Al primo sguardo

L’ho notata non appena sono entrato nel bar. Stava seduta da sola, le gambe accavallate, il vestito nero che aderiva al suo corpo in ogni punto giusto. Sorseggiava un cocktail con la sicurezza di chi sa di essere osservata. Di chi sa esattamente l’effetto che fa.

Non ho perso tempo. Mi sono avvicinato, il mio gin tonic ancora in mano. Lei ha alzato lo sguardo, occhi scuri, un sorriso leggero sulle labbra, come se già sapesse che sarebbe finita con le unghie affondate nella mia schiena.

"Sei sola?" ho chiesto.

"Per ora."

Le ho offerto da bere, ma non abbiamo perso tempo con chiacchiere inutili. La tensione tra noi era palpabile, come una miccia già accesa. Così l’ho presa per il polso, con la giusta fermezza, e l’ho guidata fuori dal locale. Nessuna resistenza, solo il suo respiro accelerato e il calore della sua pelle sotto le mie dita.

Le porte si sono chiuse dietro di noi e prima ancora che il piano fosse selezionato, l’ho spinta contro il muro. La mia bocca ha trovato la sua, le mie mani sono scivolate lungo le sue cosce, spingendo il tessuto del vestito sempre più su.

Lei ha ansimato quando le mie dita hanno sfiorato l’orlo del suo intimo. "Non qui", ha sussurrato, ma il suo corpo diceva tutt’altro.

Ho lasciato che il mio respiro le solleticasse l’orecchio, mordendole piano il lobo. "Non vedi l’ora, vero?"

Non ha risposto. Ma il modo in cui si è stretta contro di me mi ha detto tutto quello che dovevo sapere.

Le porte si sono aperte. La mia stanza era a pochi passi, ma il desiderio tra noi era già insopportabile. Ho infilato la chiave, e una volta dentro, non c’è stato bisogno di altro.


Le ho strappato il vestito con un solo gesto. Il tessuto è scivolato a terra, lasciandola lì, solo con la pelle calda e il respiro affannato.

L’ho fatta girare, il petto premuto contro il muro, le mie mani che esploravano ogni curva. Il mio tocco era lento, studiato, volevo che sentisse ogni secondo di attesa, ogni millimetro di pelle che bruciava sotto le mie dita.

"Dimmi che mi vuoi."

Lei ha emesso un gemito appena percettibile, il corpo che si inarcava contro il mio.

Ho fatto scivolare la mia mano tra le sue gambe, trovandola già pronta. Ho sorriso contro la sua pelle, lasciando un bacio sulla sua spalla nuda.

Quando non ho più resistito, l’ho girata, sollevata e fatta sedere sul bordo del letto. Mi sono avvicinato lentamente, godendomi il modo in cui i suoi occhi si riempivano di desiderio. Ho afferrato i suoi capelli, inclinando la sua testa all’indietro mentre le mie labbra reclamavano le sue.

L’ho voluta prima con la lingua, lentamente, fino a sentire i suoi gemiti riempire la stanza. Ho giocato con il suo piacere, portandola sull’orlo più volte, ma senza lasciarla andare del tutto.

E poi, finalmente, l’ho presa.

Ogni movimento era un crescendo, ogni spinta la faceva inarcarsi contro di me, il suo corpo che si arrendeva completamente sotto il mio controllo. L’ho presa a pecorina, una mano che scendeva lungo la sua schiena, l’altra che stringeva il suo fianco, tenendola esattamente dove volevo.

Il suono della pelle che incontrava la pelle era l’unico rumore nella stanza, spezzato solo dai nostri respiri ansimanti. Ho aumentato il ritmo, i suoi gemiti si sono fatti più forti, più disperati, fino a quando l’ho sentita tremare sotto di me, il corpo che si contraeva intorno al mio.

L’ho seguita poco dopo, affondando in lei un’ultima volta prima di lasciarmi cadere accanto a lei, il petto che si alzava e si abbassava al ritmo del desiderio consumato.

Lei si è girata su un fianco, il suo sorriso era un misto di soddisfazione e tentazione. "Pensi che sia finita?"

Ho riso piano, tirandola sopra di me.

"No, piccola. Siamo appena all’inizio."