Gay & Bisex
DANIELE
di sottodite
25.08.2010 |
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"– Dissi, accennando alle scarpe che stava muovendo..."
Fin dalla prima volta che lo vidi, seduto con le lunghe gambe larghe, proprietario nella sua nuova edicola appena acquistata, sotto casa mia, con la testa completamente rasata, il pizzetto, gli occhietti furbi e acuti, altissimo e magro, cortese appena presentatosi a me, ma guardandomi come per scrutarmi e capire già che potevo essere l’elemento giusto con cui divertirsi a sottomettermi, mi piacque subito, e capii che dentro di lui, e magari ancora non lo sapeva nemmeno lui, era un padrone sadico perfetto, che poteva divertirsi a sottomettere un altro uomo, magari gay e debole, sotto la sua virilità disponibile e vera. Capì subito com’ero, diventammo amici; quando andavo a comprare i giornali, parlava di sé, forse voleva indagare su di me, parlavamo di tutto, ma in modo serio e profondo, e una volta disse: - Io non mi precludo niente, non è mai detto, prima bisogna provare tutto, per capire se ci può interessare –Capii che era un messaggio per me. Con molta discrezione e calma, lasciando passare molto tempo, aspettai il momento giusto, quando eravamo soli in edicola, che in verità era di passaggio, e sempre assai frequentata. Gli chiesi se usava Internet e se avesse un’e-mail, ma ancora doveva organizzarsi, mi disse. Col tempo gli lasciai il mio cellulare, ma lui non voleva fare la prima mossa, per cui non mi chiamò mai né mi inviò sms per primo. Mi disse che gli piaceva tanto il profumo del tabacco della mia pipa, e gli promisi che gliene avrei dato un po’. Feci sempre passare del tempo, poi, dandogli un po’ di tabacco, un giorno che non c’era nessuno gli buttai questa frase: - Io ti ho regalato il tabacco da sniffare, ma tu in regalo mi devi fare qualcosa. – Cosa? – Chiese sospetto ed indagatore. – Facciamo un gioco, - Dissi io col cuore in gola – Io ti ho dato il tabacco che ti piace sniffare. Indovina cosa mi piace sniffare a me? – Boh, che ne so? – Disse con noncuranza, come se non gliene fregasse un bel niente, Daniele, ma sotto sotto molto curioso. – Prova ad immaginare; facciamo che ti do 3 possibilità: ogni volta se sbagli, ti aiuto con degli elementi, ma se non riesci dopo le 3 possibilità, lo facciamo! – Conclusi, non so con che coraggio. – Ok! – Fece lui da macho. – Magari lo scrivi in un foglietto e me lo dai, o mi invii un sms, tu hai ancora il mio numero di cellulare? – Chiesi. – Certo, ho tutto di te. – Disse con aria da Padrone. E lo lasciai al suo lavoro e andai al mio. Passò dell’altro tempo, un giorno, però, visto che non succedeva niente, dopo averglielo ricordato con molto tatto, presi il coraggio e gli chiesi il suo numero di cellulare, che lui, pronto, scrisse in un foglietto che mi consegnò. Passò altro tempo, parlavamo sempre del più e del meno, incontrandoci, lui mi raccontava delle sue imprese amorose e di letto con le donne. Poi un giorno, fui preso dal solito raptus, e gli inviai un sms, chiedendogli cosa potesse essere quello che mi piaceva sniffare. Mi rispose, laconico, sempre col tono di chi se ne frega: - Che ne so: un paio di mutande sporche! – Non gli risposi subito. Dopo gli inviai un sms dove gli comunicavo che poteva esserci vicino, ma la prima possibilità era sbagliata. Gli suggerii degli elementi per capire, ma poi non ricevetti da lui alcuna risposta. Feci passare del tempo, poi, sempre con sms, lo sollecitai a cercare di indovinare. Mi rispose subito, si vedeva che la cosa lo intrigava, ma sempre con aria strafottente: - Ma come faccio a saperlo? Vediamo: le mani che hanno toccato i genitali sporchi, senza averle lavate. Forse? O meglio, il pisello non lavato? – Era un messaggio molto forte e chiaro. Gli risposi che neanche la seconda risposta era giusta, anche se si stava avvicinando alla risposta esatta. Poi feci passare un lungo periodo: quando ci vedevamo non facevamo entrambi cenno alcuno alla cosa, ma si sentiva che c’era un’atmosfera intensa di attesa ed imbarazzo reciproco, ma parlavamo sempre di cose alte: la vita, la filosofia, l’amore, etc. Un giorno di Domenica, mentre stavo leggendo sdraiato sul letto a riposare, ecco che mi arriva un sms: leggo che è Daniele che me lo invia: - Sono finalmente venuto a vivere nel tuo stabile, ho