto."
"E tu ne approfittavi per fare la troia."
"Io ero lì per farmi sistemare la macchina. Non volevo restare a piedi. Comunque sì, li capisco anche. Era estate e anche io non è che fossi vestita per andare a messa. Il meno possibile. Portavo una gonna in jeans, che più mini non si poteva. Non mi staccavano gli occhi di dosso, padre e figlio. In estasi. Per la commozione ho temuto che i loro occhi lacrimassero sperma. Non che mancassero le classiche immagini alle pareti, album e poster di ragazze poco o nulla vestite come ogni officina che si rispetti. Capisco che ogni tanto staccare gli occhi dal duro lavoro fa piacere, ma con una femmina in carne e ossa è tutta un'altra cosa."
"E poi com'è andata? Al padre non gliel'hai data, mi pare, ma al figlio sì."
"Sì, al figlio sì. Gliel'ho data e lui se l'è presa proprio bene."
Mi ha afferrato forte il cazzo, sentendolo gonfio e duro. Ha fatto andare la mano su e giù, per arrestarsi poco prima della cappella, stringendo così forte, da farla diventare paonazza. Ho deciso che non si doveva indugiare oltre, dovevo accontentarla. Mi sono disteso al suo fianco, e di fianco le ho alzato una gamba, penetrandola a fondo. Senza pietà. Oppure è stata la pianta carnivora a risucchiarmi dentro di sé.
"Continua."
"E tu fottimi. Mi fai godere."
"Sì, tu però continua a raccontare."
"La macchina non si poteva aggiustare subito, serviva tempo. Però il tempo per venire a prendere un caffè al bar insieme a me, quello lo ha trovato. Il figlio intendo, il padre non è venuto. Al bar abbiamo chiacchierato. Mi ha confessato che era sposato da pochi anni e che aveva due figli piccoli, un maschio e una femmina. Direi che è stato onesto, cercava anche di trattenersi dal buttare lo sguardo a tette e gambe, ma non gli riusciva tanto. Così anche a me è caduto lo sguardo al di sotto della prominenza della sua pancia, notando un discreto rigonfiamento della tuta. Niente male devo aver pensato. L'ho fatto mentre sorseggiava il suo caffè, eppure deve aver colto perfettamente la direzione del mio sguardo. Infatti si è tutto ringalluzzito, anche parecchio. Alla sbirciata successiva il rigonfiamento del pacco mi è sembrato più pronunciato ed evidente."
"Gli hai fatto capire ancora di più la troia affamata che sei. Stai sempre a guardare i pacchi alla gente."
"Mi cade l'occhio, lo sai. Anche se la persona non mi interessa molto, una sbirciata la do.
Tu però continua a scoparmi come stai facendo. Mi fai godere così. Mi piace molto."
"Insomma, dov'è che ti ha scopata? Dove ti ha portato a letto?"
"Mi sa che a letto assieme non siamo proprio mai stati. Lo abbiamo sempre fatto così. Dove capitava. Mi facevo prendere e via."
"Come i cani."
"Come cani. Infatti lui mi faceva sentire una cagna, pronta a tutto per farsi possedere. Anche se lui era brutto, anche se aveva la pancia. Sentivo la sua eccitazione animale. La vedevo nei suoi occhi porcini, che sembravano pronti a colare fiumi di sperma."
Ho preso a pomparla più forte, alzando il ritmo che interrompevo solo per affondi secchi e decisi che le strappavano rantoli di goduria. Per sbatterla con maggior potenza, le ho chiesto di mettersi di fianco pure lei, incollata a me. Subito ho preso a randellarla da dietro a tutta forza, ma non volevo che interrompesse la narrazione, così poco dopo ho rallentato la cadenza per darle modo di riprendere con più cognizione di causa.
"Allora, dove ti ha chiavato, troiona?"
"Nella sua officina. Ti ho detto che ci voleva tempo per aggiustare la macchina. Lui mi ha detto di andare tranquillamente a pranzare, mi ha anche consigliato la trattoria, e poi di prendermela comoda, che tanto prima del tardo pomeriggio non avrebbe terminato la riparazione. Così ho fatto. Quando sono tornata c'era solo lui in officina, il padre se n'era andato. La macchina aggiustata."
"Potevi pagare e andartene, puttana."
"Potevo sì. E anche se ci avevo fatto un pensierino ero pronta a farlo. Poi però, si è venuta a creare l'occasione ed è successo."
"Che occasione?"
