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Il Padrone mi presta per farmi sfondare


di StefanieSalope
19.04.2023    |    13.597    |    7 9.7
"Il profondo spacco frontale permetteva di ammirare le sue gambe magre e sottili che con i tacchi sembravano lunghissime..."
Eccomi di nuovo qui, a descrivervi un po' della mia storia con questo racconto a cui sono molto legata emotivamente perchè, se avrete bontà di leggere fino alla fine, racconta molte cose ma, soprattutto, è stato l'inizio di un qualcosa, di un sentimento, che nel tempo è cresciuto e oggi riempie di gioia e amore la mia vita.

Era ormai più di un anno che quell’angelo del mio datore di lavoro mi aveva presa oltre che come suo braccio destro in azienda, anche come sua schiava. Quasi ogni giorno in cui lui era in ufficio, dopo l’orario di chiusura, mi ordinava di prepararmi. Il mio guardaroba era fornito di ogni abito, ogni accessorio, ogni tipo di lingerie femminile. Avevo anche acquistato un seno in silicone che, in effetti, mi era costato un occhio della testa, ma al mio Padrone era piaciuto e questo mi aveva ripagato.
Trasformarmi da Vittorio in Stefanie era per me un piacere indescrivibile. Mi sentivo come un attore che usciva di scena e finalmente poteva rimettersi i suoi abiti. Adoravo i tacchi, che sapevo portare altissimi, anche quelli da 15 cm; anzi, per il mio Padrone usavo solo quelli perché sapevo che a lui piacevano. Ogni giorno cambiavo, con abiti sempre molto succinti, per non dire volgari, come una sgualdrina di strada, una vera Salope. Coordinavo l’intimo con il colore del vestito, delle scarpe e del plug per poi raggiungere il Padrone nel suo ufficio, con il collare già legato ed il guinzaglio in bocca. Mi piaceva arrivare sculettando a fianco della sua scrivania, inginocchiarmi e porgerli con la bocca il guinzaglio, aspettando che lui lo agganciasse. A volte lo legava alla sedia e mi lasciava li, mentre continuava a lavorare. Ogni tanto mi faceva una carezza o, distrattamente, giocava con il plug tirandone la coda, senza mai sfilarlo. Altre volte mi faceva mettere sotto la scrivania, mi lasciava abbassare i pantaloni e cominciavo dei pompini in cui ero diventata maestra, mentre lui era al telefono con qualche cliente o fornitore e, appena chiudeva la telefonata, mi scopava la bocca fino a dissetarmi con il suo nettare. Altre volte, soprattutto il fine settimana, mi prendeva con vigore, mi scopava con foga riempiendo il mio culetto ormai molto accogliente. Sentire quel dolore iniziale che si trasformava in piacere e poi in orgasmo sotto i colpi quasi feroci del mio Padrone, era appagamento puro che raggiungeva il culmine nel sentire il calore dei suoi schizzi dentro di me. L’unica cosa che, fortunatamente, non mi faceva mai mancare, era la possibilità di pulire il suo membro dopo aver eiaculato. Non importava se nella mia gola, nel mio culetto, sulla mia faccia o sul pavimento. Io potevo succhiare avidamente le ultime gocce che uscivano, passare la mia lingua su ogni centimetro del suo sesso e poi, quando avevo finito, potevo ingoiare lo sperma che mi rimaneva sul viso, o leccarlo dal pavimento.
Ogni sera in cui lui aveva giocato con il mio corpo tornavo a casa senza cambiarmi, uscendo dal retro, come lui mi ordinava. Certe volte metteva alla prova la mia sottomissione facendomi passeggiare davanti casa, nel mio quartiere, altre mi faceva esibire nelle strade di periferia dove lavoravano le prostitute, altre ancora mi mandava a ritirare la cena. Io sapevo che lui mi osservava, mi valutava e, se lo soddisfacevo, il giorno dopo sarei stata premiata con il suo nettare. In caso contrario sarei stata punita, con vergate sulle natiche, con dildi giganti infilati nel mio sederino; altre volte, ed era le punizione che più mi faceva soffrire, non potevo toccarlo mentre mi prendeva. Mi metteva dei bracciali in cuoio che poi agganciava agli anelli del mio collare mentre mi sfondava la gola per poi sborrare a terra, senza permettermi di ingoiare il suo nettare.
