Lui & Lei
Pensieri, parole, immagini
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12.10.2013 |
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"C’ è un errore di fondo, io maschio voglio (vorrei), io cerco..."
Una particolare dote, la sua mente era un enorme album fotografico, scattava foto a ripetizione. Non erano immagini approssimative, riguardavano i dettagli, tutto accuratamente riposto nella sua mente.L’ oggetto del suo interesse era sempre stato il corpo femminile.
Vi erano delle cose completamente capovolte, per non dire stravolte.
Il monte di venere, Enrico l’aveva sempre percepito come uno scrigno da scoprire, un tesoro nascosto, prediligeva la fighetta con i peli corti, magari che stessero per crescere poco per volta, quel qualcosa tra il curato e il selvaggio. Un amore vedere quelle ragazze in costume, con quella piccola peluria che stava per comparire tra i bordi del costumino.
Quante travolgenti immagini di ragazze bellissime distese al sole, quante micette leccate con impeto alla ricerca di andare al di là della peluria, a scoprire cosa ci fosse dietro, dentro e nascosto da quei peli corti.
Ogni figa era una scoperta, una scoperta di cui non riusciva a scorgerne il segreto, anche se leccate e penetrate, non aveva mai la certezza di aver capito anatomicamente come fosse fatta quella figa.
La poteva vedere ad 1 millimetro di distanza, rimaneva un oggetto misterico. Purtroppo vi è stato un mancato intendimento tra uomo e donna. L’ uomo, secondo lui, desidera una figa aperta ma la desidera proprio perché la donna continuava a lasciare le gambe chiuse, l’ attrazione dell' uomo per le tette è perché sono occultate alla vista. Questo pensava Enrico, fervidamente.
Da adolescente, lo mandava in estasi la figa depilata, ma dovuto al fatto che con tutte le ragazze con cui copulava, i peli fossero la norma, solo quando si segava con i video vedeva quelle meravigliose pornostars tutte depilate, “che porche” pensava. Stessa cosa dicasi per i perizomi, estasianti quando ne vedeva pochissimi, fuori da ogni suo interesse quando diventarono una moda e non vi fosse ragazza che passeggiasse per strada con sto filo nel culo.
La donna è sempre stata la schiava dell’ uomo, vincolata totalmente nel voler piacere al maschio, d’ un tratto, da un anno all’ altro, non vi era più traccia di peli. Quelle fighe totalmente aperte, quelle labbra penzolanti, dilatate come una portaerei, allargate con le dita a mostrare quello scempio, ma che schifo. Dov’ era finita quella figa coccolosa, quella topina tenera ed innocente e soprattutto dove cazzo è finita l’ arte femminile della donna di sedurre?
E’ finita nell’ aggressività, manifestata nell’ esporre, nel “io voglio”, “io cerco”. C’ è un errore di fondo, io maschio voglio (vorrei), io cerco. Tu donna mi fai morire dal desiderio.
Io maschio inseminatore e diffusore di sperma cerco qualsiasi figa da inseminare , con i miei centinaia di migliaia di spermatozoi che produco giornalmente, tu donna che ovuli mediamente 400 volte in tutto il ciclo della vita, sei geneticamente selettiva. Non prendi duemila cazzi qualsiasi, tu li selezioni. Io non seleziono la figa, per me sono tutte buone, per te i cazzi non sono tutti buoni…e invece ste fighe sbattute in faccia, francamente lo disgustavano.
Lo stesso atteggiamento anti seducente, lo notava riposto nelle parole, la ragazza voleva essere conquistata cerebralmente oltre che visivamente, le due cose combinate facevano il candidato ideale per trombare.
Adesso vi era un “zitto e scopa”, “poche chiacchiere e metti il cazzo dentro”.
In un tempo non troppo lontano Enrico aveva il gusto della parola sporca “ puttana, cagna, sei la mia raccogli sperma, ti piace farti leccare, prendi sto cazzo dentro, maiala”. Aveva smesso da un pezzo, sentendo le varie “antiseduzione” dire “ti faccio un pompino, leccami, schizzami in bocca che ingoio”, tutte parole rustiche assolutamente adatte alla mente maschile , inadeguate alla raffinatezza femminile.
Perché al di là della cultura, estrazione sociale, qualità di vita, una donna che non abbia raffinatezza, “non serve nemmeno per il cazzo”. Questo intimamente pensava Enrico. Questo mondo, nonostante fosse un uomo nel pieno della vita, 40 anni, non lo riguardava più.
Lui una ragazza la conquistava con le parole, con la mente, pungolando anche l’ intelligenza della partner, facendola sentire più donna che mai e non come una cagna che andando in calore si accoppia con qualsiasi cane la possa ingroppare.