appena concluso il trasloco, sono stanco e mi sento sudato e sporco. Sedutomi vicino alla finestra su una delle scatole imballate, dopo la fine del trasloco, dalla finestra, ti ho visto che bevevi il caffè. Mi è venuto in mente il gioco che dovevo concludere con te. Ed ho pensato: forse ti piace sniffare la pipì appena fatta o mentre uno la sta facendo, e magari berla? E’ troppo? Fammi sapere se ho beccato giusto. Sono solo in casa, mio figlio è con la mamma, non avevo niente da fare… - Così finiva questo eccitantissimo ed esplicito sms. Capii che l’avevo nelle mani. Aspettai qualche ora a rispondere. Ero felice che fosse venuto a vivere nel mio stabile, era stato un tira e molla, come mi aveva raccontato, ma non ne conoscevo la conclusione. Dopo un bel po’ gli risposi con sms: - Mi spiace. Hai proprio cannato tutte e 3 le possibilità. Non rimane che farlo e fartelo vedere. – Mi rispose:
- Quando e dove? - - Ti farò sapere nei prossimi giorni, te ne parlerò a voce. – Risposi. Passarono molti giorni, spesso lo incontrai che usciva ed entrava nel mio portone, e ci salutammo calorosamente, senza fare accenno al nostro gioco e alla sua conclusione. Una sera, verso le 18,30, di Sabato, passai dalla sua edicola, vidi che non c’era nessuno in giro, era un giorno di ponte, e tutti i Milanesi erano via; era Primavera, faceva già molto caldo e si sudava molto, anche se fuori stagione. Mi disse che stava per chiudere l’edicola e andare a casa da suo figlio. Gli dissi che, se aveva mezz’oretta, potevamo finire il gioco, lui poteva chiudere l’edicola, e dentro, chiusi, gli avrei fatto vedere cosa mi piaceva sniffare. Accettò con piacere, lo vidi interessato e contento. Lo aiutai a chiudere l’edicola, e poi mi infilai dentro, chiusi a chiave, senza che nessuno più ci potesse vedere. Gli dissi che si sarebbe dovuto sedere sul suo sgabello, mettendo i piedi appoggiati sul bancone, oramai vuoto, dove c’erano gli scaffali dove appoggiava ogni giorno i giornali. Incuriosito così fece, incrociò le braccia, in posizione di attesa, gesto che gli vedevo compiere spesso, quando era calmo e soddisfatto, alzò le gambe lunghe e appoggiò gli scarponi anfibi con le fibbie grosse sopra il bancone. Lentamente mi inginocchiai, davanti al suo sguardo divertito ed incuriosito, e con voce arrochita dall’emozione e dall’eccitazione, gli sussurrai: - Davvero non immagini cosa mi piace tanto sniffare di te? - - Non saprei. – Rispose Daniele a voce bassa, un po’ imbarazzata ma eccitata e arrochita anche la sua. – Secondo me l’hai capito, ma non hai avuto il coraggio di dirmelo. – Dissi io con aria sensuale e lasciva. – Vediamo se hai ragione. – Disse, muovendo entrambi i piedi sul bancone, con imbarazzo ma come segno evidente.
– Proprio così. – Dissi, accennando alle scarpe che stava muovendo. Poi avvicinai il viso ed il naso agli scarponi. – Ma non sono questi che mi interessano del tutto, ma il loro contenuto. – Dissi supereccitato. Allora Daniele, colle mani si sfilò le lunghe fibbie, e tirò fuori i piedoni lunghi, calzati da grigie calze di lana pesanti.- Dai, sono a tua disposizione. Avevo capito. Oggi ho sudato molto e ho camminato molto e molto sono stato in piedi, non so se l’odore è quello che tu gradisci. Dai, prova! – E mi mise i piedoni, spostando gli anfibi lontano, in mostra vicino al mio naso, articolando e muovendo, all’interno dei calzini, i diti dei piedi, cosicché l’odore poteva spargersi meglio intorno. Dai calzini, anche solo alla vista sudati e matidi, uscì un forte ed acido odore di piedi maschili, che inebriò le mie narici. – Che ne pensi? Sei stupito? – Gli chiesi, guardandolo da sotto in su. – Zitto e sniffa. Non sprecare le parole e il fiato, non perderne la fragranza. – Mi disse, da Padrone, con una smorfia di derisione. Inalai varie volte, inspirai e mi sentii mancare dal piacere. L’odore era stupendo, e molto meglio di come avevo immaginato le mie notti passate a masturbarmi, pensando alla situazione, che adesso, finalmente, stavo vivendo. – Ti piace, vero? – Rise Daniele. – Sono abbastanza sudati e puzzolenti come piacciono a te? Sappi che non li lavo da una settimana, la sera, stanco morto crollo a dormire, appena tornato a casa e dopo mangiato, senza poterli lavare. E la mattina faccio fatica ad alzarmi, e nemmeno ho tempo di cambiare i calzini. E