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GIULIANA 2: IL RICERCATORE (seconda parte)
di Antolaro
07.12.2021 |
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"Quindi dovete fare le brave, molto brave..."
IL RICERCATORE UNGHERESE - SECONDA PARTE
Quando il giorno dopo arriva in mattinata la telefonata che purtroppo attendevo, sono colta da un sussulto violento che Gabriele non può non notare.
Rispondo al telefono a monosillabi, cercando di allontanarmi dagli altri.
Quando chiudo la telefonata Gabriele mi chiede se ci sono problemi.
Ovviamente gli rispondo vaga che era solo la mia amica Daniela e che comunque oggi non mi sento molto bene.
Quindi riesco ad appartarmi con Marie, alla quale riferisco l’esito della telefonata.
Abbiamo appuntamento in un bar due ore dopo, per parlare della vicenda.
“Hai visto in che casino ci stiamo trovando?’”
“Hai ragione scusami, sono stata proprio una stupida, ma non immaginavo proprio che quei due facessero cose così: a volte sono ingenua, ma mi sembravano due bravi ragazzi”
Si sente fortemente in colpa, per cui non insisto, anche se mi sento davvero depressa, e lascio cadere l’argomento.
Adesso, però, bisogna trovare una scusa per Gabriele e Lucas.
Così, dopo un po’, Marie dice che vuole approfittare dell’occasione della sua venuta in Italia per fare un giro per le vetrine della città, visto che nel suo Paese la situazione era un po’ diversa.
Ovviamente io l’accompagnerò e non vogliamo tra i piedi i maschietti che si tirano fuori molto più che volentieri.
Mi sento assalire dalla rabbia contro me stessa: sono una docente, cazzo, non avrei mai dovuto lasciarmi andare a quel modo con i due ungheresi.
In fondo si sa che il mondo è piccolo, prima o poi sarebbe dovuto succedere che qualcuno potesse riconoscermi e crearmi problemi sul lavoro.
Adesso devo solo pensare ad andare a quell’appuntamento che è così maledettamente importante.
Forse riuscirò ad evitare lo scandalo ed allora per l’avvenire starò molto, molto più attenta.
Ma ora non riesco a non vedere tutto nero: per quale motivo i due giovani disgraziati dovrebbero farmi della beneficenza?
O mi chiederanno soldi (a scanso di equivoci porto anche gli assegni), oppure (dio non voglia) prestazioni sessuali; mica si accontenteranno di una stretta di mano o di una barzelletta.
Allora, cosa fare? È meglio cercare di sedurli sperando che non vadano oltre, oppure è meglio non incoraggiarli?
Ci prepariamo di tutto punto, mentre mi assale l’eterno dubbio femminile: che mettere?
Alla fine decido che non metterò assolutamente nulla di provocante e eccitante, però essendo consapevole di come potrebbe finire l’appuntamento, non voglio neanche farmi trovare impreparata.
Dopo averci pensato a lungo, decido di indossare un bel tailluer importante con la gonna sul ginocchio, per rimarcare le distanze dai due ragazzetti e provare ad incutere loro un po’ di soggezione, però sotto indosso biancheria intima molto bella, un tanga nero trasparente e un reggiseno pure nero con le coppe ricche di merletti dalla consistenza di un velo, d’altra parte ho il cassetto pieno solo di quel tipo di biancheria, odiando quella dozzinale e scialba.
Poi, quando anche Marie è pronta (per lei la scelta è stata molto più semplice, indossa dei semplici jeans e una maglietta molto aderente che disegna perfettamente la forma del seno), salutiamo i rispettivi uomini dicendo di non aspettarci per pranzo, quindi usciamo.
Marie, mentre andiamo all’appuntamento, prova a rassicurarmi dicendomi che se per caso i ragazzi dovessero pretendere certe prestazioni, ci penserà lei, dal momento che è colpa sua che con il suo atteggiamento li ha involontariamente incoraggiati: “altro che bravi e simpatici ragazzi, sono figli di puttana, come dite voi” commenta.
Giunti nel bar, vediamo subito i ragazzi.
Dopo poche parole di circostanza, loro dicono che le schede con le foto sono ancora intatte a casa di uno di loro non molto lontano da lì, dove dobbiamo recarci per prenderli.
Però in cambio vogliono avere qualcosa.
Noi due capendo a volo ci scambiamo un rapida occhiata - ‘ecco ci siamo, come previsto’- quindi senza fare ulteriori domande seguiamo i ragazzi.
I toni dei ragazzi sono ben diversi da quelli quasi imploranti del giorno precedente: ora hanno acquisito la consapevolezza della loro forza e del loro predominio su noi due.
“Beh, a questo punto possiamo anche passare alle presentazioni, io mi chiamo Alfredo e lui è Carlo, tu sei Giuliana, lo so, me lo ha detto ieri sera mio fratello, mentre tu invece ti chiami?”
Marie risponde a mezza voce.
Si siedono nella macchina sportiva aperta; Alfredo il più giovane si mette dietro vicino a Marie, mentre Carlo alla guida vuole me vicino a sé; poi ci avviamo, vento nei capelli, verso la casa.
Nel sedermi la gonna è salita ben sopra il ginocchio.
Carlo mi guarda con ammirazione, così ad un certo punto, mentre guida, non sa resistere alla tentazione di allungare una mano per farla salire un poco di più e carezzarmi una coscia.
Io mi irrigidisco.
“Togli quelle luride mani da lì!” dico schiumante di rabbia, mentre sposto la sua mano e rimetto a posto la gonna.
Carlo smette di fare il gentile e scopre subito le sue vere intenzioni, scadendo qua e là nel dialetto.
“Forse nun ce semo capiti: quando ho detto che volevamo qualcosa in cambio dei vostri rullini, volevo dire che dovete de’ fa’ quello che volemo, quello che ve chiedemo e me pare che la partenza non sia quella giusta. Questi gesti da verginella non sono ammessi. D’accordo? Anzi per favore, cara professoressa, fammi vedere le gambe e subito”.
Chiudendo gli occhi vedo scorrere un film dentro di te: tutto ciò che avevo temuto si sta avverando, sarò in balia dei loro capricci.
Oramai sono in ballo.
Con un gesto di stizza mi riporto la gonna a mezza coscia.
“No bella, nun basta, falla sali’ ancora e sbottona anche la camicetta”.
La gonna sale di una altro palmo e la mano corre ai bottoni.
Ne apro uno e fa capolino il nero del reggipetto e la curva dei seni, lui allunga la mano sulla camicia e prova a sbottonarne un altro, ma io lo scosto decisa.
Carlo perde la pazienza: “Che ne dici Alfre’, la professoressa è timida. Forse ha bisogno di un maggior numero di ammiratori che la incoraggino. Mo’ l’accontentamo subito. Alì me sembra davero er tipo giusto, che ne dici?”.
“Che vuoi fare da Alì?”.
“Glie famo vede un po’ de carne fresca: poraccio, nun vede na figa da anni…”
Io e Marie ci guardiamo senza capire.
“Ehi, che vi passa per testa?”
“Mo’ lo vedi…”.
Si fermano ad una pompa di benzina: non c’è nessuno.
Neanche il gestore è lì, ma quasi subito arriva il suo aiutante, un marocchino che i ragazzi conoscono bene.
“Alì, mettici un po’ di benzina e guarda un po’ che belle pollastrelle che abbiamo”.
Alì si avvicina subito e guarda ammirato me e le mie gambe scoperte, poi mette la benzina.
“Alì la signora ti vuole dare la mancia guarda” dice Carlo e afferra il bordo della mia gonna facendola salire di scatto, scoprendomi il tanga.
Me la riporto a posto con un gesto secco urlando: “Non ti permettere più, stronzo!”.
‘Alfre’, a professoressa continua a non capire, dai damme ‘na mano, forse che je famo vede’ pure le tette’.
Oramai sono impietrita dalla vergogna: questi sono proprio pazzi!
Così, mentre cerco di fermare la mani di Carlo che mi alza la gonna, sento che da dietro Alfredo mi blocca al sedile cercando di aprirmi la camicetta, malgrado i pugni e l’opposizione di Marie che prova inutilmente a fermarlo.
E’ inutile, sono più forti, per cui dopo un attimo sono completamente esposta, davanti al marocchino con tutte le gambe fuori, esibendo il triangolino del tanga e con la camicetta quasi tutta sbottonata.
Il mio petto rigoglioso ansima nell’impalpabile reggiseno nero.
Fortuna che non c’è nessuno.
Alì è felicissimo, non capisce motivo per cui i due ragazzi facciano una cosa tanto inusuale, ma indubbiamente cerca di trarne il maggior profitto e chiede con insistenza di poter anche toccare tutto quel ben di Dio.
Marie continua a protestare ad alta voce cercando di tirare via Alfredo.
Io, rossa per la vergogna e per la rabbia, mi dibatto inutilmente, bloccata al sedile dai due.
