Prime Esperienze
Sul tetto dell'autostazione (Storia Vera)
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22.12.2023 |
9.031 |
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"Poi si alzò e si rivestii, io me lo infilai nelle mutande, ancora duro e completamente fradicio..."
Premessa: ogni storia che scriverò su questo profilo è frutto di avventure vissute, buona lettura ❤️Era il 2016, avevo 18 anni appena compiuti.
Mi innamorai di questa ragazza, mia compagna di banco.
Era stupenda, la ragazza più bella della classe: fisico snello, seno contenuto, culo abbondante, capelli lisci neri.
Eravamo migliori amici da 2 anni, da quando di eravamo conosciuti.
Studiavamo insieme, uscivamo insieme a bere e a far serata, io conoscevo i suoi genitori e lei i miei.
Un giorno ci organizzammo per fare una delle classiche cazzate da adolescenti.
“Perché non scriviamo la nostra frase sul tetto dell’autostazione?”
Dove vivo, l’autostazione, è completamente piena di graffiti, disegni di ogni tipo, tranne sul tetto, nessuno è mai andato lassù a scrivere, era pericoloso, dovevi porgerti leggermente e scriverlo all’ingiù, sul bordo.
Insomma, una cazzata adolescenziale.
Ai tempi avevo sempre mille cazzate in mente da realizzare, ma questa decidemmo poi effettivamente di realizzarla.
Arrivò quella sera, ci trovammo direttamente là.
Portai con me uno zaino dei con guanti e una bomboletta di vernice spray nera come i nostri vestiti.
Avevamo l’adrenalina addosso come se stessimo andando a rapinare una banca.
Controllammo che in giro non ci fosse nessuno e, appena il traffico smise, andammo sul tetto.
L’autostazione era posizionata sotto rispetto al livello della strada, quindi non fu complicato salire.
Ci siamo arrampicati su un cancello e poi sul tetto che, rispetto alla strada, sarà stato a circa 2 metri di altezza, ma l’altezza del tetto era di almeno di 5 metri (entravano gli autobus extraurbani) proprio perché il parcheggio è sotto rispetto la strada.
Il tetto era in bitume, potevi distenderti o correre senza aver paura di scivolare, era piatto e ruvido, non c’erano tegole o finestre.
In ogni caso, ci muovemmo gattonando, altrimenti le macchine o le persone ci avrebbero visto, mimetizzati nell’ombra della notte.
Volevo baciarla, era tutto troppo folle, l’adrenalina, la magia del momento, l’intimità, il buio, il silenzio, le stelle.
La presi e la baciai.
Fu un bacio molto coinvolgente e ci lasciammo trasportare, uno dei baci più unici della mia vita.
Da lì a poco, mi ritrovai seduto sul tetto con lei sopra di me.
Le nostre labbra i univano, le mani abbracciavano i nostri corpi mentre lei incominciava poco per volta a muoversi avanti e indietro strofinandosi sui miei pantaloncini.
Io ero durissimo, anzi, ero bagnatissimo e non riuscivo a contenere l’emozione.
Ricordo che sentivo il calore della sua fica attraverso i nostri vestiti, si muoveva talmente bene con il suo bacino che riusciva a scoprire la mia punta dolcemente.
Più il bacio era intenso e più i suoi movimenti diventavano decisi.
Io non ero vergine ma avevo avuto pochissime esperienze, lei invece di esperienza ne aveva ma sapevo che era single da qualche mese e che aveva voglia.
Lo ricordo come se fosse ieri, a un certo punto si alzò in piedi, si abbassò pantaloncini e le mutandine quanto basta per tirare fuori il suo grande e morbido culetto.
Io capii e feci lo stesso, abbassai tutto sdraiato sul tetto e tirai fuori i miei 19cm pulsanti e grondanti.
Lei si abbassò, me lo prese in mano e se lo infilò dentro.. non feci nemmeno tempo a dirle nulla.
Non avevo il preservativo, nessun preliminare, niente di niente, semplicemente voleva un cazzo e nient’altro.
Lei era un lago, letteralmente, si infilò ogni centimetro fino alla base, lubrificandolo tutto con il suo nettare.
Scivolai dentro di lei.
Io avevo mille pensieri che mi passavano per la testa: “E se vengo? E se qualcuno ci sente? E se qualcuno ci vede e ci arrestano? Cosa dirò ai miei genitori?”
Odiavo scopare senza preservativo, non riuscivo a godermi l’atto perché avevo paura di venire dentro, avevo paura di fare cazzate.
Ho sempre pensato che è una cosa contro natura, non puoi scoparmi e pretendere che io non ti venga dentro.
Inoltre tutte quelle macchine, le finestre dei palazzi, eravamo nell’ombra ma avrebbero potuto vederci da ovunque.
Ma lei era lì sopra, non le importava niente di niente, voleva solo godere, voleva scopare, voleva venire.
Continuava a muoversi avanti e indietro come se non avesse controllo del suo corpo, mi scopava come voleva lei.
Io completamente razionale e lei completamente impulsiva.
Voleva avere un orgasmo e io in quel momento ero il suo toys, mi usava, ne aveva bisogno e io glielo lasciai fare mentre cercavo inutilmente di distrarmi per evitare di ingravidarla.
Sentivo il suo turgido clitoride strofinarmi sul pube, sentivo la mia cappella nuda scoprirsi a ogni sua spinta e scorrere nella sua calda vagina, sentivo il suo nettare colarmi addosso.
Non passò tanto tempo prima che capii che stesse per raggiungere l’orgasmo.
Si fermò spingendolo completamente in profondità, le toccai l’utero e, immobile come una statua Greca, sentii la sua vagina pulsare a ogni suo orgasmo, la vidi diventare parte del celo stellato, illuminò la notte in un’esplosione di mille colori, ululò come un lupo al suo ultimo respiro.
Per qualche secondo, si avvicinò alle divinità, per poi tornare sulla terra precipitando in un abbraccio.
Le tappai la bocca, vi assicuro che ho dovuto controllare ogni muscolo del mio corpo per cercare di non riempirle l’utero con il mio sperma.
Poi si alzò e si rivestii, io me lo infilai nelle mutande, ancora duro e completamente fradicio.
Mi disse: “Ora va molto meglio”
Io sorrisi e cappi che il gioco era finito, il mio turno non sarebbe mai arrivato, quello era il prezzo per essere stato con una Dea.
Quella sera poi abbiamo scritto la frase sul bordo di quella tettoia e da allora è ancora li.
Da 7 anni, ogni autobus che passa legge la scritta: “Vorrei vedere Tokyo da lassù”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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Commenti per Sul tetto dell'autostazione (Storia Vera):
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