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Prime Esperienze

Tears in Heaven


di sociopatico
28.02.2022    |    453    |    0 9.3
"Una tortura il rientro ma un episodio cambia il suo umore, alla fermata del liceo linguistico salgono delle ragazze e qualcosa attira subito la sua..."
Marzo anno 1986, il Nostro frequenta la quarta superiore ed ha 17 anni (quasi diciotto), scende in garage per prendere il motorino ed andare a scuola, cazzo ruota bucata!

Una corsa a prendere l’autobus, lo odia, stipati come sardine in mezzo ad odori nauseabondi, pazienza, il pomeriggio porterà a riparare la foratura.

Una tortura il rientro ma un episodio cambia il suo umore, alla fermata del liceo linguistico salgono delle ragazze e qualcosa attira subito la sua attenzione, una risata, di quelle fragorose, spontanee, grasse, di quelle che diventano contagiose (almeno per lui).

Gli scappa da ridere e la curiosità lo porta ad allungare il collo, ci sono due ragazze di spalle e non è chiaro chi sia delle due ma capisce da dove proviene perché gli si muovono le spalle, una cascata di ricci castani.

L’autobus come si era riempito inizia pure a scaricare quell’ammasso di ormoni chiamati giovani, la ragazza è ancora girata e quindi si avvicina per vederla, si gira di scatto e quasi si scontrano, è luminosa come la sua risata, quei volti che ispirano subito simpatia, quelle bellezze che vengono da dentro, non spicca per il fisico ma attrae per simpatia, purtroppo la sua fermata arriva subito ed è costretto a scendere.

Si maledice per non aver proseguito per vedere qual era la sua fermata, ma poco male, domani seguirà l’autobus con il motorino, che genio.

Detto, fatto, l’indomani si piazza alla fermata dove era salita, la scruta meglio e inizia l’inseguimento, la ragazza scende al paese successivo al suo, pochi chilometri, scende con un’altra ragazza e si salutano con l’inconfondibile risata, la lascia prendere qualche metro di vantaggio e la segue a piedi, dopo aver svoltato l’angolo di un condominio, lui affretta il passo e quando svolta l’angolo se la ritrova davanti.

- Ciao, stai seguendo me?
- Sì, riesce a balbettare, ciao
- Ti conosco?
- Piacere sono Stefano, ora mi conosci – risponde sorridendo

Lei scoppia in una risata.

- Sei furbetto, io sono Arianna
- Posso accompagnarti dovunque tu stia andando?
- Sono arrivata, il portone d’ingresso è proprio qui di fronte
- Peccato – simulando una smorfia di disappunto
- Sei simpatico ma sono arrivata davvero, vuoi salire, io devo mangiare che ho una fame bestia
- Okay ma non si arrabbierà tua madre?
- Non c’è, lavora fino alle 17
- Okay

Arianna era così, spontanea, senza nessun filtro, saliamo a piedi le scale fino al secondo piano, l’appartamento è normale, uno dei tanti di quei palazzi.

- Dovrebbe esserci della pasta al forno da scaldare, ne vuoi?
- Non voglio approfittare
- Che scemo, se hai fame dimmelo – intanto inforna la teglia
- Accetto una birra se è possibile
- Così va meglio – e parte la risata
- Come fai a ridere in quel modo?
- Così come?
- In questo modo così … così bello
- Boh
- È piacevole
- Bevi la birra che devo pisciare

Ecco, di nuovo qualcosa di normale che lei non nasconde, sono io che scoppio a ridere stavolta, dopo qualche minuto ritorna senza scarpe e senza felpa, i capelli raccolti, tira fuori la teglia dal forno e forchetta alla mano mangia di gusto.

- Non usi mai il piatto?
- Opsss sono sempre distratta – risata
- Sei davvero particolare
- Nel senso di strana? Me lo dicono in molti
- No sei particolare, sei te stessa

Mi prende la birra dalle mani, beve a canna una lunga sorsata e fa partire un bel rutto, dalle risate mi scendono le lacrime.

- Tutta salute – e ride
- Hai ragione
- Adesso però te ne devi andare, devo studiare che domani ho interrogazione
- Che peccato speravo di conoscerti meglio
- Eh pensa a me che mi devo rompere i coglioni a studiare tedesco

Ancora una volta mi parte una risata e lei mi manda pure affanculo che non si ride delle disgrazie altrui e scoppia a sua volta in una risata, mi caccia letteralmente di casa.

- Posso seguirti anche domani?
- Puoi fare di meglio, vienimi a prendere a scuola che ci facciamo un giro su quel tuo motorino scassato
- Oh non offendere il mio motorino – risata
- Ciao Stefano, a domani e non fare tardi
- Ciao Arianna, a domani

Questa era Arianna, libera da qualunque preconcetto sociale.
Il giorno dopo ovviamente mi faccio trovare puntuale davanti alla sua scuola, lei esce sorridente, saluta le amiche.