Carlo sembra non appagato: “Che ne dici Alfre’ l’accontentamo ad Alì o no? Famo decide’ a lei. Allora, cara professoressa, Alì è una caro amico e vuole palparti un poco. So che a te non farebbe piacere. Noi possiamo anche venirti incontro, però facciamo un patto. Io non ti faccio toccare da lui, però tu farai tutto ciò che noi ti chiederemo. Va bene? Nun ho sentito la risposta, va bene?’.
Io non più neanche la forza di rispondere e smetto di lottare.
“Così va meglio, ora per farlo contento, tu gli fai vedere di tua iniziativa le poppe e il pelo, così, ‘na passata veloce. Questo come anticipo, poi andiamo a casa per il saldo”
Alfredo mi lascia libera ma io istintivamente, appena riavuto il possesso delle mani, mi copro subito tirando la camicetta sul petto.
“Va be’, nun ce semo capiti. Alì, vieni” dice Carlo.
A questo punto ho la certezza di non avere scampo: questi due fanno sul serio, così decido di accontentarli.
Mi guardo in giro, non c’è nessuno, con una mano mi copro il volto perché qualcuno passando non mi possa riconoscere e con l’altra mi abbasso il reggiseno.
Subito con un sussulto le tette rigogliose escono dal tessuto.
Questione di un attimo, subito dopo mi ricompongo “Basta, adesso andiamo via”.
Carlo mi guarda con aria di rimprovero, ma riparte inseguito per un breve pezzo dal marocchino che, tutto eccitato, grida qualcosa.
“Cara Giuliana, non ci siamo proprio, se vuoi le schede con le foto ti ho già detto che tu e la tua amica dovete fare le brave. In fondo non ti avevo chiesto niente di grave. Non ho voluto insistere, ma ora che arriviamo a casa di Alfredo devi metterti in testa che devi obbedire”.
“Ragazzi non so cosa vi siete messi in testa, ma i patti non erano questi, siamo venuti da voi per parlare e per riavere quel rullino, non per essere trattate come avete fatto prima alla benzina. E’ chiaro?”
I due ragazzi non rispondono, ma mi guardano con un sorrisetto idiota stampato sul viso che non promette nulla di buono.
Il percorso in auto è abbastanza breve.
Io ho ancora la gonna alzata fino all’inguine.
Ho provato anche a riallacciarmi la camicetta ma dopo aver chiuso i primi due bottoni, arrivata all’altezza del seni, Carlo mi ha bloccata.
“Per ora basta così’”.
Quando ci fermiamo davanti al palazzo, io, nella macchina decappottabile, sono praticamente nuda ed è in questo stato che hanno il piacere di vedermi due vecchi pensionati, che da tempo immemore quelle cose le ammiravano solo nei film porno che vedevano accanitamente o nei giornali che leggevano di nascosto.
Scendo dalla macchina con le cosce tutte scoperte e il reggiseno esposto tra i lembi aperti della camicetta: ai due vecchietti luccicano gli occhi.
Per fortuna, dopo due passi la gonna ricade al suo posto e, non vista da Carlo, sono riuscita a tirare un po’ i lembi della camicia chiudendoli meglio.
Entrati nell’ascensore Alfredo pigia il bottone dell’ultimo piano.
Carlo che si è messo dietro di me, tanto per chiarire ulteriormente le sue intenzioni, mi solleva nuovamente la gonna. “Ma sai che hai davvero un bel tanga - dice – di quelli all’ultima moda”.
Alfredo invece ha messo le mani sotto la maglietta di Marie e le ha scodellate fuori le tette.
“Non vedo l’ora di essere su a casa”.
Non avevano calcolato che l’ascensore, chiamato dal figlio sedicenne della vicina, si sarebbe fermato al terzo piano, aprendo le porte improvvisamente e mostrando al ragazzino la scena.
Io ho la gonna completamente sollevata dalle mani di Carlo che girano intorno al mio tanga.
Marie è con le tette di fuori, e con le mani di Alfredo che le stringono.
Carlo pronto dice al ragazzino, che non riesce a credere ai propri occhi e che doveva scendere, di entrare e di salire fino all’ultimo piano con loro da dove poi sarebbe ridisceso.
Il ragazzo non se lo fa ripetere due volte, così, mentre io e Marie cerchiamo scompostamente di rimetterci a posto, non mi sono accorta che, nell’abbassarmi la gonna, i lembi della camicetta si sono nuovamente spalancati, lasciando alla vista del fortunato ragazzino, quel ben di dio a stento coperto da quel reggiseno ultrasexy.
Il ragazzino non sa dove guardare per primo: il seno di Marie, quello mio, sia pur vagamente coperto, le mie belle gambe, il tanga che aveva intravisto un attimo fa’
Marie protesta: “Insomma basta! Non potete farci questo. Se vogliamo parlare di questa vicenda, è per risolverla, quindi non dovete dare scandalo, altrimenti ce ne andiamo”.
“Nun ve preoccupate, che qui mo nun ce vede nissuno” dice Carlo, infatti la breve corsa e la relativa visione per il ragazzo si interrompe all’ottavo piano.
Mentre il ragazzino rimane nell’ascensore senza avere la forza e la capacità di fare alcun gesto, Alfredo apre la porta di un appartamento tipicamente di studenti, arredato molto sommariamente, abbastanza disordinato e con le pareti ricoperte di calendari di donne nude.
Entrati in casa, i due ragazzi tornano gentili, quasi premurosi; la prendono un po’ alla larga, chiedono se vogliamo bere e di rilassarci, si siedono su un divano, facendo sedere noi due al loro fianco.
La casa è sicuramente di Alfredo, a giudicare dalle foto che ci sono in mezzo alle tante foto di donne nude.
Carlo ha messo una mano sulla mia gamba, facendo nuovamente risalire la gonna fino al tanga; Alfredo ha provato ad infilare una mano nel retro dei pantaloni di Marie per toccarle il culo, ma i jeans sono troppo stretti.
Allora decidiamo che è giunto il momento di parlare chiaro e di andare subito al sodo, chiedendo notizie delle foto.
“Calma - risponde uno dei due - c’è tempo. Mettetevi comode. Fa caldo, perché non vi togliete qualcosa?”.
“Non mi tolgo nulla se non parliamo prima” dice secca.
“Voi parla’? Va beh, parlamo. Noi vogliamo solo che voi siate un po’ gentili con noi e alla fine avrete ciò che vi interessa. Tutto chiaro? Mo’ basta parla’ e spogliateve un po’”.
Noi ci guardiamo, poi Marie dice “va bene, ci spogliamo un po’, ma poi ci date le foto senza fare storie, e soprattutto ci riaccompagnate senza altre divagazioni ed esibizioni sulla pubblica strada. Se qualcuno la riconosce è inutile che siamo venute qui a farci umiliare da voi ok?”
“Va be’, però state a parla’ troppo, Cominciate a togliervi qualcosa, del resto ne parliamo dopo. Anzi facciamo che vi spogliate l’un l’altra a vicenda’.
“No, invece ne dobbiamo parlare adesso se ci spogliamo e ci facciamo vedere nude, poi ci date le foto?” incalza Marie.
“Ehi, calma, non mi sembra siate nelle condizioni di dettare legge, quindi adesso iniziate a spogliarvi, poi vedremo il da farsi, altrimenti quella è la porta, potete anche andarvene. Va bene?”
Alfredo va a mettere un po’ di musica.
Marie, come al solito più pragmatica, si alza, fa alzare anche me e inizia a togliermi la giacca.
Poi decide di stare al gioco (forse i ragazzi avrebbero ceduto prima) e comincia a muoversi a ritmo della musica sudamericana che ascolta ed inizia a girare intorno a me, che invece rimango immobile con le braccia lungo i fianchi.
Pian piano mi sbottona tutta la camicetta e me la sfila: il reggiseno è veramente super sexy, vela solamente quelle forme imperiose.
Istintivamente porto le mani sul petto.
“Aho e fatte vede’, togli quelle mani e togli anche i jeans a lei. Datte da fa’, Nun te scorda’ che t’ho già vista sulla spiaggia comme mammata t’ha fatte. E non parliamo del resto…”.
Mi scuoto e, come una sonnambula nel sonno, meccanicamente vado dietro Marie, le apro la lampo dei pantaloni e glieli sfilo scoprendo le lunghe gambe e le caste mutandine bianche.
Poi proseguo docilmente scoprendo le sue belle tette, che balzano fuori dalla maglia tirata in su.
Era veramente perfetta, un corpo statuario da modella.
“Ammazza, aho…Ora via tutto!, voglio vedere il fiorellino che c’hai” dice Alfredo eccitato.
