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Marvin, la tromba


di Chupachup
26.11.2022    |    293    |    0 6.0
"Messasi così la faccenda Marvin ormai del tutto consapevole e mentre ero lì chinata tutta affacendata a tastare bene il terreno mi pose una mano sulla spalla..."
Le note della chitarra in levare assieme alla tromba ed il sax accompagnavano suadenti la voce del cantante, look da rastafari e movenze da suricato guizzante sul palco mentre il tempo lento e il ritmo in stile One Drop, con la grancassa e il rullante battenti sul terzo movimento, dirigevano le vibrazioni delle frequenze del basso che si propagavano nel terreno; da sotto i miei piedi quel piccolo terremoto saliva su, su sino a sentirlo nella pancia mentre ballavo a piedi scalzi sulla sabbia fresca della notte, alzavo le mani al cielo e come un satellite impazzito ruotavo su me stessa, saltellavo sulle ginocchia lasciate scoperte dal mio pareo di lino azzurro, al cambio di ritmo diventavo suadente come una baiadera, le mie braccia nude disegnavano onde che andavano a cozzare su una scogliera immaginaria.
Piero, il mio maritino, seguiva lo spettacolo dalle retrovie sorseggiando una birra, adorava la musica ma sfortunatamente per me non la danza, le volte che per mia insistenza aveva provato a cimentarsi in effetti aveva dimostrato di aver un senso del ritmo e del movimento leggermente inferiore ad una scopa di saggina.

“Il sangue scorre
dal tuo ventre in su
Ma è un cuore caldo,
una follia, quella che
reprimi assurdamente
quando non vuoi
affrontare la realtà.
Non perder tempo in bilico
Tra sesso e spirito
Scegli che parte c'è in te”.
Così scorrevano le note dell'ultimo bis in programma e Piero mi si avvicinò, alla fine assieme ci dirigemmo verso il backstage per cercare di raccattare qualche autografo degli Africa Unite.
Fummo molto fortunati, dopo essersi ristorati i ragazzi del gruppo accolsero gentilmente molti loro fan, io finito il giro dei membri ufficiali con in mano il mio cd ormai completamente scarabocchiato vidi Piero che si intratteneva più a lungo a discorrere con il trombettista, mi avvicinai loro, si chiamava Marvin e faceva il turnista di lusso.

Il giorno dopo ci godevamo l'ultima nostra domenica di sole in spiaggia, nella cala di Monte Turno, a poche centinaia di metri dove avevamo affittato un piccola villetta per le vacanze.
Stavo stesa sotto la penombra dell'ombrellone con gli occhi che mi si chiudevano quasi per la stanchezza mentre sfogliavo alcune pagine d'un giallo di Camilleri, Piero era andato a prendersi una birra fresca al chiosco vicino per stemperare la calura; al suo ritorno mi raccontó di aver reincontrato Marvin, non ancora partito per il proseguo del suo lavoro, ed essersi intrattenuto con lui parlando amabilmente di musica jazz soul e mi chiese, se avessi piacere, di invitarlo per cena quella sera stessa. Fui d'accordo ma conoscendo a menadito i pensieri di mio marito m'aspettavo che la serata non sarebbe finita solo con una noiosa chiacchierata tra amanti di musica colta. Piero mandò un messaggio breve a Marvin col suo Startac e si misero d'accordo.

Decisi di assecondare Piero nel nostro gioco e scelsi di indossare qualcosa di estremamente vistoso, un vestito satinato rosso, corto, con un ampia scollatura drapeggiata davanti e aperto sulla schiena, un collarino stretto tenuto con un anello argentato centrale e dei sandali alti, legati con sottili cinturini incrociati alla caviglia, impreziositi da punte metalliche, il tutto in pelle nera.

Avevo preparato una cena leggera con antipastini di mare, sauté di vongole, impepata di cozze, del pesce spada marinato e soltanto un'unica portata principale, dei gamberi saltati in padella, cucinati alla catalana serviti freddi sopra un tappetino di rucola e pomodorini ciliegino bagnati con un filo d'olio extravergine d'oliva.

All'arrivo di Marvin lo facemmo accomodare nel divano della zona giorno, nell'aria si spandevano le note del Latin jazz di Getz e Gilberto, Piero stappó una bottiglia di Capichera come aperitivo; mentre versavo il nettare nei bicchieri di entrambi sentivo le intense note floreali, di fiori d’arancio, iris, ginestra, biancospino e quelle fruttate di mela gialla; offrendo il calice a Marvin mi premurai di chinarmi in avanti quel tanto bastante affinché il mio vestitino s'aprisse per pochi attimi, utili a metter bene in mostra i miei seni e offrirglieli alla vista, poi risollevadomi mi coprii con la mano come quasi scusandomi per l'accaduto.
Parlammo amabilmente, lui dei suoi viaggi soprattutto di lavoro, noi dei nostri tutti di piacere, quando prendevo la parola notavo con piacere che pure i suoi occhi viaggiavano, in lungo e in largo sulle mie curve, ed io biricchina, seduta sulla poltroncina di fronte a lui, come una novella guida turistica non potei fare a meno di mostrargli uno scorcio d'un panorama riservato alla vista di pochi eletti turisti, così mi carezzavo e ogni tanto schiudevo le gambe.
Marvin si aprì il colletto della camicia e lo vidi agitarsi con movimenti quasi impercettibili, come seduto su un giaciglio di rose contornate da spine ma pure Piero, assistendo alla scena e pur avvezzo a quei lidi, per un istante si dovette sistemare qualcosa che lo opprimeva manovrando velocemente sulla patta dei pantaloni.