Ero una donna, anche se nel corpo di un uomo, felice, appagata e serena, e non chiedevo nulla di più. Ma sbagliavo perché stavo per scoprire che la perversione del mio Padrone, e la mia totale sottomissione, stavano per regalarmi momenti di godimento assoluto.

Era il primo giovedì del mese di maggio e lo ritrovai in ufficio fin dal mio arrivo. Il suo sguardo penetrante mi eccitò all’istante, ma ero Vittorio in quel momento e mi era assolutamente proibito eccitarmi o distrarmi dal lavoro. Mentre scacciavo pensieri proibiti mi disse di portargli tutte le pratiche da concludere in ufficio.
Dopo pochi minuti ero da lui.
"Vittorio, metti tutto sulla scrivania. E Adesso ascoltami con attenzione! Non ripeterò e non accetterò sbagli”
“Certo Dottore”
“Stefanie la Salope ha abiti da sera eleganti ma adatti alla sua condizione?”. A lui piaceva parlare della mia versione vera come di una terza persona, e per me era un onore perché con Vittorio era sempre professionale, mentre con Stefanie era perverso, passionale e deciso. Questo mi aiutava molto nello svolgere entrambi i miei ruoli al meglio.
“Si Dottore, Stefanie ha quello che chiede, ma non so se possono essere adatti all’occasione. Potrei farle avere delle foto”.
“No, voglio essere sicuro. Già questa mattina Stefanie dovrà andare alla boutique di Francesca che avrà già le indicazioni necessarie. Da li andrai direttamente da Eleonora che finirà di prepararti”.
“Come desidera Dottore”
“E adesso vai! Tornerai in ufficio come Vittorio lunedì”.
“Si Signore. Grazie”.

Il vestito scelto era un abitino molto aderente che copriva completamente il collo ed il petto, con delle ampie aperture a scoprire parte delle spalle, così potevo indossare il mio seno di silicone. Finiva poco sotto il mio sederino che tenevo sempre tonico come voleva il mio Padrone. Le scarpe erano dei sandali color argento con delle striscioline di pelle che esaltavano i miei piedini magri e le mie caviglie fini, come diceva sempre la dipendente della Signora Eleonora. Avevano inoltre un taco 12 ricoperto di cristalli che luccicavano ad ogni passo. Mi aveva fatto preparare anche un perizoma con una forma particolare: mi lasciava praticamente scoperto tutto ma aveva una specie di rinforzo per trattenere il mio clitoride tra le cosce. Avrei dovuto tenere le gambe nude, cosa mai successa prima e questo mi esaltava.

Da Eleonora mi fecero una ceretta total body oltre che piedi e mani con uno smalto rosso fuoco e dei piccoli cristalli. Erano magnifici.
Quando mi guardai allo specchio, per un attimo, stentai a riconoscermi. La truccatrice aveva reso il mio volto orientaleggiante, esaltando i miei occhi e le mie labbra, con ombretto e blush. Mi sentivo una diva del cinema pronta al red carpet.
Mentre mi guardavo, felice ed eccitata, mi arrivò un messaggio del Padrone:
- Stasera sarai la serva di Eleonora. Io ti guarderò, ma non cercarmi, potrei non usarti. Non deludermi! -
Ero incredula! Mi aveva ceduto ad Eleonora perché? Per punirmi? Per mettermi alla prova? Sapeva che già altre volte la Signora Eleonora mi aveva usato sia come donna che come uomo, perché cedermi? Scacciai quei pensieri perché, dopotutto, io ero la sua schiava, e dovevo semplicemente fare ciò che lui voleva.

