Lui & Lei
Il dono
di FantasticaMoana
17.04.2020 |
489 |
8
"Iniziò un pianto dirotto di zia, cercai di calmarla visto gli spasmi e le convulsioni e l’unico modo che trovai per dargli pace fu dirgli: “Parlerò con Marco”..."
Dopo anni, rivedevo mia zia per strada e quella volta non cambiò marciapiede per evitare di salutarmi, accadeva sempre così ma non quel giorno; chissà perché dopo tutto il tempo di vita vissuta assieme fra le nostre famiglie, dove condividevamo tutto: le feste, le scampagnate, le vacanze in montagna, un bel giorno si interruppe tutto. I miei non hanno mai capito il motivo e dopo i primi tentativi di riavvicinamento si sono arresi. Eppure una volta eravamo un’unica famiglia e consideravo Marco, il mio adorato cuginetto, un fratello; quante scorribande e risate, guai poi chi mi toccava, lui era gelosissimo.
Imbarazzata e non senza vergognarsi zia si avvicinò e con le lacrime agli occhi, mi disse con voce singhiozzante: “Scusami…”, la interruppi subito abbracciandola e rispondendogli: ”E’ tutto ok, non devi scusarti, sono felice di risentirti”.
“Devi aiutarmi non so più che fare con Marco, non vuole sentire e vedere nessuno, abbiamo provato di tutto, dottori, specialisti, psicologi ma rimane chiuso nella sua camera a fare pesi e ascoltare musica a tutto volume, a lavoro litiga con tutti, sono già venuti diverse volte i carabinieri a casa”.
Iniziò un pianto dirotto di zia, cercai di calmarla visto gli spasmi e le convulsioni e l’unico modo che trovai per dargli pace fu dirgli: “Parlerò con Marco”.
“A te darà ascolto, ti prego è l’unico figlio, mi basta saperlo sereno, non deve ritornare a casa, mi va bene stia nella sua che gli abbiamo comprato; ormai l’ultimo dell’anno è vicino, non voglio lui lo passi da solo come un cane”; mi diede il numero del cellulare e si raccomandò come le vecchiette fanno in chiesa davanti la statua della Madonna.
Ero stata davvero frettolosa a dire a zia che avrei parlato con Marco, ora l’ansia mi stava corrodendo, quanti ricordi mi tornavano alla mente, quante domande; chissà se era lo stesso Marco di cui mi ero preso una cotta.
Tornata a casa pure il mio alberello di Natale con tutte quelle luci colorate, non riusciva a mettermi allegria, ero troppo nervosa e passeggiavo su e giù per il salotto, con la mano serrata che stringeva il cellulare, mi feci forza e chiamai il numero di Marco…squillava ma non rispondeva nessuno...ero combattuta fra il volere sentire la voce di Marco e il chiudere la chiamata…attimi che mi sembravano interminabili…
Rispose Marco:“CHI CAZZO E’ CHE MI ROMPE I COGLIONI???”…
”Ciao come stai?”, non mi venne di pensare ad altra frase in quei momenti, avevo la testa totalmente nel pallone.
Dopo una pausa di silenzio dall‘altra parte del cellulare Marco aggiunse, cambiando il tono di voce:
“Sei davvero tu?”
Risposi ”Si sono io, mi piacerebbe rivederti, mi manchi tantissimo, tua madre mi ha dato il tuo numero, spero non ti dispiaccia”.
“QUELLA TESTA DI CAZZO”…riprese ad agitarsi…
Capii che dovevo cambiare discorso per non perderlo un’altra volta e gli dissi: “Ti va di vederci? Puoi venire da me, io sto a casa, non esco a festeggiare, non sono dell’umore giusto”
Dopo un’altra sua pausa di silenzio in cui temetti non avrebbe accettato, mi disse: “Ok ma solo se siamo io e te e nessun altro”.
“Si saremo solo io e te, tranquillo; Via dei…la villetta sulla dx…”.
“Allora a domani e non darmi buca, ci conto”, gli dissi.
Non dormii tutta la notte fra pensieri e ricordi…giunse il pomeriggio del 31 e squillò il campanello di casa, andai ad aprire…cavolo era cresciuto ed era un vero uomo: barba folta, ben piazzato, un armadio a 3 ante, merito della palestra o dell’impresa edile di famiglia, e dire che da piccolo era smilzo.
