trans
Juliette
di Motogenova2024
06.09.2024 |
48 |
2
"Vediamo se sei anche ubbidiente..."
Racconto nato dalla chat con Juliette70.Il nuovo collega che è arrivato oggi sembra un tipo simpatico, si ambienterà bene.
“Ciao” mi presento. “Tu sei G, giusto? Piacere, D”
“Ciao, piacere mio. Mi fai vedere un po’ il lavoro?”. Come coordinatore è uno dei miei compiti mostrare il posto ai nuovi arrivati, spiegare cosa dobbiamo fare, organizzare i turni eccetera. “A proposito di turni, potresti lasciarmi il tuo numero così che ti possa contattare in caso di necessità? Tranquillo, non capita quasi mai che ci sia qualche cosa di così urgente da non poter aspettare lunedì. Giusto per sicurezza”
“Certo nessun problema. Segna pure: 347…” “aspetta, ho dimenticato il telefono in ufficio… Facciamo così, fammi uno squillo sul cellulare aziendale, quando torno indietro lo salvo…Adesso ti lascio ai colleghi che ti spiegheranno cosa fare, ci vediamo a fine giornata” “ok, lo faccio subito. A dopo!”
Arrivato in ufficio una lucetta rossa mi avvertiva di una chiamata non risposta sul cellulare. Salvo il numero come “G quello nuovo”. “Numero già presente in rubrica”. Impossibile, non ci siamo mai visti ne conosciuti. Eppure quel 347… è già presente. Il numero corrispondeva a “puttanella stazione”. Avevo letto quel numero sui muri dei bagni della stazione ferroviaria con l’inequivocabile dicitura “chiamami, sarò la tua schiava”. Quello che non avevo trovato era il coraggio di chiamare, ma il numero era rimasto in rubrica. Magari era solo un caso, poteva essere un vecchio numero riassegnato, potevano esserci altre mille spiegazioni.
Nulla faceva immaginare che G nascondesse “quel” segreto, eppure… C’era solo un modo per sapere: G aveva solo il numero del cellulare aziendale non del mio privato, potevo scrivergli da quello e per lui sarebbe stato un numero sconosciuto. Continuavo a ripensarci ogni giorno, mi trattenevo ma dopo una settimana la curiosità era troppa. Una mattina, in ufficio, decisi che era il momento di rischiare. Aprii Wharsapp e digitai un semplice ma chiaro messaggio:
-ciao troia
Restai a fissare quel messaggio per interminabili minuti. Mandarlo o restare col dubbio? “Fanculo”. E lo inviai. Stavo già mettendo via il telefono, certo che la risposta non sarebbe arrivata prima della fine del turno di lavoro. Invece fu quasi immediata.
-chi sei?
Tanto valeva premere subito sull’accelleratore
-il tuo nuovo master
-interessante… dove hai preso questo numero?
-l’hai lasciato tu in stazione centrale. Allora, sei pronta a servirmi?
-dipende… cosa ti aspetti da me?
-Mi aspetto una cagnetta ubbidiente e spudorata. Vestita una gonnellina così corta e delle mutandine così piccole che non devono essere tolti per farsi scopare
-Ummmm mi piace fare la cagna, essere trattata da troietta
In allegato una foto del suo culetto ricoperto di strisce rosse, chiaramente frutto del caning. Se prima mi stava piacendo, adesso cominciava a montare l’eccitazione.
-bel culetto… quando verrà il mio turno di sculacciarlo?
-se vuoi, anche stasera
Stavo per accettare, ma mi trattenni. Meglio procedere con calma, dovevo essere sicuro
-niente fretta, prima devo decidere se sei degna di essere la mia schiava. Intanto, non mi hai ancora detto come ti chiami
-Juliette
-invece tu mi chiamerai padrone.
-si, Padrone
-brava la mia troietta. Ora, sei pronta a dimostrarmi quanto sei fedele?
