Racconti Erotici > orge > I MIEI DUE NUOVI MAESTRI DI GINNASTICA
orge

I MIEI DUE NUOVI MAESTRI DI GINNASTICA


di sottodite
25.08.2010    |    21.881    |    1 6.6
"– Come prima prova abbiamo scelto quella della resistenza: il vero maschio non si lava mai i piedi – E qui sussultai..."
Ero in terza media, avevo 12 anni ed avevo saputo che dovevano arrivare due nuovi maestri di Ginnastica: due perché uno propriamente per gli esercizi ginnici, e l’altro per i giochi di squadra. Ho sempre odiato fare ginnastica, mi sono sempre sentito una schiappa, in più ho scoperto di essere gay, incominciano a piacermi i ragazzini, e quando scendiamo in palestra, negli spogliatoi, il momento più bello è quando noi solo maschi, ci cambiamo prima e dopo aver fatto le due ore di Ginnastica; in modo speciale ho scoperto che mi attraggono i piedi dei miei compagni di classe e di tutti gli uomini in genere, mi piace quando si tolgono le scarpe, le calze, meglio se sudate, e posso vedere quei piedi così grandi, dai quali si spande sempre un forte odore aspro di sudore, che mi inebria: infatti ho scoperto che mi eccitano di più i piedi non lavati, anzi molto sporchi e quelli che sudano molto e puzzano molto, e questo accade molto all’età di 12-18 anni, come i miei compagni di classe e i ragazzi delle Superiori che vengono prima o dopo di noi, e si cambiano contemporaneamente a noi nel nostro spogliatoio. Ora il fatto che arrivassero due nuovi Insegnanti di Ginnastica mi stimolava e terrorizzava al tempo stesso: in genere gli insegnanti di Ginnastica sono di solito molto maschi, e spesso detestano le schiappe e i froci, per cui avevo paura che mi scoprissero.
Il primo giorno, già nello spogliatoio si presentarono due ragazzi molto giovani, 22-24 anni circa, con capelli nerissimi e occhi perversi, alti, molto attraenti, e in più, notai con grossi piedi: sono la cosa che osservo subito, dovevano avere il 46 o 47 di piede. Avevano un fortissimo accento meridionale, siciliano uno e romano l’altro. Erano già in tuta da ginnastica, e mi dispiacque, perché se si fossero cambiati al momento avrei potuto vedere i loro piedi, se non nudi, almeno colle calze, che mi eccitano comunque. Ma non potevo certo immaginare cosa mi aspettava. Infatti dissero per quel primo giorno l’attività si sarebbe dovuta svolgere negli spogliatoi, che ebbero cura di chiudere subito a chiave, per non fare entrare nessun intruso; poi dissero che sarebbe consistita in alcune prove di abilità per appurare le nostre caratteristiche e il loro comportarsi di conseguenza. Il Siciliano si chiamava Tore e il Romano Renzo, si presentarono. Tore iniziò: - Dato che tutti e due veniamo dal mondo militare dei Paracadutisti, che abbiamo appena lasciato per indisciplina, imposteremo il nostro corso in maniera militare. Questo significa che ci sono le schiappe e i veri uomini. – E qui, io, subito iniziai a vacillare. – Per scoprire se uno è vero maschio o finocchio, ovvero una schiappa o una femminuccia – Continuò Renzo, il Romano – ci sono delle prove molto dure che Tore ed io abbiamo preparato per voi. Perché i veri maschi devono mettere sotto le schiappe, schiacciare i finocchi e punirli come si meritano. – Al che incominciarono a tremarmi le gambe ed impallidii. – Come prima prova abbiamo scelto quella della resistenza: il vero maschio non si lava mai i piedi – E qui sussultai. – perché solo le femminucce e i froci si profumano ed imbellettano, per cui ad un vero maschio la puzza dei piedi non disturba, non gli fa schifo, ci convive tranquillamente, c’è abituato, proprio perché non si lava mai i piedi. Ora, abbiamo pensato che, per verificare cosa siete, la prima prova consisterà alla resistenza alla puzza dei piedi. Mi spiego meglio: noi due, arriviamo da molto lontano, da Latina e da Caltanissetta, abbiamo fatto molte ore di viaggio in treno, stanotte, in più eravamo appena usciti dalla Caserma dove abbiamo vissuto per vari mesi, senza mai lavarci i piedi, siamo partiti e i piedi sono veramente fetidi. Ognuno di voi dovrà per tre minuti resistere ad annusare i piedi nudi di tutti e due, senza farsi venire il vomito, inspirando molto profondamente davanti a noi l’odore dei nostri piedi; dopo i tre minuti, per altri tre minuti inspirerà l’odore dei due piedi di Renzo, che puzzano un po’ meno, ed infine, per altri tre minuti i piedi di Tore, che pare siano i più puzzolenti in assoluto, come ci dicevano, scherzando, i colleghi militari in Caserma. Insomma in tutto circa 10 minuti, sniffando bene i nostri piedi, senza avere disgusto o conati di vomito. Prima di cominciare, però, dovete spogliarvi completamente nudi, perché nel contempo ci sarà un’altra prova di verifica, che sarà anche la misurazione del vostro uccello, quando è in tiro. – Detto questo, a me non restava che scappare, ma la cosa che mi eccitò e mi fece resistere era il fatto di poter annusare come prova la puzza dei loro piedi sporchi! Ero eccitato e terrorizzato al tempo stesso: se si fossero accorti che oltre a non farmi schifo, mi piaceva tanto? Cosa sarebbe successo? Mi avrebbero punito, e come, e davanti a tutti?
