Lui & Lei
A casa di Clara
di Rodeo75
02.07.2022 |
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"La volevo vedere sempre di più, continuamente..."
Ci frequentavamo ormai da diverso tempo io e Clara. Che tipo di rapporto fosse non l'ho mai capito. Ancora oggi mi sfuggono tante cose. Eravamo diversi, è vero, probabilmente un problema di fondo piuttosto pesante, ma non credo fosse solo questo.
Insieme in effetti stavamo bene. Era un frequentarsi senza vincoli, senza pretese, almeno in apparenza.
È vero che io non ero mai del tutto uscito fuori da una storia importante, durata anni, che mi aveva profondamente segnato.
È anche vero che mi piaceva la mia libertà, partire in moto da un momento all'altro senza aver programmato nulla, sparire per giorni e giorni tra i miei monti o per andare a pesca.
Si, in effetti, per una ventenne che immaginasse una relazione stabile non ero proprio il ragazzo perfetto. Lei d'altronde rimaneva ancorata al suo mondo borghese e chic, un mondo che odiavo e avevo sempre combattuto.
Ma quando eravamo soli, io e Clara, che chimica! E non parlo solo di sesso, si, quello lo sapete già, con Clara fin dal primo momento era scattata un'affinità ed una complicità sessuale davvero ad alta gradazione.
Era un po' come un chitarrista che ha tra le mani il suo strumento preferito, immaginate BB King con Lucille o Stevie Ray Vaughan con Number One, quella fender del 59 graffiata e rovinata ma dal suono che lo riconosci con due note e resti a bocca aperta.
In realtà, quando eravamo soli, io e Clara stavamo bene insieme, poco importa che fosse andar a mangiare una pizza o uno spettacolo al tramonto al teatro greco. Poi però, per buona parte del nostro tempo, eravamo perfetti estranei. Ricordo una sera, una sera perfetta, era fine maggio, c'era un'aria dolce e profumo di fiori di tiglio. Eravamo a casa sua, l'avevo riaccompagnata a casa dopo una bella serata ad ascoltare buona musica. Eravamo soli a casa.
Già, io a casa sua andavo solo quando non c'era nessuno in giro...
Eravamo sul divano, lei mi stava accanto. Era bella e stronza. Da stronza quale era, mi guardò e disse che non poteva funzionare, che facevo finta di non capire. "Uomo, lo sai, mi piace tutto di te. Mi piace il tuo modo strano di pensare cose diverse. Mi piace vederti guidare, mi piace sentire la tua voce che mi racconta storie e adoro le tue mani su di me, a letto poi sei ciò che ho sempre voluto. Ma la tua smania di libertà e la tua anarchia" -disse guardandomi negli occhi- "sono inconciliabili con la vita che vorrei immaginare insieme a qualcuno".
Rimasi basito. Non tanto per ciò che aveva detto, che in fondo non era poi così sbagliato, quanto piuttosto per il fatto che mai aveva lasciato trasparire la sua voglia di un rapporto più stabile o concreto.
Anzi, forse per orgoglio, aveva da subito rimarcato che la nostra non era una relazione stabile, forse nemmeno una relazione, semplicemente due cellule pazze che si incontrano in maniera casuale e danno luogo a qualcosa di straordinario per poi tornare libere e indipendenti.
Passarono diversi mesi senza che ci fossimo mai né visti né sentiti. Io mi stavo nuovamente abituando alla sua assenza. Si, perché in fondo mi ero fatto prendere da quella puledra mora e ne ero uscito con le ossa rotte.
Mi ero buttato nuovamente nella corsa e nella bici, come faccio quando ho bisogno di staccare. Ed era ritornata nella mia vita Livia, un'altra stronza che appariva e scompariva periodicamente.
Come accadde tante altre volte, ogni qualvolta una donna entrava come una meteora nella mia vita, Clara si rifece viva.
E con l'arte teatrale e un po' malata che hanno certe donne, mi utilizzò come capro espiatorio e bidone nel quale vomitare tutti i suoi problemi e tutte le cazzate che aveva fatto.
