orge
Lo zoo
di FantasticaMoana
06.02.2020 |
1.456 |
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"Mi presentai a casa sua, una bella villa molto curata con giardino e piscina, quando suonai mi venne ad aprire e come suo solito mi mise subito a mio agio, ..."
Dopo la morte di mio padre avevo deciso di smettere di essere Moana e così per quanto fosse possibile nascondere la mia sete di femminilità, tornai ad essere il classico bravo ragazzo della porta accanto; per anni avevo seppellito la mia femminilità fra sofferenze e voglie nascoste ed ora che finalmente era uscita fuori dovevo nuovamente riporla in un armadio come se fosse un vestito da non indossare più.Di giorno indossavo la maschera di ciò che la gente si aspettava da me e di notte nel buio mi spogliavo di ogni superficialità per tornare ad essere me stessa Moana, chiudevo gli occhi e con la mano toccavo la mia figa immaginando di essere la troia vogliosa che ogni maschio alfa vorrebbe ai suoi piedi, mi masturbavo violentemente fino a squirtarmi in faccia, pensando fossero gli schizzi di maschi arrapati e infoiati di me; poi mi addormentavo fra sensi di colpa e rimorsi sperando giungesse presto una nuova notte.
Un giorno passando davanti un negozio di intimo mi fermai e rimasi attratto da uno di quei completini che vestono i manichini, me lo immaginai addosso e mi sentii viva, dovevo vederlo da vicino…così entrai, fortunatamente il negozio era abbastanza vuoto e a servire c'era solo un uomo di mezza età, mi inventai la solita scusa che dovevo fare un regalo e chiesi informazioni a riguardo; il padrone o commesso che fosse mi disse: “Hai buon gusto, ogni persona che indossa questo capo di abbigliamento, avrà numerosi amanti ai suoi piedi”…gli dissi arrossendo: ”Non è per me” e lui sfiorandomi la mano replicò: “Sono sicuro che col tuo fisico saresti un incanto”…lo ringraziai e me ne uscii continuando il mio giro per il centro commerciale; stavo guardando le vetrine quando mi sentii una voce alle mie spalle dire: “Mi spiace se ti ho offeso, non volevo”, mi girai ed era l’uomo del negozio di intimo, ancora prima che replicassi aggiunse: “Ti va di mangiare assieme qualcosa? Voglio farmi perdonare”, accettai l’invito, era un bell’uomo, maschio, bel fisico, virile, alto e con una voce che mi ipnotizzava e poi non ero rimasto indifferente alle cose che mi aveva detto nel negozio; mangiammo e parlammo come se ci conoscessimo da anni, fummo interrotti solo da una telefonata sul suo cell a cui lui rispose stizzito dopo vari scambi di battute : “Tranquillo non perderò la scommessa…”; a fine pranzo mi disse: “Devo tornare al negozio mi farebbe piacere rivederti stasera, ti va sono anche un ottimo cuoco”, gli dissi che per la cena non era il caso, che però per quattro chiacchere mi avrebbe fatto piacere andare a casa sua e così feci dopo essermi preso cellulare e indirizzo.
Mi presentai a casa sua, una bella villa molto curata con giardino e piscina, quando suonai mi venne ad aprire e come suo solito mi mise subito a mio agio, il suo sorriso e il suo tocco mi trasmettevano un brivido di adrenalina lungo la schiena e mi svegliavano dal torpore della perdita cara di mio padre; mi offrì del buon vino e seduti sul divano iniziamo a parlare…dopo il secondo o terzo bicchiere iniziai a sentirmi strano e così gli chiesi di andare in bagno, mi indicò la portò e ci andai…non ero brillo ma mi sentivo diverso dal solito, accaldato…entrando nella stanza accesi la luce ma mi accorsi non essere il bagno ma una camera, al centro un grosso letto circolare con su un vestito da donna, vari gioielli e sul tappeto delle splendide scarpe con un tacco vertiginoso, rimasi li a guardare il tutto e mi sentii ancora più accaldato; non so cosa mi prese ma dovevo indossare quella meraviglia di vestito e quel tacco 12, cercai uno specchio dove vedermi e mi accorsi del bagno in camera, entrai… c’era una splendida trousse in vista e mi truccai come quando ero Moana, mi mancava solo la parrucca, così la cercai in un baule sperando di trovarla…la scelsi fra molte per completare il quadro, me la misi e ritornai davanti lo specchio...mi ammirai, non ero mai stata così bella e femmina…”Sei splendida, una vera Venere” mi disse il padrone di casa, “In negozio ho capito cosa nascondeva il tuo viso e quello sguardo triste e ho visto come ammiravi il completino…lasciati amare, devi essere mia stanotte”…appena le sua labbra si avvicinarono al mio collo e lo