Di li a poco vidi uscire dai camerini la Signora Eleonora. Era elegantissima, con un lungo abito rosso, intrecciato dietro il collo che le lasciava completamente scoperte le spalle e la schiena, fin quasi al taglio tra le natiche. Il profondo spacco frontale permetteva di ammirare le sue gambe magre e sottili che con i tacchi sembravano lunghissime. Era meravigliosa e la guardai con curiosità ed un po’ di invidia.
“Buonasera Padrona”
“Bene, sei già stata istruita” e con un mano mi strinse la mandibola per aprirla ed infilarmi la lingua senza che le labbra si sfiorassero. Io ovviamente allungai la mia e mi lasciai andare. Sentii l’altra mano prima insinuarsi tra le mie gambe per tastare il mio uccellino e poi afferrare la mia mano per portarla alla sua patatina già umida. Infilai subito un dito ma dopo pochi secondi mi fermò.
“E’ ora di andare”
Mi ritrovai su quest’auto super lussuosa con l’autista che ci portava non so dove. Arrivammo davanti una villa Palladiana dove erano parcheggiate moltissime auto lussuose e sembrava di arrivare ad una festa di quelle descritte nelle fiabe. Poco prima di scendere la Padrona mi mise il collare, perfettamente intonato al mio abbigliamento, ed il guinzaglio, mentre lei indossò una piccola maschera in pizzo rosso per nascondere parte del suo viso.
Un signore elegante, che sembrava una specie di cameriere, ci aprì la porta ed aiutò a scendere la Padrona con galanteria ed eleganza. Ovviamente, nello scendere dall’auto, il mio vestitino era salito tanto da mostrare il mio perizoma. Cercai di sistemarmi guardando maliziosa quel signore e mi accorsi di un rigonfiamento tra i pantaloni
“Muoviti, stasera avrai tutto il tempo per fare la cagna in calore” e mi strattonò il guinzaglio. Lungo la scalinata osservavo l’eleganza della padrona nel muoversi ed avrei voluto imitarla, ma in quel momento mi sentivo una totale sgualdrina e non riuscii ad evitare di sculettare.

L’ingresso della villa era un enorme salone con drappi bianchi ovunque a creare un effetto mediorientale mentre si vedevano svariati camerieri elegantissimi portare vassoi con bicchieri di champagne e tartine. Solo dopo qualche passo mi accorsi che vi erano molte altre persone mascherate con altri schiavi e schiave al guinzaglio. Ero eccitatissima ed allo stesso tempo sconcertata perché mai, prima d’ora, avevo partecipato a situazioni del genere. Cominciavo già ad immaginare di essere posseduta da più uomini, di dover usare la mia bocca, le mie mani ed il mio uccellino per soddisfare delle donne, e di dover impegnarmi al massimo per eseguire gli ordini della padrona, sperando che il Padrone mi vedesse e fosse fiero di me.

Rimasi molto tempo a fianco della padrona che si fermava un po' con tutti a conversare e ad esibirmi. Mi alzava la gonna per mostrare il mio culetto che in molti toccavano e palpavano. Mi sentivo più oggetto che mai, ma fremevo nell’attesa di sentirmi usata sessualmente fino a quando incontrammo una signora molto alta, elegantissima nel suo abito lungo color avorio, che contrastava magnificamente con la sua pelle d’ebano e i capelli corvini lunghissimi e splendenti. Al guinzaglio aveva un giovane di 20 anni, 1 metro e 90, con un fisico statuario in bella mostra visto che, oltre al collare in cuoio bianco borchiato, decisamente grosso confrontato con quelli a cui ero abituata, indossava semplicemente un paio di shorts in pelle bianca inguinali e un paio di scarpe da basket anch’esse bianche. Il suo viso era non bello ma affascinante, soprattutto per via di quegli occhi languidi che guardavano adoranti la sua padrona. Mentre la mia padrona parlava con l’altra Signora, intuii che quella serata era stata organizzata per scambiare gli schiavi, per fare orge. L’idea mi elettrizzava, capivo che ero una delle più ambite e ciò mi riempiva di orgoglio.

