Lui & Lei
L'ospite
di delirante
16.09.2024 |
5.359 |
4
"Così, senza pensarci troppo, aveva prenotato e ora, seduta sul sedile posteriore di un taxi che arrancava su per la collina, si avvicinava sempre di più..."
Dopo aver finalmente trovato l'inserzione di una camera in affitto, Monica, una donna di circa trent'anni, si era lasciata convincere dalle immagini di un luogo incantevole. Così, senza pensarci troppo, aveva prenotato e ora, seduta sul sedile posteriore di un taxi che arrancava su per la collina, si avvicinava sempre di più alla sua destinazione. Il tragitto era durato più del previsto, e il caldo opprimente della giornata estiva rendeva l'attesa ancora più snervante. Finalmente, l'auto si fermò. L'autista scese e con gesto rapido scaricò le valigie a terra, mentre Monica, dopo aver pagato, si guardava intorno cercando di assorbire il nuovo ambiente che l'avrebbe ospitata per qualche tempo.Con un misto di curiosità e incertezza, decise di percorrere il vialetto che si snodava accanto alla casa. Il vialetto era ombreggiato, avvolto da una leggera brezza che faceva frusciare le foglie degli alberi circostanti. Alberi di prugne e di ciliegie si allineavano lungo il percorso, carichi di frutti maturi, conferendo all'intero luogo un aspetto quasi fiabesco. Il profumo della terra e della frutta matura si mescolava all'aria calda del tardo pomeriggio, creando un'atmosfera tranquilla e rilassante.
Poco più avanti, si apriva un ampio patio che introduceva alla villetta del padrone di casa. Lì, tra aiuole in fiore e un orto rigoglioso, si poteva ammirare un piccolo angolo di paradiso: fiori colorati e profumati, piante verdissime che crescevano rigogliose e qualche papera che gironzolava qua e là, aggiungendo un tocco di semplicità bucolica alla scena. Tuttavia, quella calma idilliaca venne presto interrotta dal suono insistente e sgraziato di un cane che abbaiava, nascosto in fondo all’orto.
Spinta dalla curiosità, Monica seguì con lo sguardo il punto da cui proveniva quel rumore. Fu in quel momento che, quasi materializzandosi dal nulla, apparve il padrone di casa. Un uomo di bell'aspetto, sulla quarantina, alto e muscoloso, con un’aria rilassata e vagamente bohemien. I suoi abiti, logori dal lavoro manuale, e le braccia abbronzate e segnate dal sole, lo facevano sembrare una figura uscita da un'altra epoca. Quando i suoi occhi si posarono su Monica, fermo in cima alla collina, sembrava perplesso.
Si aspettava forse un’altra persona? Di certo non la figura esile, ma ben definita, che ora si trovava nel suo patio. La donna, con la sua lunga chioma di riccioli castani che cadeva libera sulle spalle, indossava una gonna bianca leggera e un top in seta bianca, leggermente scollato, che lasciava intravedere una pelle abbronzata e curata. La sua bellezza era insieme sofisticata e sensuale, quasi in contrasto con l’ambiente rurale che la circondava.
Monica, percependo lo sguardo dell’uomo su di lei, si affrettò a rompere il silenzio imbarazzante: “Buongiorno, lei dev’essere il padrone di casa. Sono Monica, la ragazza della stanza in affitto.” Giovanni, così si chiamava, sembrava ancora leggermente basito e, con una mano che si asciugava il sudore dalla fronte, rispose: “Piacere, sono Giovanni. Il viaggio è andato bene?”.
I due si scambiarono qualche parola di circostanza, entrambi visibilmente sorpresi dalla presenza dell’altro, come se il loro primo incontro avesse scombinato le aspettative di entrambi. "Si fermerà molto?", chiese Giovanni, ancora incuriosito.
"Giusto il tempo del congresso e forse qualche giorno in più per rilassarmi", rispose Monica con un sorriso educato. Lui annuì e, con un gesto rapido, prese le chiavi della stanza. Decise di accompagnarla alla piccola camera in affitto, situata sul retro della villa. "Preferisce la formula B&B o mezza pensione?" domandò mentre camminavano.
