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Il tuo coinquilino (parte 3)


di Milla90
12.05.2018    |    68.685    |    24 9.6
"Finalmente si staccò e cominciò a sfilarsi la maglietta e i pantaloncini, rimanendo in boxer..."
La mattina dopo fu parecchio imbarazzante.
Come di consueto io e Luca ci alzammo assieme e ci dirigemmo in cucina per fare colazione.
Prima però, mi infilai dei pantaloncini. Se ci fosse stato anche Paolo di là non gli avrei più permesso di guardarmi il sedere. Sopra mi infilai la consueta tshirt bianca senza reggiseno sotto.

In cucina non c’era nessuno, misi su il caffè mentre Luca prendeva del succo d’arancia dal frigo e tirava fuori qualche biscotto dalla dispensa.
Non passò molto prima che Paolo facesse capolino in cucina. Lo salutammo, e io nemmeno mi voltai per non mostrare alcun tipo di interesse. Non volevo incrociare il suo sguardo. Mi vergognavo troppo dopo il sesso nella doccia, e dopo quanto successo la sera prima.
- ieri sera ti abbiamo sentito – esordì il mio ragazzo, sorridendo in maniera ammiccante al suo coinquilino.
- Oh, ma davvero? – chiese Paolo.
Sentii il suo sguardo su di me.
- Anche tu hai sentito? – si rivolse a me, stuzzicandomi.
Io stavo versando il caffè nelle tazze e risposi semplicemente di si.
Mi voltai e posai la tazza per Luca sopra l’isola in cucina, mentre tenni la mia cominciando a sorseggiarla.
- Grazie tesoro – ringraziò il mio ragazzo, poi rivolto al suo amico – Bhè? Non ce la presenti? Dov’è? –
- E’ andata via stamattina presto, aveva lezione all’università – spiegò Paolo, venendo a mettersi al mio fianco, al di qua dell’isola, dalla parte opposta di Luca.
- E tu non hai lezione? – gli chiesi senza degnarlo di uno sguardo.
- Quella ragazza mi ha tenuto sveglio tutta la notte. Starò a casa a riposarmi. Tanto posso studiare anche…. – venne interrotto da Luca.
- Oddio! Non avevo guardato l’ora, devo scappare al lavoro! – il mio ragazzo si protese sul bancone per darmi un bacio a stampo e salutarmi. Io ricambiai e in quel momento sentii la mano di Paolo infilarsi nei miei pantaloncini. Mossi il bacino come per scacciarlo. Non funzionò.
Luca si girò un momento per prendere le chiavi della macchina ed il portafogli.
La mano esperta di Paolo si insinuò oltre il mio tanga da notte, e con un dito cominciò ad accarezzarmi le grandi labbra che come per incantesimo si schiusero al suo tocco.
Rimasi immobile. Pietrificata dalla situazione. Il mio ragazzo davanti a me oltre il bancone, il caffè in una mano e l’indice di Paolo che stava al mio fianco, dentro di me. Fortuna che c’era l’isola, così il mio ragazzo non si accorse di nulla.
- Andiamo a cena dai tuoi stasera, vero? – mi chiese ancora Luca, mentre si dirigeva alla porta d’uscita.
Paolo colse il momento per infilare un secondo dito dentro di me. Io nascosi una smorfia di piacere dietro la tazza del caffè, facendo finta di bere.
- Bea… Stasera siamo dai tuoi per cena? – mi richiese Luca con aria interrogativa.
- Si, si siamo dai miei. Ci vediamo alle 20.30 a casa mia e andiamo assieme… - riuscii a rispondere senza far trasparire nulla nonostante la situazione.
- Bene amore, ci sentiamo più tardi allora – ed uscì di casa.
Appena chiusa la porta, mi voltai e spinsi via Paolo.
- Cosa cazzo stai cercando di fare? – alzai il tono della voce.
- A te cosa sembra? – mi mostrò le sue dita bagnate di me.