-si, Padrone
-bene. Riceverai istruzioni.
Nessuna risposta. Solo una foto. Lei di spalle su una poltrona che esibiva un culo da vera femmina che spuntava da sotto una minigonna inguinale ed un tanga talmente striminzito che si faceva fatica a notarne la presenza. Se prima ero eccitato, ora ero decisamente in erezione.
Durante lo scambio di messaggi avevo cercato G con lo sguardo in tutto l’ufficio. ma non lo avevo visto. Appena finito l’avevo invece notato uscire dal bagno con quello che sembrava un accenno di sorriso. Forse avevo fatto centro.
La giornata passò veloce. Non riuscivo a concentrarmi sul lavoro, avevo un sacco di idee in testa su cosa farle fare e dovevo svilupparle. Una volta rientrato a casa il “piano” era ben delineato.
Presi il telefono e aprii Whatsapp
-Primo giorno. Se vuoi essere la mia schiava devi essere sempre pronta. Da oggi porterai solo mutandine da donna, e devono essere le più stiminzite possibili. Capito?
-si, Padrone
-ci sentiamo domani
Il giorno dopo in ufficio osservai G, cercando di capire se indossasse o meno intimo femminile. Nulla lasciava capire se avesse eseguito l’ordine. Decisi di agire.
-mandami una foto di te coi pantaloni abbassati. Non mi importa se sei a casa, al lavoro o a fare shopping. SUBITO.
Un trillo. G che prende il telefono, legge il messaggio perplesso e scappa in bagno. Un altro trillo, questa volta vicino a me: una foto su whatsapp. Conoscevo quel bagno, e quel culetto strizzato in un tanga di pizzo doveva essere di G, momentaneamente trasformatori in Juliette. Ormai non c’erano più dubbi, erano la stessa persona
-brava, cagnetta. Riceverai altre istruzioni stasera.
Ero decisamente su di giri. Appena vidi G mi avvicinai. “Tutto a posto? Ti ho visto correre in bagno, stai bene? È successo qualcosa?” Divenne visibilmente rosso. “Si… no… cioè… tutto a posto, grazie”
Appena tornato a casa mandai un nuovo messaggio
-hai dimostrato di essere ubbidiente, posso concederti di incontrarmi. Prima però ti do un ultimo ordine. Compra un collare. Sceglilo comodo, perché dovrai indossarlo tutta la sera. Ci vediamo domani.
-si Padrone, grazie. Dove ci vedremo? A che ora?
-saprai tutto al momento giusto
Passai la serata a fantasticare su cosa sarebbe successo quando il mio piano fosse andato in porto.
L’indomani la mattinata passò liscia, appena tornati dalla mensa chiamai G nel mio ufficio.
“Ciao, mi hai mandato a chiamare? Dimmi”
“Volevo dirti che puoi andare a casa a prepararti, hai il pomeriggio libero”
Divenne paonazzo. Forse avevo scoperto il suo segreto? Restava li davanti a me, con la bocca aperta senza riuscire a spiccicare parola. Aprii il primo cassetto della mia scrivania ed estrassi un guinzaglio. Glielo porsi. “Spero che si abbini al collare che ti ho fatto comprare”
Mosse impercettibilmente le labbra mentre un “grazie Padrone” le usciva come un sussurro. Per la prima volta vidi trasparire sul suo volto Juliette, la vera natura di G.
Mi feci dare il suo indirizzo, dicendole che sarei arrivato alle 20 e che per quell’ora doveva farsi trovare già pronta. Uscì.
Anch’io alla fine della giornata lavorativa scappai a casa. Dovevo passare a casa per cambiarmi e farmi una doccia, alle 20 avevo un appuntamento importante.
Arrivai in perfetto orario, suonai al citofono e, come era stata istruita, la porta di casa era socchiusa. Secondo i miei ordini Juliette doveva aspettarmi in piedi dietro alla porta.