Sono sempre più in imbarazzo; allora è Marie stessa che, con fare un po’ civettuolo, prima si volta mettendo le mani sui fianchi, poi fa scendere un po’ le mutandine, facendo apparire le curve armoniose del suo culetto, infine, dimenando i fianchi, si volta facendo scivolare gli slip a terra.
E’ nuda.
Completamente nuda!
Una favola!
L’ho già vista nuda, ma ogni volta è uno spettacolo.
I due ragazzi applaudono e fischiano in segno di approvazione.
Quindi rivolti a me, ancora con la gonna ed il reggiseno: “Impara, hai visto come si fa! Questo è il modo migliore per ottenere le cose. Dai vai avanti tu adesso”.
In quel momento si sente girare le chiavi nella porta ed entrano altri due ragazzi.
Immediatamente noi proviamo a ricoprirci alla meglio e chiedendo “Chi sono quelli?”
“Non preoccupatevi sono dei nostri”.
Ma dei nostri cosa? Dei nostri chi? Penso io nel panico più assoluto.
I due ragazzi entrano con fare disinvolto nell’appartamento.
Uno è Giorgio, il fratello universitario (anche se da un pezzo aveva lasciato) di Carlo, che non voleva assolutamente perdersi l’occasione di godersi lo spettacolo di una docente in una situazione come quella.
L’altro è Antonio, un loro amico, non proprio un ragazzo, che ben presto, come l’ex universitario, si rivela molto vizioso e con idee molto precise sulla svolgimento della giornata.
Noi rimaniamo interdette, quello non l’avevamo previsto.
Pensavamo di dover soddisfare la curiosità e la bramosia di due ragazzetti, magari avevamo previsto anche di doverli soddisfare in qualche modo facendo loro una sega o forse anche qualcosina in più, mentre adesso la faccenda si stava complicando.
Chiediamo spiegazioni ai due ragazzi, mentre proviamo a rivestirci, ma risponde Giorgio: “Temevo di aver fatto tardi, ma per fortuna vedo che lo spettacolo è solo appena cominciato”.
Poi si piazza davanti a me e mi scosta con forza la mano con cui provavo a coprirmi il seno.
“Buon giorno professoressa, ma lo sa che le sue tette ai miei tempi erano le più apprezzate di tutta l’Università. Anzi io ho sempre sostenuto che fossero superiori a quelle dell’assistente del prof. Rossi, sì la Santini, che però aveva il sedere troppo grande. Io non stavo nella sua facoltà, ma venivo sempre nell’altra ala, dove insegnava lei. La vedevo sempre passare nel corridoio e dicevo ai miei amici che le sue erano perfette dritte e tese, malgrado siano belle grosse. Si figuri che una volta quando mio fratello Alfredo è venuto in facoltà con me, l’ho portato dritto dritto da lei, per fargli vedere quanto era bona, sa è ancora un ragazzino, è giusto che il fratello grande gli faccia da maestro. A tutti ho detto che le sue tette dovevano essere favolose, l’ho detto e le ho immaginate un migliaio di volte, ma mai pensavo che sarei arrivato a verificarlo di persona. Adesso non crede che dovrebbe darmene la possibilità, non merito un premio per essere stato sempre un suo fan?”
Sentendo nominare il mio luogo di lavoro ed il nome di miei colleghi, mi sento avvampare, cerco di divincolarmi e di ricoprirmi sottraendomi agli sguardi di quel ragazzo: non avrei mai immaginato di trovarmi in una situazione del genere mezza nuda davanti ad un ragazzo dell’università, ad ascoltare apprezzamenti sul mio seno!
“Basta, me ne voglio andare, questo è troppo” grido tutta rossa, mentre provo ad armeggiare con la camicetta per indossarla.
“Troppo? Ma se non abbiamo neanche cominciato. Facci vedere queste tette e poi decidiamo il seguito. Un mio carissimo amico che è stato suo alunno, mi ha raccontato delle volte che lei, con le minigonne, si sedeva alla scrivania aperta davanti, accavallando le gambe: la faceva apposta per farli morire, vero? Quante seghe che ce semo fatti, ed io solo per averlo sentito raccontare, si figuri adesso che lei è qui se la lascio andare via così”.
“Non potete pretendere questo - supplico quasi - ho una dignità ed una posizione, io!”
A quel punto interviene Antonio che sembra davvero un tipo duro e ben deciso.
Si porta alle mie spalle, mi afferra per le braccia strappandomi e buttando via la camicetta che stavo provando disperatamente ad indossare e mi immobilizza le braccia dietro.
“Beh, devo riconoscere che avevate ragione voi, io non la conoscevo, ma ora che l’ho vista sono d’accordo con voi è una gran figa e mi eccita molto. Certo che però anche la biondina è uno schianto. Sono indeciso da chi farmi fare per primo un pompino: forse da tutt’e due insieme. Intanto cominciamo subito, Giorgio, ora è arrivato il momento di poter ammirare queste famose poppe della professoressa: vediamo se tolto il reggiseno si tengono su o scenderanno clamorosamente; grosse come sono, facile che scendano come cocomeri”.
“No, no le tette sono a posto, te lo assicuro” dice Alfredo che aveva ancora davanti agli occhi le scene del giorno precedente a mare.
“Bene - riprende Antonio - non ho motivo di non crederti, ma preferisco verificare di persona. Allora direi di lasciare a Giorgio l’onore di togliere il reggiseno alla professoressa. In fondo è da così tanto tempo che lo desideri, che mi pare giusto che tu abbia la precedenza”.
Di fronte a parole tante esplicite e sentendo quello che avevano in mente i ragazzi io e Marie ci sentiamo morire, non avevo assolutamente previsto che la cosa potesse prendere una simile piega: altro che qualche palpata o, al limite una sega, qui faccenda si sta davvero complicando, si prospetta addirittura un orgia.
Protestiamo vivacemente, gridiamo che non erano quelli i patti ma Giorgio, vi stronca subito.: “Mio fratello mi ha raccontato tutto e mi ha detto che generosamente vuole darvi indietro le prove. Io non sarei d’accordo e personalmente non l’avrei fatto perché mi piacerebbe tenerli, ma dal momento che lui ha deciso così, io penso che almeno dobbiate meritarla questa generosità. Quindi dovete fare le brave, molto brave. Adesso, innanzitutto voglio finalmente vederle queste tette che mi hanno fatto impazzire sempre”.
Così, ringraziando Antonio per la precedenza accordatagli, Giorgio si mette davanti a me che continuo ad essere immobilizzata, mi carezza una tetta da sopra al reggiseno, poi delicatamente tira giù il trine di una coppa fino a scoprire il capezzolo.
Io che fino a quel momento avevo gli occhi sbarrati dall’ira e dalla paura, mi sento ora frastornata dall’essere esposta in quella maniera.
Eppure mi viene in mente che forse quel ragazzo aveva ragione.
Tutte le volte che mi accorgo che qualcuno mi guarda e mi desidera d’istinto sono portata a farlo eccitare di più anziché coprirmi o sottrarmi allo sguardo: mi è sempre piaciuto questo gioco di seduzione nel quale io ho sempre avuto il comando delle azioni.
Non ricordo certamente la circostanza delle gambe esposte al di sotto della scrivania all’Università, ma è estremamente probabile che io lo abbia fatto davvero.
Ed allora, colpevolizzandomi al massimo, penso che quella punizione di mostrarmi nuda a quei ragazzi me la sono davvero meritata, quasi fosse un castigo divino.
Mentre sono persa nei miei pensieri, le mani di Giorgio sul mio reggiseno mi riportano bruscamente alla realtà.
Poi Giorgio fa un passo indietro per ammirare quel capezzolo eretto al centro della scura aureola.
Al di sopra delle trine leggerissime del reggipetto raccolto alla base del seno, l’abbronzatura uniforme fa risaltare le vene azzurre che incorniciano il capezzolo.
Infine Giorgio si riavvicina e, con un mugolio di eccitazione, mette un dito al centro, sotto le coppe, e tira su l’indumento liberando le tette dalla loro prigione.
Le mie grosse tette appaiono nel loro splendore e si assestano turgide, erette.
Ho anche i capezzoli duri, probabilmente per la paura (o è eccitazione?).
Quindi armeggiando da dietro, apre la chiusura ed il reggiseno cade a terra.
Antonio mi libera le braccia, ma ormai non ho più neanche la forza di coprirmi, per cui resto immobile al centro della stanza con le braccia distese lungo i fianchi.
Devo essere veramente molto, molto eccitante: nuda dalla cintola in su e ancora perfettamente vestita nella parte inferiore, con quella gonna che mi arriva sopra il ginocchio.
“Cazzo se avevi ragione! – esclama Antonio - ha delle tette da infarto. Stanno su benissimo, altro che cadenti”.
Giorgio, intanto prova a misurarne la consistenza, stringendole nelle mani. “Dio, mi sembra un sogno. Sono delle tette da dieci e lode!”.
