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I piedini di mia figlia. Ep.6 ( Fine 1a Parte)


di Yocalsy
22.12.2022    |    20.940    |    24 10.0
"- Papi! Avevi detto che non tornavi… - Mi avvicinai a lei, la presi letteralmente in braccio e la portai in cucina, facendola sedere sul tavolo..."
Quella sera, seduti al tavolo della nostra cucina, vedere Sara e Martina scherzare e ridere, dopo quello che avevo appena fatto con mia figlia mi sconvolse.
Non dormii nulla, una notte insonne passata a pensare a cosa avrei dovuto fare per uscire da questa situazione. Quello che stavo facendo a mia figlia era sbagliato, usavo il fatto che lei fosse maggiorenne e che la cosa le piaceva per giustificare la mia depravazione.
Alla fine decisi che quella mattina avrei preso un paio di giorni di permesso dal lavoro, senza dire nulla a mia moglie e mia figlia, e avrei contattato un psicologo.

Alla mattina feci colazione ed uscii più presto del solito. Dopo aver chiamato in azienda spiegando che mi prendevo due giorni di permesso per risolvere una questione familiare, girovagai in auto senza metà per un po’, prima di fermarmi in un parcheggio. Li presi il telefono e trovai uno psicologo fuori città pronto a ricevermi nel primo pomeriggio.
Riuscii a chiudere gli occhi in macchina e dormire un paio d’ore.

Entrai nella sala d’aspetto, elegante ma anonima.
Mentre aspettavo ripensai alla sera prima, al corpo giovane, caldo e sensuale di Martina sotto di me, le sensazioni che avevo provato e che provavo anche in quel momento.
Adesso entro e che dico a questo, pensavo.
Non ce la feci. Mi alzai e fuggii.

Il secondo giorno feci più o meno le stesse cose. Andai fuori città ed entrai in una chiesa. Non sono credente, ma pensai che parlarne con qualcuno mi avrebbe fatto bene. Anche questa volta non ci riuscii.
Come potevo raccontare a qualcuno quello che avevo fatto? Nessuno mi avrebbe capito, figuriamoci un sacerdote.

Alla sera tornai a casa. Almeno in questi due giorni ero riuscito a stare lontano da Martina, anche se pensavo a lei continuamente.
Una volta a letto Sara si decise a parlarmi.
- Tutto bene tesoro? – mi disse avvicinandosi, mettendo la sua testa sul mio petto.
Erano tre sere che non la toccavo, ed era un fatto abbastanza raro per noi.
La strinsi, accarezzandole i capelli.
- Sì, scusami ma… il lavoro… sono stanchissimo in questi giorni… -
- Vuoi parlarne? –
- Grazie amore, ma non c’è nulla da parlare…voglio dormire…domani andrà meglio…scusami ancora amore–
Ci scambiammo un rapido bacio.
Sara dopo poco prese sonno, mentre io guardavo il soffitto.
Ad un tratto sentii Martina rientrare.
Complice la fine della scuola usciva praticamente tutte le sere con le amiche.
Chissà che combinava, pensavo. L’abbraccio con Ammina mi era parso strano e complice.
Le immaginavo nude a letto a scambiarsi baci e carezze, e non ci volle molto perché mi eccitassi.
Usando tutta la mia forza di volontà riuscii a mettermi a dormire, trattenendomi dall’andare in camera di mia figlia e combinare un casino.

