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Gay & Bisex

educazione al cazzo 3


di pinghe69
24.10.2012    |    8.946    |    0 8.5
"“Da piccolo – incominciò il suo racconto - io ero il cocco di mia madre, mia sorella la passione di mio padre, ma mentre mia madre non riusciva a dare..."
Eravamo sdraiati sul divano a rilassarci, guardavo quella stanza che era diventata il nostro nido d’amore, lo sguardo si soffermò su una foto che era su un tavolinetto vicino a dove eravamo sdraiati. Era chiaramente la foto di una famiglia, al centro un uomo dal fisico possente abbigliato con calzoni e giacca di velluto, sotto una camicia in parte sbottonata accanto una donna minuta vestita con una mise larga che nascondeva ogni possibile forma. Ai lati dei due una ragazza e un ragazzo, quest’ultimo era chiaramente Fabio da giovane.
Mi girai verso di lui
“Quella è la foto della tua famiglia” gli dissi indicandola. Fabio forse pensando ad altro, senza parlare con un gesto della testa confermò la mia supposizione.
“Fabio in quella foto oltre ai tuoi genitori c’è anche una ragazza che ritengo essere tua sorella di cui non mi hai mai parlato. Questo vuole dire che il lungo racconto che mi hai fatto ieri della tua vita giovanile è stato lacunoso o meglio mi hai raccontato un cumulo di cazzate. Non mi sembra il tuo comportamento nel raccontarmi né leale né intelligente, potevi non dirmi nulla, era meglio”.
La mia voce era chiaramente alterata, Fabio come se si fosse svegliato dal torpore in cui si trovava, mi guardò con uno sguardo stralunato e subito cercò di giustificarsi, ma le sue parole farfugliate mostrarono solo il profondo disagio in cui si trovava di fronte alla mia costatazione. Non trovò nulla di meglio che mettersi a piangere. Questa volta non cercai di consolarlo, ero incazzato nero, avevo scritto un racconto sulla sua vita e mi accorgevo di avere riportato solo le frottole che mi aveva raccontato. La prima tentazione fu di alzarmi e andarmene, poi però prevalse la curiosità di conoscere la nuova versione della sua vita, in silenzio aspettai che finisse di versare lacrime.
L’attesa fu lunga ma alla fine Fabio si sciolse e incominciò a dirmi la nuova versione di una giovinezza sicuramente tormentata.
“ E’ tanta la vergogna, che trovo difficile raccontare le mie vere esperienze giovanili”.
Lo fermai “ puoi parlare liberamente perché io non sono qui per giudicarti ma solo, se lo vuoi, di ascoltarti”
Sembrò rasserenato, d’altra parte eravamo stesi su un divano uno accanto all’altro nudi e spossati, ci eravamo dati a più riprese, durante tutto il pomeriggio, reciproco piacere . Si alzò prese da sopra un mobile una bottiglia di grappa ne versò una bella porzione in un bicchiere e venne di nuovo accanto a me. Ne bevve un lungo sorso poi mi porse il bicchiere che centellinandolo lentamente svuotai .
“Da piccolo – incominciò il suo racconto - io ero il cocco di mia madre, mia sorella la passione di mio padre, ma mentre mia madre non riusciva a dare fisicità a questo rapporto, fra mio padre e mia sorella era un continuo scambio di tenerezze. Fino all’età di quindici anni praticamente non ho conosciuto il sesso, nello stesso tempo mia sorella che aveva due anni più di me era alla continua ricerca del piacere.
Mia madre che pensava solo alla religione, vedeva il sesso come lo strumento del diavolo. Io se a parole dicevo di condividere questa sua opinione, ero sempre più attratto per la vita libera di mia sorella e di mio padre che coinvolgendomi diventarono i riferimenti per la mia scoperta del sesso.
Ti racconterò alcuni episodi che sconvolsero la mia vita, e mi fecero scoprire il sesso. Incominciavo ad essere turbato dal comportamento di mia sorella che senza nessun pudore, infischiandosene degli anatemi di mia madre, spesso girava per casa con la solo biancheria intima, lo ero ancora di più quando con fare gioioso mi abbracciava e io ero costretto a sentire le morbidezze del suo corpo. Rimasi sconvolto quando per la prima volta mi accorsi che il mio cazzo, fino ad allora strumento solo per pisciare, si irrigidiva a fronte delle effusioni che sempre più spesso mia sorella mi dedicava.