poi da una settimana non succede una cosa… - E si fermò, forse non voleva raccontare quello che stava per dirmi. Continuai a sniffare, dicendo eccitatissimo: - Sto impazzendo! Sono stupendi ed hanno un odore stupendo! - - Va bene, te lo dico. – Continuò Daniele. – Devi sapere che l’avevo immaginato, ma non mi sembrava possibile che proprio tu… Sai, una volta, in casa, quando mi sono separato da mia moglie, mio figlio era piccolo, aveva appena quattro anni. – Continuò a raccontarmi, mentre io inalavo inebriato col naso sempre più vicino ai suoi calzini olezzanti di sudore maschio graditissimo. – E giocava per terra, ai miei piedi. Ero tornato dal lavoro dell’edicola che avevo nell’altra zona, come ti ho detto, stanco, sudato e a pezzi dalla fatica di un giorno intero, e i miei piedi, negli scarponi, sudavano e sguazzavano dal sudore, e non vedevo l’ora di togliermeli: mi costringevano i piedi stanchi. Li sfilai dagli scarponi, e sentii il forte odore, che a te fa impazzire, e Faustino, mio figlio, anche lui sentì l’odore. Fece una smorfia di nausea, e cercò di spostarsi dai miei piedi, messi vicino a lui, ma io, come preso da uno strano raptus, senza pensarci troppo, li appoggiai al suo naso, dicendo: - Senti la puzza dei piedi di papà! – E risi, vedendo che prima il bimbo si divincolava dai miei piedoni che lo costringevano, ma poi si arrendeva al mio volere. Inaspettatamente mi sentii eccitato, avevo il cazzo duro, me ne resi conto, ma non badai al fatto che lui era mio figlio ed io suo padre, l’eccitazione mi guidò a continuare a farglieli odorare: oramai lui ci stava, e come un gioco, rideva ed annusava i miei piedoni sul suo nasino, calzati dalle pesanti calze di lana, come adesso. Non finì la cosa lì, mi sfilai le calze e gli porsi sul naso i piedi nudi e sporchi davvero, tanto che facevano un po’ schifo anche a me, che li vedevo sudati, giallastri e con pezzi di sudore e di residui di calze appiccicati, soprattutto dentro i diti e negli spazi interdigitali. Lo costrinsi ad annusarli nudi e sporchi così, lui ci stava, mi parve gradisse, e mi venne alla mente un’altra immagine: da adolescente, a 16-18 anni avevo una cagnetta, Lula, che mi adorava, per caso una volta, mi tolsi le scarpe e le calze in casa, e avevo i piedi molto sudati e sporchi, anche allora, e lei, scodinzolando, incominciò a leccarmi i piedi. La sensazione allora mi divertì e mi piacque, era una situazione rilassante, e Lula me li leccò per un po’, facendomi molto rilassare. Allora, sempre spinto dall’eccitazione, a mio figlio, , infilai l’alluce in bocca, che lui tranquillamente cominciò a ciucciare, come fosse una cosa normale, e così andai oltre, e man mano gli misi in bocca dito per dito, tutti gli altri diti, che ciucciò di gusto, poi aprii i diti, mostrando alla sua vista le caccole appiccicate dentro gli spazi interdigitali, e lui, da solo, per niente disgustato, anzi, tirò fuori la linguetta, e inghiottì e lappò con gusto, come fosse un buon gelato. Insomma me li pulì colla lingua tutti e due di gusto di sua volontà. Alla fine, resomi conto che la cosa era andata oltre, mi alzai, mi rinfilai le calze ed andai in un’altra stanza, mentre lui continuò a giocare beatamente tranquillo, ma io ero turbato e notai di avere il cazzo ritto, duro e bagnato, per giunta. Mi sentii in colpa e non volli pensarci più. Solo che alcune sere dopo, quando tornavo a casa, era mio figlio che mi cercava, e se mi toglievo le scarpe, o se ero con le calze o a piedi nudi, lui veniva, tranquillamente ridendo, ad annusarli e voleva e tentava di leccarli. Io, alcune volte, gli dissi no, che non doveva, che era schifoso, ma lui si arrabbiava, si offendeva, ed in più io mi sentivo eccitato come non mai, più che con le donne. Ad un certo punto, mi tolsi tutte le remore e glielo feci fare, lo voleva lui, e ci provava gusto, gli piaceva tanto, e facendomi leccare e nettare i piedi, sempre molto sporchi e sudati, dalla sua lingua, spesso venivo e mi bagnavo senza toccarmi, provando un piacere sconosciuto. Col passare del tempo divenne un’ossessione per tutti e due, lui voleva farlo sempre ed io volevo farmelo fare sempre, mi veniva a cercare nel letto la sera, si metteva sul letto a leccarmi i piedi sotto il lenzuolo e le coperte e ci stava per ore, mentre io sborravo anche molte volte. Così, anche