Provo a protestare molto vivacemente, dimenandomi tutta: non ci sto proprio ad essere trattata come un oggetto da palpeggiare a proprio piacimento.
“Adesso basta! Dovete smetterla!!!”
Cerco di divincolarmi, ma le forte braccia dei ragazzi, mi riducono ben presto nuovamente all’immobilità.
“A professore’ e statte bona. Famme senti’ pure a me - dice allora Antonio sostituendo Giorgio nel palpeggiamento - sì confermo, davvero delle gran belle tette: grosse, sode: voto otto’.
“Come otto – protesta Giorgio, innescando una sorta di gara - vediamo che voto mettete voi due”.
Viene, così, il turno di Carlo che me le soppesa a lungo, approfittandone anche per stuzzicare i capezzoli.
Alla fine emette il suo verdetto: “Nove e mezzo”.
Per ultimo Alfredo che, prima si ferma quasi incredulo davanti a quello spettacolo godendosi la visione mia ancora recalcitrante, poi inizia a toccare per poter emettere il suo verdetto.
Prima ancora che riesca a dire qualcosa, parla per lui e in modo evidente, il suo uccello che, a quel delizioso contatto, si erige ritto da sotto i calzoni suscitando le ilarità degli amici.
Aggiustatosi alla meglio i pantaloni per dare spazio al suo arnese, un po’ deriso dagli altri, emette il giudizio finale, assoluto, condizionato, se non deciso, anche dalla improvvisa erezione. “Non c’è dubbio: dieci, dieci e lode!”
Segue un momento di pausa, per cui, finalmente libera di potermi muovere, provo a riprendere il controllo della situazione facendo la spiritosa: “Vi ringrazio per la vostra votazione cosi alta: i miei colleghi sarebbero stati più severi, loro preferiscono le studentesse. Comunque ora datemi il premio promesso, tirate fuori le foto così andiamo via”.
E mi dirigo verso la poltrona per recuperare i miei indumenti con l’intenzione di rivestirmi.
Una risata accoglie le mie parole: “Ma come ci vorreste lasciare così presto? non state bene in nostra compagnia? Abbiamo appena cominciato, adesso viene il bello”.
“Insomma, cosa volete da noi?” chiede Marie nel suo italiano incerto e colorito.
“Cosa gli avevate detto di fare?”’ chiede Antonio che ormai sembra condurre il gioco, ai due ragazzi.
“Beh per ora le stavamo facendo spogliare e volevamo che si toccassero un po’, boh, poi si vedeva”.
“Siete proprio dei ragazzetti – lo interrompe il fratello – se vorranno riavere quelle foto sarà ben altro ciò che dovranno fare”.
A queste parole Marie mi guarda, mentre io ormai sono decisamente entrata proprio nel pallone, con fare interrogativo: cosa ha nella mente quello?
Marie, che ha colto la mia difficoltà, come promesso si offre di sacrificarsi, a patto che lascino in pace me.
“Va bene allora, d’accordo: qualsiasi cosa vogliate fare, fatela con me basta che lasciate in pace lei. In fondo è meglio farsi una donna consenziente, che avere con la forza due che fanno resistenza. In ogni caso - li minaccia - state ben attenti ad usare la violenza, pensateci davvero bene prima di farlo”
Risponde Antonio, sempre più padrone della situazione: ‘A violenza? Ma de che stai a parla’? E’ vostro interesse riavere le foto, nessuna violenza, quindi, voi siete qui per vostra scelta e ricordatevi bene che voi dovete essere consenzienti per tutto ciò che vogliamo farvi”.
“Cosa volete farci”.
“Nulla di grave o di così terribile: per qualche ora, tutt’e due dovete essere a nostra completa disposizione, essere nostre schiave, esaudendo ogni nostro desiderio, compreso quello di essere legate e possedute più volte, senza mai rifiutarvi, solo a questa condizione vi potremo consegnare la scheda originale pronta per essere distrutta così da cancellare ogni traccia di quanto documentato, o per farne ciò che ne volete. Se non vi sta bene, non c’è problema, potete ancora uscire e andarvene a mani vuote, quella è la porta; quindi a voi la scelta”.
Ci arrabbiamo, scalpitiamo, minacciamo, ma poi dobbiamo arrenderci all’evidenza che, se non faremo come richiesto, per me sarà la fine.
Ancora una volta è Marie, più lucida di me, che prova a trattare.
“Anche ammettendo che accettassimo quanto richiesto, non accetteremmo mai di essere legate né per vero né per finta, che razza di giochi volete fare? E in ogni caso non potremmo mai essere tutte e due alla vostra mercé. Una di noi deve sempre poter controllare che non facciate cose strane e che non riprendiate quello che succede magari con una telecamera per ulteriori ricatti. Forse ne avete nascosta già una che sta riprendendo”.
“Non c’è problema, – risponde uno di loro - potete guardare dappertutto, girare tutte le stanze finché non sarete sicure che la cosa per voi finisce qui oggi, senza ulteriori strascichi”.
“Va bene -‘ dice Marie rinunciando all’ispezione - però la vostra schiava sarò io, a lei potrete solo chiedere di spogliarsi e di fare qualche piccolo giochetto. OK?. Non ditemi che non vi piaccio?”
“Nun ce piaci? Chi tu con quel corpicino delizioso? Ce piaci eccome e tra un po’ t’o famo vede’ e te ne accorgerai di quanto ci piaci. Ma per quanto riguarda la tua proposta, non se ne parla proprio - risponde Giorgio - io sono qui per lei ed è lei che voglio avere a mia completa disposizione. L’ho sognata tante volte all’Università che la sola idea di averla qui a mia disposizione, mi fa diventare l’uccello duro come il marmo. Fra l’altro fa la ritrosa più di te, e questo rende tutto ancora più eccitante”.
Seguono altre ingiurie, discussioni, implorazioni, ma è tutto inutile, il copione è già scritto, sono io quella che deve sacrificarsi, d’altra parte sono la sola che rischia la reputazione, Marie vive in Ungheria, non avrebbe mai problemi, quindi sono io che devo rimediare, concludono i ragazzi.
“Siete davvero dei grandissimi bastardi e figli di puttana” riesco solo a dire tra le lacrime abbassando il capo in segno di resa, avendo capito di non avere alcuna via di scampo.
Uno di loro alza il volume della musica, due portano il letto in ferro battuto al centro della stanza dove c’è più spazio e più possibilità di muoversi, mentre Carlo va in cucina tornando con alcune corde elastiche che servivano evidentemente per il bagagliaio della macchina.
Marie, pur completamente nuda, si muove abbastanza tranquillamente per la stanza e non sembra provare grande imbarazzo, mentre invece io, ferma davanti al letto, indosso ancora la gonna pur avendo le tette libere e provo decisamente vergogna; infatti tengo le mani sul seno per provare a coprirmi in un gesto di estrema difesa del mio pudore, malgrado abbia realizzato che, ciò che sta per succedermi, non ammette alcuna pudicizia.
Quando è tutto pronto, Carlo mi dice “dai adesso facci questo spogliarello: togliti il resto, ma fallo in modo eccitante”.
Faccio un respiro profondo come per raccogliere le forze e metto le mani sulla gonna, poi, mi fermo, quasi risvegliandomi, ormai esasperata, dico con fermezza “Adesso basta non sono più disposta a seguirvi in questo gioco che poi tutto è diventato tranne che un gioco: è vero, avete il coltello dalla parte del manico, ma non potete pensare di potermi fare tutte le sconcezze che avete in mente, tanto meno obbligarmi a partecipare: non mi tolgo più niente, qualsiasi cosa vogliate fare, io resto così”.
Così dicendo mi siedo sul letto e abbracciandomi le ginocchia in estremo tentativo di difesa.
C’è un attimo di sconcerto fra i ragazzi, poi è ancora una volta Antonio che ti chiede: “Eh no, mica puoi fare così. Senti bella, o ci hai ripensato e imbocchi quella porta uscendo da qui, oppure se resti sai cosa ti aspetta. Decidi tu, ma fallo in fretta”.
Non mi muovo, ma piagnucolo: “Non voglio, non voglio”.
Poi, però, appoggio, in segno di resa, la testa sulle ginocchia, quasi a non voler vedere ciò che sta per accadermi.
Quindi Antonio, visto che non mi decido a muovermi, senza attendere la risposta, prende l’iniziativa; mi spinge con forza la testa all’indietro facendomi stendere mio malgrado, poi approfittando della superiore forza fisica, mi toglie con brutalità una mano dal seno e la lega ad una spalliera del letto.
“Non ti preoccupare cara. Capisco che sei un po’ nervosa, ma ti assicuro che ti divertirai molto lo stesso”.
Poi prende anche l’altra mano, me la strappa via dal seno e la lega all’altro capo della spalliera.
Sono lì impotente, ed offro tuttavia uno spettacolo che deve essere davvero molto sexy.