G era un bel ragazzo, ma truccato con cura e con indosso la parrucca rossa a caschetto era proprio una gran bella ragazza. Una bellezza che contrastava in pieno con l’erotica volgarità del suo abbigliamento. Era li, in piedi davanti a me, coperta solo da delle quasi inesistenti mutandine di pizzo e le autoreggenti nere. Un collare e delle décolleté nere con un tacco altissimo la identificavano come una slave. Per quella notte, la MIA slave.
La squadrai da capo a piedi. Ero eccitatissimo, ma il mio ruolo di master mi imponeva alterigia e severità.
“Buonasera, padrone. Benvenuto”
“Accettabile. Possiamo cominciare l’addestramento. In ginocchio. Sedere sui talloni. Mani sulle ginocchia. Sguardo a terra.”
Eseguì alla perfezione.
“Questa sarà la posizione che dovrai tenere quando sei in mia presenza, se non ti saranno date altre istruzioni. Adesso, portami il guinzaglio che ti ho dato oggi.” Si alzò e, sculettando sui tacchi, andò a prenderlo. Tornò mettendosi ai miei piedi nella posizione che le avevo appena insegnato e, tenendo il guinzaglio sul palmo delle due mani aperte come se si trattasse di qualcosa di prezioso, me lo porse.
“Eccolo, padrone”
Presi il moschettone in mano.
“Fammi vedere il collare” scostò la testa in modo che potessi agganciarlo.
“Bene, adesso sembri proprio una cagnetta. Vediamo se sei anche ubbidiente. Cominciamo l’addestramento. A quattro zampe. ORA.”
Appoggiò mani e ginocchia sul pavimento.
“Passeggiamo. Devi sempre stare un passo avanti al padrone, ma non tirare. Altrimenti verrai punita”
“Se dite che ho sbagliato, lo merito”
Vedendola camminare davanti a me, che muoveva il culo liscio e sodo esaltato dalla trasparenza del pizzo la voglia di scoparla era fortissima, ma quello non era lo scopo dibquel giorno. Dovevo prima farla diventare la mia slave, quando l’addestramento fosse finito avrei potuto farle tutto ciò che io (e certamente anche lei) desideravo.
“STOP. Scodinzola” ancora quell’invitante movimento
“A cuccia” si sdraiò appoggiandosi a terra con le braccia sotto di se
“Seduta” e si mise sulle ginocchia.
“Dai la zampa” allungò la mano, aspettando che la prendessi con la mia. Si sbagliava. Mi avvicinai di un passo e mi appoggiai sulla sua mano con la patta dei pantaloni ormai tesa dall’eccitazione sottostante. Cominciò ad armeggiare per aprire la cerniera e liberare finalmente il mio cazzo. Quando fu finalmente libero era proprio davanti al suo viso. Lo guardava con voglia, ma non era ancora il momento.
“A cosa ti servono le mutandine? Hai mai visto una cagna portarle? Toglile”
Esegui senza fiatare.
“Ora a quattro zampe” assunse la posizione che le era stata ordinata. Lasciai il guinzaglio e le girai intorno, fermandomi dietro di lei. La vidi inarcare la schiena, pronta per essere posseduta. Si bagliava di nuovo.
Rimasi qualche istante fermo ad ammirare quel culo che non aspettava altro che di essere penetrato. Si girò e mi disse “la prego, faccia piano. Sono un po’ stretta, è da tanto che non ne prendo”
Risi. “Pensavi che volessi scoparti? Non sei ancora degna di prendere il cazzo del padrone. Ti ho fatto mettere così perché adesso è il momento di punirti. Quante sculacciate pensi di aver meritato oggi?”
Con voce titubante rispose “cinque?”