"Che eravamo lì da soli nell'officina, dovevo pagare e ho pagato. Dovevo andarmene e invece..."
"Sei rimasta a farti montare."
"Sì."
"Che troia."
"Sì. Continua a scoparmi così, anche più forte. Mi stai scassando la figa."
"Poi che è successo, ti ha chiavato lì in mezzo alle macchine?"
"Macché. E se fosse arrivata gente? Bella figura! Per pagare mi ha fatto salire le scale fino al suo ufficio sopraelevato. Lui mi è venuto dietro. Non mi sembrava che stessi andando a saldare, ma piuttosto mi sentivo una puttana che porta il cliente nel suo alcova. Dietro lui si godeva lo spettacolo della mia ascesa. Lo immaginavo in preda a una potente erezione. Non mi sbagliavo."
Ho voluto cambiare posizione, per guardarla in faccia mentre la scopavo. Il racconto era giunto al punto focale e non volevo perdermi niente.
"Hai subito provveduto a verificare?"
"Cosa?"
"L'erezione del meccanico. Hai detto che non ti sbagliavi."
"No, cioè sì. Però prima ho pagato il conto."
"E poi?"
"E poi c'è stato un attimo di imbarazzo. Non so come spiegarlo. Come se dovesse succedere qualcosa di inevitabile da un momento all'altro o risolversi tutto in una bolla di sapone, tra pochi secondi avrei potuto essere in macchina, pronta a ripartire."
"E invece?"
"Ho allungato la mano per salutarlo, ma lui ha voluto abbracciarmi e mi ha tirato a sé.
Nel farlo una mano è finita sul mio culo."
"E tu?"
"E io mi sono ritrovata con la mano sul suo pacco. Non so se, nella concitazione, ce l'ha portata lui o se c'è andata da sola. Comunque sia, avevo ragione: ce l'aveva bello duro e al tatto sembrava essercene in abbondanza. Un istante dopo ce l'avevo in mano e potevo soppesarlo meglio. Non era molto lungo, ma parecchio spesso, con sotto due palle anche loro belle grosse. Avevo voglia di assaggiarlo, di sentirne il gusto in bocca. Mi sono inginocchiata e ho iniziato a leccargli le palle, mentre lo masturbavo. Poi sono passata all'asta e infine alla cappella, lucida e gonfia. Quando stavo finalmente per assaporarla, lui mi ha tirato indietro la testa e si è riappropriato del suo arnese, prendendo a sbattacchiarmelo sul viso, sulle labbra protese. Mi prendeva a schiaffi col suo cazzo, impedendomi di succhiarglielo."
Io seguitavo a scoparla, lei continuava il racconto, arricchendolo di gemiti e rantoli che giudicavo dovuti solo in parte alla mia attività e per il resto al piacere di raccontare quanto fosse zoccola. L'immaginazione ampificava la mia eccitazione, col solo rimpianto doloroso che quella scena avrei proprio voluto vederla di persona, con i miei occhi.
"E dopo che ti ha preso a schiaffi col cazzo?"
"Cercavo di prenderglielo in bocca e lui me lo sbatteva sulle labbra, sul naso e sulle guance, ma ha smesso quasi subito. Avevo la bocca spalancata e lui ne ha approfittato, ficcandomi il suo arnese fino in gola. Mi è mancato il respiro e lui ha grugnito di piacere. Ho iniziato a succhiarglielo a fondo, sai come sono brava, vero? Era proprio buono e me lo stavo davvero gustando, quando lui nuovamente me l'hai affondato fino in gola. Mi ha spinto in avanti la testa per farlo. Era tutto dentro la mia gola, fino alle palle, il naso schiacciato sulla sua pancia da porco. Mi teneva la faccia schiacciata e me la scopava, A ogni affondo temevo di soffocare."
"Però adori farti scopare la faccia."
"Infatti. E pure lui era tutto infoiato. A un certo punto ho pensato stesse per venirmi dritto in gola, invece si è arrestato in tempo. Lo ha tirato fuori che grondava i suoi umori e la mia saliva. Senza dirmi una parola, sempre tenendomi per i capelli, mi ha fatto mettere a quattro zampe sul pavimento lercio."
"Fatto bene. Credo non vedessi l'ora di farti montare."
"Proprio così, volevo sentirlo tutto dentro la mia figa quel cazzone. Anche lui doveva aver premura. Non mi ha neppure tolto le mutandine, si è solo limitato ad abbassarmele fino alle ginocchia. Erano tutte bagnate. Lui si è inginocchiato dietro di me, ma non mi ha penetrato subito, prima me l'ha leccata bene, scopandomi con due dita. Poi ha infilato la faccia tra le natiche e mi ha leccato il culo, divinamente."