A proposito mia sorella si chiama Patrizia, e in famiglia Pat. Quella notte Pat entrò in camera mia, non era mai successo una simile intrusione notturna, mi svegliò e facendomi cenno di tacere, mi disse sottovoce:
“Vieni a vedere ”.
Noi dormivamo in due stanze attigue al primo piano, ma la decisione dei miei genitori di dormire in camere separate mi aveva costretto in una camera al piano superiore. Pat mi prese per mano, portandomi in fondo al corridoio davanti all’uscio leggermente aperto della camera da letto della nostra governate. Il corridoio era immerso nel buio più completo, mentre da quella camera filtrava la luce di una abat-jour rimasta accesa. Io ero in mutande, mia sorella aveva una camicia da notte che le lasciava scoperte quasi tutte le cosce e metteva in evidenza i capezzoli che spingevano contro un tessuto lievemente trasparente. Sotto era completamente nuda . Lo spettacolo che si presentò ai miei occhi era indubbiamente eccitante. Mio padre e la governante erano nudi al centro della stanza. Mio padre in piedi, la governante in ginocchio davanti a lui. Di mio padre mi colpì il sesso imponente e svettante davanti al viso di quella donna non più giovane. La governante aveva una quarantina di anni, il fisico appesantito, un culo largo i seni che scendevano ma erano ancora pieni e burrosi con due scuri capezzoli al centro. Era la prima volta che vedevo due corpi nudi, il mio cazzo si svegliò e premeva in maniera vergognosa contro l’elastico delle mie mutande.
La governante non tardò a fare sparire nella sua bocca il cazzone di mio padre che dimostrò da subito di apprezzare quel servizio. Il mio genitore teneva una sua mano sulla nuca della donna come per dare il tempo alle sue lappate. Poi si spostarono verso il letto, mio padre si sedette sulla sponda, lei si accucciò fra le sue gambe. Questa volta il cazzo era massaggiato da quelle pocce morbide e la cappella quando spuntava da quella carne tremula trovava una lingua golosa che la succhiava. Mi colpì la diversità del colore del sesso paterno che era scuro rispetto al biancore del seno della governante. Ero stupito dalla lunghezza di quella prestazione, ma lo spettacolo non era finito. Mio padre le bisbigliò qualcosa all’orecchio. La donna si alzò e montata sul letto si mise accucciata con il grande culo in primo piano. Vidi il genitore alzarsi e mettersi dietro a alla donna, si mise della saliva sulla mano, la spalmò velocemente su quell’ano offerto e senza titubanze in un colpo solo la penetrò. Ora la pompava quasi con rabbia, mentre le stringeva i neri capezzoli.
. Pat, era davanti a me appoggiata allo stipite, guardava rapita la scena, nel buio, senza girarsi cercò la mia mano, mi attirò a se, sentivo contro il mio basso ventre muoversi il suo culetto sodo, senza pudore, portò la mia mano sul suo inguine, la sua richiesta, anche se muta, doveva essere chiara, non lo era però per uno imbranato come me che tenne la sua mano ferma su quel morbido pelo. La sua intanto cercò di infilarsi sotto le mie mutande per artigliarmi il cazzo e masturbarmi.
Di fronte al fatto che ero rimasto impalato, con fare deciso, mi bisbigliò all’orecchio:
“dai, datti da fare fannullone, voglio godere”.
La mia mano incominciò a muoversi sulla sua fica, era la prima volta, che masturbavo ed ero masturbato. La scena davanti ai nostri occhi lentamente si evolveva. Mio padre prese ritmicamente a infilare in sequenza il suo cazzo nel culo e poi nella fica di quella donna che con continui mugolii dimostrava di gradire. Noi eravamo presi dalla visione di quel grosso cazzo che entrava e usciva da quegli spacchi sbrodolanti. Eccitato come ero non fui capace di resistere ai massaggi di Pat, così dopo poco fui travolto da un orgasmo che imbrattò la sua mano e la sua camicia da notte .
Stordito da quanto mi succedeva, smisi di accarezzarle la sua fica; lei mi sibilò di nuovo nell’orecchio:
“ stronzo non fermarti, voglio godere anch’io ”.
Rimasi mortificato. Le gambe mi tremavano, di colpo la tensione erotica era crollata, avrei voluto scappare. Questo però non era possibile perché Pat continuava a stringere in mano il mio cazzo in ritirata.
Quella fu la prima di tante notti passate a spiare le prestazioni sessuali di mio padre con la governante. Avevo imparato a resistere di più ai massaggi di Pat e avevo imparato ad apprezzare le mie dita che sguazzavano in quella fichetta sbrodolona. Però la mia attenzione si concentrò sempre più sul cazzo di mio padre, avrei voluto prenderlo in mano lo avrei voluto dentro di me. Quando pensavo queste cose mi masturbavo furiosamente.