“Facciamo dieci. E sono ancora poche. Adesso verrai colpita, dovrai contarle e ringraziare”
Le diedi uno schiaffo sul gluteo destro
“Uno. Grazie padrone”
Adesso il sinistro
“Due. Grazie padrone”
Il segno rosso delle cinque dita era ben visibile. Colpii nello stesso punto
“Tre. Ancora, per favore”
“Quattro. Cinque. Sei. Grazie, grazie e grazie”
Le chiappe cominciavano ad essere arrossate e gonfie
“Sette. Otto. La prego, continui”
Armai il sedere era gonfio
“Nove. Dieci. Grazie di avermi punito come meritavo”
Bel regalo che ha fatto Juliette a G: domani in ufficio qualcuno farà fatica a sedersi…
“Non fai proprio schifo, forse si riuscirà a tirare fuori qualcosa di buono da te. Ora devo andare. Ci rivediamo domani.” Fu difficile, molto difficile rimetterlo nei pantaloni ed uscire ma era parte del gioco anche quello. Portarla al massimo dell’eccitazione e lasciarla così. Ma l’attesa avrebbe aumentato il piacere. Uscii e nel chiudere la porta mi girai a guardarla. Era visibilmente delusa. Bene. Ormai era sottomessa completamente.
Il giorno dopo in ufficio mi comportai come se nulla fosse ed anche G fece finta di nulla. Solo al momento dell’uscita incrociandolo buttai lì un “a dopo”. Abbassò lo sguardo e mi parve anche di vederlo arrossire.
Quella sera mi presentai puntuale alle 20. Juliette mi aspettava, come da istruzioni ricevute, in ginocchio. Entrai e richiusi la porta dietro di me, bloccando la serratura. Quel semplice gesto voleva dire “sei mia, non c’è via di scampo”. Il rumore del ferromorto la fece sobbalzare: il messaggio era stato recepito perfettamente. Senza dire altro cominciai a spogliarmi. Quando rimasi completamente nudo le girai un paio di volte intorno, squadrandola. Era ancora immobile nella posizione che le avevo insegnato, indossando il collare col guinzaglio già attaccato. Oggi aveva scelto un outfit un po’ più ricercato. Ai tacchi altissimi dell’altra colta aveva abbinato delle autoreggenti nere leggermente velate… no, non erano autoreggenti: da sotto la corta gonna a pieghe spuntava un reggicalze. Completava il tutto una canottiera trasparente.
“Meglio dell’altra volta, brava”. Le accarezzai la testa come si farebbe con un cucciolo che esegue un comando per la prima volta.
“Porgimi il collare”. Eseguì e si mise a quattro zampe al mio fianco. Presi il sacchetto che avevo portato con me e mi diressi verso la camera, lei docilmente mi seguì. Mi sedetti sul letto.
“Adesso puoi alzarti in piedi. Mettiti qui, davanti a me. Brava. Ora,alza la gonna.” Le mutandine di pizzo nero coi ricami rossi che aveva scelto erano proprio belle. Benché striminzite riuscivano a contenere il piccolo pene. “Cosa abbiamo qui? Un pisellino o una clitoride”
“Una clitoride, padrone”
“Vediamo… si, potrebbe essere. Ma meglio evitare rischi. Non vuoi che diventi un pisellino duro davanti al padrone, vero?”
Dallo zaino estrassi una gabbietta e gliela mostrai. “Sai come si mette?” “Si, padrone” “allora indossala”
Abbassò il tanga fino alle ginocchia, armeggiò un po’ con la gabbia e dopo averla messa mi guardò e disse “va bene così, padrone? Adesso è una clitoride degna del padrone?”
Il suo bisogno di approvazione non faceva che acuire il mio senso di dominio: le non era la mia troietta, le VOLEVA essere la mia troietta.