Le parole, quelle dovevano inumidire la figa, quelle facevano diventare il cazzo turgido, quelle erano l’ ultimo ma anche il primo appello, se valesse la pena di scopare.
Non potendo cambiare il mondo e non volendo cambiare lui, scrisse di tre ragazze, le tre donne perfette, diede una singola immagine di ciascuna di loro:
Smeralda aveva i capelli rossi, lunghi e mossi, un rosso talmente acceso che il sole li faceva brillare, le sopracciglia facevano da cornice a quegli occhi azzurro cielo, il naso era dritto, seguito da delle labbra appena sporgenti a tratti disponibili al sorriso, tutto il volto cosparso da tenui lentiggini, il collo slanciato, i seni rotondi di media grandezza con i capezzoli rosa chiarissimi, una pancia piatta e un rettangolino di peli rossi che evidenziava le cosce dalla pelle bianchissima, le caviglie erano solide e mani e piedi erano affusolati. Le dita delle mani si muovevano con estrema sensualità ed erano messe in risalto da un solitario. Da notare che fosse l’ anello a mettere in risalto le mani e non viceversa.
Aveva un carattere pacato, quasi austero, inebriante per l’ indifferenza che metteva in gran parte delle cose quotidiane; giornalaio,panettiere, fruttivendolo e commesso di negozio, si mettevano sul ciglio della porta a seguire quella figura, a guardare quelle natiche che ritmicamente salivano e scendevano, lei sapeva di essere guardata fino a dove l’ occhio fosse arrivato, non accentuava nessun movimento, era proprio indifferente agli occhi di chi non aveva le potenzialità per avvicinarla.
In famiglia, con gli amici e con i diversi amanti, accuratamente selezionati, era avvolgente, fin da piccola era sempre stata così, ti avvolgeva, senza tanta tenerezza, senza tante smancerie, senza tante attenzioni ma con un poco di ogni cosa elencata. Adorava nell’ amplesso sentirsi dire parole volgari, invitava pure il maschio a dirle qualsiasi cosa ma lei, il suo vocabolario, era come un bocciolo di rosa appena raccolto e datogli parola.
Lilli dai capelli liscissimi e biondi che sofficemente cadevano ad altezza dei seni, tagliati in modo retto, le sopracciglia castano chiare che facevano indovinare come fossero i peli pubici. Gli occhi, due smeraldi incastonati nelle orbite erano seguiti da un nasino tendente all’ insù , la dentatura bianca e le labbra leggermente inumidite in un viso dai lineamenti squadrati. Il seno era ben separato l’ uno dall’ altro, una terza di reggiseno, quel dolce capezzolo era di un marrone schiarito, levigato, un camoscio liscissimo, la pancia decorata da un piercing era contornata dai fianchi vagamente carnosi, seguite da gambe piacevolmente muscolose, cosi come le braccia. Divertente, allegra, socievole ma non ingenua, amava la vita ma apprezzava viverla con le giuste persone.
Perla: la natura, una volta ogni tanto, raramente negli esseri umani, fa delle cose perfette. I capelli nerissimi con una frangetta sulla fronte, il naso scolpito tra degli occhi color petrolio e delle labbra carnose, il collo esile ma forte, le spalle piccole ma dritte contenevano un seno abbondante che entrava in una coppa 4°, naturalmente sodo con una alta attaccatura, i fianchi erano parte di una pista disegnata dal migliore ingegnere, due curve che lasciavano presagire allo sguardo che quello fosse solo l’ inizio, sia in su che in giù, di un qualcosa solo da ammirare. I segni del costume lasciavano alla pelle un contrasto eccitante tra il biancore delle parti coperte al sole e la pelle scurissima e dorata dovuta all’ esposizione. I peli del monte di venere, tagliati a disegnare un triangolo, seguivano le forme dell’ interno coscia e dell’ inguine, erano nerissimi. Le gambe affusolate, le caviglie strette come fossero state costituite per stare con super tacchi a spillo, il corpo profumava di un odore non artificioso, le orecchie, due padiglioni di raffinatezza decorati con due piccoli orecchini di diamante. Una grandissima ascoltatrice, amava l’ intelligenza, la definiva “il pene della mente”.
Enrico mise punto, parlando di intelligenza e seduzione, avendo descritto quello che forse non esisteva più, la donna, tirò fuori il suo gran cazzone scuro da 19 cm, e per rendere merito a tutto ciò che c'è di femminile, si fece una gran sega e prese sonno.
Parola ai commenti.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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