Io e Davide

Davide é capitato in un periodo buio della mia vita.
La differenza tra noi è che lui con me cercava la luce mentre io lo volevo trascinare al buio.
E’ stato un incastro inaspettatamente riuscito.
Non sono una mistress, ma a volte semplicemente divento cattiva, è il mio carattere, sono fatta così.
In questi casi l’unica cosa che riesce a farmi stare bene è la devozione incondizionata di una persona.
Mi dà sicurezza, mi calma, mi permette di andare avanti.
Ovvio che se questa devozione viene meno allora tutto attorno a me crolla e la mia reazione non può che essere spropositata.
Non parlo di dolore o pratiche umilianti e rivoltanti, non è il mio modo di agire.
Quando una persona dipende da me completamente, quando lo scopo della sua giornata è accudirmi, rendermi serena, agevolare lo scorrere della mia giornata senza problemi, esaudire ogni mia richiesta h24, allora la punizione peggiore è il suo allontanamento e la furia che mi pervade riempie il vuoto che lascia, anche se per poco.
In tre mesi non avevo mai chiesto a Davide di avere un rapporto sessuale con me, per quanto lo desiderassi.
Mi piaceva fisicamente, mi piaceva il suo sorriso e la calda profondità dei suoi occhi nerissimi, però consideravo quel livello di intimità il punto di arrivo di un percorso fatto di prove e di conferme.
Inoltre preferisco l’attesa all’atto stesso e sono sempre stata irresistibilmente attratta dalla negazione.
Nell’attesa il desiderio dell’altro è qualcosa di palpabile e di gratificante e il tuo ti fa sentire viva.
Ho trovato altri modi per godere del suo corpo e della sua presenza.
Quella mattina era passato da casa mia verso le 8.
Mi ero fatta la doccia e mi stavo spalmando la crema per il corpo.
Lui si lava le mani, prende il vasetto e finisce di farlo per me.
Non mi chiede se può farlo perché sa che a me troppe domande non piacciono.
Quelle manfrine tipo: “Posso farlo per voi signora?” o simili mi danno il voltastomaco.
Lui fa perché lo chiedo o perché pensa che a me possa piacere.
Se non è così glielo dico e lui si ferma:
semplice.
Le sue mani sul mio corpo mi eccitano, non posso e non voglio nasconderlo.
Mi sdraio e mi lascio viziare.
Lui prova a spingersi oltre alle carezze ed io lo lascio fare.
Mi regala un orgasmo intenso usando solo le mani e la bocca e il suo sorriso di soddisfazione quando lo guardo dopo il piacere dice più di mille parole.
Non voglio psicanalizzarlo, anche perché non ne sarei in grado: penso solo che siamo due persone con esigenze diverse che magicamente si soddisfano a vicenda.
Gli dico che nel pomeriggio avrò bisogno di lui, di passare a prendermi alle 18.
Lui annuisce e poi va al lavoro.
Mi scrive ogni due ore esatte per salutarmi, è la nostra routine: se ho bisogno qualcosa gli rispondo, altrimenti no.
Alle 16 rispondo: “Porta un paio di manette”.
Provo ad immaginare cosa può aver pensato leggendo il messaggio e mi spunta un sorriso.
Finora gli ho chiesto solo di accudirmi, oggi proverò qualcosa di nuovo.
Gli do le indicazioni ed arriviamo in una villetta appena fuori Milano.
Ho le chiavi ed entriamo.
Gli indico una stanza, gli dico di entrare, di spogliarsi e di aspettare.
Anche io mi cambio perché ho un certo gusto per la teatralità.
Voglio essere irresistibile e indosso un bustier in vinile rosso fuoco con una cerniera davanti che lo apre completamente e sotto un perizoma coordinato anch’esso con la cerniera.
Ai piedi sandali rossi col tacco a spillo e in mano un frustino.
Lo vado a prendere e lo trovo già eccitato.
Con il frustino gli accarezzo il cazzo.
Adoro vedere le sue contrazioni, mi eccitano.
Lo guido in un’altra stanza, lo ammanetto ad una sedia e gli bendo gli occhi.
Lo tocco più e più volte con il frustino, mettendo alla prova anche la mia resistenza.
Sentiamo una macchina fermarsi accanto alla villetta e poco dopo nella stanza entra qualcuno.
Ovviamente io so chi è, Davide può solo immaginare: dai passi avrà solo capito che sono almeno due persone.
Si avvicinano a Davide lentamente.
Vedo i suoi muscoli contrarsi per la tensione.
Mi metto dietro di lui e gli dico che se farà esattamente quello che gli dirò avrà una ricompensa.
La mia voce lo calma, si fida di me.
Gli chiedo di usare la bocca e quando la donna gli si avvicina lo fa con impegno, fino a estorcerle un gemito di eccitazione.
Quando gli si avvicina l’uomo lo vedo in difficoltà e gli chiedo se vuole fermarsi.
Non voglio forzarlo, non mi dà alcun piacere farlo.
Risponde di no e continua con quella che credo sia la sua prima fellatio.
Dapprima timidamente e poi sempre più voluttuosamente si impadronisce della pratica.
Dalla sua erezione capisco che la cosa non gli dispiace.
Quando l’uomo di stacca da lui io gli tolgo la benda.
“Ora guardiamo” - dico, mentre la coppia si dà da fare in un amplesso che è quasi un incontro di lotta, teso e rabbioso, impetuoso e aggressivo.
Dico a Davide che per avere la sua ricompensa dovrà negarsi il piacere.
Io mi siedo vicino a lui, abbasso entrambe le mie cerniere e mi tocco fino all’orgasmo.
Lo vedo che freme, lo vedo mordersi le labbra, vedo il suo cazzo al limite.
So che se aspetto ancora un po’ non potrò dargli la ricompensa, ma io voglio farlo.
“Sei stato bravo” gli dico e finalmente posso lasciarmi andare e fare quello che desidero fare da tre mesi.
La mia non è la prima fellatio ma è la prima con lui e penso che me la ricorderò a lungo.