Tutto rimase statico fino a quando la padrona fece un cenno ad uno dei camerieri. Gli consegnò il mio guinzaglio e quello di Jean Paul. Ci portarono in una stanza abbastanza buia, con al centro uno specie di letto rotondo. Alle pareti in legno, o forse dovrei definirle dei paravento, c’erano svariate aperture a diverse altezze e dalle più alte intuivo ci fossero persone che ci osservavano. Ci inginocchiammo sul letto e Paul, così preferiva essere chiamato, mi raccontò di essere di Bruxelles dove, fin da bambino, la famiglia lo faceva prostituire tra i politici, gli uomini e le donne d’affari o chiunque avesse abbastanza soldi per permetterselo. Solo tre anni prima, la sua padrona, l’aveva comprato dalla famiglia e l’aveva portato in Italia. Avrei voluto chiedergli molte più cose ma in quel momento giunsero le nostre padrone che ci ordinarono di spogliarci e di coricarci, mentre entrambe si sedettero letteralmente sui nostri volti. Cominciai subito a leccare la rosellina e la patatina della padrona che era già notevolmente eccitata. Di li a poco mi resi conto che, dalle aperture più in basso sul muro, cominciarono a spuntare dei peni. Alcuni decisamente grandi, altri molto meno invitanti. Ci ordinarono di svuotare tutti i cazzi e io mi precipitai cominciando a succhiare come un ossessa e lo stesso fece Paul. Volevo sentire lo sperma nella mia bocca, volevo ingoiarne quanto più potevo, volevo che tutti parlassero di quanto ero brava. Il primo, un pene non particolarmente lungo ma grosso e peloso, durò pochissimo, come quello che tenevo nella mano destra. Appena lo presi in bocca eiaculò una piccola quantità di sperma, il cui sapore era decisamente poco piacevole. Avrei voluto sputarlo, ma non mi era stato dato alcun permesso e continuai. Il terzo, che fino a quel momento avevo masturbato con la mano sinistra, era decisamente il più grande fino a quel momento. Era duro, con le vene che gli davano un aspetto potente, ed un glande a punta. In bocca aveva un sapore di maschio decisamente intenso ed anche per lui bastarono pochi minuti per sentirlo godere, ma questa volta mi inondò con una quantità di seme incredibile. Faticai non poco a trattenerlo tra le mie labbra, ma il sapore era così buono che lo ingoiai con gran gusto, tanto che, invece di abbandonarlo immediatamente, succhiai anche le ultime gocce.
Avevo già altri due cazzi, uno per mano, pronti da soddisfare ma la padrona mi ordinò di andare sul letto, davanti a Paul. Con Forza avvicinò le nostre bocche obbligandoci a baciarci, a far toccare le nostre lingue ed a scambiarci gli umori di quegli uomini sconosciuti. “Tirate fuori le lingue, voglio vedere come si leccano le puttane”. Io ero un fuoco, sentivo già qualcosa uscire dal mio uccellino mentre le nostre lingue, che tutti in quel momento stavano osservando, si intrecciavano.
“E adesso fammi vedere se riesci ad eccitare questo schiavetto”. Mi spinse la testa tra le gambe di Paul. Il suo pene, che riuscivo a vedere solo in quel momento, aveva delle dimensioni decisamente generose. Cominciai a leccarlo, a succhiarlo. Sentivo le mie guance incavarsi nel tentativo di ciucciarlo intensamente. Lo ingoiavo, mi muovevo su è giù e poi di nuovo lo portavo fino in gola. Lo sentivo crescere sempre di più e questo mi esaltava perché stavo facendo bene quello che la mia padrona aveva ordinato. Credo di aver eccitato anche lei perché mi accorsi che stava baciando Paul mentre lo obbligava a masturbarla. Ero eccitatissima, ma avevo voglia di sentirmi sfondare. Improvvisamente qualcuno mi prese per i fianchi.