Il mio corpo disteso su quel letto è davvero molto eccitante con i capezzoli che puntano decisamente verso l’alto e con le cosce scoperte per via della gonna salita nella breve colluttazione.
In mezzo alle gambe, quegli interessati spettatori, possono intravedere il bordo nero della tanga.
Antonio mi carezza una coscia spingendosi fino in mezzo alla gambe.
Poi, mi accarezza il sesso attraverso le mutandine.
Io, tutt’altro che doma, per tutta risposta scalcio con violenza cercando di sottrarmi al contatto della mano che era già arrivata a scostare il bordo del tanga.
“Cristo! – fa Antonio – ehi voi, prendete altre corde che le leghiamo anche le gambe”.
“‘Ragazzi basta, non esagerate” prova ad intervenire Marie, subito zittita dai ragazzi che adesso sono diventati minacciosi.
Carlo torna con altre corde e Antonio, aiutato da Giorgio, prima mi bloccano le gambe con le quali stavo provando a scalciare, poi una per volta legano le gambe al letto.
Ho ancora la gonna addosso, anche se questa non si vede proprio per quanto è risalita, così da far intravedere i peli che spuntano da sotto il minuscolo tanga.
Quindi resa inoffensiva la preda, Antonio torna ad accarezzarmi le gambe facendo salire ancora di più la gonna, infine prova a scostare le mutandine lasciandomi così scoperta completamente.
Adesso lì nuda esposta in modo quasi osceno alla visione ed alla mercé dei quattro sconosciuti, inizio a tremare: non sono mai stata una moralista bacchettona, anzi quando ho potuto divertirmi l’ho fatto, cercando solo di stare attenta a che mio marito non lo venisse a sapere, ma non sono mai stata con più di un uomo contemporaneamente, mentre adesso mi senti in balìa di quei quattro balordi e non sono preparata a subire le umiliazioni che mi aspetto arriveranno.
Quindi senza preavviso alcune lacrime iniziano a solcarmi le guance; adesso non sto più piagnucolando, piango davvero, lacrime copiose mi rigano il viso.
Per niente impietosito, Antonio, il più deciso dei quattro, dice a Marie di occuparsi di me.
“Che vuoi che faccia?”
“Non lo immagini?”
“Sì – commenta Carlo entusiasta - c’ha già provato sulla spiaggia ed era una scena davvero eccitante”.
Marie, capisce che è inutile ribellarsi e, pur comprendendo il mio dramma, mi si avvicina, dicendomi sottovoce di chiudere gli occhi ed immaginare Gabriele o Lucas: lei proverà ad usare tutta la delicatezza e la dolcezza di cui è capace, quindi mi chiede scusa e inizia a baciarmi le tette.
Io, che ancora singhiozzo, resto subito sorpresa da uno spasmo provocato da un brivido (sono sempre stata molto sensibile in quella zona).
Quindi, col trascorrere del tempo, sotto l’azione dei sapienti tocchi di Marie, mi accorgo che i baci e le carezze davvero delicate, mio malgrado mi stanno eccitando, infatti i miei capezzoli diventano duri e tesi.
Non c’è neanche bisogno di immaginare Lucas per eccitarmi, basta ‘sentire’ l’azione di Marie.
Oddio mi sto anche bagnando.
Nel frattempo i ragazzi si tolgono anche loro i vestiti e, eccitati dalla scena a cui stanno assistendo, si trovano con gli uccelli già in tiro; comunque, oltre a menarselo un po’, non fanno ancora nulla, limitandosi sino a quel punto a gustarsi la scena.
Poi Marie scende più in giù arrivando nelle vicinanze della figa.
Ci gira intorno ottenendo l’effetto di aumentare la mia eccitazione, mentre io adesso (chi l’avrebbe mai detto) desidero solo che la lingua e le dita di Marie mi penetrino.
Allora lei scosta decisamente il tanga sfilandolo per quanto è possibile in quella situazione e sembra volermi accontentare.
Quando questo avviene, con gli occhi chiusi, quasi dimentica della situazione di costrizione in cui mi trovo e di quei quattro che erano lì a godersi lo spettacolo, mi lascio sfuggire un piccolo gemito.
Subito mi maledico, dicendomi che in una situazione di violenza come quella non posso e non devo provare piacere, ma non riesco a trattenermi.
Marie con la lingua ci sa decisamente fare, mentre con le mani mi pizzica i capezzoli.
Con le labbra della figa gonfie per l’eccitazione offro una visione davvero eccitante per i quattro, anche perché comincio a dimenarmi per il piacere provato.
Quando riapro gli occhi, vedo i ragazzi nudi intorno a me e subito mi rendo conto dello spettacolo che mio malgrado sto dando, ma ormai non riesco più a controllarmi, anzi constatare che la visione che offro ha provocato la reazione di quegli uccelli tutti ritti intorno a me, mi riempie di uno strano e malcelato orgoglio; sembro quasi eccitata dall’idea di essere guardata e ancor di più di sentirmi come preda sacrificata all’altare della pace professionale e familiare.
Antonio, allora va verso una busta di plastica, tornando con un grosso vibratore di dimensioni quasi esagerate, e, porgendolo a Marie, le dice con lo sguardo di usare quello.
Era venuto attrezzato il porco.
Io che, ho nuovamente gli occhi chiusi per il piacere, non mi sono ancora accorta di niente, se non del fatto che le attenzioni dell’amica sono diminuite.
Marie guarda l’oggetto ritenendo che le dimensioni siano davvero eccessive e guarda i ragazzi che però, eccitati dalla visione di quanto accade, la incitano ad andare avanti.
Quando sento i ragazzi che parlano eccitati con Marie, riapro gli occhi vedendo quel coso nelle mani della mia amica.
Allora Antonio tira fuori un coltellino che aveva con sé e, prima che io possa dire qualcosa, con un colpo secco taglia il tanga che schizza di lato come un corpo privato della vitalità.
“Cosa avete intenzione di fare?” chiedo, ben sapendo, ancora una volta, quale sia la loro intenzione.
Infatti, vista la titubanza di Marie, Antonio le prende l’oggetto dalle mani spostandola e provvedendo, con gesti secchi e senza alcuna esitazione, a spingere l’oggetto tra le labbra del mio sesso.
Dio che dolore!
Non posso fare a meno di gridare, il colpo mi fa male; infatti, malgrado la già abbondante lubrificazione, Antonio non riesce a far scivolare quell’aggeggio dentro.
Marie, allora, capisce che è meglio che intervenga lei stessa se vuole evitare che l’imperizia e la violenza dei ragazzi mi provochino danni.
Toglie il vibratore dalle mani di Antonio, e riprende ad accarezzare le labbra del mio sesso dicendomi, nel contempo, di rilassarmi così tutto sarà più facile, quindi a poco a poco, approfittando della ripresa lubrificazione, inizia ad infilarlo dentro piano piano.
Continua a rilassarmi e ad eccitarmi contemporaneamente e intanto spinge sempre più dentro il vibratore.
La cosa va avanti per un po’ con la mia amica che presta la massima attenzione affinché io non provi dolore, ma Antonio, che ha ormai perso la pazienza e seccato per l’intervento di Marie, dopo un po’ riprende in mano la situazione, dando l’ultimo colpo fino a che quell’arnese non finisce tutto dentro di me.
Altro urlo.
Tutti si fermano temendo di avere esagerato e, immobili, mi guardano mentre io rimango lì immobile, senza dire nulla, con gli occhi sbarrati e con quell’enorme cazzo di plastica tra le gambe oscenamente aperte.
Superata la piccola paura, i ragazzi trovano la scena incredibilmente eccitante e dicono a Marie di riprendere a baciarmi, che così mi trovo con quell’affare dentro e la lingua dell’amica che cerca di cogliere i punti di piacere rimasti accessibili.
Lei, infatti riprende a cercare il mio clitoride, strappandomi, superato il dolore, altri gridolini di piacere.
Giorgio dice agli altri che nessuno faccia scherzi: sono anni che desidera quello, quindi avrebbe avuto lui l’onore di scoparsi per primo la professoressa.
Io mi sento morire.
Gli altri borbottano un po’, si lamentano dicendo che era un’ingiustizia, però alla fine cedono.
“Usate preservativi, almeno” chiede Marie.
“Perché, non mi dite che voi non prendete precauzioni?”
“Non è per quello, scemo, ma per le malattie”.
‘Dovremmo essere noi a preoccuparci, visto che avete questa strana abitudine di scopare come vi capita e dove vi capita. Noi abbiamo raramente questo piacere: pensa che per il nostro Alfredo è il battesimo del fuoco”.
Quindi Antonio, decisamente il più maiale dei ragazzi, mi avvicina e inizia a strusciare l’uccello sulla mia faccia, poi prova a piazzarmelo direttamente in bocca.
Resisto un po’, poi debbo aprirla e lui mi infila il suo coso dentro.