“È stretto?” “Si padrone, mi da un po’ di fastidio” “bene. Se ti verrà duro il fastidio peggiorerà. A te la scelta. Ora, rimettiti in posizione”
Inginocchiandosi si ritrovò con la faccia all’altezza del mio bacino. La situazione si stava scaldando e il mio pene cominciava a gonfiarsi. Juliette lo vide e allungò le mani, cominciando a menarlo. La lasciai continuare per alcuni secondi fino a che non fu completamente in erezione. “Ferma. Chi ti ha detto che puoi usare le mani? Se volessi una sega me la farei da solo. Metti le mani conserte dietro la schiena e apri la bocca. Fuori la lingua e occhi chiusi” Le appoggia la cappella sulla punta della lingua per alcuni istanti, in maniera che potesse sentire il mio sapore. Poi, senza preavviso spinsi avanti il bacino infilandoglielo fino in gola, mentre le palle colpivano il mento. D’istinto si ritrasse. “Non ci siamo, non ci siamo proprio. Ti fa schifo il cazzo?” “Il cazzo del padrone è perfetto, solo non me lo aspettavo… mi scusi…” “non sono arrabbiato, sono solo deluso è la seconda volta in pochi minuti, pensavo che ormai avessi capito e non ci sarebbe stato più motivo di punirti. Ma penseremo a questo più tardi, adesso riproviamo. Mettici più impegno”.
Tirò nuovamente fuori la lingua, questa volta le misi le mani dietro la nuca e cominciai a spingere avanti e indietro. Questa volta non si ritrasse mentre le scopavo la bocca, e probabilmente la cosa le piaceva perché tra un gorgoglio e l’altro la sentivo emettere piccoli gemiti. Quando fui soddisfatto lo tirai fuori e lo usai per schiaffeggiarla sulla guancia, come se dovessi svegliarla. Aprì gli occhi e, con la faccia ancora tutta impiastricciata dalla saliva, mi rivolse un sorriso di gratitudine. Ora tocca a te, fammi vedere cosa sai fare.” Mi sdraiai sul letto, il cazzo che svettava verso l’alto, la testa buttata indietro e gli occhi chiusi, pronto a scoprire le capacità orali di Juliette. Lei scivoló tra le mie gambe e sentii la sua lingua appoggiarsi delicatamente sullo scroto, proprio alla base del pene per poi salire delicatamente lungo tutta l’asta, fino al frenulo. Li si soffermò per stimolarlo delicatamente con la lingua, per poi proseguire percorrendo tutto il solco della cappella. Aprì la bocca e prese a scendere lentamente finché non arrivò ad ingoiarlo tutto. Poi ripercorse tutto a ritroso fino a trovarsi nuovamente con la lingua tra scroto e pene, e ripetè tutto non so più quante volte in un tempo che mi pareva infinito. Ridiscese un’ultima volta ma non si fermó alla base. Proseguì lungo tutti i testicoli, non senza fermarsi a prenderli delicatamente in bocca prima uno e poi l’altro, fino ad arrivare al perineo. Era la prima volta che mi facevano un rimjob, e non era affatto male. La sensazione si quella lingua era piacevole, la lasciai fare avvertendola però di non andare troppo oltre “sei tu la troia che si fa scopare, non io. Attenta a non esagerare…”.