“Ciao”, gli saltai addosso, non riuscii a trattenermi, “quanto mi sei mancato”…
Lui con fare contraddittorio mi allontanò dal suo corpo ma aggiunse: “Pure te”.
Gli chiesi di darmi il cappotto ma preferì rimanere così come era arrivato; gli dissi cosa avevo preparato per la cena sperando si sghiacciasse un pochino ma niente.
Anche seduto sul divano Marco teneva una certa distanza dal contatto fisico ma i suoi occhi tradivano l’emozione di rivedermi e la voglia di raccontarmi tutto.
Mi feci coraggio (gli volevo bene e dovevo capire cosa lo turbasse così profondamente) e notando sempre più questo suo volere di assenza al contatto fisico …“Marco ti trovo bene fisicamente, farai girare la testa sicuramente a tante femmine”..
“NON MI INTERESSANO”…disse.
Ed io: “Se sei gay…”
Marco mi interruppe bruscamente…“NON DIRE STRONZATE…scusami non volevo…” cambiando repentinamente tono di voce…
A quel punto sbottai visto che era sul punto di aprirsi e confidarsi: “Ce l’hai piccolo? Non è così importante da rovinarsi la vita”.
…
Lui: “E tu che ne sai? Comunque non sono microdotato” iniziando a vacillare.
…
Io: “Ma allora che cazzo ti manca???? Sei bello da far schifo, hai un fisico da spiaggia..”
Lui: “NON MI MANCA NULLA, ANZI è IN Più”
Stavo diventando matta…pensavo…”E’ in più? Cazzo vuol dire?”…
“Cambiamo discorso” mi disse lui e aggiuse: “Per favore”.
Non potevo arrendermi, sapevo di essere vicino al tarlo che stava consumando la vita di Marco e così tentai il tutto per tutto, visto che se non fossi riuscita a venirne a capo avrei perso comunque Marco.
“Senti vado a farmi una doccia è da stamani che cucino, te puoi ascoltare la musica o vedere un po’ di tv, fai come se fossi a casa tua tranquillamente”.
Salii le scale e presi i vestiti da mettermi per cena, poi andai in bagno a lavarmi.
Uscii dal bagno e andai in sala, Marco era di spalle sul divano, mi avvicinai e gli dissi: “Allora come stò?”
Si girò e rimase senza parole per un attimo, lessi lo stupore nei suo occhi.
“Sei uno schianto…mah…dimmi tutto cazzo, mi sono perso qualcosa in tutti questi anni”
Sembrava essersi finalmente sciolto spinto dalla curiosità, il suo viso era rilassato e nonostante la barba folta vedevo il suo bel sorriso e la voglia di fare domande.
Gli dissi: “C’è poco da capire, sono questa da sempre, anche quando giocavamo da piccoli e ti tenevo la mano o giocavamo a spade, a te ti vedevo come un cavaliere, io ero la donzella da salvare, non a caso vincevi sempre te. Non mi è mai piaciuto giocare a calcio o fare cose tipicamente da maschio, le facevo perché c’eri te vicino a me e mi piaceva guardarti”.
Col viso arrossato e ancora lo stupore sul viso mi disse: ”Ci sono stati momenti in cui avrei voluto fossi così come sei adesso..ma come ti devo chiamare ora?”
Io: “Semplicemente Moana”
…
Lui: “I capelli rossi ti donano molto e le rosse mi hanno sempre fatto molto sangue, sei un vero spettaccolo”.
…
“Allora è vero non sei gay”, dissi io.
Lui scoppiando in una fragorosa risata mi disse: ”E BASTA, NON SONO GAY, mi piace la sorca”
Interrompendolo e tornando seria, gli dissi: “Ma allora perché sei triste, perché sei così asociale? Dimmelo ti prego ci sto male”.
…
Lui: “Ho paura a dirtelo…”, tutta la sicurezza e l imponente figura di Marco mostravano ora il fianco e il suo lato fragile e insicuro
…
Io:“Fatti aiutare lo sai ti voglio bene”, gli appoggiai le mie mani sulle sue.
Sentii le sue mani farsi forza e prendere le mie e quasi stritolarle per la tensione…
“Sono superdotato mettiamola così”…mi disse guardando in basso e distogliendo lo sguardo dal mio.