“Paul, sfonda questa sgualdrina”. Era la sua padrona che mi aveva spinto la testa in basso. Sentivo la sua lingua ingorda leccare la mia rosellina fino a quando Paul appoggiò la punta del suo uccello per penetrarmi. Spingeva dolcemente, lo sentivo entrare con delicatezza, assecondando il mio ano che piano piano cedeva. Ero piena di piacere quando sentii il rumore di una fortissima sculacciata “Non stai scopando me! Sfonda questa puttana!”
Paul mi prese per i fianchi ed entrò dentro di me completamente. Il dolore fu tale che per un attimo mi mancò il fiato. Iniziò subito ad affondare i colpi con forza, quasi con rabbia, ed io godevo, proprio come una cagna in calore. Cominciai a gridare, a dirgli di sfondarmi, di spingere più forte, di farmi godere.
“La tua serva parla troppo, adesso la facciamo tacere”.
Mentre Paul mi scopava senza sosta, io ero con le mani sul bordo del letto. Vidi davanti a me la padrona di Paul. Era nuda, e il suo corpo sembrava meno perfetto di prima ma ciò che mi sconvolse fu l’enorme fallo legato in vita. Mi prese per i capelli e mi obbligò ad ingoiarlo. Era grande almeno quanto il cazzo di Paul, ma decisamente meno gustoso. Lo spingeva con rabbia, mi sentivo soffocare e le lacrime cominciarono a rigarmi il volto. Mentre mi sentivo piena sia nel culetto che nella gola, il mio pensiero corse al mio Padrone, alla speranza che fosse li a guardarmi, che fosse contento di me.

“Finalmente il nostro ospite d’onore!” esclamò Eleonora.
La mia Padrona, che fino a quel momento era rimasta ad osservarci e a masturbarsi, era davanti a me con un uomo che indossava una maschera nera. Solo quando gli prese in bocca il suo bellissimo uccello lo riconobbi. Il mio Padrone era li, poteva vedere quanto ero brava, come ero ubbidiente, come tutte le persone nascoste dietro al muro fossero eccitate nel vedere quanto fossi troia.
La padrona se lo stava letteralmente mangiando e, guardandola capii che avevo ancora molto da imparare. Appoggiava le labbra semi aperte e faceva scorrere la sua bocca su tutta l’asta, tenendola con una mano mentre con l’altra, massaggiava i suoi grossi e duri testicoli. Improvvisamente se lo infilava in gola, fino a poggiare il viso sulla pancia del Padrone e con la lingua sfiorava le sue palle. Era uno spettacolo che eccitava anche me. Improvvisamente la padrona di Paul lasciò la mia bocca e si abbasso per condividere il sesso del mio Padrone. Mentre Paul continuava a sbattermi con tutta la sua potenza, io vedevo quelle due donne assaporare il membro del mio Padrone mentre mi guardavano e i loro sguardi sembravano dire: noi possiamo tu invece no!
Ero estasiata ed incredibilmente gelosa. Tirai fuori la lingua invocando un po’ di quella carne che idolatravo.
“La cagnetta che mi hai dato vuole il tuo cazzo hai visto?” disse Eleonora per poi tornare subito a leccarlo avidamente.
“Mi sembra abbia bisogno di una giusta punizione” suggerì la padrona di Paul.
“E’ giusto! Una brava schiava non chiede perché nulla le è dovuto” disse il mio Padrone.
Ero mortificata, avevo deluso il mio Padrone davanti a tutti. Come mi ero permessa? Non mi usava già abbastanza? Come potevo essere così stupidamente pretenziosa?