"La mattina sarò via per il congresso, ma la sera, non avendo una macchina a disposizione, preferirei cenare qui", rispose Monica, apprezzando la premura dell’uomo. Giovanni spiegò che la cena sarebbe stata servita all'aperto, verso le otto di sera, prima che facesse buio, e che il menù sarebbe stato rigorosamente a base dei prodotti freschi del loro orto. La prospettiva di una cena all’aperto, con cibo genuino, aggiunse un tocco di fascino a quel soggiorno che già sembrava promettere più di quanto Monica avesse inizialmente immaginato.
Dopo averla accompagnata alla stanza, Giovanni rientrò in casa, ma la figura della donna continuava a occupare i suoi pensieri. Mentre si allontanava, il suo sguardo era stato catturato dalle sottili gambe di Monica e dalla sua chioma selvaggia che ondeggiava leggermente al vento. Un’immagine che gli era rimasta impressa, un misto di eleganza e mistero che non riusciva a scrollarsi di dosso.
Intorno alle sette di sera, la temperatura nella piccola stanza era diventata insopportabile. Il caldo soffocante, unito alla mancanza di una vera vista dalle finestre, spinse Monica ad uscire. Cercava una boccata d’aria fresca e decise di attraversare di nuovo il vialetto per raggiungere il patio. Appena arrivata, trovò Giovanni intento a innaffiare le piante, ma che, finito il lavoro, si era disteso sull'amaca per fumare tranquillamente un sigaro.
"È un po' presto per la cena, c'è qualcosa che non va?" chiese lui, notando la sua presenza.
"Mi scusi, desideravo solo respirare un po’ d'aria fresca tra queste rose e questi gladioli", rispose lei con garbo. Giovanni le fece cenno di accomodarsi e le propose di mostrarle le diverse varietà di rose che coltivava con passione. Mentre parlavano, Monica non poté fare a meno di notare il petto nudo e virile dell’uomo, che si aggirava a piedi nudi per il giardino con naturalezza. A sua volta, Giovanni si sentiva inebriato dal profumo di lei, una scia delicata e seducente che lo avvolgeva ogni volta che il vento sollevava i suoi lunghi capelli.
A un certo punto, mentre camminavano tra i cespugli di rose, Monica, distratta, non si accorse di un piccolo sasso sul vialetto. In un attimo, il tacco della sua scarpa si piegò, la caviglia cedette e lei cadde a terra in modo scomposto. Le sue gambe si distesero involontariamente, lasciando intravedere il bordo di un perizoma bordò che spuntava dalla gonna. Giovanni accorse subito: "Si è fatta male?"
Monica, dolorante e imbarazzata, cercò di rispondere: "Non riesco a rialzarmi, mi fa troppo male la caviglia..."Lui si china verso di lei e constatato il gonfiore alla caviglia la lascia lì un secondo per rientrare in casa a prendere del ghiaccio.
“Stia ferma che le massaggio il ghiaccio sulla caviglia per consentirle di rialzarsi”.
Le mani forti e virili iniziano a massaggiare la caviglia di Monica con cubetti di ghiaccio. La donna dapprima infastidita per il dolore inizia pian piano a trovare piacevole la sensazione di quei cubetti sulla caviglia e inizia ad inarcare indietro la testa con un leggero movimento delle labbra. L’uomo, già eccitato da quella donna a terra con un abito cortissimo e le cosce e le gambe nude sotto di lui, inizia a fa salire i cubetti di ghiaccio non solo alla caviglia ma per tutta la gamba dolorante dicendole:
“Sarà bene sfiammare un ò tutta la zona”.
I capezzoli della donna, sempre più turgidi, iniziano ad intravedersi sotto l’abitino e l’uomo oltre ai cubetti inizia massaggiarle la gamba sfiorandola con le mani via via sempre più su.
“Le fa male anche qui?”
Monica eccitatissima dalle mani di quell’uomo sulle sue gambe.
“Mi fa male anche l’altra, ora che ci penso”.
Messo il ghiaccio anche nell’altra mano l’uomo le massaggiava tutte e due le caviglie quando scorge, tra le gambe della donna, una macchia estesa sul perizoma. Incoraggiato dagli umori della donna il massaggio dell’uomo inizia a spingersi più su, fino a sfiorare le cosce.
“Ma cosa fa?” esordisce la donna.
“Mi accerto che tutto sia in ordine”.
Raccolta una piuma da terra l’uomo le sfiora sulla caviglia “Qui cosa sente?”