Intanto ci spogliammo tutti completamente nudi davanti a loro: eravamo in 16 ragazzi, e per la prima volta potei vedere tutti i piselli dei miei compagni di scuola, in posizione di riposo! A chi ciondolava lungo come un campanello, chi l’aveva piccolo e ritirato, chi col prepuzio aperto e col buco in fuori, chi ancora chiuso con la pelle che usciva lunga verso il basso. Il mio era piccolissimo, rinsecchito e rimpicciolito dalla paura.
A caso per primo venne scelto Ermanno, uno dei miei compagni di classe più miti e carini: capelli biondo-castano, magrolino, piccolino, con lunghi piedi bianchi e senza peli. Tore e Renzo, nel frattempo si erano slacciate le scarpe da tennis, se le erano sfilate, buttate lì a caso, e si stavano sfilando i calzini a fatica, perché sudatissimi ed appiccicaticci ai piedi per il sudore; io già ansimavo e il mio pisellino lentamente si allungava, pur restando in posizione reclinata in riposo. Sfilati a fatica i calzini, iniziai a sentire nell’aria l’odore forte che emanavano i piedi luridi dei due Maestri; osservando i piedi erano sporchissimi, quasi ingialliti per la pelle sudata e non lavata da tanto, e sopra e dentro tra i diti si potevano vedere le caccole attaccate, scure, nere che si erano formate tra gli spazi interdigitali. Si sentì, a quella vista, un po’ di brusio dei miei compagni di classe, alcuni di loro allibiti all’idea di sopportare una prova simile, e sicuramente schifati, ma vennero subito zittiti dai due uomini, che appoggiarono i due piedi su una sedia, in bella mostra in attesa che il primo, Ermanno, iniziasse la prova. Gli ordinarono di mettersi in ginocchio, gli guardarono tra le gambe, sghignazzando, e poi, come due principi beati si misero stesi coi piedi protesi aspettando la sniffata. – Incomincia, forza! – Ordinarono, e Renzo gli fece vedere come doveva col naso inspirare tenendolo ben vicino ai quattro piedi offertigli. Ermanno sbiancò, immagino per l’odore che sentiva così vicino e la vista di quei grandi piedi così sporchi e freschi di sudore, ma fece la prima lunga inspirazione, e il suo naso assorbì tutto quell’odore marcio nelle narici, poi ancora, mentre i due maschi avevano fatto partire il cronometro. Man mano che inspirava Ermanno, si vedeva, tratteneva i conati di vomito, e questo divertiva da morire i due uomini, che ridevano, confabulando tra di loro. Sentii poco ma riuscii: - Non resiste, non ce la fa più! – E giù a ridere. – Sta per morire asfissiato! Dai forza, inspira bene e goditelo tutto l’odore dei nostri piedi! – Dissero ridendo gli Insegnanti. Ermanno resistette per i tre minuti, poi dovette sniffare solo i piedi di Renzo, ed infine quelli tremendi per l’odore di Tore. Tore, in più, mentre Ermanno inspirava, apriva bene lo spazio tra i diti, cosicché Ermanno sentisse sempre più forte l’odore che da essi emanava in maniera più violenta, e in più perché vedesse quante erano le caccole attaccate e come erano grosse e scure. Allo scoccare dei 10 minuti, Ermanno inspirò per l’ultima volta e poi cadde svenuto per terra, tra le sghignazzate dei due, e lo stupore dei compagni di scuola.
