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Lui & Lei

La Regina dei Sinti


di Membro VIP di Annunci69.it AntonellaTrav6
20.02.2024    |    3.043    |    4 9.8
"Ero davanti alla sua patta aperta, un mondo mi si stava per aprire..."
Una mattina di fine luglio di alcuni anni fa mia sorella mi chiama dandomi la notizia che sarebbe venuta lì per un paio di giorni nel villaggio dove lavoravo in compagnia del suo ragazzo dell'epoca, un artista concettuale di non so bene cosa. La mia risposta fu abbastanza laconica, considerati i rapporti non troppo buoni che mi legavano a mia sorella. In ogni caso dopo una settimana me li ritrovo al villaggio con lei sempre alle prese con i suoi toni sarcastici e fuori luogo. A contrapporsi alla sua spigolosità era il mio nuovo cognato (al tempo i fidanzati li cambiava con una frequenza incredibile!) che, con un sorriso irresistibile, cercava di controbattere alle continue punzecchiate di mia sorella, difendendomi. I tratti del suo viso erano un po' spigolosi, forse per via della sua mascella un po' quadrata, che gli dava un tocco da marpione, pur essendo lui timido, dolce e molto educato. In pratica l'opposto di mia sorella! Per rendervi partecipi della mostruosa libidine che nutrivo nei suoi confronti, ve lo descrivo a larghe linee: occhi castani e folti capelli lisci color castano-scuro a volte legati in un codino, barba leggermente incolta, labbra carnose, alto circa 190cm, fisico asciutto, spalle larghe, non troppo muscoloso ma tonico assai. Le cose che mi hanno sempre eccitato di più di lui erano: il filo di peluria che dall'ombelico scende fino all'inguine e i pettorali poco pelosi e ben torniti che mi gustavo volentieri anche quando indossava una semplice t-shirt. E poi ragazzi...come indossava lui i jeans e i pantaloni in genere mi mandava al manicomio, con quel gusto trasando che solo un etero può scegliere. Quel pomeriggio stesso lo avevo radiografato in spiaggia in costume e mi ero gustata il suo uccello e le sue palle che premevano sul sottile strato di stoffa. A giudicare da quelle mie investigazioni, doveva avere un cazzo grossetto e una cappella niente male, e quella considerazione mi ha da quel momento eccitato da morire. In assenza di mia sorella si parlava spesso di ragazze, solite cose (che poppe, che culo, che gnocca e via dicendo) e fu in una di quelle occasioni, con tono scherzoso che mi feci coraggio e gli diedi ad intendere la mia attrazione anche per il mio stesso sesso. Dopo 4 giorni dal loro arrivo al campeggio (in cui mi ero vista con loro 2 dopo cena e saltuariamente in bar per 2 chiacchiere e una sigaretta veloce), me lo vedo arrivare tutto solo verso le 9 di sera, mentre cominciavo a prendere respiro dal lavoro. Capelli sciolti, t-shirt verde che gli metteva in risalto i pettorali, jeans fermati da una bella cintura in pelle nera e scarpe da ginnastica. Vedendolo avvicinarsi verso il bancone, in cui lavavo gli ultimi bicchieri prima di finire il turno, mi accorsi che aveva un'aria abbastanza cupa.
“Uno dei nostri soliti scazzi”, sospirò sedendosi su uno sgabello davanti al bancone. Dopo un attimo di perplessità e considerata la frequenza delle loro liti, dissi tra l'imbarazzato e il divertito: “Direi che una birra fa al caso tuo”. E lui “Vai di spina, una rossa e niente schiuma”. Fino all'una davanti al bancone, tra una birra e l'altra, poi seduti su un muretto in penombra antistante il bar, davanti al mare e con il sottofondo di una discoteca in lontananza, da cui provenivano inquietanti fasci di luci che si intersecavano in cielo. Ipotizzammo un attacco alieno, già in preda ai fumi dell'alcool. In onore della sua presenza avevo sottratto dalle riserve del bar una bottiglia di vodka, che mandavamo giù a turni. Ero con LUI, ubriaco e da solo, a parlare di cazzate. Lui era tutto per me, anche se per poche ore, dato che l'indomani sarebbe partito. Mentre parlava davo occhiate fugaci al suo pacco, di cui cercavo vogliosamente di individuare le fattezze sotto i jeans e ricordando il rigonfiamento sotto gli slip in spiaggia. Non riuscivo a trattenere l'entusiasmo, ero in piena erezione.