se cresceva, 6-7-8-10 anni, lo voleva fare sempre, me lo chiedeva tutte le volte, se sudavano molto, allora era insistente anche di più, non ti dico in Estate, al mare, qualche volta l’avrebbe voluto fare davanti agli altri in spiaggia o la sera fuori quando avevo i sandali. Gli feci capire che doveva restare un segreto tra noi e che non doveva mostrarlo né raccontarlo a nessuno. E così, ancora, spesso me lo chiede sempre lui, ed io glielo faccio fare, e vengo sempre, anche se non so se sia giusto o no farglielo fare a lui, che è mio figlio! Adesso che ho trovato te, non capisco più niente! – Mentre mi diceva questo, io ero allibito ed eccitato come un matto, intanto, mentre raccontava, si era sfilato le calze collose ed appiccicaticce con fatica, perché attaccate ai piedi per il sudore, e mi aveva mostrato due piedi molto vissuti, con qualche calletto molto eccitante sul mignolo di un piede e sotto il tallone dell’altro, giallastri, sudatissimi ed appiccicaticci, con pezzi di sudore attaccati e soprattutto evidenti negli spazi interdigitali. Glieli assaggiai con la lingua, ormai sicuro, e sentii un sapore amarognolo, aspro ed acido, dolciastro stupendo e virile; l’odore era fortissimo ed emanava più forte, proprio tra i diti, che lui con malizia apriva, muoveva e scrollava apposta per far emanare l’odore di sudore più violentemente, e soprattutto dalle caccole attaccate da giorni, inghiottii tutti i residui ed i pezzi di sudore e mi piacque inghiottirli, erano ottimi: gli succhiai i calletti con molto gusto, li lambii colla mia linguetta saettante con amorevole cura e dedizione, li ciucciai colla saliva, e questo gli piacque assai, perché godette, chiudendo gli occhi estasiato, per il piacere ed il sollievo provato nell’alleviargli il dolorino, che i calletti, sicuramente provocavano a Daniele, eccitandolo molto, ma rilassandolo. Potevo impazzire quando, finito di raccontare, si aprì la patta dei pantaloni, e fece uscire un uccellone lungo, durissimo e ritto come un’asta. Se lo toccò e menò per poco, lo sentii gemere, stava per venire; di scatto mi alzai, aprii la bocca e la misi in favore del prepuzio, dal cui buco sprizzò il liquido seminale con irruenza, inondandomi la bocca e la gola, lui stesso puntò col dito della mano la sua punta del cazzo in modo che tutta la sborra mi calasse in gola fino all’ultima goccia, ordinandomi: - Ingoia tutto!!! – Finito questo venni senza toccarmi, continuando il leccaggio piedi fino a completa pulizia. Poi uscimmo insieme ed andammo a casa sua, a continuare l’operazione, suo figlio non era a casa. Fu bellissimo. Quando aveva voglia mi mandava un sms, e se potevo, o correvo in edicola, talvolta gli leccavo i piedi di nascosto, mentre lui vendeva i giornali e nessuno poteva vedermi o intuire cosa succedesse ai suoi piedi, nascosti sotto il bancone, e lo spompinavo mentre parlava colle clienti. Quando veniva, era troppo bello, vedere la sua faccia, mentre cercava di nascondere il piacere che colava dentro la mia gola, diventava tutto rosso e parlava coi clienti languido e con movimenti maldestri, o sbagliava a fare i conti o a dare i resti. Sotto mi dava i calci nelle palle coi piedi nudi per farmi smettere, ma io, da sotto, tornavo a ciucciarglieli, facendolo di nuovo eccitare subito, lo vedevo dall’uccellone, che da appena sborrato, era un po’ molle e tornava duro, ritto e inarcato come una torre. Una volta assistetti a casa sua all’operazione di leccaggio fatta da suo figlio dodicenne, molto imbarazzato dalla mia presenza, e poi mi unii a leccarglieli anch’io, non badando alla gelosia del figlio, che voleva i piedoni del papà tutti per sé, e mi accorsi di quanto godeva avendo tutti e due i piedi ciucciati contemporaneamente da due persone diverse, e come venne e sborrò di nascosto da suo figlio, sotto i pantaloni, la cui patta si bagnò in maniera evidente. Oramai lo facciamo appena possiamo e di continuo. Grazie, Daniele, sei stupendo!
P. S. Se qualcuno volesse fare l’esperienza con me, anche la prima volta, solo o anche in gruppo con degli amici, può scrivere subito a [email protected] oppure Telegram @Sottodite ed io sarò felice di sottomettermi ai suoi o loro piedi sudati e puzzolenti!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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