- Dai metti in moto che mi porti alle giostre
- Alle giostre?
- Si voglio andare sul calcinculo
- Okay però io sto dietro e ti spingo – risata
- Vedremo fifone – risata

Il pomeriggio è un mare di risate alle giostre sino a che non la porto a casa dandoci appuntamento per l’indomani.
Ogni giorno era così con Arianna, sempre nuovo e diverso, una scoperta continua quella ragazza, passiamo così un paio di settimane vedendoci pure nel week end, abbracci e baci di saluto ma niente di più fino a quel pomeriggio da lei.

- Ti va di fare l’amore?
- Cosa? – il Nostro è paonazzo – me lo dici così?
- Si, come cazzo te lo devo dire? Non l’hai mica capito quanto mi piaci? Ti adoro!
- Pure io … e non sai quanto
- Sei un gran figo e non ci hai mai provato, io non sono sta gran bellezza, perché?
- Avevo paura di rovinare tutto, tu non sai quanto mi piaci e quanto ti rispetto
- Che coglione che sei – risata

Sono già in camera sua ad ascoltare musica – lei ascolta i Metallica e Bach nello stesso modo – si spoglia come se fossimo marito e moglie, tranquilla e senza fretta, si butta nuda sul letto con i calzini addosso (mi viene da ridere ma mi trattengo), non abbassa nemmeno le tapparelle, lei crea l’atmosfera senza dover fare altro che essere se stessa, si spoglia pure lui nudo.

- Wow che fisico e che cazzo – risata

Capite che vuol dire che era diversa da chiunque, lei è carina nel fisico, forse qualche chilo extra ma quando la guardi in faccia e negli occhi è un oceano, ti perdi in quell’abisso.

Il Nostro chiede se l’ha mai fatto e senza vergogna lei risponde che fino a qualche mese fa aveva un ragazzo con il quale scopava anche due volte al giorno però quella era l’unica cosa che a quel falso interessava di lei.

Anche nel fare l’amore Arianna è particolare, fa e chiede tutto quello che le passa per la testa, considerando che la sua testa è una giostra che gira all’impazzata non c’è limite alla sua fantasia, nei mesi a seguire ne faranno di ogni, senza remore.

C’è qualcosa che va oltre però, si sono innamorati, sono persi uno dell’altra, arrivano a dirsi quelle due parole che spesso sono abusate, che risultano false quando non c’è quell’autentico sentimento che li unisce : ti Amo.

La fine dell’anno scolastico viene accolta come una festa dai due innamorati che già pianificano tutte le cose che faranno assieme quella estate e oltre, Arianna domenica dovrà andare a trovare dei parenti con il padre ma da lunedì saranno giornate solo per loro, è sabato sera ma a loro non interessa far baldoria con gli amici, sono al parco.

- Non brontolare Amore mio è un mese che mio padre si è accordato per domani
- Va bene ma dovrai darmi dei baci extra
- Iniziamo subito? – risata

Si scambiano gli ultimi baci e si salutano con un semplice, ciao Amore, ci vediamo qui lunedì ore 9 in punto.

Lunedì in netto anticipo Stefano è già seduto sulla panchina al parco ad aspettarla, arrivano le 9, poi le 9.30, le 10, avrà mica capito male l’orario ed il posto? Decide di andare a casa sua.

Il portone del condominio è aperto, sale le scale due gradini alla volta e suona il campanello, silenzio, magari è al bagno, attende due minuti e risuona, sente dei passi, la porta si apre e compare una donna (la madre di Arianna) dall’aspetto sconvolto, gli occhi rossi di chi deve aver pianto a lungo.

- Buongiorno signora, cercavo Arianna

La donna inizia a singhiozzare, parte un lamento come di un animale ferito, tra i sussulti le escono poche parole.

- Arianna non c’è più, è morta ieri in un incidente d’auto con il padre

Black out, da quel momento Stefano non ricorda più gli avvenimenti, la testa gira, un fischio nelle orecchie, forse è caduto nella corsa, nessuno può dirlo, lacrime, lacrime e ancora lacrime, l’oscuramento del mondo esterno, infinita disperazione.

Se qualcuno ha provato quella sofferenza sa di cosa si parla.

Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa, ci vorrà molto tempo per far pace con se stesso e ritrovare la serenità interiore, una cicatrice impossibile da rimarginare, unico balsamo lenitivo il ricordo di lei.

Anni dopo Eric Clapton scrisse il suo brano più struggente – Tears in Heaven – in memoria del figlio morto, le parole di apertura del brano recitano più o meno così :
“Saprai il mio nome se ci vedremo in paradiso?”

Certo Amore mio.
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