“Vado a pisciare”, esclamò interrompendomi e barcollò verso il molo dell'ex marina, a qualche metro da noi. Era completamente ubriaco. Quale migliore occasione per rifarmi gli occhi – pensai incoraggiata dal tasso etilico – e lo seguii dicendo con tono indifferente “Idem”.
Mentre ci dirigevamo verso la spiaggia continuai a parlare dell'argomento in cui m'aveva interrotto in maniera indifferente e continuai a farlo anche mentre sbirciavo le sue mani che si sbottonavano la patta. Il cuore mi batteva a mille, stavo per vedere il cazzone per cui spasimavo. Era abbastanza buio, ma la luce del lampione antistante il molo mi permise di vedere tutto in maniera abbastanza nitida, nonostante l'offuscamento causato dalla vodka. Tirò fuori il cazzo, se lo scappellò un poco con le dita rivelando una cappella di dimensioni ragguardevoli e, reggendosi alla mia spalla, cominciò a pisciare dal molo sul mare nero cobalto. Mi bloccai continuando a guardare il suo pisello e persi il discorso di quello che stavo dicendo. Lui si girò verso di me ridacchiando “La smetti di fissarmi il cazzo?? Ricchione.” Mi diede una lieve pacca sulla spalla e barcollò verso dove avevamo lasciato la bottiglia di vodka, più al buio. Diede un altro bel sorso dopo essersi seduto a gambe larghe sul muretto.
Tornai da lui, ero abbastanza imbarazzata ma lui, con un sorrisino sarcastico e gli occhi lievemente socchiusi, chiese: “Quanti ne hai ciucciati fino ad ora?”, e diede un altro sorso. Io, spaesato, risposi la verità “ Moltissimi, soprattutto da trav ”. “E l'hai preso in culo, altrettante volte?”, chiese prima ancora che finissi di rispondere. “ ...si l'ultima volta la sera prima che arrivaste, voi, in un campo nomade mi hanno sodomizzata in 5, anzi 6 se considero il ragazzino che mi ha portato tra quelle  roulottes”, risposi. Era ancora la verità.
“Naa, non ci credo. LA REGINA DEI SINTI DAL CULOROTTO” disse con un sorrisino complice, che mi eccitava da impazzire. Si voltò verso il mare e si accese una sigaretta. Seguirono alcuni momenti di silenzio. Giocai il tutto per tutto e, dopo un bel sospiro, pronunciai delle parole che MAI avrei creduto di dire a lui, sforzandomi di avere un atteggiamento divertito e quasi indifferente: “Dai tiralo fuori e ti dico cosa si prova a succhiarlo al cognatino”. Fece un'espressione per niente sorpresa, si girò nuovamente verso il mare, sorridendo, e disse a voce alta “Cazzo, sei proprio una troia fottutamente porca”. Dopo un attimo di silenzio, diede un'ultima profonda boccata alla sigaretta, la spense sulla sabbia con il piede, si alzò e si diresse verso di me, con il solito sorrisino beffardo stampato in faccia. Io feci quasi un sobbalzo. Mi prese la mano, gelida, e me la poggio sul suo pacco. Non ci credevo, mi tremavano le gambe e se non fosse stato per il mio enorme desiderio sarei scappato via, di corsa, senza voltarmi. Mi guardava fisso negli occhi, mentre gli massaggiavo il pacco guidato dalla sua mano. Il suo cazzo era già un po' duro quando cominciai e in pochi secondi era di marmo. Si voltò per accertarsi che non ci fosse gente nei paraggi, mentre io fremevo strusciando le mie dita attorno alla sua cappella gonfia che pulsava dentro i jeans, avevo l'adrenalina a mille. Lui continuava a sospirare con la sua mano calda sopra la mia. Poi mi disse a bassa voce, con l'alito che puzzava di vodka “Lo sai che tua sorella non me lo succhia, no? Le fa schifo succhiare il cazzo.”