Andammo avanti così per un bel po’, lei si alternava con maestria tra pene, testicoli e perineo ed io mi godevo quelle attenzioni. Ormai non ce la facevo più a trattenermi. Mi misi a sedere mentre lei continua a prendersi cura delle mie parti intime, le misi la mano sotto il mento e le alzai la testa per guardarla in faccia. “Sei veramente brava, si vede che sei una puttanella golosa. Adesso girati”
“Vuole punirmi o scoparmi?” “Lo scoprirai”
Scendo dal letto e la prendo per i fianchi, trascinandola col bacino sul bordo, le gambe che scendono a terra e la pancia sul materasso. Alzai la corta gonna ed il culo, appena coperto dalle striminzite mutandine, era li davanti a me, tondo e invitante. Non resistetti a darle una pacca sulla chiappa. “Uno. Grazie padrone”. La fermai. “Non c’è bisogno di contare, non sarà questa la tua punizione di oggi”. Ma intanto, per puro diletto, un secondo schiaffo raggiunse l’altro gluteo. “Allargalo bene con le mani”. “La prego, faccia piano… è un po’ che non ne prendo, non è più allenato…”
Davanti a me si presenta un ano che sembrava effettivamente ancora elastico e stretto, nonostante qualche piccolo segno di prolasso comincasse ad apparire. Scostai di lato la sottile striscia di pizzo che lo copriva e appoggiai la punta sul foro. “Lo vuoi?” “Si, padrone” tolse una mano dal sedere, la portò alla bocca e la riempì di saliva. La passó prima sul suo buchino e poi sul mio uccello, dopodiché allargò di nuovo le chiappe e si sporse indietro inarcando la schiena, impalandosi da sola. La presi per i fianchi e cominciai a muovermi dentro di lei, alternando colpi veloci e leggeri ad affondi lenti e prepotenti. Stavo quasi per venire, sentivo le vene pulsare e se ne doveva essere accorta anche Juliette perché adesso oltre ai mugolii di piacere mi incitava “la prego padrone, venga dentro… mi riempa di sperma… sono la sua troia…”. Fu difficile controllarsi, ma riuscii a tirarlo fuori prima di sborrare. Mi guardò incredula “padrone, ma non è venuto?” “No, sarà questa la tua punizione. Oggi mi hai deluso per ben due volte.” Guardai per terra: alcune gocce biancastre erano su pavimento vicino al letto, proprio dove poco prima avevo scopato Juliette. “Alzati la gonna” “padrone non si arrabbi…” “alzati la gonna. ORA.” Eseguì. Una macchia era apparsa dove la punta della gabbietta premeva sul pizzo, la troietta aveva avuto un orgasmo prostatico mentre la possedevo. “Non sono arrabbiato, sono contento perché vuole dire che ti è piaciuto soddisfate il padrone. Quello che non mi piace è il disordine. Dovrai pulire le goccioline. Leccale”. Senza dire nulla si chinò ed eseguì. “Brava. Ora seguimi.” Mi porse il guinzaglio come era stati istruita a fare e la condussi in bagno. Mi misi in piedi davanti alla tazza e le indicai un punto al mio fianco. “In ginocchio”Spostava lo sguardo interroggativo tra il mio viso e il mio pene, ancor eretto e pronto ad eiaculare. “Prendilo in mano e masturbami. Questo cesso è più degno di te di ricevere i miei schizzi.” Ero talmente eccitato che venni quasi subito, la maggior parte dello sperma finì nella tazza ma alcuni schizzi sporcarono ovunque. “Adesso puliscimi” cominciò a leccare delicatamente il glande mentre l’erezione svaniva, ripulendolo da tutti i residui del mio orgasmo poi, senza che le dicessi nulla, prese una spugna la bagnó e delicatamente mi deterse tutto l’inguine, infine lo asciugò con un asciugamano pulito. “Va bene, padrone?” “Intendevo pulisci TUTTO”. Capì subito cosa intendevo e come aveva fatto poco prima in camera cominciò a leccare le gocce del mio piacere sparse in giro. La guardavo soddisfatto mentre leccava prima dalle piastrelle sul muro, poi dal pavimento ed infine dal bordo della tazza “bravissima, adesso ti meriti un piccolo premio” Mentre stava leccando le ultime gocce di sperma cominciai ad orinare. Imperterrita continuò a pulire , nonostante l’urina le passasse a pochissima distanza dal viso. Appena ebbe finito di ripulire si girò verso di me, per ricevere in faccia gli ultimi schizzi di pipì. “Grazie padrone”
“Grazie a te. Ora varti a fare una doccia, sembri una prostituta da 20€. Ci rivediamo domani.”
E non solo domani. Ormai era mia.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.