Ho voglia di morderlo, di staccarglielo, invece comincio a leccarglielo.
L’idea piace molto anche a Giorgio che lo imita, ma io non sono per niente allettata dall’idea di avere due uccelli contemporaneamente nella mia bocca: già uno è troppo!
Così provo, per quanto possibile, ad oppormi, ma, legata come sono, non posso certo oppormi a lungo, così cedo.
Sento la bocca riempirsi della carne, è la prima volta che devo soddisfare due uccelli.
E’ terribile, non riesco quasi a respirare, mi sento quasi soffocare, per cui con la lingua provo a leccare le cappelle per evitare che, non potendomi aiutare con le mani, mi ritrovi gli uccelli infilati dentro la gola.
Ho anche qualche conato di vomito.
D’altra parte la lingua e le sapienti carezze di Marie che ha anche iniziato a far andare su e giù quel vibratore, mi stanno regalando momenti di intenso piacere; sento quella lingua che mi da piacere, un piacere raffinato, soffermandosi sui punti giusti.
Avverto le labbra della figa diventare gonfie per l’eccitazione.
Non ho mai provato un uccello così grosso e quel vibratore mi sta colmando quella lacuna.
Così, quando anche gli altri due ragazzi, prendono a toccarmi accarezzandomi il seno e l’interno delle cosce, mio malgrado, senza preavviso sento montare un orgasmo che non provo neanche a trattenere, gridando per il piacere.
“Ma che porca, hai visto che te piace! Su nun fermarte, continua a ciucciarmelo che me fai impazzi’’” mi incita Giorgio.
Così, mentre Carlo, approfittando della posizione a quattro zampe di Marie si avvicina a lei e senza alcuna grazia le ficca il suo uccello dentro la figa, suo fratello Giorgio, eccitato da quella situazione fino a quel giorno solo sognata, non riesce a trattenersi oltre e venendomi in bocca (dando l’addio, forse, ai suoi sogni di scoparmi per primo) e io sono costretta, non potendo oppormi e ospitando nella bocca anche l’altro uccello, a ingoiare tutto.
Appena riesco a parlare chiedo ai ragazzi di togliermi la gonna; non voglio che si sporchi: sarebbe davvero imbarazzante dover spiegare a mio marito quelle inconfondibili macchie.
Loro, resisi conto che ormai non avrei opposto più resistenza, mi slegano le gambe, ma non le mani, quindi Alfredo fa scorrere la zip, sfilandomi quell’ormai inutile indumento.
Marie presa da dietro, continua a leccarmi e io sto letteralmente impazzendo per il piacere.
Subito dopo, lo stesso Alfredo, che sinora aveva osato solo accarezzarmi le tette toccandosi l’uccello, si fa coraggio, e si avvicina a me con la chiara intenzione di essere lui il primo, visto che Giorgio era appena venuto per cui adesso non poteva più accampare più alcun diritto come aveva chiesto.
Non li voglio dentro di me, non li voglio, ma non posso fare nulla per impedirlo.
Lui, ormai deciso, scostata Marie, sostituisce, alla lingua e al vibratore che aveva sfilato, il suo uccello duro, che scivola dentro con estrema facilità visto che il mio sesso era stato così a lungo dilatato.
Sembra incredulo di averlo fatto, assume una faccia così strana che, per un attimo riesce addirittura a farmi tenerezza.
Viene così battezzato e sono io che sto sverginando il ragazzo, neanche questo mi era mai successo prima.
Lui, comunque, inizia ad andare su e giù sempre più incredulo di quanto gli sta capitando.
In quel momento sono scopata da due uccelli, uno in bocca e uno in figa e, sempre più impotente, ma, forse per questo, sempre più eccitata, mi rendo conto che sto per avere un altro orgasmo, così incito Alfredo a spingere più forte e a non smettere.
Alfredo aumenta i colpi, ma questo ha come conseguenza il fatto che viene subito, lasciando a metà il mio orgasmo, infatti mi scappa un gesto di stizza.
Comunque mi resta la soddisfazione di aver sverginato il ragazzo: complimenti.
Anche Marie, nel frattempo sente aumentare il proprio piacere e riesce a godere quasi contemporaneamente a Carlo che le viene dentro.
Antonio, molto più resistente degli altri, lascia finalmente la mia bocca, dove da tempo il suo uccello aveva trovato ricovero, e mi si mette davanti ammirandomi la figa ancora aperta e bagnata, e il buchetto scuro che risalta nel bianco della pelle in quel punto.
Quindi mi alza le gambe, mi solleva appena sulla schiena, posiziona il suo uccello sul buchetto del culo e prova ad entrare.
“No, che fai, lì no!”
“Hai ancora la figa tutta piena dello sperma del ragazzo, non crederai mica che metta il cazzo lì dentro. Hai due buchi, userò l’altro”.
Ovviamente protesto e cerco di oppormi, ma questo non fa altro che causarmi solo un maggior dolore.
Antonio, senza scomporsi inizia comunque a far entrare il suo uccello, allora capisco che se mi rilasso probabilmente sarà meglio.
Ci provo, mi inarco sulla schiena assecondando i suoi movimenti e l’uccello scivola tutto dentro.
Mi fa un po’ male, anche per il ricordo di ieri, ma il dolore quasi si mischia ad una sorta di inebriante eccitazione.
Assistere così alla professoressa che viene inculata sotto i loro occhi, sortisce l’effetto di risvegliare, come d’incanto, gli uccelli degli altri ragazzi, così i due fratelli piazzano anche loro contemporaneamente gli uccelli nella bocca di Marie che inizia a fare loro un pompino magistrale, arte nella quale sembra davvero eccellere.
Poi Alfredo, ormai lanciato, si distende sul letto, facendo sedere Marie sul suo uccello e inizia a scoparla, mentre Giorgio, sfila il suo uccello dalla sua bocca e le si posiziona dietro, entrando nell’altro buchetto.
Cazzo viene scopata da tutt’e due insieme! Chissà che si prova: a me non è mai successo.
Le situazioni cambiano di continuo, per cui Carlo decide di cambiare bocca e si mette davanti a me dicendomi di succhiarglielo io l’uccello adesso, cosa che, cercando di eguagliare in bravura Marie, inizio a fare, dimenandomi per il piacere che provo in quel momento.
Anche Marie sembra impazzita di piacere nel sentire i due uccelli dentro di sé e, con grande facilità, arriva all’orgasmo.
Sotto i colpi implacabili dell’uccello nel mio culo, sento montare l’eccitazione e non pensavo potesse essere possibile godere con un cazzo nel culo e un altro in bocca, ma invece dopo poco l’orgasmo, bloccato poco fa e che questa volta, invece, esplode in modo ancora più violento, mentre dopo pochi secondi sento anche che l’uomo scarica dentro di me il suo seme.
Anche Carlo resiste poco sotto l’azione della mia lingua e, non riuscendo a trattenersi, viene imbrattandomi la faccia e i capelli.
Gli altri due, nel frattempo continuano a scoparsi Marie che ad un tratto sente accelerare i colpi dei due uccelli che quasi si toccano, divisi solo dalla sottile membrana; questo le provoca un altro orgasmo e viene nuovamente, mentre, quasi insieme, viene anche Alfredo.
Giorgio, invece, si ferma in tempo ed evita di venire nel culo Marie; poi senza uscire si mette a guardarmi mentre io, appena inculata e squassata dal piacere sono ancora nella stessa posizione con il buchetto in primo piano e sicuramente dilatato.
Il suo volto allora ad un tratto quasi si incupisce, mi fissa e assume uno sguardo cattivo; quindi, pur continuando a tenere il suo uccello duro più che mai nel culo dell’ungherese, inizia, con quello sguardo duro e quasi truce, a fissarmi negli occhi, mentre io dopo l’orgasmo giaccio ancora abbandonata sul letto con le gambe divaricate e le braccia ancora legate in alto alla spalliera del letto di ferro.
Solo il seno ansante si muove e i capezzoli turgidi segnano oscillando il ritmo del mio respiro ancora affannoso
La violenza subita mi ha spossata ma anche soddisfatta.
Malgrado la paura e la vergogna, alla fine la libidine aveva preso il sopravvento.
Abbandonata sul letto non sono più l’immagine di una donna violata, ma di una femmina soddisfatta dal sesso ed ancora vogliosa, per quanto un po’ dolorante.
Però lo sguardo di Giorgio, non mi piace, perché mi guarda così mentre continua rimanere fermo tenendo l’uccello nel culo di Marie, quello sguardo non promette nulla di buono.