A suo dire colpa era sempre e comunque mia...
Tra tutte le cazzate nelle quali era scivolata in quel lungo periodo nel quale eravamo stati distanti, spiccava Gianni.
Di botto ogni considerazione e stima per l'intelligenza di quella donna erano scivolate come le acque nere nella fognatura...
Gianni era un topo. Basso, tarchiato, anonimo, pallido, flaccido e con pochi capelli spelacchiati color pannocchia. Aveva le mani piccole e paffute, sudaticce. In più era uno di quelli che si sentono qualcuno perché portano una divisa.
Gianni era il fidanzato di una sua amica, Giulia. Anche Giulia non è che fosse da ricordare come una perla di rara bellezza. Erano una coppia che aveva conosciuto, credo, tramite quei circoli (viziosi) nei quali la borghesia fa una poltiglia tra politica e chiesa. Quel genere di persone che pretendono di dettare le linee di condotta morale al resto dell'umanità, nascondendo con ipocrisia le proprie nascoste perversioni. Andavano al mare insieme Clara e questi suoi amici. In uno di quei circoli per fighetti che non si vogliono mischiare con la plebaglia.
Per farla breve, un giorno, Giulia non si era sentita bene. Così al circolo Clara si era trovata con Gianni. Avevano preso un pattino e si erano allontanati in mare. Gianni si era tuffato in alto mare, togliendosi il costume. Risalendo a bordo aveva trovato Clara completamente nuda. Avevano scopato, disse, risparmiandomi però i particolari. Lui poi, spinto dai sensi di colpa, aveva raccontato tutto alla fidanzata. Loro si erano lasciati, Giulia aveva litigato con Clara e l'aveva sputtanata con tutto il circolo. Clara e Gianni non si erano più visti.
Mi raccontò altre storie, tra le quali una breve parentesi con il collega che più mi stava sul cazzo. Sembrava quasi che li avesse scelti apposta per farmi un dispetto.
Non so bene perché o forse sì, ma non lo ammetto a me stesso, ma Clara da quel momento divenne per me una puttana da scopare e nient'altro. Sessualmente continuava a piacermi, anzi forse qualcosa di perverso si era insinuato e me la faceva desiderare ancor di più.
Come sempre facevo la mia vita, ma adesso la cercavo solo quando avevo fame e solo per quello. Erano finite le passeggiate, i concerti, il teatro. La chiamavo, andavo a prenderla, la scopavo come un animale, senza tenerezza, cura, nulla, solo un'overdose di cazzo in tutte le salse.
Non so cosa si era innescato, ma questo cambiamento la portò in una condizione di dipendenza e subalternità. Era finita la sua spavalderia, il suo fare sprezzante. Più la trattavo male e più mi assecondava. Mi aspettava per ore la sera, finché tornassi dai miei giri. Sentiva addosso il profumo di altre ragazze ma non osava chiedere. Capitava che mi fermassi di colpo in una strada poco trafficata e tirassi fuori il cazzo per farglielo succhiare. Poi la riportavo a casa, senza smancerie, senza coccole. Le dissi che non volevo più usare il preservativo e cominciò a prendere la pillola. Si innescò un rapporto tossico, malato. La volevo vedere sempre di più, continuamente. Volevo averla sempre di più, più volte al giorno, ovunque, in qualsiasi momento.
Una mattina mi chiamò, era un venerdì- "Uomo, hai impegni questo fine settimana? I miei sono partiti e tornano martedì". L' idea mi eccitava, ma non volevo tradire l'entusiasmo- "Non so, ti faccio sapere se mi libero".
Arrivai da lei dopo pranzo. Per quanto quella ragazza mi avesse fatto stare male e nonostante avesse perso la mia stima, mi piaceva da morire.