Ed io:”Tutto qua???? E dov’è il problema? Marco stai scherzando?”
E lui:”NON STO SCHERZANDO E NON è COSì SEMPLICE LA COSA”
Io: “Scusa…spiegati perché davvero così non capisco”…ero sempre più frastornata.
Lui: “Devi promettermi che non lo dirai a nessuno e io ti dico tutta la faccenda”, a quel punto Marco si fece molto serio in viso.
“Certo” dissi io.
Si alzò dal divano, si tolse il cappotto dopo avermi dato le spalle,si tolse il maglione, la camicia, tutto in maniera lenta e sofferente, con attorno un silenzio religioso che io non volli rompere; continuò coi pantaloni e gli slip…si girò ma prima mi fece ripromettere di mantenere il segreto.
Stavolta mi lasciò lui senza parole e capii quanto mi aveva detto prima: ” NON MI MANCA NULLA, ANZI è IN Più”…aveva 2 cazzi e anche da mosci grandi, era un bifallico superdotato.
…
“NON DICI NULLA?”..mi disse Marco tutto nervoso.
Io: “Sei uno spettacolo, una meraviglia del creato, lasciati guardare”
Lui: “NON CAPISCI CHE TUTTO QUESTO MI HA ROVINATO LA VITA E I MIEI SI SONO ALLONTANATI DALLA TUA FAMIGLIA PER LA VERGOGNA? NON VOLEVANO SI SAPESSE”.
Io: “Vergogna? Marco te hai un dono in più rispetto agli altri maschi, i tuoi hanno avuto sicuramente paura mossi dall’ignoranza ma non devi più nasconderti, sei bellissimo così come sei”.
Non feci in tempo a finire la frase che mi strinse a se e mi baciò in bocca.
“Ti desidero da sempre e mi sono sempre frenato perché non sono attratto dagli uomini ma te sei sempre stata particolare, stanotte voglio tu sia mia Moana”…
Mi strinse fra le sue possenti braccia da muratore palestrato e iniziò a baciarmi il collo mordendomi di tanto in tanto, l’alternanza delle sue morbide labbra e la sua barba mi stavano facendo bagnare come poche altre volte.
Mi spogliò completamente lasciandomi solo il tanga, le autoreggenti e il mio tacco 12.
Aveva un tocco delicato ma deciso e sapeva come dare piacere, non lasciò una sola parte del mio corpo senza un bacio o una carezza, mi annusava come un animale e sentivo che di lì a poco avrebbe liberato la bestia che era stata per troppo tempo chiusa in gabbia.
Si mise in ginocchio e mi leccò l‘interno della coscia, mi girò e puntò la sua lingua fra le chiappe non prima di averle morse e schiaffeggiate.
Non riconoscevo più lo scontroso e orso Marco di pochi minuti fa, ancor meno quello di quando eravamo piccoli, quello davanti a me era un uomo coi contro coglioni forgiato nella sofferenza e capace di far vibrare il corpo di una femmina come nessun altro.
Avrebbe potuto essere un violento invece era dolce, premuroso, curioso di scoprire e trovare le zone erogene del piacere tutto questo senza rinunciare all’essere virile e dominante.
I suoi 2 grossi cazzi ora potevo vederli in tutta la loro bellezza fra quelle gambe muscolose e pelose, avevo la testa stordita dal piacere che la lingua, le mani e tutto il corpo di Marco mi stavano dando; mai e poi mai avrei potuto immaginato di vivere un’esperienza come quella.
Sgusciai da sotto il corpo di Marco e gli sussurrai di lasciarmi fare, lui steso con quei 2 obelischi fra le gambe, uno leggermente più grosso dell’altro. Iniziai a succhiargli i cazzi e vidi Marco fissarmi, curioso quasi a volere delle conferme che quello che stavo facendogli mi piacesse; solo dopo un po’ tirò indietro la testa e si godette il mio lavoro di bocca. Era davvero strano avere 2 cazzi così vicini ed essere dello stesso uomo, non sapevo bene cosa fare se alternare spesso le mie attenzioni a quei cazzi o concentrarmi prima su uno e poi sull’altro; credo andassi bene visto che non persero mai l’erezione, evidentemente l’eccitamento di uno influiva su quello dell’altro. Marco prendeva sempre sicurezza e guidava la mia testa nel fare su e giù sui suoi cazzi, lo sentii irrigidirsi e capii che stava per venire, cercò di scansarmi il viso dai suoi cazzi ma io continuai, volevo godesse dopo tutti sti anni di seghe e rinunce dettate da una paura infondata. Schizzò prima da uno e mentre stavo ancora finendo di succhiarlo e prenderne il succo dall‘altro, li misi vicino e gli leccai le cappelle ancora grondanti; Marco emise un grugnito di godimento bestiale mai sentito da nessun altro.
