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Lui & Lei

“C” come coglione


di Ale101
07.09.2024    |    254    |    9 9.6
"Mi godo l’acqua fredda del bidet sui piedi e sento sotto le tue mani, il sangue che ricomincia a fluire, anche nel mio cuore ancora un pochino ferito..."
“… Beati tutti gli uomini per bene
Chi non sapeva e chi non vuol sapere
E chi ha confuso l'abitudine con la felicità.”

La verità è che ti abitui anche a stare senza…
Ci vogliono circa sei mesi per perdere un’abitudine. Buona o cattiva che sia, svanisce con il tempo.
Ma anche quando sai di esserti abituata, accade che un gesto, una parola, un oggetto ti riportino indietro. Come un’onda che ti sorprende e ti trascina, risvegliando immagini, profumi, sensazioni.

Oggi sto rivisitando quella che era la camera delle tue passioni.
Una stanza che una volta vibrava di vita, 15 mq stracolmi di libri, pitture, souvenir e collezioni di ogni tipo, tutto gelosamente conservato. Ora sembra vuota.
C’è solo un divano stanco, una scatola di attrezzi abbandonata in un angolo e un’armadio con qualche cianfrusaglia che non ha più alcun senso.

"Se trovi altro, chiamami. Valutiamo se buttare o meno." mi avevi detto con voce distaccata. Valutiamo? Che cazzo valutiamo? Non c’è più quel noi, rifletto ora.
All’epoca mi aveva dato speranza quel “valutiamo”.
"Seh," avevo risposto comunque scocciata, sapendo già che qualunque cosa trovassi sarebbe finita dritta nel cestino. Non c’era più nulla da salvare.

Mi sono abituata a stare senza di te, ma sono ancora incazzata.
Ci sono momenti rari, in cui guardo indietro e ricordo quello che di bello siamo stati.
Poi, ci sono gli altri, sempre meno frequenti, in cui il dolore della tua scelta nonscelta, torna a farsi vivo.

L’occhio mi cade su un angolo dell’armadio.
C’è qualche libro vecchio e qualche edizione limitata della Marvel, una reliquia della tua passione per i fumetti. Accanto una scatola a forma di cuore, nera, dimenticata tra le pieghe della polvere.
Sorrido, e il sorriso mi punge. Ho bisogno di cicatrizzare.
La prendo tra le mani con un tocco leggero, come se fosse un fiore fragile.
Quella scatoletta rappresenta uno dei tanti tentativi per tenere ancora insieme quel "Noi".
Un “Noi” che si è frantumato senza che che me ne accorgessi realmente, ahimè.

"Fetish&Bdsm -100 provocanti esperimenti osé” recita il coperchio.
Cose semplici e meno, che ci avevano fatto fare l’amore ridendo nello stesso respiro.
C’era una sola regola: "Deve succedere all'improvviso, e possiamo modificarlo come ci pare."

Apro la scatola. Dentro, una pinzetta e i bigliettini arrotolati, come piccoli rotoli di memoria.
Ne estraggo uno per curiosità, o nella speranza che sia uno di quelli già vissuti.
Ho bisogno di ricordarti in modo positivo, perché non posso continuare a essere incazzata… mi sta consumando.

"Lecca, accarezza e bacia i piedi al tuo partner."
Semplice. Sorrido amara. Non era mai uscito questo.

Prendo il telefono, esito per un attimo prima di digitare il messaggio.
"Ciao, indovina cosa ho trovato nella stanza…"
"Il libretto della Harley?"
Esito ancora.
"Esatto."
"Passo a prenderlo domani mattina. 7.45 va bene? Poi sono incasinato…"

Mavvaffanculo.
Quel "poi sono incasinato" mi fa ribollire il sangue. Sempre la stessa storia. Sempre te. Ma si, fai quel cazzo che ti pare, come sempre.
Reagisco con un "👍" che racchiude tutto ciò che vorrei urlare. Coglione.

La sveglia suona alle 7.
7 di sabato mattina. Una tortura che mi scivola addosso come un’ombra soffocante.
Una doccia veloce, un filo di trucco giusto per sembrare più sveglia di quanto non sia e 10 minuti a raccogliere i capelli in una coda casuale, cercando quell’aria da “appena sveglia”.
Decido che mutandine nere e una maglietta oversize di Pikachu, è l’outfit perfetto per l’occasione.

7.35, campanello.
Sempre in anticipo, maledetto. Ecco un altro dei motivi per cui la situazione era diventata insopportabile: la tua ansia, la tua fretta. Anni passati a correre, ad arrivare sempre prima di tutti, a essere perfettamente organizzato, mai un respiro, mai un attimo fuori posto.
Grazie per avermelo ricordato, serve.

"Ciao, bellissima," dici in tono fresco.
Mavvaffanculo.
"Caffè?" chiedo con una faccia ancora finta addormentata.
"Si, grazie." ti siedi sullo sgabello.
"Come stai?"
Cominci a parlare del lavoro.
Cribbio, non sono nemmeno le otto del mattino e tu già parli di americani, giapponesi e accordi. Taci.
"Ti ho chiesto come stai. " ripeto, mentre mi giro verso la macchina del caffè.
Sento i tuoi occhi addosso. Ecco, finalmente ti fermi.