Ormai mia sorella per me e io per lei eravamo sempre più presi dal gioco sessuale. Avevo imparato a leccargli la fica e lei mi faceva degli splendidi pompini. Quando però cercai di penetrarla nella fica si oppose, voleva restare vergine, mi offrì in cambio di metterglielo nel suo culetto sodo.
Il nostro menage non fu mai scoperto da mia madre che aveva altri pensieri per la testa e molto probabilmente non riusciva nemmeno a pensare che esistesse quella ginnastica sessuale. Non passò inosservato, invece, agli occhi di mio padre il nostro affiatamento, incominciò a controllarci finché un giorno ci sorprese mentre sul mio letto eravamo intenti ad un godurioso sessantanove.
Io in particolare, mi ero terrorizzato alla vista di mio padre, avrei voluto spiegare, non so che cosa, dalla bocca mi uscivano parole smozzicate e senza senso, più calma era rimasta Pat che guardava il genitore con sguardo di sfida. Con mio grande stupore, mio padre non si scompose di fronte a allo spettacolo che offrivamo, non fece scenate, con voce calma e con un ghigno sorridente ci comunicò soltanto che anche lui voleva partecipare ai nostri sollazzi. Ero imbarazzato per quella proposta, mia sorella invece era al settimo cielo dalla felicità, finalmente non doveva più accontentarsi di quel pivello imbranato di suo fratello ma poteva godere dell’esperienza e della libidine di suo padre”
“ E’ con lui che hai scoperto il cazzo” gli domandai interrompendolo.
“E’ proprio così, quando non poteva usufruire della fica di Pat per le mestruazioni, voleva che fosse la mia bocca a sollazzare il suo inesauribile cazzo. Verso Pat aveva uno strano rapporto. Impazziva a sfondarle la fica ma non voleva che gli prendesse il cazzo in bocca, diceva “quello lo fanno le puttane”.
La prima volta che mi chiese esplicitamente di leccargli il cazzone, e lo fece con un tono che non permetteva repliche, cercai di protestare anche se, invece, ne avevo voglia più di lui.
Con ipocrisia mostrai di cedere solo alle sue velate minacce. Questo atteggiamento si sciolse appena ebbi la sua cappella fra le mie labbra. Lo spompinai a dovere, mi sborrò in bocca, mia sorella presente alla scena si precipitò a baciarmi per potere ricevere una parte della sborra paterna.
Si era creato in famiglia un triangolo estremamente affiatato mentre mia madre sempre più si interessava solo di chiesa.
Avevo vent’anni quando all’improvviso mio padre morì. Sia io che mia sorella cademmo in depressione e imparammo ad odiare mia madre che ci ripeteva in continuazione è stato il castigo del cielo.
Mia sorella andò a lavorare in un’altra città dove sedusse il suo datore di lavoro, vedovo da alcuni anni e dopo pochi mesi lo sposò. Col matrimonio non aveva più bisogno di lavorare, aiutava il marito nelle pubbliche relazioni che consistevano in pranzi e ricevimenti e qualche volta nella possibilità di assaggiare qualche cazzo giovane. Dopo tre anni di matrimonio restò vedova, la sua sete sessuale aveva spompato il marito.
Nel frattempo io ero precipitato nella più nera depressione tormentato dalle continue prediche di mia madre, mi ero riavvicinato alla religione, anche se con le lacrime agli occhi ripensavo spesso ai giorni di passione che avevo vissuto con mio padre e mia sorella. Fu in quello stato d’animo depresso che accettai di sposare la figlia di una cara amica di mia madre. Chi aveva mangiato piatti succulenti, ora doveva accontentarsi di un brodino sciapo. Mia moglie viveva i dovere coniugale al buio, sempre con una camicia da notte di cotone, non accettava che mi togliessi il pigiama, lei stava supina immobile aspettando che scaricassi i miei coglioni per poi andarsi a lavare e tornata nel letto, girarsi dall’altra parte e dormire.
Ero ormai rassegnato, a smuovere la situazione fu di nuovo mia sorella ormai ricca vedova. Le sue prime apparizioni mi riempirono il cuore di gioia ma trovarono mia moglie ostile. Non poteva sopportare la sua disinvoltura. Rimasi sorpreso quindi quando notai un cambiamento nei loro rapporti, erano diventate grandi amiche, mia moglie aveva smesso di vestirsi in maniera triste e anche a letto mostrava una maggiore partecipazione.