Infatti, ad un certo punto, lui si sfila dal suo culo e con l’uccello, ancora ritto e voglioso, mi si avvicina sibilandomi sul volto: “Professoressa cara, quel mio un amico fraterno, tuo allievo, di cui ti parlavo prima, era davvero una persona speciale con cui dividevo le giornate e anche le nottate da studenti. Aveva una ragazza e tante prospettive. Poi incontrò te, anzi il tuo esame. E si è rovinato. Tu non ti puoi ricordare, per te gli studenti non hanno faccia, non hanno storie, ma lui venne da te cercando più volte di superare il tuo maledetto esame, ma quello scoglio si rivelò insuperabile. Alla fine l’ha presa nel culo perché dovette partire per fare il militare, perse l’assegno del papà, poco dopo la fidanzata l’ha mollato, insomma tutta la sua vita sconvolta, grazie a te. Io ora sto pensando a lui e so, se lui fosse qui adesso, cosa vorrebbe farti”.
Mi afferra una gamba mentre lo guardo senza capire, e la porta in alto: fissa il buchetto del mio culo, aperto ed ancora dilatato.
Quindi Giorgio afferra da terra il vibratore e lo alza in alto.
Quell’osceno, enorme attrezzo viene brandito come una clava. “sai che cosa penso ti farebbe il mio amico?”
Lo guardo sempre più spaventata per quello strano cambiamento, gli altri, invece, attendono perplessi, cercando di capire cosa abbia in mente.
“Penso che si vendicherebbe e visto che grazie a te, l’ha presa nel culo, ti schiafferebbe senza pietà questo in culo!!!”
Mi viene un colpo, la paura ha il sopravvento paralizzandomi, mentre istintivamente cerco di chiudere e di serrare le gambe.
Poi grido: “Nooo , sei pazzo è enorme, mi spaccheresti tutta non puoi essere sadico fino a questo punto!”
“No cara professoressa, sadismo è quello che hai fatto a lui e a tanti altri come lui, lo sai?”
Lo sguardo di Giorgio ora mette davvero paura, mentre inizia a spingere con quell’arnese sul buco del culo e mentre io continuo a strillare.
“Cazzo ragazzi, fate qualcosa è diventato pazzo, fermatelo, questo mi spacca tutta!”
Anche Marie si è messa a strillare e prova inutilmente a fermare Giorgio, quindi gli altri ragazzi capiscono che devono intervenire, Alfredo gli afferra la mano, ma è lo stesso Giorgio che li anticipa.
“Calma ragazzi, calma, stavo solo scherzando: il mio amico deve solo ringraziarla, questa puttana, perché tornato dal militare dopo essere andato in crisi con l’esame, ha lasciato la famiglia, è andato su a Verona, ha cercato lavoro ed ora ha già un ottimo posto di responsabilità in una grossa ditta di informatica. Quella troia della sua ex, invece, continua a passare da un ragazzo all’altro, facendosi scopare da mezza facoltà. Invece lui, sono andato a trovarlo poco tempo fa, ogni sera gira con una figa diversa. Quindi il mio amico non ha perso proprio niente lasciando l’università, e tutto questo grazie all’aiuto della nostra inflessibile professoressa troia”.
Ripresami dallo spavento, ma temendo che possa ripetersi un’altra situazione di pericolo, chiedo di essere slegata, anche perché le mani mi fanno male.
Giorgio con l’uccello ancora in tiro dice che prima di slegarmi devo farlo venire.
Stanca della posizione e considerando che ho perso il conto delle volte che quei ragazzi sono venuti su di me o dentro di me in quelle ore, penso che una volta in più non cambierà nulla, per cui gli dico di slegarmi lo stesso, che tanto lo farò venire come chiede.
Una volta slegata mi sento rinascere, riprendo la padronanza dei miei movimenti, poi Giorgio mi dice di girarmi mettendomi a quattro zampe.
Come un automa ormai obbedisco mettendomi a pancia sotto, poi, puntando le ginocchia, sollevo in alto quel gran culo da esposizione, come lo definì un mio occasionale, ma entusiasta compagno di letto.
Le tette oscillano voluttuose verso il basso con un movimento eccitantissimo.
Giorgio è dietro di me ho le cosce ancora chiuse, così lui infila una mani in mezzo cercando di allargarle.
Le labbra carnose della figa e il buchetto scuro sono oscenamente esposte alla sua vista.
Giorgio mi accarezza entrambi gli orifizi con una mano mentre con l’altra brandeggia il suo uccello ritto al massimo.
Non perde tempo e posiziona il suo uccello sul buco del culo.
Provo inutilmente a protestare girandomi: “No lì basta, mi fa ancora male!”
Ma Giorgio minaccia di legarmi nuovamente per ottenere quanto desiderato, per cui, pur controvoglia mi rimetto in posizione e Giorgio adesso può spingere il suo arnese e farlo entrare completamente nel mio culo che lo accoglie pienamente, mentre comunque mi scappa un flebile lamento di dolore; quindi inizia a spingere quasi con violenza, riuscendo però incredibilmente a trattenere l’orgasmo.
Gli altri sono tutti intorno a noi a gustarsi la scena.
Non l’avrei mai detto, inculata da uno sconosciuto, mentre altri sconosciuti mi guardano, cercando, per fortuna inutilmente, di farsi drizzare nuovamente l’uccello.
Sono lì esposta, esibita come una puttana qualsiasi.
Quando sente che sta per scoppiare, Giorgio mi sfila l’uccello dal culo e me lo piazza direttamente in bocca, e dopo pochi secondi mi inonda, tra le grida di approvazione degli altri ragazzi spettatori.
Dopo un po’ Carlo, spinto anche da Alfredo, ignorando le proteste di Antonio che vorrebbe continuare, ci dice che il premio per le foto poteva considerarsi pagato.
Vorremmo andare in bagno a lavarci, ma la paura che i ragazzi possano cambiare idea, ci fa convince a ripulirci alla meglio con dei fazzolettini che avevo nella borsa.
Ci rivestiamo (io sotto la gonna non posso più indossare nulla) e ci facciamo consegnare la scheda con le foto
“Eccola, – dice uno dei ragazzi mostrandoli, – però prima dovete regalarci la biancheria in vostro ricordo”.
Intanto Alfredo già aveva raccolto i resti del tanga tagliato prima, probabilmente voleva conservare il ricordo di quel pomeriggio.
Senza stare a discutere, pur di finire in fretta quella storia, Marie si sveste togliendosi le mutandine unico indumento che indossa, quindi si rimette i jeans.
Io sono più titubante, già ho perso il mio bellissimo tanga, adesso mi secca rinunciare anche a quel reggiseno tanto sexy.
Poi, però, vedendo la fine dell’incubo lì a portata di mano, decido di accontentarli anche stavolta, per cui sbottonandomi la camicetta, mi tolgo il reggiseno e lo porgo ai ragazzi.
La scheda con le foto nelle mie mani, finalmente!
Presa la scheda e dopo averla distrutta sotto il tacco, vomitiamo addosso ai ragazzi una serie di improperi, di insulti e di minacce che i ragazzi, convinti di averci soddisfatte e di averci fatto alla fine quasi un piacere, non si attendevano.
E’ vero che avevamo goduto e provato piacere anche in una situazione assurda come quella, ma non possiamo dimenticare che tutto è nato dalla violenza di un odioso ricatto.
Marie è quasi più accanita di me nel riempirli di ‘male parole’.
Alla fine dico loro che per questa volta non li avrei denunciati (anche perché non sono nelle condizioni di poterlo fare, senza alcuna prova), ma di non farsi mai più vedere neanche all’Università, se non vogliono passare dei guai.
“Se solo osate farvi vedere davanti a me, questa ve la farò pagare cara, potete starne tranquilli!’ aggiungo rabbiosa.
Nessuno ha il coraggio di fermarci.
Quindi usciamo in tutta fretta, lasciandoci accarezzare da un gradevole venticello che spazza via tutti i cattivi pensieri che ci hanno assalite nelle ultime ore.
Passiamo il resto della giornata andando davvero per vetrine, cercando di dimenticare la brutta avventura.
Torniamo molto tardi, ben oltre l’orario di chiusura dei negozi.
A casa troviamo i mariti intenti a vedere una partita di calcio: non diamo spiegazione né ce ne sono chieste.
Gli uomini capiscono che qualcosa di strano deve essere successo, anche perché Gabriele, che mi ha seguito in stanza abbandonando per un po’ la partita, si accorge, mentre mi spoglio, che non indosso biancheria, mentre ricorda perfettamente l’accurata scelta della stessa prima di uscire, ma sia lui, che Lucas non fanno domande, né ci sono approcci da parte loro, benché quella sia la nostra ultima notte insieme, d’altra parte per oggi ne ho avuto fin troppo di sesso.
Gabriele si macera dentro, probabilmente vorrebbe riempirmi di domande, ma si rende conto che ormai forse non è più in condizione di potermene fare.
Nel letto la sera nella mia mente si affollano tanti pensieri.
Il giorno dopo sarebbe stato il giorno della partenza.
Mi sento davvero triste.
La ricerca all’Università è terminata e non sono previsti seguiti, per cui difficilmente avrò occasione di rivedere Lucas.