- Stai cercando di mettermi in ridicolo davanti al mio ragazzo? –
- Avessi voluto metterti in ridicolo gli avrei raccontato di averti incrociata in corridoio stanotte – sorrise, poi continuò - speriamo piuttosto che non abbia notato i tuoi capezzoli –
- Che hanno i miei… - li guardai e notai che spuntavano duri come bottoni da dietro la sottile tshirt bianca. D’impulso me li coprii.
- Ma cosa fai? Non è che non ti abbia già vista nuda. Aspetta lascia fare a me – mi presi i bordi della maglietta e la tirò verso l’alto, come per sfilarla.
- No! Paolo… No! – gli dissi, ma senza ritrarmi.
- D’accordo non la togliere allora – mi rispose, alzandola però quel tanto che bastava per potersi abbassare un po’ e cominciare a succhiarmi i capezzoli. Me li baciò entrambi, poi si concentrò su uno in particolare e prese a succhiarlo forte. Quasi avidamente. Io ebbi i brividi. Di nuovo la sua bocca sul mio corpo. Sentii subito una vampata di calore e di giramento di testa, che mi impedì di mettergli subito uno stop.
- Smettila, Luca potrebbe tornare! – lo ammonii disperata.
Lui non mi diede ascolto, e cominciò a palpeggiarmi le tette, mentre mi mordicchiava i capezzoli. Mi spinse contro il bancone rimanendo attaccato al mio seno.
- Fai piano almeno, mi fai male – riuscii a dire, lasciando però che continuasse.
- Sono giorni che ripenso a queste due meraviglie – mi disse trafelato.
- Ti.. ti piacciono così tanto? Ahia! Non morderle… -
Lui si fermò un attimo, per levarmi la maglietta. Stavolta ci riuscì e rimase un secondo a fissarmi il seno.
- Di ragazze ne ho avute tante, ma nessuna con il tuo fisico perfetto – e si rigettò a leccarmi le tette.
Quel complimento, mi fece quasi piacere. Poggiai le mani indietro sul bancone, facilitandogli le operazioni.
Passarono così dieci minuti, nei quali la bocca e le mani di Paolo non si staccarono mezzo secondo dal mio seno. Nessuno aveva mai mostrato un interesse così spasmodico nei confronti delle mie tette. D’accordo, erano sempre piaciute molto ai ragazzi con cui ero stata, ma nessuno si era mai attaccato in questa maniera. Sembrava un neonato desideroso di attaccarsi alla madre per la pappa. E in qualche modo questo mi fece eccitare oltre ogni misura. Cominciai a legarmi i capelli in una coda, così facendo alzai le braccia e con esse il seno si inturgidì nella bocca di Paolo.
- Devo scoparti – mi disse ad un certo punto.
- Non ti è bastato scopare tutta la notte con quella povera ragazzina? – gli chiesi sconcertata. La resistenza fisica di quel ragazzo mi stupiva sempre di più. Luca dopo appena un orgasmo non aveva mai avuto le "forze" per continuare. Paolo, dal canto suo, sembrava in grado di andare avanti per giorni.
- Certo che no. Non è assolutamente alla tua altezza – mi rispose lui.
E dire che a me sembrava una ragazza piuttosto pratica e disinvolta, pensai.
Finalmente si staccò e cominciò a sfilarsi la maglietta e i pantaloncini, rimanendo in boxer.
- Paolo se ti levi anche le mutande mi incaz… - non feci in tempo a finire la frase che me lo ritrovai nudo come mamma l’ha fatto.
Il suo uccello in completa erezione era curvo verso l’alto. Emanava vibrazioni di potenza. Era perfetto. Solamente a guardarlo si capiva quanto fosse duro e pronto all’azione.
Si catapultò sui miei pantaloncini.
Io feci ancora resistenza – Paolo smettila! Sono la ragazza del tuo coinquilino –
- Ma cosa vuoi che me ne freghi. Leva sti cazzo di pantaloncini. Tieniti pure il tanga se vuoi – disse mentre mi strappò letteralmente di dosso i pantaloncini. Rimasi solo coperta dal tanga bianco che avevo indossato quella notte come pijama.