Arrivato il momento di cenare, facendo la buona padrona di casa presi sottobraccio Marvin per accompagnarlo nel tragitto che ci separava dalla tavola, al contatto del mio corpo col suo sentii la sua prestanza ed ebbi come un fremito; i discorsi grazie anche all'aiuto del vino fresco si fecero più intimi, ci raccontò che era single perché col suo lavoro sempre on the road era difficile coniugare una relazione stabile e quindi per soddisfare le sue voglie, doveva accontentarsi di 'toccate e fughe', io lo rassicurai che pure la vita di coppia aveva le sue fasi di stanca e anzi che per rivitalizzare le cose molte coppie aggiungevano di tanto in tanto del pepe alla ricetta base; a quel punto slegatami con perizia un sandalo iniziai a poggiare dolcemente il mio piede sulla sua caviglia per strusciarlo in su e in giù lentamente sino al polpaccio, a quel punto lui aprì le gambe, mi ci infilai decisa sino a sbattergli sul pacco con la parte anteriore della pianta del piede, massaggiandolo con le dita sentii che il gioco gli aveva già provocato il giusto grado di rigonfiamento.

Il dado era tratto. Non sapevo se Piero avesse reso preventivamente edotto Marvin, in qualche maniera nelle loro chiacchierate tra uomini, dei piccoli vizi che concedevamo alla nostra routine coniugale ma ciò rendeva la situazione per me ancora più eccitante, la faceva sembrare del tutto fortuita e naturale.
Piero con la scusa che la bottiglia era ormai agli sgoccioli si allontanò in cucina, per prenderne un'altra dal frigo, lasciandoci così qualche minuto da soli; io alzatami per sparecchiare, a bella posta rovesciai l'acqua dal bicchiere di Marvin sopra i suoi calzoni, avvilita mi scusai prontamente, presi al volo un tovagliolino di carta e senza lasciargli il tempo di fare da solo lo tamponai insistentemente, lui fu stupito forsanche dalla velocità in cui mi adoperai per metter in atto tutta quella sceneggiata e vidi anche che l'acqua fredda non aveva scalfito di un centimetro il suo ardore tra le gambe.

Gli dissi ormai sfacciata di non preoccuparsi, che Piero non era un tipo geloso, capiva che certi incidenti accadono e che avremmo sistemato tutto per bene.
Messasi così la faccenda Marvin ormai del tutto consapevole e mentre ero lì chinata tutta affacendata a tastare bene il terreno mi pose una mano sulla spalla nuda e mi bació sul collo.
Mi chinai gli slacciai velocemente i calzoni, glieli scesi al ginocchio, adducendo scuse che andavano subito messi qualche minuto ad asciugare e così pure gli slip, il suo membro gonfio fino al quel momento lì costretto fece un repentino balzo in avanti, lo strinsi in mano con presa sicura e iniziai a lavorarglielo con la lingua come se dovessi asciugare per bene anche quello.
Marvin mi teneva dolcemente la testa nel mentre che me lo lavoravo per benino, poi con la coda dell'occhio vidi Piero che probabilmente si era goduto lo spettacolo alle nostre spalle, s'avvicino più apresso e azzardó che da amici non potevamo lasciar andar via il nostro caro ospite in quelle condizioni e potevamo ospitarlo a dormire da noi; così scese definitivamente le carte in tavola andammo tutti e tre nella nostra camera da letto, io per prima tenendo sempre in mano il cazzo di Marvin che arrancava coi calzoni a penzoloni e Piero che discretamente ci seguiva da dietro.

Scartai del tutto il mio regalo, che non si può forse definire così il fatto che un marito lasci godere la propria amata metà della libertà di provare sempre nuove e forti sensazioni? E non è, pure in questo caso, il regalo stesso fonte di gioia per chi lo offre alla propria partner?
Già scalza con un semplice gesto aprii il bottoncino che teneva su il mio vestito che scivoló inanimato sul parquet, così sdraiatami mollemente sul letto aprii le gambe ed iniziarono le danze, Piero sedutosi comodamente sulla poltroncina di fianco a noi iniziò a darsi piacere guardandoci silenziosamente e masturbandosi.

Marvin fu dolce e aitante al tempo stesso, ci unimmo in modi diversi, spinti dall'istinto del momento e dalle nostre fantasie e arrivato al culmine del suo piacere non si fermó e fu forse la cosa che mi provocò più piacere, iniziò la sua arte di titillarmi la fichetta con la bocca; sembrava che per lui quello non fosse un fatto secondario, come per un musicista il suonare soltanto per lavoro, che si richiede studio, dedizione e pazienza ma che ci mettesse della vera passione e quella no nessuno te la insegna; la perfetta adesione delle nostre labbra accompagnata dal ritmo, sempre vario, a volte incalzante a volte intervallato dalle giuste pause, le vibrazioni giuste, le terzine di lingua, i colpetti in battere ed in levare, tutto contribuì a creare nel mio corpo e nella mia mente una calda, avvolgente e infine stordente armonia.

Io e Piero ricordiamo a volte con piacere quei lontani giorni di vacanza estiva del 1996 e soprattutto quei due ottimi spettacoli, uno musicale l'altro di piacere, a cui partecipammo assieme e in cui uno dei protagonisti fu sempre lui, Marvin, la tromba!
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