Un giorno capii le ragioni di quel cambiamento, tornando a casa perché non mi sentivo bene, sentii dei lamenti venire dalla nostra camera da letto, mi avvicinai circospetto e dalla porta semi aperta vidi una scena saffica interpreti mia moglie e mia sorella. Le due donne erano avvinghiate la testa sulla fica dell’altra e allegramente si leccavano a gogò.
A quella vista il cazzo si era violentemente svegliato. La prima tentazione fu di restare a guardare e masturbarmi, lo richiedeva il cazzo era diventato duro per l’eccitazione.
Poi però mi vennero alla mente tutte le privazioni a cui quella stronza di mia moglie mi aveva costretto. Spinto dalla rabbia feci la scelta più infelice che potessi fare: entrai come una furia nella camera insultandole e ponendo a mia moglie la necessità di fare una precisa scelta: o me o mia sorella.
Questa uscita forse turbò mia moglie, non certo mia sorella che: “sei rimasto lo scemo che eri da ragazzo” mi disse mentre nuda si avviava verso il bagno.
Ancora più incazzato guardai mia moglie nuda il volto arrossato gli occhi stralunati, i peli della fica che brillavano per i tanti umori che il piacere gli aveva dato, invece di cogliere l’occasione per godere una donna finalmente troia come l’avevo sempre sognata, non trovai di meglio di ripetergli l’aut aut: se voleva stare con me doveva rompere i rapporti con Pat. Da quel giorno sono rimasto senza moglie.
Sono venuto ad abitare in questa cittadina di mare, non ho più cercato rapporti stabili, per lo più, quando i coglioni scoppiavano, sono andato a puttane. Spesso ripensando al cazzone di mio padre al piacere che avevo provato spompinandolo, ho desiderato di crearmi un rapporto gay ma mi è mancato sempre il coraggio di dare sostanza a questo desiderio. Poi sei arrivato tu.”
Fabio tacque, io lo presi teneramente fra braccia. Riflettevo su questa nuova versione della sua storia, mi sembrava più credibile di quella che mi aveva dato il giorno prima, che io avevo bevuto come fosse oro colato. Sia nell’una che nell’altra versione che mi aveva dato sulla sua vita, risultava chiaramente come lui si fosse sempre mosso solo a rimorchio di qualche figura con più personalità. Aveva subito la madre sebbene non avesse una vera vocazione religiosa, era stato il giocattolo sessuale di sua sorella, forse solo quando aveva il cazzone del padre in bocca faceva una cosa che pienamente desiderava.
E’ difficile se non impossibile che uno si comporti da coraggioso se coraggio non ha. L’unica maniera di farlo uscire dalle sue contraddizioni era esercitare una azione coercitiva che lo costringesse a ritrovare se stesso, cioè la sua vera natura.
Dovevo dare una sterzata al nostro rapporto che si stava avviando.
Smisi di abbracciarlo, mi alzai mi andai a sedere su una sedia lasciandolo solo sul divano.
“E’ forte la tentazione di continuare, in un tran tran per ora piacevole, il nostro rapporto. Una scelta simile sarebbe di comodo, prima o poi ci si stancherebbe l’uno dell’altro schiacciati dalla monotonia delle abitudini. Occorre immettere nel nostro rapporto fantasia e soprattutto dargli un significato che non sia la reciproca svuotatura dei coglioni. Ho pensato di diventare il maestro severo che ti spinga a cercare la tua vera natura, che ti insegni a non essere prigioniero delle convenzioni. Se accetti questa mia proposta dovrai sottometterti a tutte le mie decisioni, dovrai fare la scoperta del piacere anche attraverso il dolore, dovrai portare in primo piano la tua parte femminile che hai per troppo tempo tarpato. Quando avrai il coraggio di essere te stesso quando saprai accettare la tua natura, solo allora sarai finalmente guarito”. Gli avevo fatto questo discorso con enfasi, lo guardavo negli occhi, vi leggevo smarrimento insicurezza, cercò di venirmi vicino, lo respinsi dicendogli: “ non hai bisogno di coccole ma di severità per ritrovare te stesso.”
Prese a girare per la stanza senza riuscire a parlare, io lo guardavo, mi venne la tentazione di tendergli una mano per rassicuralo, non lo feci perché avrebbe falsato sino dall’inizio la proposta che gli avevo fatto.
Finalmente riuscì a spiccicare alcune parole: “ vuoi educarmi al cazzo?” Gli feci cenno di si.
(continua)
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