Non è andata come speravo, non riuscita a scoparmelo per tutta la settimana, come avevo fantasticato a lungo, ma in fondo l’ho avuto ed ho aperto nuovi orizzonti al mio rapporto matrimoniale.
In tutti i casi sono davvero molto presa dal mio bel ricercatore ungherese, l’ho appena ‘assaggiato’ e già devo separamene: maledizione a quei ragazzi che mi hanno rovinato la giornata di ieri!.
So bene anche che, dopo quanto è successo in questi giorni, sarà ben difficile tornare alla routine delle giornate divise tra lavoro e casa, con qualche scopata con mio marito, che solo occasionalmente raggiunge intensità interessanti.
Sia ben chiaro, sono sempre innamorata di Gabriele, ma sicuramente l’attrazione che provo per Lucas non solo non si è esaurita in quei giorni, ma anzi è anche cresciuta: per lui ho messo a repentaglio l’onore, la carriera, il rapporto stesso con Gabriele.
L’aereo partirà domani nel tardo pomeriggio per cui decido che domattina dovrò cancellare la brutta esperienza del giorno appena concluso con una scopata magistrale con il mio bel ricercatore.
Dopo il clima freddo della serata, mi sento in colpa anche con mio marito, il quale ha sicuramente capito qualcosa, eppure non mi ha chiesto niente.
E’ davvero una brava persona Gabriele e sono contenta di essere sua moglie.
In quel letto poco prima mi ha persino chiesto di cancellare quanto è successo nei giorni precedenti con Lucas e Marie: figurarsi lui si sente in colpa per la forte attrazione che aveva avuto per Marie e per gli apprezzamenti che aveva usato nei suoi confronti.
Chissà, magari crede che io oggi lo abbia tradito apposta per ripicca, magari andando con qualche sconosciuto.
Quanto è lontano dal vero.
Se potesse immaginare la verità, saprebbe che non solo non rinnego niente di quanto è successo tra noi quattro, ma che sono profondamente triste al pensiero che questo stia finendo.
Ho superato, ormai la diffidenza e le piccole gelosie nei confronti di Marie e a tratti addirittura fantastico su quanto potesse essere appagante un menage a quattro.
Non so ancora come, ma sono decisa a dare tutta me stessa per farmi ricordare da Lucas nel tempo, al punto da spingerlo a breve ad una nuova visita in Italia, oppure chissà, Gabriele non è mai stato in Ungheria…
Innanzi tutto bisogna convincere Gabriele che il nostro rapporto non è affatto entrato in crisi per gli avvenimenti di quei giorni.
Il metodo ce l’ho ed è semplice, con mio marito funziona sempre ogniqualvolta ne ho bisogno, però questa sera non ho proprio voglia di fare sesso: sento ancora, malgrado il bagno caldo, l’odore e gli umori di quei mascalzoni.
E poi il mio sesso, è ancora dolorante per la terribile penetrazione di quell’enorme fallo di plastica; per non parlare del culo.
No, adesso non ce l’avrei fatta.
Ciononostante, quella notte, per dimostrare a Gabriele che non è lui il problema, dormo tutta appiccicata a lui, facendo aderire il mio corpo al suo.
Gabriele si sente sollevato e pensa che forse non tutto fra di noi è finito.
Se solo potesse leggere il pensiero, scoprirebbe che mentre sto accucciata vicino a lui, rimugino su come far diventare indimenticabile la scopata del giorno successivo con Lucas.
Il mattino dopo, sveglia di buon ora, ho ormai preso una decisone: abbatterò con Lucas ogni ulteriore residuo di tabù sessuale che mi rimane: mi farò scopare da Lucas e da mio marito contemporaneamente: avere due uccelli dentro di me, come avevo visto fare la sera prima a Marie, avere la figa ed il culo pieni, è una sensazione dalla quale sono stata sempre attratta, ma dalla quale sono sempre rifuggita.
L’unica grossa difficoltà, è quella di convincere Gabriele a fare una cosa del genere, a mettere da parte la residua punta di gelosia e di pudore che lo attraversa, per accettare di scoparsi la moglie insieme ad un altro.
Certo Marie è stata fondamentale: senza di lei, Gabriele mai e poi mai avrebbe permesso ad un altro di fare ciò che Lucas ha fatto con me.
Ogni tanto a lui piace vedere la moglie desiderata, guardata; quando andiamo a mare, prendo il sole senza il pezzo di sopra e a lui piace vedere gli sguardi ammirati degli uomini ipnotizzati da quelle tette generose che ho; ogni tanto scherzando (ma scherzavo davvero?) gli racconto che qualcuno in sua assenza mi aveva fatto delle avances pesanti, toccandomi anche nei punti più intimi.
A lui piace tutto ciò e sta al gioco, anche se non siamo mai andati oltre.
Ma qui adesso si tratta di accettare che non solo io scopi con un altro uomo (l’ho già fatto nei giorni precedenti davanti a lui), ma che lui e l’altro mi scopino insieme: diventerebbe un punto di non ritorno nel nostro rapporto, oltre il quale c’è l’incognita di cosa dopo possa succedere tra di noi.
No, non sarà per niente facile convincere Gabriele, soprattutto adesso che lui ha soddisfatto le proprie voglie con Marie e inizia ad avere dei rimorsi verso di me per il comportamento troppo libertino.
So di non avere tempo da perdere.
Quindi la mattina successiva, dopo aver svegliato con un bacio il maritino, senza dire una parola, mi alzo dal letto e, nuda come sono, mi infilo le pantofole avviandomi verso la cucina.
Gabriele, ancora in dormiveglia, se ne accorge in ritardo, e prova a fermarmi chiamandomi, ma inutilmente.
Nel salone, Lucas e Marie, già in piedi da tempo, mi vedono passare in quelle condizioni; li saluto con un bacio, prima di sparire nell’altra stanza mentre loro due si guardano perplessi e meravigliati nel contempo.
Subito dopo vedono passare Gabriele con indosso delle mutande, che mi raggiunge in cucina.
“Ma sei impazzita?” esordisce Gabriele.
“Perché cosa c’è di male: nei giorni passati siamo stati più nudi che vestiti, abbiamo fatto di tutto e adesso ti scandalizzi? Anzi visto che sei ridicolo con quell’affare addosso, perché non ti spogli anche tu?” rispondo e, facendo seguire i fatti alle parole, provo a sfilargli le mutande, denudandolo mentre dalla porta Lucas e Marie fanno capolino incuriositi.
“Ma sei davvero impazzita allora!” continua Gabriele mentre si tira su l’indumento.
Per un attimo gli sguardi miei e di Marie si incrociano ed un lampo scaturisce da quello sguardo.
Marie, illuminata dalla complicità che si è creata tra di noi, capisce a volo le mie intenzioni e si inserisce alla perfezione dicendo “Certo hai ragione, a volte ci comportiamo stranamente: che senso ha coprirci dopo quanto è successo tra noi”.
Così dicendo si toglie da dosso la maglietta ed i pantaloncini, poi, infine anche gli slip rimanendo completamente nuda anche lei.
“Ma sono capitato in una gabbia di matti” conclude rassegnato Gabriele.
“Su anche voi da bravi - rincaro la dose - spogliatevi che facciamo colazione”.
Pur non capendo bene ciò che sta succedendo, Lucas si adegua docilmente obbedendo agli ordini della padrona di casa.
Due gesti secchi ed anche lui è tutto nudo con il suo bell’uccello di fuori.
Gabriele, invece, imperterrito tiene su le mutande.
E’ una colazione allegra e spensierata, con noi due donne scatenate nel prendere continuamente in giro Gabriele.
Poi, a colazione ultimata, Gabriele sente sotto il tavolo, la mia mano che si insinua dentro le sue mutande.
Prova a scostarsi, ma il tocco, unitamente alla visione di noi donne nude, ha il potere di far svegliare per bene il suo uccello, per cui adesso ha una certa voglia.
Decide, quindi di far finta di niente godendosi di nascosto quel tocco piacevole.
Ma io non ho certo intenzione di fare le cose di nascosto, per cui dico: “Ehilà, è bastato che lo sfiorassi perché quel porcello del tuo affare si ingrossasse subito: guarda Marie, non riesce più neanche a stare nella mutande!
“Ma che ti è preso stamane? Ti ha dato davvero di volta il cervello?” grida Gabriele tutto rosso, alzandosi e confermando agli occhi degli altri due quanto avevo preannunciato.
Marie lo blocca subito congratulandosi per la splendida erezione e, prima che lui possa sfuggirgli, scosta le mutande, gli afferra l’uccello, si china e lo fa sparire nella sua bocca golosa.
Le proteste di Gabriele si attenuano decisamente.
Allora ne approfitto per avvinghiarmi in un bacio profondo e travolgente con Lucas.
Sento sul mio ventre il risveglio di Luc
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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