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Lui & Lei

L'amica speciale -1-


di QualcheTrasgressione
15.11.2024    |    6.458    |    15 9.9
"Le loro voci mi arrivavano più ovattate..."
Da adolescente scoprii che mio padre aveva una relazione sessuale con la mia migliore amica.
Quando lei veniva a casa si scambiavano battute a doppio senso ma nulla lasciava pensare ci fosse di più. Ovviamente mi dava fastidio ma non era nulla di così esagerato.
Lei aveva un bel culo tondo e lo metteva in mostra e mio padre le diceva, ogni volta, che era un crimine uscisse in quel modo. Erano apprezzamenti spinti ma fatti tra le mura di casa, davanti a tutti.

Un pomeriggio, sul tardi, litigai con mia madre e per allontanarmi da casa presi il cane e andai a fare una passeggiata. Abitavamo in zona periferica, la via perpendicolare alla nostra terminava su una strada sterrata in mezzo ai campi. Tenni il cane al guinzaglio quasi tutto il tempo, solo arrivata alla sterrata lo liberai. Mi stette accanto per un bel po' poi si allontanó in una delle diramazioni tra i campi. Lo seguii e, dopo pochi metri vidi un furgone bianco parcheggiato dietro due alberi. Non era nascosto bene ovviamente, ma quella zona era nota per coppiette in cerca di tranquillità per copulare. Pensai a quello, e cercai di tornare sui miei passi, ma il cane non era della mia stessa idea. Si avvicinò al furgone e fece i suoi bisogni su una ruota, poi ci girò attorno. Non osai chiamarlo per non attirare l'attenzione di chiunque fosse dentro il mezzo. In realtà avevo un po' paura: avevo visto troppi polizieschi in cui quei furgoni erano luoghi di stupri e torture e, il fatto che fosse così isolato, non mi faceva sentire sicura.
Mi avvicinai piano, timorosa, cercando di non fare rumore, per recuperare il cane. Arrivai da dietro e cercai di stare abbastanza lontana per non farmi scorgere dagli specchietti retrovisori.
Poi sentii una voce e mi bloccai, mi parve di conoscerla e quando parlò di nuovo non ebbi dubbi. Era la mia amica. Possibile?
Sapevo che aveva conosciuto qualcuno nei mesi scorsi, che frequentava uno più grande, mi aveva detto. Aveva anche precisato che era una storia di sesso, nessun coinvolgimento sentimentale, anche perché lui era già impegnato.
«Ah, mi fai male! No! Non ti fermare! Oddio!» sentii più chiaramente. Mi sporsi e notai il finestrino abbassato dal lato del guidatore.
«Oh! Sì! Sfondami! Più forte! Violentami!»
Anche io ero attiva sessualmente ma non dicevo nulla di quelle cose durante il sesso, ma le trovai eccitanti.
Il furgone iniziò a ondeggiare leggermente e ritmicamente. Sentii la voce della mia amica balbettare altre porcate.
«Dimmi che sono la tua puttana! Dimmelo!» esclamò e poco dopo sentii una pesante imprecazione e anche quella voce mi fu famigliare, ma stavolta restai di pietra. Soprattutto quando la voce di mio padre disse «Sii, sei la mia puttana, la mia piccola puttana! Cristo! Hai un culo meraviglioso!» Poi sentii un colpo secco, un inconfondibile schiaffo. Mi preoccupai per un millesimo di secondo che mio padre la stesse menando ma poi la mia amica gemette di piacere.
Li sentii ansimare e il furgone continuò a muoversi. Fissai lo sguardo sulla targa, ancora incredula che fosse il furgone di mio padre.
Intanto il cane mi aveva raggiunto e si era accucciato ai miei piedi. Avrei potuto mettergli il guinzaglio e allontanarmi e invece rimasi. Ero incredula ma arrabbiata, delusa ma eccitata.
«Aaaah! Che porco sei!»
«Senti come ti si apre... Mi sta risucchiando il dito!»
«No, ti prego! L'altra volta ho perso sangue per una settimana» Le parole della mia amica mi spaventarono, mi sporsi un poco oltre il fondo del furgone e vidi qualcosa dallo specchietto retrovisore. Vidi le natiche di un uomo e il fianco di un corpo più esile davanti al suo, schiacciato contro il sedile.
Nella mia testa si figurò la scena: era a pecora contro lo schienale dei sedili. Erano sporti verso il retro del furgone.
Non so quale lucidità o pazzia si impadronì della mia mente ma feci il giro dietro le piante e mi nascosi dietro uno dei tronchi accanto al lato passeggero. Sembrava una scena allo schermo della TV, li vedevo attraverso il finestrino. Erano ripiegati oltre il sedile, vedevo solo parte dei corpi, le parti incriminate, quelle che sbattevano tra loro in un amplesso frenetico. Le loro voci mi arrivavano più ovattate. Ma le immagini erano chiare. L'uomo, che ancora faticavo a credere fosse mio padre, si tirò indietro, prese il cazzo in mano e lo sbatté più volte contro il sedere di quella che ero certa fosse la mia amica. La sentii implorare di non farlo, di continuare a scoparla, cercò di tirarsi su e vidi l'uomo spingerla con una mano in mezzo alla schiena per riportarla piegata contro lo schienale. Poi le mise la mano sul sedere e lei gemette, potei solo immaginare le avesse spinto le dita dentro.
Vidi l'uomo sfilarsi il preservativo e gettarlo dal finestrino, poi ancora la mano sulla schiena mentre con l'altra indirizzava il cazzo verso il sedere della ragazza.
Sentii lei gracchiare un urlo e lui bestemmiare, poi per un lungo momento restò fermo, sentivo in sottofondo lei lamentarsi come un guaito.
«Pensa se fossi tuo padre, ti scoperei tutti i giorni. Andresti a scuola con il sapore della mia sborra in bocca, come l'altro giorno. Verrei da te tutte le notti. Ti verrei a prendere a scuola per scoparti nel lettone prima che torna mia moglie dal lavoro. Uscire insieme sarebbe normale, potremmo andare negli hotel come padre e figlia e nessuno sospetterebbe nulla.»
Quelle parole mi lasciarono basita: aveva quel desiderio? Lei era solo un surrogato? In realtà... Era me che voleva scopare?
«Oh, sì!» quell' assenso carico di godimento mi stupì.
«Papà, sei un maiale! Quanto godi a inculare tua figlia?» quelle parole mi chiarirono ogni dubbio, era una loro fantasia erotica. Di entrambi.
Lui bestemmiò ancora e cominciò a ritrarsi per poi affondare dentro di lei che gridava il suo dolore misto a godimento. Poche spinte lente poi fu una monta in piena regola. Vidi le dita da uomo di mio padre stringere la carne tenera dei fianchi della mia amica adolescente. Sentii i colpi del loro amplesso furioso, le grida lascive e concitate di quella puttana della mia amica, i grugniti bestiali di un uomo che credevo integerrimo.
Dalla sua bocca poi uscirono una sfilza di bestemmie e infine disse «prendi la sborra del tuo papà» e dopo un paio di spinte si premette contro di lei e terminò «che figlia troia... Ti piace il cazzo del tuo papà! Ti piace quando ti scopa così, eh?»
Vidi le spalle della mia amica riemergere, la sua schiena si arcuò e le loro bocche unirsi. Lei rideva, limonarono leccandosi fuori dalla bocca. Mio padre le diede uno schiaffo sulle chiappe e poi le disse «Ora mi devi ripulire».
Lei rise ancora e aggiunse «ma scendiamo, altrimenti ti colo sborra sul sedile».
Risero, poi si accasciarono l'uno sull'altra contro lo schienale, lui ancora con il pube contro le natiche di lei.
Colsi il momento e mi allontanai dimentica del cane che però mi seguì. Tornai sulla via, lontana dai campi, stordita e incerta.
Camminai veloce, cercando di allontanarmi il più possibile. Non volevo incontrarli. Come avrei reagito vedendoli? E loro che scusa avrebbero detto arrivando dalla parte opposta a dove abitava lei? Per di più da quella zona imboscata?