La cialda mi scivola dalle mani accidentalmente e mi chino lentamente per raccoglierla. Sospiri.
Sento il tuo sguardo che si sposta e cerca di nascondere l’istinto. Mi giro di colpo, voglio vederti, voglio che ti senta in colpa. I tuoi occhi sono sul mio culo. Quando ti accorgi che ti ho beccato, alzi lo sguardo imbarazzato.
Che buffo, penso. Ci siamo detti di tutto, ci siamo fatti di tutto, e ora, di fronte a me, arrossisci.

"Il libretto è nell'armadio verde. Vai pure." ti dico, fingendo di volerti salvare da quella situazione.
Ti guardo mentre sali le scale, la tua presenza riempie ancora le stanze, come una volta.
Tre minuti dopo, arriva la tua voce dall'alto.
"Ale, non lo trovo. Dov'è?"
Salgo e mi avvicino alla camera a passi lenti e misurati.
"Nel dizionario, alla lettera C... C come COGLIONE.” mormoro dietro di te.
Sento il tuo profumo che si mischia all'odore di vecchi libri e vernice fresca. Quel profumo mi chiama, mi irrita e allo stesso tempo mi seduce.

Ti giri verso di me, scuotendo la testa, esasperato.
"Dai, fai la seria. Devo andare..."
"Sono seria." rispondo, incrociando le braccia.
"Apri il dizionario alla lettera C."
Ti metti a sfogliare, e quando arrivi alla lettera, vedi il biglietto piegato tra le pagine.
Lo prendi in mano, esitante, e mi lanci un'occhiata interrogativa.
"Leggi," dico, con voce più tagliente del previsto.

"Lecca, accarezza e bacia i piedi al tuo partner. Coglione." leggi dal biglietto post prodotto, con un mezzo sorriso che tenti di nascondere.
"Fallo." dico senza esitazione.
Brontoli parlando dell’orario e del fatto che non ha senso.
"Fallo." ripeto, con una fermezza che non ammette replica. Mi guardi.
Ti inginocchi, i tuoi occhi si abbassano mentre le mani mi accarezzano le cosce, scivolando su e giù, lente, come in una strada a lento scorrimento.
La tensione cresce davanti a immagini del passato e la mia pelle risponde ancora al tuo tocco.
Mi siedo sul divano, sfilandoti la maglietta con un gesto fluido, calcolato. I nostri sguardi si parlano mentre ti appoggio una gamba sulla spalla. Ti accarezzo così la testa e ti chiamo a me.
Il tuo respiro accelera quando ti avvicini al mio sesso, ma ti fermo con il piede.
"I piedi coglione." dico, spingendoti indietro con tocco deciso.
Ti pieghi al comando, e le tue labbra si schiudono sul piede destro. Sento il respiro caldo insinuarsi tra le dita e le tue mani diventare più forti.
Ti slacci la cintura. Il cazzo si rivela, grosso, venoso, lucido. Bello e pronto come allora.
Mi inviti a prenderti, a cederti, ma resto li, a osservarti. Resisto, perché mi piace farlo.

La lingua continua a scorrere lenta sui miei piedi, lavandoli. Le mani invece, si muovono sempre più rapide su di me, ansiose, quasi disperate.
Mi sto bagnando come si deve, ma continuo a resisterti. Mi piace vederti così, prigioniero.
Mi sdraio, appoggiandomi su un gomito, mentre l'altra mano scivola lentamente sotto le mutandine. Le mie dita trovano il centro dell’eccitazione, e le tue mani cercano di avvicinarsi. Sono lì, davanti a te, aperta come una volta, ma ormai fuori dalla tua portata.
Sto cercando disperatamente l’orgasmo, e tu, puoi solo esserne spettatore ora.
La bocca ti si chiude attorno a un piede, lo succhia, lo morde e lo lecca con attenzione divinatoria.

"Sto per venire Ale!" mi avvisi con un tono roco.
"Sai cosa devi fare." rispondo, abbassando i piedi.
Ti lasci andare a un orgasmo violento. Il calore mi avvolge i piedi. Godo sotto il liquido che scorre tra le dita dei piedi. Li strofino tra loro e sul tuo viso.
"Spalmala, e finisci." dico, mentre la mano si muove più velocemente dentro di me, inseguendo l'inevitabile.
Mi massaggi i piedi con maestria. Li stringi, li graffi e la lingua continua a pulirli.
Stai lavando via il tuo desiderio.
Vengo.
Il corpo mi si irrigidisce, e per 30 secondi non c'è altro. Solo il piacere silenzioso che mi attraversa.

Quando il respiro torna regolare, mi tiro su e incontro di nuovo quegli occhi mare. Mi hanno sempre inchiodata, hanno sempre saputo dove guardare. Potrei avere un altro orgasmo solo per come mi guardi.

Mi afferri in braccio e mi porti in bagno.
Mi godo l’acqua fredda del bidet sui piedi e sento sotto le tue mani, il sangue che ricomincia a fluire, anche nel mio cuore ancora un pochino ferito.

Mi asciughi ed esco. Sulla porta mi dici:
“Il libretto?”
“Boh, non so dove sia. Ciao.”
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