“Ho poca sensibilità”.
“E qui?”
L’uomo inizia allora a sfiorarle le gambe con la piuma mentre Monica ormai rilassata si è adagiata completamente sul terreno godendosi quello sfiorarle le gambe che le procura mille brividi.
“E’ ora di cenare” esordisce l’uomo “se sta meglio la riporto al patio”.
Considerato il gonfiore delle caviglie l’uomo decide di prenderla in braccio e davanti casa la fa sedere su una panca.
“Le preparo la cena”.
Monica ancora estasiata dal massaggio alle gambe, con la figa umida e i capezzoli ancora turgidi, infastidita dall’atteggiamento dell’uomo quasi indifferente al suo fascino “Non ho fame, porti soltanto qualcosa di fresco da bere e torno su”.
Seduto sulla panca di fronte a lei l’uomo stappa una birra ghiacciata e tra una conversazione e un’altra inizia a fare buio.
“Mi rifarebbe un massaggio alle gambe, giusto il tempo di rimettermi in sesto un attimo prima di andare a dormire”.
L’uomo, affascinato da quella donna, le mette le gambe sulla panca e inizia a massaggiarle, mentre le sue mani si fanno via via più pesanti. Monica distesa con i capelli che cascano in giù, inizia pian piano a inarcare la schiena e a schiudere le labbra emettendo piccoli sospiri di palese eccitazione. L’uomo le divarica leggermente le cosce continuando il massaggio; intravedendo il turgore dei capezzoli di lei tesi come spilli, decide di spingersi oltre e massaggiandole le cosce poggia il suo pollice sulla figa bagnata di lei ancora con il perizoma rosso. Monica emette un gemito accogliente e inizia a scostarsi con le unghie smaltate di rosso il perizoma invitando palesemente l’uomo a continuare. Lui si china tra le cosce aperte di lei e inizia a leccarle la figa bagnata e gocciolante mentre lei distesa a cosce aperte sulla panca inizia a dimenarsi.
Mentre la lingua di lui si fa aggressiva sul clitoride le sue mani iniziano a strizzare quei capezzoli duri e vogliosi. Monica, ormai totalmente eccitata e priva di qualsiasi freno inibitorio, inizia a gemere come una porca. Lui con il cazzo duro e teso come un palo si apre la cerniera dei bermuda e sempre lì sulla panca, di fronte a lei distesa, le alza le cosce e glielo affonda dentro con un’irruenza inaudita.
Tra le urla e i gemiti di lei l’uomo le sfila il cazzo da dentro, la solleva dalla panca e l’adagia con irruenza sul tavolo davanti alla panca. Lei piegata a 90° sul tavolo, con le cosce spalancate e piene d’umori e i seni schiacciati sulla base del tavolo. Lui le solleva una gamba da dietro e tenendola schiacciata sul tavolo con l’altra mano inizia a fotterla con forza. “confessa troia, hai preso casa per farti scopare a dovere”. lei come una vacca smunta dal godimento non oppone nessuna resistenza e si lascia fottere emettendo soltanto gemiti e urlando “ancora”. Lui la gira, la stende sul tavolo, si fila la cintura e le lega le mani dietro, lei stesa priva di difese sta li a godere come una troia con la figa bagnatissima e colante. Lui le apre le cosce e inizia a sfondarla…i colpi secchi e decisi fuori e dentro mentre le tette di lei ad ogni colpo balzano agitandosi…su troia, godi, poi girato al lato del tavolo le prende la testa per i capelli e le infila il cazzo in bocca fino a farla affogare…succhia troia, succhialo….lei succhia avidamente il cazzo caldo come un bambino succhia il proprio ciuccio, lui a quel punto la fa scendere dal tavolo e con le mani ancora legate dietro la porta in casa, e la schiaccia in piedi contro lo specchio enorme della camera da letto, la piega un po’ in avanti e la penetra con forza, lei godendo come non mai urla avidamente “ancora, ti prego ancora”, lui inizia a penetrarla sempre più forte e con il pollice inizia a divaricarle l’ano, la donna inizia a gemere di dolore e lui continua a penetrarle il cazzo nella figa e un dito nel culo che pian piano cede slargandosi, poi di botto inizia ad incularla con forza fino a scaricarle dentro tutto il suo godimento…
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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