Tornai a casa e dopo dieci minuti tornò mio padre. Lo sguardo severo e scocciato come sempre, salutò mia madre e annunciò il bisogno di fare una doccia per lavarsi via la stanchezza del lavoro.
A tavola ci dedicammo alla cena e l'attenzione fu sulle notizie al telegiornale.
Scambiare poche parole era la norma, mio padre non raccontava quasi mai nulla delle sue giornate e si interessava poco delle nostre.

La notte mi svegliai e le immagini che avevo visto dal finestrino mi apparvero nella testa. Mi sentii ancora delusa ma poi la mia fantasia lavorò quelle scene, scendendo nel dettaglio e mi sorpresi eccitata. Chiusi gli occhi e rividi quella mano chiudersi sul membro duro e viscido, bagnato dagli umori vaginali della fica stretta della mia amica. La grossa cappella, scura e nuda, esposta oltre le dita, che si avvicinava all'ano chiuso e raggrinzito tra le natiche bianche di una puttana ansante che pregava di essere risparmiata.
"Sfondala" dissi nella mia testa, come fossi lì con loro in quel momento, come se lui fosse lì per eseguire i miei ordini. E provai un piacere enorme tra le gambe, come una scossa, quando vidi la cappella premere sul buco, deformarsi un poco prima di riuscire ad aprire un varco, piccolo e reticente, contrario a quell'invasione, per poi affondare. Sentii le urla di lei, i tentativi di fuga per poi accettare agonizzante tutta la lunghezza del pene di mio padre nelle sue viscere. Pregai le facesse male. Sperai avesse sofferto almeno un poco, nella realtà. Quel pensiero mi regalò un'altra scossa di piacere. Le mie dita si insinuarono sotto l'elastico delle mutandine e raggiunsero la mia intimità. Non mi stupì trovare un laghetto tra le labbra. Bagnai le dita e le affondai in me rivedendo il cazzo di mio padre uscire dal suo orifizio per poi spingersi inesorabile di nuovo dentro.
Le mie dita raggiunsero il clitoride zuppe e mi masturbai con la stessa veemenza con cui mio padre aveva inculato la mia amica.
Ebbi un orgasmo epico, sconosciuto.
Non era solo fisico, ma più mentale. Fu come se il mio cervello avesse eiaculato. Mi addormentai sazia, appagata come non mai.





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