La padrona di Paul gli fece un cenno e lui si tolse immediatamente lasciando il mio culetto solo, vuoto, completamente aperto. Subito mi arrivò una potente manata sulla natica destra, un’altra sulla sinistra, e poi ancora e ancora. Le sentivo bruciare ma, nonostante il dolore, godevo pensando che mi stavano punendo giustamente.
Mi accorsi che Paul girava attorno alla stanza mentre tutti i fori del muro erano occupati da uccelli eccitati. Ne sfiorò almeno quattro, i più grossi e lunghi tra i presenti, e subito dopo li vidi entrare nella stanza … “E adesso sfondatela a dovere” disse sprezzante il mio Padrone.
Mi fecero alzare per poi mettermi a novanta, con le braccia al muro. Quei quattro uomini scelti da Paul entrarono già completamente nudi, con mascherine nere a celare il volto, e i loro membri eccitati; cominciarono a sodomizzarmi uno alla volta, con rabbia inaudita mentre io succhiavo i cazzi che a turno uscivano dal foro nel muro. Mi sentivo veramente una sgualdrina da bassifondi, un oggetto senza coscienza e li capii che era esattamente ciò che il mio Padrone voleva e cominciai a godere, in silenzio. Ma anche a Paul, che era vicino a me, stavano riservando lo stesso trattamento. Lo vedevo ingoiare cazzi, lo sentivo gemere sotto le spinte di altri uomini che lo sodomizzavano.
In quello scenario lo sperma di tutti quegli sconosciuti che ingoiavo avidamente era estasiante come quei membri che cercavano di spaccarmi per raggiungere il piacere. Sentivo anche entrambe le donne gemere ed avrei voluto potermi girare per guardare, ma continuavo ad avere uccelli da svuotare con la bocca, ed altri da soddisfare con il mio culetto.
Finalmente anche il quarto uomo raggiunse l’orgasmo e potei inginocchiarmi, esausta.
“Date da bere a quella mangia sborra” … e gli uomini mi porsero i loro preservativi pieni e io riversai il loro contenuto nella mia bocca ingoiando tutto; nel farlo osservavo la Signora Eleonora sopra il mio Padrone che la scopava e la padrona di Paul che la sodomizzava con lo strapon. Urlava di piacere e quell’immagine mi eccitò ancora di più. Ne volevo ancora, volevo sentirmi di nuovo piena, avevo ancora sete di sperma ma non osavo chiedere. Mi ritrovai a infilarmi quasi completamente la mano nella mia rosellina completamente aperta e sfondata e gemere di piacere.
“La tua cagna non ne ha mai abbastanza! Paul, vai a chiamare il tuo amichetto”. Lui eseguì immediatamente l’ordine mentre quei tre meravigliosi corpi continuavano ad intrecciarsi e ad eccitarmi.
Dopo non più di un minuto Paul tornò con un ragazzo di colore, completamente nudo e con un arnese decisamente più grande di tutti quelli ricevuti fino a quel momento. Me lo ritrovai subito tra le labbra e mentre continuavo a masturbarmi il culetto, cominciai a succhiarlo con avidità, provando a copiare la Signora Eleonora. Evidentemente stavo imparando perché la reazione fu istantanea. Mi ritrovai la bocca completamente piena di quel sesso, grande quasi come quello di Lucilla, una trans da cui imparai a fare i primi pompini con gola profonda.
“E adesso fatemi vedere se riesce a prendere due cazzi in quel culo sfondato!”
Ero incredula, come potevo sperare che quei due enormi cazzi entrassero contemporaneamente nella mia rosellina?