Non smisi di succhiargli i cazzi, anche una volta venuti e goduto non solo non avevano perso di vigore ma era più duri di prima.
Marco si tirò su e dopo avermi presa in braccio e baciatami con passione mi rimise sul letto, mi fece mettere con le mani contro il muro per reggermi e inizio puntare uno dei suoi cazzi fra le chiappe, scivolò dentro e iniziò a muoversi piano mentre la sua bocca mi baciava sul collo e le sue gigantesche mani mi strizzavano i capezzoli.
Mentre con un cazzo mi stava scopando con l'altro mi frustava la schiena e le chiappe, ogni tanto faceva uscire il cazzo che era dentro di me e infilava l'altro, non so quante volte sia venuta, le gambe iniziavano a tremare, mentre lui non dava segni di stanchezza, fu allora che mi prese dopo avermi fatto girare, totalmente in braccio con ancora uno dei 2 cazzi dentro e mi fece fare l’altalena, le sue possenti braccia reggevano totalmente il mio corpo mentre io mi reggevo al suo collo taurino.
Venne nuovamente e questa volta mi allagò e lubrificò la figa, eh si perché poi toccò all’altro suo cazzo scoparmi e venire, tutto questo sempre tenendomi in braccio e senza mai poggiarmi sul letto.
Io ero abbastanza provata da tanto piacere mentre lui ancora voglioso di me, baciandomi mi disse: “Vorrei provare una cosa ma forse è troppo per te e sei stanca”; non volevo fare finire quel momento, Marco era sereno, felice e appagato, così gli dissi: ”Fallo”, lui sorrise e dopo avermi baciato con ulteriore passione mi adagiò sul letto, mi portò le gambe al petto e infilò contemporaneamente i suoi 2 cazzi; la figa lubrificata dalle sue sborrate, accolse Marco e tutto il suo armamentario bellico, avevo la figa slabbrata e distrutta di piacere, era diverso da una DP, perché qui i cazzi si muovevano all’unisono, tutte e 2 entravano e tutte e 2 uscivano, per un attimo credo persi i sensi e solo le scosse telluriche del massiccio corpo di Marco sul letto mi fecero riprendere.
Un altro orgasmo mi devastò di li a poco, Marco invece era ancora bello forte, sveglio e pronto a riniziare, alzai bandiera bianca, mi arresi per la prima volta; guardammo l’ora e mancavano pochi minuti alle 24:00, la cena ormai era andata; Marco mi disse: “Vieni con me”, mi lasciò davanti al bagno e tornò con la bottiglia di spumante che aveva portato da casa e 2 calici, “non possiamo non brindare al nuovo anno”…mi portò nella doccia e tenendo d’occhio l’orologio stappò la bottiglia ma non riempì i bicchieri allo scoccare della mezzanotte; poggiò i bicchieri a terra fra le mie gambe aperte, agitò la bottiglia di spumante e mise il collo del boccione nella mia figa non prima di averla agitata; quando la tolse la mia figa schizzò tutto nei bicchieri sotto di noi, continuò così finché i calici non furono pieni, poi li prese e bevemmo.
Quella notte e le successive dormimmo assieme e passammo le giornate fino alla fine delle feste a scopare e a fare l’amore, fu il periodo natalizio più bello mai vissuto. Marco ormai sicuro che quello che aveva fra le gambe era un dono, prese coraggio e sicurezza e si riappacificò con la sua famiglia e iniziò a vivere serenamente la sua mostruosa e fantastica sessualità. Sono passati alcuni anni da allora, nel frattempo si è sposato, ha messo su famiglia e ogni tanto mi viene a trovare con sua figlia che ha chiamato Moana.
P.s. I ricordi hanno preso il sopravvento su tutto il resto e anche rileggendolo non sarà mai perfetto.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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