Mi prese da sotto le ascelle e mi fece sedere sul bancone. Le mie chiappe si adagiarono sul freddo marmo dell’isola della cucina. Sentii la punta del suo pene premermi contro il pube, poi scivolare e appoggiarsi contro la mia pancia.
- Sai già come va a finire! – rise divertito.
- Non ci pensare nemmeno! – non sapevo più cosa fare.
- Ma guardati. Hai una macchia enorme sul tuo tanga bianco – mi rispose sghignazzando.
Era vero, me n’ero accorta già mentre mi succhiava il seno che stavo perdendo un sacco di umori. Come faceva quel ragazzo ad eccitarmi così tanto?
Con una mano mi spostò il tanga di lato e scoprì la mia vagina completamente glabra. Puntò la cappella alle mie porte e cominciò a spingere.
- Paolo ti prego, no! – lo pregai di fermarsi. Lui spinse più forte. – Cazzo! Ti odio – dissi mentre sentivo la sua punta penetrarmi, e cominciare ad affondare dentro di me.
Mi fece più male della prima volta, stavolta non c’era l’acqua della doccia ad aiutarci nell’operazione, ma i miei copiosi liquidi lo ricoprirono in un attimo e in un batter d’occhio mi ritrovai con metà della sua asta dentro di me.
Per permettergli una penetrazione più efficace poggiai i gomiti dietro di me e alzai di poco le gambe. Lo feci per sentire meno dolore, non perché lo volessi. In ogni caso, ora aveva la strada spianata e non ci pensò due volte a piantarmelo tutto dentro con un secco colpo di reni. Lo sentii all’ombelico e questo mi causò subito una moltitudine di sensazioni diverse. Mi vennero i brividi lungo tutta la schiena, persi le forze e poggiai la schiena sul marmo del bancone. Era freddo, ma in quel momento non me ne accorsi. Ero troppo concentrata a sentire la sua punta continuare a picchiare contro la mia cervice.
Venni. Venni tantissimo e subito. Lo aveva appena messo dentro che lanciai un grido di disperazione. Diciamo più disperazione misto godimento. Come faceva quel ragazzo a farmi venire così in fretta e così tanto? Non me capacitavo.
Mentre venivo lui cercava di spingere la sua asta sempre più in profondità dentro di me. Voleva che entrasse proprio tutto.
- Sei un maledetto stronzo – dissi ansimando, cercando di riprendermi. Lo odiavo con tutta me stessa, ma mi faceva venire come mai nessuno in vita mia.
Cominciò a pomparmi, mentre io mi aggrappavo ai bordi del bancone.
- Ti ho detto di fare piano… - gli intimai per l’ennesima volta.
- Perché? – chiese lui, non diminuendo la forza dei suoi colpi.
- Non sono abituata… - risposi abbassando lo sguardo per la vergogna.
- A cosa? – proseguì lui.
- Lo sai a cosa… - probabilmente arrossii per la vergogna.
I suoi colpi si fecero più forti e più insistenti. Mi afferrò dalle cosce e iniziò a sbattermi, in tutti i sensi, - voglio che lo dici! –
Io resistetti qualche colpo, poi dovetti cedere e dissi – sei troppo grosso! –
- Più grosso di lui? – mi incalzò.
Sentivo la sua asta sfilare indietro e scivolare dentro di me, ogni volta causandomi gioie e dolori.
- Si… decisamente – risposi ansimando. Probabilmente divenni paonazza per la vergogna.
Paolo decise che era ora di cambiare posizione, e mi prese in braccio, afferrandomi da sotto le cosce. Io mi aggrappai al suo collo con le braccia, cingendogli la vita con le gambe. Lo strinsi, mentre lui mi penetrava e mi faceva salire e calare sul suo palo di carne. Potevo percepire i miei umori colargli lungo l’asta, bagnargli i testicoli e gocciolare per terra. Stavo venendo di nuovo. Lo strinsi più forte e venni colta dagli spasmi. Venni mentre lui se ne stava ben piantato nel mio intimo e raggiungeva posti, mai raggiunti da nessuno prima di allora.