La trovai in giardino, a bordo piscina che leggeva "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera. La baciai, come non avevo più fatto da tanto tempo. Mi piaceva il suo sapore, la morbidezza della sua bocca, la calda accoglienza vellutata della sua lingua. Le abbassai il costume, scoprendo quel seno che mi faceva impazzire.
"Hey, bada che in casa c'è mia sorella Cinzia,- mi avvertì- doveva andare dal suo ragazzo ma hanno litigato furiosamente". Non era una novità, quei due stavano più tempo a litigare che a scopare. Anzi, a detta di Clara, era proprio quello il problema tra i due: il damerino era poco attratto dal sesso, che viveva con frettolosa superficialità, ma più propenso alle uscite con gli amici, partite di calcetto e serate di poker. Un vero peccato perché, come Clara, anche entrambe le sorelle erano delle gnocche con una carica erotica molto forte e altrettanta fame.
Feci finta di non sentire e continuai a baciarla e spogliarla. Lì in giardino, noncurante di essere visti.
Anzi forse eccitato proprio da quella evenienza!
Aveva un bikini ridottissimo, bianco, di cotone increspato, quasi una tela leggera. Sciolsi i laccetti. Era una venere dalla pelle scura, così abbronzata che avresti detto fosse una di quelle bellezze esotiche di origini indefinite.
Aveva rasato completamente la passera, meritava una leccata come se non ci fosse un domani.
Era da quando avevamo ricominciato a vederci che non l'avevo più né baciata con passione né tantomeno leccata o masturbata.
Lei si inginocchiò, aprì il cinturone e i 5 bottoni dei jeans. Il mio cattivo ragazzo a malapena stava negli slip e sbucò fuori come per incanto. Clara sapeva che impazzivo per i suoi pompini e ancora una volta mi regalò un saggio del suo talento.
Dietro di lei, a distanza, vidi una delle tende, dietro le finestre al piano di sopra, muoversi. C'era qualcuno dietro quei vetri che, non visto, stava godendosi lo spettacolo. Feci finta di nulla e continuai a spremere il seno prosperoso e turgido di Clara mentre lei mi guardava negli occhi succhiando il mio cazzo.
Mi tolsi camicia, stivali e jeans, rimasi nudo. La tenda era stata scostata quasi del tutto e la sagoma dietro la finestra era adesso più nitida.
Se non l'avessi avuta in ginocchio tra le mie gambe, avrei giurato che dietro quel vetro fosse Clara. Erano quasi identiche, almeno a quella distanza.
Feci stendere Clara a bordo piscina ed entrai in acqua.
Arrivavo col mento proprio all' altezza del bordo ed era una posizione ideale per gustarmi quella passera totalmente depilata.
Tante volte in passato glielo avevo chiesto, ma non aveva mai voluto accontentarmi.
Adesso, inaspettatamente, eccola, completamente naked come una moto senza carenatura. Affondai il viso tra quelle cosce aperte, lei si offrì sporgendosi in avanti e inarcò la schiena indietro, poggiando sui gomiti.
Come non mi era più capitato da mesi, lei sbrodava copiosamente nella mia bocca ed io tra lingua nella fica e mani sui capezzoli la facevo sciogliere come un gelato in agosto.
Cinzia era sempre alla finestra, aveva il seno scoperto che massaggiava con una mano, mentre con l'altra giocava con il sesso che intuivo ma non potevo vedere.
Clara, come sua attitudine, cominciò presto a venire. Si lascio scivolare in acqua, tra me e la parete della piscina. Io toccavo il fondo coi piedi da quella parte e lei mi si aggrappò, stringendomi la testa e baciandomi.
"Ti amo, uomo" disse singhiozzando. Avrei voluto rispondere un banale "Anch'io ti amo". Ma lo soffocai, più per orgoglio che per questioni di stile.
Aveva il culo duro tra le mie mani. Lei ansimava, avvolgendo la sua lingua alla mia come un serpente. La mancanza di gravità agevolava la nostra danza con un piacevole sciabordio. Fu un orgasmo potente, intenso, lungo, all'unisono...
Continua...
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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