Paul si sdraiò a terra ed io mi sedetti sopra di lui. Ero talmente dilatata che la sensazione di piacere fu immediata. Mi tirò a se baciandomi appassionatamente, facendomi assaporare il gusto di sperma che ancora impregnava la sua bocca, mentre sentivo il ragazzo nero che, con quel randello enorme, cercava di entrare nel mio culetto. Rimasi immobile, come Paul, finché non iniziò la penetrazione. Sentii subito un dolore lancinante, mi sembrava mi stessero strappando la rosellina. Provai ad urlare ma Paul mi stava schiacciando la bocca con la sua. Sentivo il mio ventre squarciarsi sempre di più ma il dolore era nulla rispetto al piacere che provavo in quel momento. Mi stavano letteralmente sfondando, avevo due enormi cazzi nel mio culetto e godevo, godevo come una matta. Con la mano cercai i fianchi di quel ragazzo sconosciuto cercando di attirarlo a me, lo volevo tutto dentro, li volevo entrambi dentro di me e loro spinsero ancora più forte, senza sosta. Ero in totale estasi, non avevo mai provato un piacere più grande, tranne bere il nettare del mio Padrone.
“E adesso venite e soddisfate le Signore”
Paul e l’altro ubbidirono immediatamente. Paul prese Eleonora mentre il ragazzo di colore iniziò a sfondare la rosellina dell’altra donna.

Nella mia mente l’unico pensiero era che avrei finalmente potuto abbeverarmi dal sesso del mio Padrone e così fu. Mi prese la testa tra le mani, ci infilò il suo bellissimo pene e mi ordinò di scoparmi la bocca, di prendermi il premio. Lo sentivo in gola, le mie mani potevano finalmente toccarlo e stringevo i sui fianchi per spingerlo completamente dentro di me. Era bellissimo sentire il suo sapore di maschio vero mescolato agli umori di quelle due donne.
Il mio Padrone arrivò a godere nella mia gola con tanto nettare come mai prima d’ora. Ero felice perché poteva significare solo che l’eccitazione era durata molto a lungo prima di raggiungere il culmine. Lo stavo pulendo come sempre quando entrò un uomo piccolo, con una pancia prominente, decisamente villoso ed al guinzaglio una donna molto più alta di lui, con un fisico non particolarmente ben fatto, con un culo decisamente grande ma in compenso con due seni grandi ed ancora sodi; stranamente anche lei portava la maschera e ciò mi impediva di vedere il suo viso.
“Mi piacerebbe che la mia cagna provasse a svuotare la tua mentre lo schiavo la incula e tutti gli altri sborrano su di loro”
Il mio Padrone fece solo un piccolo cenno con la testa, sembrava quasi che conoscesse benissimo quell’ometto. Subito la donna mi sbatté di nuovo a terra e cominciò a farmi un pompino. La mia reazione non fu immediata, ma quando mi accorsi che avevo almeno una decina di uomini attorno che si masturbavano e Paul che usava tutta la sua potenza per inculare quella donna, sentii il mio uccellino svegliarsi mentre lo leccava, se lo infilava in bocca senza difficoltà. Mi alzò le gambe e cominciò a leccare la mia rossellina, infilando la lingua completamente dentro da tanto era dilatato, per poi tornare a succhiarmi, avidamente. Il primo degli uomini in piedi cominciò ad eiaculare sulla mia pancia, subito dopo un altro mi centrò in faccia ed io istintivamente aprii la bocca ricevendone qualche goccia. Gli schizzi arrivavano da ogni parte e quasi tutti cercavano di centrare la mia bocca da puttana aperta fino a quando raggiunsi anch’io l’orgasmo, generoso come sempre. Quella donna lo ingoiò tutto e subito dopo leccò quello che avevo sulla pancia, sul mio seno di silicone, sul mio viso per poi baciarmi e condividere quello sperma.
L’ometto grassoccio disse al mio Padrone: “queste tre troie andrebbero lavate”.
Subito tutti gli uomini che avevano sborrato su di noi poco prima si avvicinarono e iniziai a sentire una pioggia calda sul faccia.
“Apri la bocca Salope” mi ordinò il Padrone.
Io, quella donna, che si era messa al mio fianco, e Paul, anche lui vicino a noi, venimmo inondate da tutta quella calda pioggia indirizzata dentro le nostre bocche. Vedevo che Paul cercava di berla ed io, senza pensare, lo copiai: stavo bevendo l’urina di tutti quegli sconosciuti. In quel momento ero solo una latrina, un vespasiano, ed ero soddisfatta perché il sorriso compiaciuto del mio Padrone diceva tutto.