Ma aveva superato la prova. Come secondo venne scelto Luca, che resistette arduo fino in fondo, poi Enrico, Riccardo e infine, ecco, venne fatto dai due maschi il mio nome. Mi preparai, in ginocchio, e protesi il naso verso i quattro piedi in attesa come re. Alla prima inspirazione ebbi come un capogiro: mi sentii così inebriato da quell’odore forte, virile, acre, dolciastro, volgare da maschi, che tanto avevo desiderato di provare, e non avrei mai immaginato di avere per la prima volta così forte e violento, proveniente da due piedi così sporchi, come non riuscivo ad immaginare, e poi così belli, grandi, di due uomini che mi piacevano; stavo per svenire, sì, ma dal piacere! I due parvero non accorgersi del piacere che provavo, forse pensarono fosse il disgusto, e per dispetto, allargarono entrambi insieme i diti per metterli a mia disposizione sia nell’annusare che nel vedere gli spazi interdigitali luridi da non poter immaginare, da cui esalava un odore inimmaginabile, un misto, di dolciastro, amaro, salato, da non poter spiegare. Io stavo impazzendo dall’eccitazione, tanto che sentii crescere il mio pisello, e tremai, cercavo di trattenermi per la paura che se ne accorgessero, ma dovevo inalare, e ogni volta il pisello lo sentivo ergersi, diventare duro, lungo e drizzarsi. Ad un certo punto doveva essere in tiro totalmente, tanto che la mia eccitazione era al culmine, ed allora, sentii come qualcosa che mi toccava il pisello, e piano piano lo spingeva, lo titillava, lo faceva dondolare, fino a diventare sempre più violento e a spingermelo in giù come a volermelo spezzare. Mi svegliai dall’estasi e vidi Tore, che sghignazzando, e guardando con aria di intesa Remo, mi palpeggiava il pisello ritto e durissimo col suo enorme piedone sudato ed appiccicaticcio. Ma il pisello al contatto del piede sudato, anziché sgonfiarsi, si ergeva sempre più dritto, verso di lui che lo palpava e si eccitava sempre di più. Oramai anche Remo lo toccava col piede, ed erano due piedoni che lo titillavano: mi sembrava un sogno! Ma il sogno finì bruscamente. – Ecco, finalmente abbiamo trovato quello che ci interessa! – Esclamò Tore, ghignando sadico. Mi sentii mancare. – Vedete, ragazzi, noi sapevamo che in questa classe c’era senz’altro un finocchio, ed ecco che ti abbiamo scovato. Anche solo a guardarti si capisce subito, soprattutto noi che siamo maschi veri, li sentiamo anche solo dall’odore, i vermi froci, e visto che li odiamo e li vorremmo schiacciati, li puniamo appena li troviamo. Vedete questo finocchietto: oltre che essere uno sporco finocchio, in più gli piace annusare i piedi sporchi dei maschi, tanto che vi sarete subito accorti che il suo schifoso vermicello piccolo e molliccio, che lui vorrebbe fosse un pisellino, mentre annusava i nostri piedoni luridi di sudore maschio, gli si è rizzato perché si è eccitato; in più, al contatto coi nostri piedi umidicci e collosi di sudore marcio, un vero maschio, anche se per caso eccitato, subito avrebbe abbassato il pisello in tiro per lo schifo, ad un maschio, sentirsi toccare il cazzo da un piede o altro che sia di maschio, viene il voltastomaco, invece ad un finocchiaccio diventa duro, per come può, anche se non capiamo a cosa gli serva, visto che non sa scopare le donne, è impotente e, spesso, gli piace solo prenderlo nel culo! – A questa frase così volgare, tutti i miei compagni, anche il tenero Ermanno, scoppiarono in una fragorosa risata, insieme ai due maschi. Io ero paonazzo dalla vergogna di essere stato scoperto, e chissà come mi avrebbero preso in giro dopo tutti i ragazzi dell’intera scuola, media e superiore! – Adesso ti tocca la punizione, finocchio di merda! – Urlarono, divertiti, i due uomini. – In più, anziché subire come prova di sopportazione, lo sniffare i nostri piedi sudati, a questa checca piace proprio, abbiamo trovato proprio l’altra metà della mela: a noi ci diverte farci annusare i piedi sudati, e a questo lurido finocchio addirittura diventa duro l’uccellino misero che ha tra le gambe. – Disse Remo. – Quindi per punizione, e anche tuo godimento, adesso, tu ci pulirai, davanti a tutti i tuoi compagni divertiti, i piedi sporchi colla tua linguetta da finocchio! – Disse Tore, duro e violento, il suo ordine non ammetteva repliche. – E bada bene di pulirli tutti, ogni pezzo di sporcizia attaccato ai nostri piedi, deve essere ingoiato nella tua lurida bocca, e ben lappato dalla tua linguetta da checca rancida. – Concluse Remo. Iniziaia per la prima volta, tirando fuori timidamente la lingua, e leccando leggermente i grossi piedi sporchissimi a mia disposizione, ma con violenza, i