"Il tuo culo è irresistibile."
"Lo penetrava con la lingua e mi ci ha infilato anche un dito, il pollice credo. Sai che mi piace molto anche farmelo scopare."
"Lo so bene che ti piace fartelo schiaffare in culo, puttana."
"E lui ci stava facendo forse un pensierino. Però... La mia figa lo reclamava, non ne poteva più di aspettare."
"La conosco bene la tua fregna vogliosa. Quando ha fame di cazzi bisogna rimpinzarla bene, anche se poi saziarla è già più complicato."
"Vero. Ma in questo caso bisognava accontentarsi, vista la situazione."
"E quindi?"
"Ho allungato una mano, gli afferrato il cazzo e l'ho puntato all'ingresso della mia figa bollente. Lui ha grugnito la sua approvazione e lo ha affondato tutto dentro. Mi ha montata con furore bestiale."
"Come piace a te. Avevi trovato quello giusto."
"Sì, è così. Mi faceva sentire una vacca da monta. Per di più mi sculacciava mentre mi sbatteva forte. Ogni tanto lo tirava fuori e me lo sbatacchiava sul culo, forse per evitare di venire subito o forse per sentirmi implorare di ficcarmelo ancora dentro."
"E tu lo imploravi?"
"Sì, mi stavo godendo la monta e lo incitavo a fottermi forte. Non c'era poi bisogno di chiedere, sembrava volesse spaccarmi in due a ogni affondo. Sono venuta così, a carponi sul pavimento lercio di quel piccolo ufficio, sotto i suoi potenti colpi di cazzo. Lui poco dopo, mi ha fatto inarcare la schiena tirandomi per i capelli, i suoi ultimi colpi sono stati i più furenti."
"E ti è venuto dentro?"
"No, no. Sulla schiena. E sul culo. Una sborrata davvero abbondante. Una doccia di sperma."
Come sempre, quel racconto, ripetuto ormai tante volte, amplificava al massimo la mia eccitazione e quasi mi dispiaceva fosse giunto all'epilogo. Abbiamo ancora una volta cambiato la posizione del nostro amplesso. Lei mi è montata sopra e da esperta cavallerizza che era, ha preso a cavalcarmi con foga, senza lasciare fuori un solo centimetro del mio bastone.
"Sei proprio una bagascia, Una gran puttana."
"Sono la tua puttana. Puoi farmi quello che vuoi. Sono la tua troia, la tua cagna."
Le ho afferrato le tette e da sotto ho accelerato il ritmo dei miei colpi, un ritmo insostenibile per lei, che l'ha portata a schizzarmi addosso il suo nettare, infradiciandomi palle e cosce. Pensavo a quanto era zoccola, mi eccitava enormemente che fosse il desiderio carnale di così tanti maschi, e ancor di più che molti se la fossero goduta, trattandola come la troia che era. La mia troia.
"Ora, sììì. vengo, vengo."
"Vieni puttana, vieni. Così, brava, troia. Tocca a me ora. Ho voglia di sborrare."
"Sborrami addosso, dove vuoi. Sono il tuo sborratoio."
"Allora dammi la tua bocca. Ora."
Ha spalancato la bocca per accogliere il mio seme, ma tenendola per i capelli un po' distante, in modo da vedere i miei fiotti finirle sì in gola, ma pure sul naso e su una guancia. Altri li ho indirizzati sulle tette. Era o no il mio sborratoio, come amava definirsi?
"Ti è piaciuto però col meccanico. Non ci sei stata solo una volta."
"Ci saremo incontati un altro paio di volte. Una volta è venuto persino qui in paese per scoparmi."
"Sì, me lo avevi detto, ma dovresti rinfrescarmi un po' la memoria."
"Un'altra volta, magari, ti dispiace? Ora sono stanca, ho voglia di dormire."
Una lungo bacio al sapore di sperma ha suggellato la serata. Si è addormentata quasi immediatamente, come un angioletto, la troia. Angelica e troia, un mix irresistibile, almeno per me. Sono restato ad osservarla per un po' mentre dormiva, pensando a tutti i cazzi che ha fatto sborrare, a come si sia fatta riempire in ogni buco dai tanti che hanno avuto la fortuna di conoscerla carnalmente. Alla fine mi sono addormentato anch'io.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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