La mattina dopo tornai al lavoro.
Era metà mattina, ero alla scrivania quando mi vibrò il cellulare. Era un messaggio WhatsApp di Martina, pieno di faccine come sua abitudine. A volte mi ci voleva un po’ a decifrare i suoi messaggi, proprio perché erano infarciti di emoji.
- Papi tutto bene? –
Tentennai un po’ prima di rispondere.
- Sì. È successo qualcosa? Stai bene – scrissi.
- No papi. In questi giorni mi hai evitata, sei arrabbiato con me? –
- Ma no tesoro, non sarò mai arrabbiato con te. Sono arrabbiato con me… -
Non rispose per un paio di minuti, poi lo smartphone vibrò nuovamente.
- Ieri sono andata con Ammi al centro commerciale e ho comprato il costume da bagno. Vuoi vederlo? –
Evidentemente non aveva colto quello che le avevo scritto, il fatto che fossi arrabbiato con me stesso, oppure aveva deciso scientemente di ignorare le mie parole.
Stavo ancora pensando a cosa rispondere quando mi arrivò una foto da Martina.
Indossava un bikini rosa, la parte sopra era a triangoli, la parte sotto aveva dei laccetti ai fianchi. Era davanti allo specchio dell’armadio della sua camera. Era bellissima, mi tolse il respiro.
Subito arrivò un’altra foto, corredata da una didascalia con la faccina che strizzava l’occhio.
Martina era girata di schiena, il tanga metteva in mostra il suo sederino tondo e abbronzato.
- Come sto? – scrisse subito, aggiungendo faccine sorridenti.
- Lo sai che sei bellissima sempre –
Rispose con altre faccine sorridenti.
Poi mi arrivò un’altra foto.
Martina a fianco di Ammina, tutte due in costume. La sua amica indossava un bikini giallo a fascia.
Subito un’altra foto mi mostrò le due ragazze girate di schiena e sorridenti. Guardavo quei due sederi. Quello di Ammina era più grande e pieno, me li mangiavo con gli occhi.
- Sei li con la tua amica?- scrissi.
- No papi, le abbiamo fatte ieri pomeriggio le foto. Mangi con me? –
Avevo un’erezione che minacciava di forarmi i pantaloni. Se per qualche motivo fossi stato costretto ad alzarmi, nell’ufficio tutti avrebbero visto.
- Non credo. Ci vediamo stasera. –
- Ok papi. – e ancora una sfilza di faccine con baci e di cuoricini.
Non riuscivo a tornare a concentrarmi sul lavoro. La mia collega davanti a me ogni tanto mi lanciava delle occhiate. Continuavo a guardare quelle foto. Quei corpi. Una accanto all’altra.
Riuscii miracolosamente ad arrivare alle 12 e uscii di corsa.

Arrivai a casa.
Martina stava rientrando dal terrazzo. Indossava una maglietta bianca, dei pantaloncini rosa ed era scalza. Quel giorno aveva lo smalto rosso, mani e piedini.
- Papi! Avevi detto che non tornavi… -
Mi avvicinai a lei, la presi letteralmente in braccio e la portai in cucina, facendola sedere sul tavolo.
Martina rideva divertita.
- Papi…che fai…? –
Con un gesto rapido e deciso le abbassai e le tolsi i pantaloncini e il perizoma nero.
Mi inginocchiai, le allargai le gambe. Presi a baciarla l’interno coscia. La sentivo sospirare. Il profumo della sua patatina, liscia e lucida era la mia bussola, la mia stella polare. A piccoli baci arrivai li, iniziai a leccarla, a succhiare e tormentare il clitoride, ad inserire la mia lingua dentro di lei.
Sentivo le mani di Martina sulla mia testa, i suoi sospiri e i suoi gemiti, mentre il suo miele sgorgava sempre più impetuoso, inondandomi la bocca e la lingua.
Mi rialzai, mi tolsi in fretta le scarpe gettandole via e poi mi abbassai in fretta e furia i pantaloni e i boxer, sotto lo sguardo divertito e compiaciuto di Martina che nel frattempo si era tolta la maglietta e, come al solito sotto non aveva il reggiseno, ed era rimasta perciò nuda.
Mi sbottonò veloce la camicia mentre le stuzzicavo i capezzoli, duri e dritti.
Tolta la camicia mi insinuai tra le sue cosce, puntando il mio pene davanti alla sua patatina ed entrai in lei.
- Ahhhhummmmm – mormorò Martina. - Allora non sei arrabbiato con me… papi – disse guardandomi dritto negli occhi.
La spinsi con la schiena sul tavolo, mi portai i piedini alla bocca e iniziai a muovermi dentro di lei.
Li succhiavo come se da quelle dita fosse sgorgato l’unico nutrimento che mi potesse tenere in vita.
Martina si agitava, io mi muovevo e mi godevo quell’avanti e indietro.
Misi le mie mani a coppa sul sederino, lo tastai e poi, senza uscire da lei la presi in braccio, li in piedi. La muovevo su e giù sul mio pene.
Iniziò ad urlare.
- Ahhhhh oh sììììììììì aaaahhhhhh –
Ero fuori di me, non mi ero mai sentito così. Era un sesso animale e sfrenato. Continuavo a muoverla, sentivo le sue cosce strette attorno ai miei fianchi e i piedini contro il mio sedere.
La misi a terra e lei si precipitò subito, in ginocchio a baciare, leccare e succhiare la mia asta dura.
I brividi si susseguivano nella colonna vertebrale della mia schiena. Ma avevo bisogno di altro.
La feci rialzare, quasi la scaraventai sul tavolo. La feci piegare a novanta gradi, mi inginocchiai e iniziai a mordere e baciare quel suo sedere perfetto. Le dita della mia mano destra accarezzavano la micina sempre più bagnata.
Martina ansimava e gemeva forte.
- Ohhh papiiiii mi fai impazzire mmmmmm –
Le accarezzai dolcemente la schiena con la mano sinistra, e poi dopo averle divaricato le natiche iniziai a leccarle il buchino piccolo.
Per un attimo perse la sua sfrontatezza e sicurezza, la sentii titubare.
- Uh…papi? Uhmm… -
Fu solo un attimo. In fretta imparò ad apprezzare quella che per lei, seppi in seguito, era una novità.
- Oddioooo sìììì – urlò dopo qualche secondo.
Mi sollevai e ritornai dentro di lei. Mi muovevo, una mano sul suo fianco e una sulla testa che le spinse il viso a contatto con il tavolo.
I nostri respiri erano sempre più pesanti.
Sotto i miei colpi il tavolo avanzava ogni volta di qualche centimetro.
Le schiaffeggiai il culo.
- Ahiiiii mmmmmm –
Un altro schiaffo, sciaffff.
- Cosa fate tu e Ammina? Qui in casa…dimmelo… - mugolai.
- Uhmmm…ti …sono piaciute… le foto…eh? Mmmmm – mi rispose.
Le diedi un altro schiaffo sul sedere.
- Che porcellino sei papi…mmmmmmm – esclamò.
- Dimmelo…cosa fate...dimmelo… - ripetevo, mentre continuavo a scoparla.
- Ohhh mmmmm niente papi… - rispose voluttuosa.
La sentii irrigidirsi, mi fermai di colpo, mentre Martina muovendo veloce il bacino verso il mio pene raggiunse l’orgasmo.
- Uhmmmmmmmmmmmmmmmmmmmmm – esalò sfinita e appagata.
La lasciai respirare un attimo, accarezzandole la schiena e baciandola sul collo e poi ripresi. Avevo urgente bisogno di godere.
La presi per le spalle. Mi muovevo come un forsennato. Martina aveva ripreso ad urlare.
Sentii che stavo per venire.
Uscii da lei, volevo vedere quella pelle dorata cosparsa del mio piacere.
Schizzai sulla sua schiena, sul sedere urlando.
- Ahhhhhhhhhhhhhh cazzoooooo sììììììììì –
Ero sfinito.
- Mamma mia Marti… -
- Papiii mmm – mugolava ancora lei.
Ci stavamo godendo l’orgasmo, i nostri respiri affannosi cominciavano a calmarsi, eravamo fradici di sudore tanto che ci appiccicavamo.
- Sei stupenda tesoro… -
- Eri scatenato papi… - si mise a ridere, sempre restando in quella posizione.
Stavo passando dolcemente il mio uccello sul suo sedere, accarezzavo quelle due perfette rotondità spargendo le ultime stille del mio piacere, quando…si aprì la porta, proprio di fronte a noi.