loro piedi sul cranio, premendo, mi fecero strofinare quasi tutta la faccia sulle loro estremità, cosicché iniziai di gusto a lappare con foga, anche per la paura, tutto quel ben di Dio di sporcizia, che tanto avevo immaginato, e che invece era realmente lì a mia disposizione. Mi costrinsero ad ingoiare tutto lo sporco di sudore appiccicato ai piedi, sui diti e tra gli spazi interdigitali, che era molto abbondante, poi a lisciare bene sulla pelle ancora un po’ sporca ed unta di sudore. I miei compagni di classe assistevano all’operazione allibiti, intimoriti, ma man mano sempre più divertiti ed incoraggiati dal fatto che ero solo io, il misero, a farlo. Sghignazzavano e mi prendevano in giro, poi come torturatori impietosi, offendendomi, insieme ai due maestri, che mi offendevano, con parole volgari e in dialetto. Poi, dopo la pulizia completa, iniziarono insieme a torturarmi, schiacciarmi, titillarmi coll’alluce il pisellino ritto e duro per l’eccitazione estrema: non avevano nessuna pietà e lo schiacciavano e premevano, come per spezzarlo, tanto che mi rimase il dolore per molti giorni. Ma il pisellino restava eccitato e non riusciva a smollarsi, anzi gli alluci che lo sollecitavano, anche se mi facevano male, lo facevano rizzare sempre di più, dando motivo a Tore e Renzo a pestarlo il più possibile, a farlo dondolare per divertimento e a coprirmi di ingiurie come forsennati. Poi tutto finì, mi dettero dei calci in viso e sul corpo e dissero che per oggi la lezione era finita. Mi alzai, quando ero, oramai, rimasto solo, umiliato e dolorante, ma sempre molto eccitato e sognante dell’esperienza vissuta in maniera così spietata. Nei giorni che seguirono non riuscivo a guardare in faccia i miei compagni di classe, che mi prendevano in giro continuamente, lo raccontavano a tutti, mi offendevano in continuazione e la cosa venne alle orecchie del mio professore di Inglese. Era questo un bell’uomo sui 40 anni, nativo inglese, moro, cogli occhialini da intellettuale, e non immaginavo che si sarebbe comportato così. Dopo l’ultima lezione del giorno con lui, alle 14,15, mi disse di rimanere in classe che mi doveva parlare. Col suo italiano con l’accento inglese, mi disse: - Oh, abbiamo scoperto il tuo segreto; sei gay. A me i gay fanno veramente un po’ senso, ma se mi farai quel lavoretto adesso, magari potremo andare un po’ d’accordo. – Intanto si stava sfilando le scarpe nere di pelle, e si toglieva i calzini neri: insomma dovetti leccare e lavare i suoi lunghi e sudati piedi bianchicci, fradici ed appiccicaticci, mentre ne godeva e si deliziava del mio omaggio, fumando la pipa, e mi piacque molto. La cosa si fermò lì, ma dovetti farlo ancora in casa sua, mentre leggeva un libro e fumava sempre la pipa.
La cosa in palestra continuò per tutte le lezioni di Ginnastica, prima degli allenamenti: i piedoni di Tore e Renzo erano sempre odorosi, sporchissimi e sudati a dovere, e dovevo nettarli per bene fino a completa pulizia; poi c’era la tortura del pisello coi piedoni. Mi piaceva sempre di più e mi piaceva anche che mi offendessero con ingiurie volgarissime. Una volta, come punizione massima, mi ordinarono, dopo di loro, di leccare, annusare e pulire tutti i piedi molto sporchi dei miei compagni di scuola, uno per uno, e non si erano lavati i piedi da giorni, dopo essersi messi d’accordo coi maestri. Vi potete immaginare quanti tipi di piedi sporchi, quanta varietà di odori di piedi sudati, quante varie caccole dovetti trangugiare, e quanti sapori diversi assaggiai. Una vera orgia di eccitazione. Naturalmente continuai a leccare e pulire i piedi dei miei Insegnanti, anche dopo che andai alla Scuola Superiore, e loro non erano più i miei insegnanti. Andavo a casa o di Remo o di Tore, quando uno dei due l’aveva libera, e si facevano spupazzare i loro piedi sporchissimi per delle ore, torturandomi il pisello, e poi facendomi anche eiaculare, visto che ero diventato grande ed adolescente.
Ancora adesso li vedo e vado a casa loro, e non smettiamo mai di divertirci e di godere reciprocamente!!

P.S. Se qualche insegnante di ginnastica, giovane o maturo, o anche più di uno insieme, volesse provare l’esperienza di farsi leccare e pulire i piedi sporchi e sudati, o volesse con me provare l’esperienza può contattarmi a [email protected] oppure Telegram @Sottodite e sarò a sua disposizione come leccapiedi!
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 6.6
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per I MIEI DUE NUOVI MAESTRI DI GINNASTICA:

Altri Racconti Erotici in orge:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni