Lui & Lei
IL FASCINO DISCRETO DEL PECCATO
di oltreconfine
21.07.2021 |
5.452 |
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"Un lieve sorriso si fece strada sulle sue labbra, quelle stesse labbra con le quali baciava me e ogni suo discente al termine di ogni lezione del catechismo..."
Ancor sicuro e fiero,
il dolce volto di una suora
che non ha conosciuto pentimento,
mi riporta ai giorni dell'infanzia.
I giorni felici e spensierati del catechismo,
preparazione all'incontro con la spiritualità.
Gli anni che passano sembrano non lasciare traccia della quotidianità degli eventi che hanno segnato la vita. La Famiglia, la Scuola, gli Amici etc. paiono caduti nell'oblio per come lontani li ricordiamo; o forse è perché restii al ricordo, indaffarati come siamo nel presente, che sembriamo alieni a ieri e rivolti solo a domani? Sta di fatto però che basta un profumo, una canzone e, quando più fortunati, un volto riconoscibile tra i mille anonimi di sempre, che allora si apre o, per meglio dire, si riapre un mondo.
A me quel mondo si è riaperto un po' di anni fa quando, ormai adulto, per una di quelle casualità che talvolta il destino si diverte ad architettare, ebbi la fortuna d'incrociare nuovamente lo sguardo di Suor Angelica.
Ero andato a disbrigare alcune pratiche di carattere religioso presso la mia vecchia Parrocchia di residenza, necessarie per la celebrazione, con rito religioso appunto, del mio ormai prossimo matrimonio. Avrei potuto anche aspettarmelo di poter rivedere Suor Angelica, ma come dicevo poc'anzi, era quasi del tutto cancellato il mio passato infantile all'oratorio e quelle lunghe giornate di ritiro spirituale in preparazione della 1^Comunione.
La stessa dolcezza dello sguardo, del sorriso e della sua voce, fecero riavvolgere in un istante i fotogrammi di almeno venticinque anni indietro, dall'ultima volta durante la quale Suor Angelica mi offrì l'ostia nel simulare a mo' di prova, insieme con i miei coetanei di catechismo, la cerimonia ufficiale.
Di suor Angelica ero, allora, letteralmente innamorato, come ogni bambino può esserlo della propria mamma. E in quell'improvviso frangente, trovandomela inaspettatamente davanti, fu come se il tempo si fosse fermato. Pronunciai una, due, tre volte il suo nome con incredula letizia: “suor Angelica, suor Angelica, suor Angelica... non credo ai miei occhi”. Un lieve sorriso si fece strada sulle sue labbra, quelle stesse labbra con le quali baciava me e ogni suo discente al termine di ogni lezione del catechismo. “Tu hai riconosciuto me, ma io faccio fatica a riconoscerti” mi disse; “certamente” replicai, aggiungendo “è vero, sono favorito, però ti avrei riconosciuto anche se tu avessi indossato abiti non talari. Da bambino, ai tempi del catechismo, eri per me come una seconda mamma e se posso permettermi, visto che mi sono già permesso di usare anch'io la 2^personale singolare, a catechismo ci venivo volentieri solo per vederti, ascoltare la tua voce ricolma di amore e attendere con ansia quel tuo bacio a fine lezione. Suor Angelica, questo per me è un giorno da segnare sul calendario per la felicità che provo nell'averti ritrovato.”
Avevo assunto, senza nemmeno accorgermene, lo stesso tono confidenziale che avevo con lei da bambino e aggiunsi: “non sei cambiata affatto; semmai sono i miei occhi ad essere cambiati per come ti vedo adesso. Eri di una dolcezza infinita allora e tale è rimasta oggi”. A stento trattenni quell'ulteriore commento sulla sua immutata bellezza, degna di quell'angelo azzurro, quale era, al quale nemmeno il nome faceva difetto e tanto meno gli anni trascorsi.
In effetti Suor Angelica riusciva ancora ad emanare tutto il suo fascino femminile, nonostante fosse mortificato da quell'abbigliamento grigio scuro di sempre; quelle orribili calzature tipo mocassino, castigate con un centimetro scarso di tacco e quelle odiose calze super coprenti dal colore indefinito, per non dire mortaccino. Ma dove, anche l'abito monacale, non riusciva proprio a privarla di tutta la sua bellezza era nell'indossare il soggolo; una sorta di benda bianca che le cingeva il collo e che poi, avvolgendo il viso, si ricongiunge sulla sommità del capo da dove si dipartiva l'immancabile velo sin sopra le spalle. Credo proprio che quella benda, contrariamente al suo scopo, completasse il capolavoro della sua straordinaria bellezza ove, ai lineamenti gentili del viso, facevano da contrasto l'enormità espressiva dei suoi occhioni verdi e la generosità della sua bocca che pudicamente copriva con una mano quando, raramente, le scappava un sorriso da ella evidentemente ritenuto eccessivo.
Mentre facevo questi pensieri, notai le sue mani. Spuntavano dalle maniche abbondanti del saio, facendole apparire ancora più minute e, ovviamente, prive di ogni abbellimento tipicamente femminile, quali ad esempio unghie lunghe, curate e smaltate. Eppure mi parvero di infinita sensualità; piccole ma armoniose, ricoperte da un sottile strato di pelle chiarissimo, quasi trasparente, che lasciava appena intravedere il gioco di ricami disegnati dalle vene sottostanti. Non so proprio da cosa fui assalito a quella vista; mi avvicinai ulteriormente a Lei e presole entrambe le mani le baciai in quello che pensavo fosse, o che speravo essere, solo un atto di antica devozione. Non tardai ad accorgermi però che in quel gesto c'era molto, molto di più. Anche lei penso si accorse di quale turbamento fosse nutrito quel mio gesto, accompagnato dagli occhi che per un istante sollevai verso il suo viso. In quel preciso istante, vedendola socchiudere gli occhi, ebbi la netta sensazione che ci fosse in lei un nanosecondo di abbandono, subito dopo ricomposto nel suo ritrarre, ma con gentilezza, le mani.
Qualcosa d' incredibilmente misterioso e d'inspiegabile magia, aveva attraversato i nostri corpi in quel fugace attimo di contatto tra noi. Ne ero assolutamente certo. A conferma della mia sensazione, sopraggiunse da parte sua l'espressione del viso che per la prima volta aveva cancellato, contrariamente a quello di sempre e che ricordavo nitidamente, le incrollabili certezze della serenità tradita adesso dai suoi occhi abbassati. Fece seguito tra noi, un silenzio tombale, quasi a riprova che quanto accaduto pochi istanti prima, aveva lasciato l'imbarazzato segnale in entrambi, che qualcosa di profondamente sacro era stato infranto. “Non farlo mai più, hai fatto vacillare la mia fedeltà in Cristo nostro Signore” furono le sue ultime parole prima di congedarmi.
A ripensarci, come ogni tanto mi capita di fare, al pari di oggi che ne ho voluto trarre un breve racconto, quantunque possa apparire blasfemo, il vacillare di Suor Angelica, nonché il mio che di lì a poco mi sarei sposato, è stato il più bel peccato della mia vita.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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