Prime Esperienze
La prima volta
di animalaccio_bo
05.08.2024 |
5.493 |
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"Lei non mi lascia il cazzo, come un guinzaglio lo usa per avvicinarmi, si accovaccia per prenderlo in bocca..."
Diciassette. Noi italiani siamo superstiziosi, e il diciassette pare non porti proprio bene. Però se pensiamo a quando avevamo diciassette anni, l'anno prima di diventare maggiorenni, beh la musica cambia. Magari averli di nuovo, e di nuovo ancora, quei meravigliosi diciassette anni. Moto, musica, birre, ormoni carichi a pallettoni. Esco in moto una sera come tante, vedo gli amici, le amiche, al solito posto di ritrovo. Rimango lì una mezz'ora, chiacchiero seduto in moto, non scendo nemmeno. Fa figo. D'un tratto passa lei in scooter, mi fa un segno. Non la conosce nessuno dei miei amici, passa inosservata per loro. Non per me.
Adpetto cinque minuti, invento un impegno, saluto tutti, vado.
Il ritrovo solito è in una stradina stretta, senza uscita, buia, tra due palazzi della prima periferia.
Arrivo che lei è già lì, spengo motore e fari, accosto la moto al suo scooter. Nemmeno un ciao e ci abbracciamo forte, iniziamo a baciarci, le mani si infilano dappertutto, veloci come quelle di un ladro. Umori, pelle fresca, capezzoli turgidi, un culo... un culo disegnato. Il cazzo non mi stava più nelle mutande, lei mi sbottona i jeans, infila le mani dentro e lo stringe forte, come per sentire compiaciuta quanto fosse duro. Mi dice:"cos'hai? sei eccitato come non mai stasera". Era vero, avevo persino comprato i preservativi, era il momento di scopare.
Lei aveva ventisei anni. Mora, ricciolona, tette da donna, figa da donna. Era sposata. Tradiva il marito con un diciassettenne, che sembrava più grande, diceva lei. Aveva dei leggings neri, glieli abbasso in un colpo unico insieme alle mutande; mutande vere che si usavano a quei tempi, non i cordini elastici di oggi.
Lei non mi lascia il cazzo, come un guinzaglio lo usa per avvicinarmi, si accovaccia per prenderlo in bocca. Inizia un pompino, vorace, con molta lingua e baci alla cappella, al cazzo e alle palle. Non quei pompini da rumorosa idrovora profonda, il porno non aveva ancora fatto scuola, non erano bocchini agonistici ma preludio di passione. Comunque dura poco.
Raggiungo una tasca dei Levis e le do un preservativo, "mettimelo tu, sei più pratica".
Lei mi guarda, non sorride ma è felice. "Hai finalmente deciso che è il momento giusto. Avevo una voglia matta anche io stasera, te lo avrei chiesto".
In fondo era la terza volta che ci vedevamo di persona. Ci sentivamo per radio, si le radio che usavano i camionisti, il CB, il baracchino lo chiamavano. I cellulari non esistevano, nemmeno internet. Chiacchieravamo per ore, di notte. Lei si era sposata troppo giovane con un poco di buono, era circondata da gente pericolosa. No telefono. No appuntamenti, mi raggiungeva dove e quando sapeva di potermi incontrare. Non si fermava nemmeno ma si accertava che io l'avessi vista. Poi dritti al ritrovo nella strada buia. Funzionava così: prendere o lasciare.
Il preservativo me l'aveva messo delicatamente, mi guardava il cazzo e guardava la moto. "Come cazzo ci mettiamo?"
La tiro su, l'appoggio di fianco sulla sella della moto, le gambe unite strette dal mio braccio sinistro e mi trovo ad altezza cazzo la sua figa stretta tra le cosce, un bocciolo bagnato e desideroso del cazzo del diciassettenne.
Infilo il cazzo: "ah, è così la figa! ho il cazzo dentro una figa. Madonna se è calda. Minchia se si bagna, scivola tutto dentro." Pensieri sconnessi di un diciassettenne alla prima scopata.
Inizio a scoparla, cioè il cazzo entra e esce ma non sono coordinato, tutt'altro. Forse mi muovevo come uno di quei poveri cani castrati che si agitano scopando la gamba del primo malcapitato che hanno a tiro.
Ma le piace, non possiamo fare troppo casino, su di noi ci sono le finestre dei palazzi.
Prova ad abbracciarmi con un braccio solo, l'altro le serve per tenersi alla moto: io la penetro a tratti lentamente e a tratti le do dei colpi profondi e forti. Le tengo le cosce strette a me. Si copre la bocca e soffoca gemiti di godimento ladro.
Siamo amanti, nemmeno sapevo che cazzo significasse. Ci sono finito per caso in questo casino. Per voglia di figa. Non le nomino mai il cornuto, non andava fatto.
Lei prova a mettersi a pecorina, continuo a scoparla, le piace. Io non ci credevo. Mi guardavo intorno e poi la guardavo a culo nudo sulla mia moto: sembrava il cazzo di un altro, non potevo essere io. Euforia pura.
La rigiro a gambe unite, questa volta in alto sulla mia spalla sinistra, il leggings abbassato al ginocchio, culo sulla sella e figa ad altezza cazzo, di nuovo. La scopo forte, non so nemmeno se lei è venuta o no, ma io ho una sborrata pronta in canna. Scopo famelico, il cazzo esce dalla figa, provo a rientrare di nuovo, succede più volte, non sto capendo più un cazzo. Sborro.
L'orgasmo più lungo della mia vita fino a quel momento: quello delle migliaia di seghe precedenti è più breve, l'orgasmo da figa dura di più.
Lei mi bacia e controlla il preservativo, è ancora lì sano e salvo. Entrambi siamo sani e salvi. Il marito non l'avrebbe presa bene una moglie incinta mentre lui sconta diciassette anni di carcere. Un diciassette sfortunato, il suo.
Ci baciamo. Le sarà uscito dalla bocca un "ti voglio bene". Ci siamo rivisti altre quattro o cinque volte, poi alcune persone di sua conoscenza una sera mi hanno aspettato sotto casa. Mi hanno guardato rientrare, non hanno detto nulla. Qualcuno sospettava. Glielo dissi: pianse e ci dicemmo addio.
L'uomo che ha troppe certezze o è un coglione o si crede un dio. L'uomo che si crede un dio è un coglione.
Io non ho la certezza di aver sborrato scopando la figa o la sella della moto.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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