. Capii con estremo piacere cosa voleva. Feci cenno di no con la testa e continuai a massaggiare il suo cazzone rovente sotto i jeans. Con la mano cercai di aprire un bottone della patta, che stava ormai per esplodere. Si girò nuovamente e mi fece cenno con la testa di spostarci verso il muro di una casetta a una decina di metri di distanza, forse l'ex capitenira della marina, al riparo da eventuali sguardi indiscreti. Appoggiò la schiena al muro e fece per spingere la mia testa verso la sua vita. Ma io opposi resistenza e vogli togliermi uno sfizio prima di assaggiare il suo uccellone. Volevo baciare le labbra che per anni avevo sognato. Capì subito la mia intenzione, mi prese per la nuca e mi infilò la lingua in bocca. Sentii i peli della sua barba incolta di 2 giorni sulle mie guance, sul mento. Le sue labbra erano un po' screpolate, la sua lingua ruvida e insistente, sapeva di alcol. Sentivo il suo profumo, regalatogli da mia sorella qualche mese prima in occasione del suo onomastico. Un sogno. Preso dalla foga gli morsi un labbro e lui, di risposta, mi infilò la lingua in bocca con maggiore prepotenza. Il ragazzo di mia sorella era infoiato come un toro, avevo la sua lingua in bocca e la mia mano si era già insinuata dentro la sua patta, a contatto con gli slip.
Il bacio finì con un forte schioppo, mi spinse la testa verso il basso.
Ero davanti alla sua patta aperta, un mondo mi si stava per aprire. Non volli nemmeno perdere il tempo di abbassargli i pantaloni, infilai la mano e tirai fuori il suo pisellone, ancora con la cintura addosso. Era caldo, grosso, non ancora scappellato e umido sulla punta di un liquido vischioso. Sentivo l'odore del suo cazzo, un odore acre e incredibilmente virile. Morivo dalla voglia di assaggiare il palo del mio quasi cognato. Lo scappellai e diedi un bacio sulla cappella gonfia, che lasciò sulle mie labbra un sapore salato, acre e vischioso. L'altra mano la spostai pian piano verso sue belle chiappe, nell'insenatura tra le gambe e il culo. Lui impazziva di piacere, il suo sorriso beffardo aveva lasciato spazio a un'espressione quasi estatica, occhi chiusi e e fronte corrucciata, esattamente come lo immaginavo nelle mie fantasie erotiche. L'avevo fatto penare abbastanza. Impugnai il cazzone e lo infilai in bocca, avvolgendo la sua cappella umida nella mia lingua e carpendone ogni singolo sapore. Sentii un suo gemito di piacere e un sommesso “sì...cazzo...mm...”. Cominciò ad accompagnare il bacino coi miei movimenti e mise le mani sulla mia testa, assecondando il sù e giù.
