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Lui & Lei

Rumore di passi nella notte del mondo


di Vercingetorige87
07.04.2015    |    1.037    |    0 8.5
"Un brivido sopito da troppo tempo e che ben conoscevo mi trapassò da parte a parte, la sentii fremere..."
Era una notte senza luna quella che ammantava il centro storico nel suo silenzio. Il caldo di quel luglio era insopportabile, e i più avevano cercato rifugio altrove, poveri disperati, e solo io vagavo per quegli angusti viottoli deserti. Ero in cerca d’autore da troppo tempo ormai e, ricordo, stavo riflettendo sulle mie alterne fortune e sui mali della vita, quando mi sembrò di intravedere un’ombra, là da qualche parte, in un pertugio che si apriva alla vista.
La seguii quasi inconsciamente, guidato più dall’istinto che dalla ragione, in cerca del conforto di quel rumore di passi che testimonia l’esistenza di un'altra anima vagante nella notte del mondo.
Camminai e svoltai, e poi svoltai ancora, e la intravidi di nuovo. “Non me l’ero immaginata, dopotutto” pensai. Accelerai il passo, sfiorando i cornicioni del primo piano di case vuote, e di nuovo svoltai ritrovandola più vicino. L’ombra girò il capo, e sembrò soppesarmi per un istante, prima di riprendere il cammino.
Trasportato dai miei passi tagliai per un vicolo, e finalmente sentii. Toc-Toc, Toc-Toc, quel rumore, il passeggiare di una persona che risuonava sul ciottolato di quella viuzza. Guardai l’ombra allontanarsi per qualche istante, prima di riprendere la mia strada.
Ricominciai a perdermi nei miei pensieri, come ero solito fare in gioventù, grazie a quell’assoluta capacità di estraniamento che a volte la natura ci dona. Il cervello continuava in background il suo lavoro, riportandomi a casa, mentre mi stavo domandando quale fosse il mio posto nel mondo.
All’improvviso fui richiamato alla realtà. Alzai gli occhi, e lei era lì. L’ombra che avevo inseguito era davanti ai miei occhi, e non sarebbe bastata la notte senza luna più profonda per impedirmi di capire. La riconobbi all’istante, intuendo i tratti di quel viso che tante volte avevo conosciuto.
“Volevo sentire il suono dei tuoi passi” mi disse.
Un’espressione di sincero stupore mi colorò il viso invisibile e la forza che sempre mi conduceva a lei mi condusse, un passo dopo l’altro. Avevamo riportato indietro il tempo, gli anni che ci avevano separato erano il passato e sparivano passo dopo passo, le nostre labbra erano a un sospiro di distanza ormai, e potei finalmente guardarla negli occhi.
La baciai. Un brivido sopito da troppo tempo e che ben conoscevo mi trapassò da parte a parte, la sentii fremere. Qualunque muro sarebbe stato troppo fragile per reggere l’impeto di quel momento, eppure resse. Mi appoggiai abbandonandomi completamente a una forza più forte di me, di nuovo era l’istinto a governare nel silenzio della ragione.
Il mio cazzo fremeva stretto nella morsa dei pantaloni, glielo appoggiai al ventre mentre lei lo cercava sporgendosi, le mani correvano. I seni turgidi, la schiena tesa, mentre il respiro diventata sempre più affannoso, e poi giù lungo i fianchi, fino al culo. Una mano si infilò a coppa a sfiorare quel clitoride già duro, un gemito, poi la sua mano sul mio cazzo. Via la cintura, giù i pantaloni, finalmente libero le alzai il vestito ed ero dentro di lei.
Gli umori colavano lungo l’asta fino alle palle, lì in piedi appoggiati a quell’inutile muro troppo fragile di quell’anonimo viottolo troppo stretto.
Lei iniziò a muovere il bacino a tempo, sfregando il suo delizioso organo del piacere su di me mentre io acceleravo, in un bagno di sudore e sesso.
A un certo punto, di nuovo i suoi occhi fissi nei miei. Mi fermai di colpo, ascoltando ogni informazione che il mio corpo potesse darmi. Il cazzo scoppiava dentro quel rifugio primordiale, lo sentivo pulsare e implorarmi di andare avanti, il respiro di lei più lento e regolare, come a riprender fiato prima della fine, il suo inebriante odore, che avrei riconosciuto d’ovunque.
Abbassò una mano, portandosela sul clitoride e cominciando a massaggiarlo, erano movimenti lenti ma decisi, circolari, che lo facevano sfiorare continuamente la base del mio membro. Il respiro ricominciò a farsi affannato e corto, io ricominciai a pompare.
Venimmo, io dentro di lei e lei assieme a me.
Di nuovo i suoi occhi, ci fissammo.
“Mi sei mancato” mi disse.
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