Provai a trattenermi – Non ci credo… Sto venendo di nuovo –
- E vieni allora, non fare tante storie – disse Paolo. Aspettò che finissi, poi mi rimise a terra.
- Ora tocca un po’ a te – rise, mentre appoggiava le sue natiche al bancone.
Io mi riposizionai il tanga, ormai completamente marcio di umori e come ipnotizzata mi inginocchiai ai suoi piedi. Era completamente ricoperto dai miei liquidi, dovevo averne rilasciati un sacco, ma questo non mi trattenne dall’afferrarglielo con una mano e prendergli in bocca la punta. Lo accarezzai con la lingua, mentre lo succhiavo forte, con una mano lo masturbavo gentilmente e con l’altra cominciai a toccargli le palle. Volevo che venisse. Se lo meritava. Dopo tutto era grazie a lui se avevo anche quella mattinata era cominciata nei migliori dei modi.
Lo sentii tremare, così mi staccai per riprendere fiato e per gli presi in bocca le palle. Paolo non resistette, mi afferrò la testa, mi fece alzare e mi scaraventò sul bancone di marmo, stavolta pancia sotto. Il mio seno si appoggiò sul gelido marmo, il mio culo rivolto verso di lui. Non feci storie questa volta, decisi che se lo lasciavo fare poteva venire e anche questa volta sarebbe finito tutto.
Mi penetrò standomi dietro, mi prese dal bacino, afferrandomi le anche e cominciò a sbattermi. Forte, senza ritegno. Mi sbatteva come gli avevo visto fare con quella ragazzina la notte precedente e questo mi fece eccitare ancora di più. Era evidente che a Paolo piaceva sottomettere le donne con cui aveva rapporti. Mi scopava come se fossi un involucro usa e getta e capii che ora voleva venire lui. Prima si era solo premurato che io raggiungessi l’orgasmo, ora invece che aveva raggiunto il suo obbiettivo voleva esplodere anche lui.
- Non venirmi dentro… Non prendo la pillola –
Paolo non rispose.
- Paolo, avvertimi quando stai per venire… ti prego… - ribadii il concetto, ma lui non rispose di nuovo.
Quale fu il problema?
Che nell’esatto momento in cui cominciò a venire lui, ebbi anche io un orgasmo e non riuscii a resistere alla tentazione. Il terzo orgasmo di fila. Di nuovo. Stavolta proprio mentre veniva anche lui dentro di me. Lo sentii spruzzare contro le mie pareti uterine. Era un disastro, ma il godimento fu troppo forte per potersi preoccupare subito. Fu una sensazione piacevole e nuova. Non lasciavo che nemmeno Luca mi venisse dentro.
Paolo invece aveva conquistato il mio corpo, e la mia mente non riuscii a fare nulla per fermare la nostra libidine, per questo si arrogò il diritto di venirmi dentro.
- Sei un coglione, ora dovrò prendere la pillola – dissi cercando di recuperare fiato.
Sentii i suoi movimenti farsi più deboli, fino a fermarsi. Potevo percepire il suo sperma colare tra le mie cosce, mentre il suo pisello era ancora dentro di me.
Mi accarezzò la schiena, me la baciò, poi si allontanò da me, lasciando finalmente libera la mia vagina.
Fu quasi come un sollievo non averlo più dentro. Era davvero ingombrante il ragazzo. Ma la sensazione di sentirmi vuota, fu più spiacevole del previsto. Possibile mi piacesse così tanto? Il mio corpo evidentemente apprezzava le sue dimensioni.
- Se devi prendere la pillola, tanto vale che lo rifacciamo – lo sentii dire, mentre mi mollava una sculacciata leggera sul culo.
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