Mentre gli pompavo il cazzone gli infilai la mano nella patta per tastare i suoi coglioni. Erano abbastanza grossi e un poco pelosi, degni del suo cazzo. Chissà se almeno quelli mia sorella li apprezzava! Il cazzo era durissimo e fui preso da un'irrefrenabile voglia di sentire la sua sborra in bocca. Cominciai a menarglielo ancora con la sua cappella in bocca, mentre lui mugulava di piacere. Solo dopo qualche istante sentii che stava per schizzare, continuai menarglielo gustando la sua cappella e lui mi trattenne la testa facendomi intendere la sua intenzione: voleva sborrarmi in bocca. Un secondo dopo, preceduto da un suo lungo sospiro liberatorio, arrivò il primo schizzo caldo di sborra. Fece per affondare il suo cazzo in gola mentre altri schizzi si susseguirono e mi riempirono la bocca e la gola del suo sperma. Tirai fuori il cazzo ancora pulsante e assaporai il frutto del suo piacere. Ero in estasi. Riprendo la cappella in bocca per succhiare per l'ultima volta il suo uccello ancora umido, che si ammosciava rapidamente. Il sorriso tornò a illuminare il suo bel viso: “Ricchione, fatti un sorso di vodka”, disse indicando la bottiglia con un cenno della testa “c'hai un alito del cazzo e io ora voglio il resto”. L’uomo allora decise che era il momento di dare totale e libero sfogo alla sua creatività di toro in libera uscita. Si eresse fiero e piazzò la sua verga dritta dietro di me. Mi strappo il perizoma e spinse dentro.
“Ohhhh....mio....dioooo.... come sei aperta”
Urlai sopraffatta dal primo dolore della penetrazione. Ma poi, man mano che lo strumento di sevizie avanzava dentro e fuori me, il dolore cedette il passo al godimento. Ad ogni spinta il mio buco si allargava sempre di più, accogliendo elastico l’enorme pezzo di carne rigida che mi stava sodomizzando senza pietà.
“Ti piace, troia? Dimmi che ti piace come piace a me!”.
Era, adesso, eccitatissimo, sudato e spiritato. Scopava il mio culo come se non ci fosse un domani.
“Dai, troia rottaincula, adesso fammi stare sotto”, chiese ad un certo punto, stanco di quella posizione. Si distese sulla sabbia, con il cazzo pronto a impalare nuovamente il mio culo, stavolta dall’alto.
E via, di nuovo a spingere fino a quanto poteva dentro il corpo di questa femmina indomabile. Il mio buco sembrava insaziabile. Nonostante l’incessante martellamento non dava segni di cedimento e io continuavo golosa a cavalcare quel cazzo così generoso.
“Sei la più grande puttanazza che io abbia mai inculato..mi ispiri da morire”, esternò l’artista tra gli ansimi, in cerca di ispirazione.
“Si, si, sono la tua troia..la tua musa che le piace prenderlo nel culo da un artista dotato come te”
Godevano entrambi, muovendosi sempre più forte. Poi, tutto d’un tratto, prese l’iniziativa di rimettermi alla pecorina. Mi sollevò quindi di scatto, afferrandomi le chiappe e sfilando il membro dall’ano ormai sfondato. Quindi puntò bene di nuovo contro il buco, in modo che il suo pene entrò senza fatica dentro quelle tenerezze che erano già pronte ad accoglierlo.
Un caldo umido avvolse subito l’asta dell’uomo, che ora scopava con maggiore facilità, dovuta alla maggiore lubrificazione del mio culetto che aveva preso a squirtare. Sorrisi soddisfatta, ospitando felice il cazzo impazzito del mio cognato che mi stava percuotendo dentro e fuori ad un ritmo febbrile. Ero attenta a cogliere ogni piccolo impulso di piacere che proveniva dalle pareti e che mi esplodeva nel cervello. E poi arrivò il momento tanto atteso. I colpi dell’uomo si fecero più profondi e decisi, preludio del gran finale. Dal cazzo dell’uomo uscirono alcune gocce che investirono il mio intestino. Subito dopo seguite da un paio di lunghi fiotti di sperma caldo che scivolarono dentro col ritmo di una fontana L’opera concettuale dell’artista era adesso completata.
Gioiosa, afferrai il pennello e finii di pulirlo con la lingua dalla fatica di quella creazione così intensa. La regina dei Sinti era da quella notte anche l'imperatrice dei cognati assatanati.
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