Era Sara.
Era mia moglie.
Era sua madre.
La borsa le cadde in terra.
Iniziò ad urlare.
Martina sgattaiolò da sotto a me, io ero impietrito, mi sembrava di precipitare da un palazzo di 100 piani, in pochi istanti ero caduto dal paradiso all’inferno.
- Mamma no…lasciami spiegare…è colpa mia!!! – urlava a sua volte Martina, nuda, cercando di fermare sua madre.
Mi si avventò addosso, una scarica di schiaffi e pugni che presi senza muovermi o reagire, li, in piedi, completamente nudo.
- Sei un maiale! Porco! Ti rovino! Ti denuncio pervertito! – gridava Sara schiumando tutta la sua, giusta rabbia.
Martina in ginocchio piangeva e la pregava di smettere.
Vi risparmio altri dettagli, potete immaginare benissimo.
Urla, pianti, insulti e minacce andarono avanti a lungo.
Come un automa mi rivestii e uscii di casa.
Avevo distrutto la mia famiglia. Avevo distrutto una donna, mia moglie. E forse avevo distrutto una giovane ragazza, mia figlia.
Di me francamente non mi importava, la mia vita era finita, ero colpevole, non avevo giustificazioni.

Da tre giorni vivo in questa camera di albergo.
Martina continua a chiamarmi e lasciarmi messaggi.
Le ho risposto di non preoccuparsi per me, le ho chiesto scusa per tutto e l’ho pregata di non chiamarmi per qualche giorno.
Ho preso una settimana di permesso dal lavoro e la notte non riesco a dormire, così, per passare il tempo e sfogarmi ho deciso di scrivere la mia storia e condividerla con voi.

Non so cosa mi riserverà il futuro e se ho ancora un futuro.
Se ci saranno novità sarete i primi a conoscerle.


Fine prima parte.
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