sfiorarono, sentii divampare un incendio nelle mie vene, Moana chiedeva di rinascere e io non riuscivo a pensare ad altro; le mani maschie e virili di Roberto (così si chiamava il mio padrone) mi frugavano ovunque, mi stringevano con forza quasi a volermi spezzare e intrufolatesi sotto il vestito mi stritolarono le palle e il cazzetto…”Te sei donna e da stasera sarai la mia cagna, ricordatelo bene”…mi spinse contro il muro e mentre una mano mi tirava su il vestito scansando il tanga, con l’altra si tirò fuori il cazzo e me lo piantò su per la figa senza neanche un misero sputo a lubrificare il mio sfintere, così senza pietà, iniziò a stantuffarmi tenendomi per il collo quasi a strozzarmi, sempre più forte e devastando ogni brandello della mia fighetta che colava sangue e umori vari…ero completamente in balia di quel mostro ma nonostante tutto stavo godendo e sbrodolando come una vacca, lui se ne accorse e disse “Devi essere punita puttana”, tolse il cazzo dalla figa e messami a 4 zampe mi porto nella doccia, lì tenendomi a terra mi ordinò di aprire la bocca e mi pisciò dentro, si divertiva anche a pisciarmi in faccia e negli occhi…”Guarda che lurida troia che sei”…quando ebbe finito mi mise il cazzo in bocca e iniziò a scoparmela come fosse una figa fino a che, prima di venire , lo tolse e mi disse: ”Segalo puttana”…mi inondò di copiosa sborra coi suoi molti schizzi e poi mi ordinò di ripulirglielo per bene fino a prendergli anche l’ultima gocciolina che uscì dopo diversi minuti.
Imbrattata di sborra, col trucco colato e il vestito a brandelli mi portò in salone, dove inizialmente avevo bevuto il vino ma prima mi fece indossare una benda e un guinzaglio, mi diede nuovamente da bere e la testa mi riprese a pulsare forte e sentii nuovamente oltre a una specie di attacco di panico, ancora il fuoco nelle vene mandarmi emotivamente sulle montagne russe. Messa a quattro zampe con la testa per terra a ciucciargli i piedi e con la figa bene in alto, riprese a montarmi tirando ogni tanto il guinzaglio, come a ricordarmi chi comandasse e che io non contavo assolutamente nulla!
Mentre mi fotteva la figa alternando schiaffi sulle chiappe e sputi in faccia che mi riversava chinandosi verso di me, sentii oltre al suo cazzo un altro che si faceva strada e che di lì a poco mi avrebbe montata assieme a Roberto e altri cazzi tutti attorno a me.
Mi stavano usando in chissà in quanti ma io godevo e ne volevo sempre di più, a quel punto la benda sul mio volto per loro non aveva senso e me la tolsero, ognuno di loro ne indossava una con sembianze di animale: cinghiale, toro, cavallo, cane, ariete, cervo, elefante…avevo uno zoo tutto per me e continuavo a bagnarmi e colare umori dalla mia figa ormai ridotta a uno colabrodo; alla vista di quelle maschere esplosi in tutta la mia troiaggine e il fuoco che sentivo nelle vene divenne un rogo di maestose proporzioni, era io Moana a dominare quei cazzi, a cercarli e usarli: li spompinavo 2 alla volta, mentre ne cavalcavo 2 fissi nella figa e altri ancora li maneggiavo, la mia famelicità spaventava, da quanto tempo avrei voluto vivere quella scena ed ora ne ero la protagonista; divoravo le loro sborrate e prosciugavo i testicoli dei malcapitati, un tempo carnefici; più cercavano di starmi addosso e usarmi, più io Moana vivevo e bruciavo di passione divorando ogni loro desiderio. Andai avanti tutta la notte a cavalcare, svuotare i cazzi e a bere il loro piscio e sputi, uno ad uno crollarono esausti e vinti dalla mia golosità e troiaggine; si risvegliarono la mattina con me che continuavo a cercare segni di vita dai loro cazzi mosci o barzotti, fu così che capii che Moana non poteva smettere di esistere, perché il cazzo è la mia ragione di vita e mi piace troppo. Roberto si svegliò e col sorriso mi disse: “Sapevo che mi avresti fatto vincere la scommessa coi miei amici, trovare una ninfomane in meno di 10 minuti, l ho capito da come guardando il vestito in negozio, strusciavi le gambe sfregando il tuo clitoride”…gli risposi: ”Volevo prendermi una rivincita con te: sul sito mi hai sempre snobbata e bloccata; quando in negozio ho riconosciuto il tuo anello e il collier fuori la camicia ho capito chi eri e mi sono fatta rimorchiare, il vestitino era una scusa”, così gli tolsi anche il sorrisino del cazzo che tanto mi dava i nervi e me ne andai, rivestendomi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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