Mi ritrovai sotto la doccia di una delle camere di quella villa, sola; la mia rosellina mi faceva male, anche solo a camminare e mi sentivo sfondata, aperta, ma incredibilmente appagata, realizzata e felice. Pensavo a quando avrei rivisto il mio Padrone per sapere se era soddisfatto di me.
Tornai alla realtà solo quando vidi entrare la Signora Eleonora, nuda, sorridente e con uno sguardo gentile. Lesse probabilmente la mia espressione sorpresa …
“Hai voglia di lavarmi la schiena?”
“Certo Padrona”.
“Niente padrona, solo Ele”.
Rimasi a bocca aperta, senza parole. Mi chiuse dolcemente la bocca, mi diede un bacio delicato e, guardandomi intensamente negli occhi mi disse: “adesso ho bisogno di una amica e di Vittorio”. Non capivo, ero stranito da quella situazione. Per la prima volta mi sentivo alla pari di Eleonora, senza sottomissioni sessuali. Solo due esseri umani che stavano condividendo un momento di intimità. Cominciai a lavarla, senza malizia, senza eccitazione, senza perversione. Lei fece lo stesso con me. Mi ritrovai, sotto l’acqua che cadeva, ad abbracciarla, con la sua testa appoggiata al mio petto, come mai avevo fatto prima d’ora con nessun altra. Uno strano fremito mi percorse la schiena, ma non riuscivo a decifrarlo perché non era eccitazione sessuale, e neppure lo era mentale, come quando godevo nel sentirmi usata e sottomessa. Era qualcos’altro che ancora non capivo.

Mi risvegliai la mattina seguente molto presto, ancora con la rosellina indolenzita ma soprattutto con Eleonora rannicchiata vicino a me, nel letto, addormentata e con un’espressione serena. Mi incantai ad osservare i suoi lineamenti che, senza trucco, erano molto dolci, quasi fanciulleschi, considerando che aveva almeno 10 anni più di me. Mi alzai cercando di non svegliarla, ma invano.
“Cos’è, fai come tutti gli uomini che scappano la mattina dopo?”
“Veramente … volevo solo preparare un po’ di te con il bollitore”.
Sul suo viso ancora assonnato spuntò un dolcissimo sorriso che avrei voluto ricambiare ma, per pudore, per paura, per incapacità di tradurre quella strana sensazione di tranquillità che percepivo in quel momento, abbassai lo sguardo, come quando portavo il collare.
“Vittorio, sono d’accordo con Rodolfo che sei mio fino a domenica”
“Lo so padrona”. Mentre rispondevo, per la prima volta dopo tanto tempo, quella mia sottomissione non mi dava piacere, ma perché?
“Nessuna padrona, nessuna signora. Per quanto mi riguarda sei libero. Puoi andare a casa subito, farti portare dove vuoi dall’autista fuori che aspetta, oppure puoi stare con la Ele, con un’amica, per passare del tempo senza far niente, per andare a fare un giro senza una meta precisa e senza nessun obbligo reciproco. Però io vorrei stare con Vittorio, non con Stefanie”.
Non sapevo cosa provavo! Il cuore mi batteva fortissimo, mi sentivo felice, per la prima volta non percepivo Vittorio come una maschera, ma solo come un faccia della stessa medaglia.
Mi incantai a guardare quegli occhi profondi … e poi dissi … “Andiamo a casa mia, prendo dei vestiti comodi, facciamo lo stesso a casa tua e poi ce ne andiamo in Montagna ad Asiago, a camminare per i boschi e torniamo domenica sera”. La decisione e la naturalezza con cui parlai stupì più me che Eleonora che mi saltò letteralmente al collo, mi stampò un bacio sulla guancia e mi disse semplicemente ... Grazie!
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