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Nato per servire 2


di Alecs27
08.11.2024    |    64    |    1 8.7
"A fatica deglutivo quel liquido ambra che era il nettare del mio Dio..."

Stefano mi lasciò lì ancora nel piatto doccia, il suo sapore ancora in bocca, lo vidi uscire dal bagno e lo sentì trafficare nelle altre stanze. Avevo paura ad uscire o forse aspettavo un suo ordine.
«Vieni subito qui» eccolo qui la spinta che mi serviva ad uscire da lì. Mi diressi verso la sua voce quando entrai nella sua stanza quelli che vidi mi fece rimanere sbalordito. Ai piedi del suo letto aveva adagiato una cuccia per cani con su una vecchia coperta.
«Da adesso è qui che tu dormirai» mi disse alle mie spalle «ti trasformerai nel nostro cagnolino fidato e fedele» quella parola nostro mi fece tremare, ma non sapevo se fosse per paura o per eccitazione «prendi il tuo telefono» quell’ordine mi parve un po’ strano, ma in silenzio presi il mio telefono. Notai subito una notifica nel gruppo della nostra casa, con mani tremanti apri il messaggio.
Quello che mi vidi davanti era davvero umiliante ma allo stesso tempo eccitante.
Era una mia foto, mi ritraeva nudo in ginocchio con i piedi del mio Dio di fronte alla mia faccia e il mio cazzo chiuso nella mia nuova gabbietta. Sotto la foto un messaggio scritto da Stefano
“Ragazzi ecco a voi il nostro nuovo schiavo”
Quelle semplici parole mi avevano umiliato, non so cosa avvenne dentro di me, ma istintivamente mi girai verso Stefano mi inginocchiai e iniziai a baciare i suoi piedi.
Pensavo che cercavo una casa ma la verità era un altra non avevo trovato una casa avevo trovato il mio mondo. Stefano aveva capito fin dall’inizio che io ero questo un cagnolino in cerca di padroni e li avevo trovati.
Stefano mi lascio venerarlo e iniziai a ringraziarlo per avermi fatto capire chi ero in così poco tempo.

«Bene, ora che abbiamo chiarito il tutto d’ora in avanti in casa starai nudo» disse, era già nudo da quando mi aveva messo la gabbietta. La mia nuova condizione non mi dispiaceva affatto. In un paio di ore avevo già fatto passi da gigante.
«Il tuo compito non sarà solo fare le faccende di casa, ma dovrai occuparti anche di noi.» il suo sguardo era penetrante «anche sessualmente» concluse. E nel mentre pronunciava queste parole si sbottonò i pantaloni e uscì il suo meraviglioso cazzo, lungo, grosso e venoso come piaceva a me. Mi si avvicinò alla mia bocca e io in trance l’aprì istintivamente accogliendolo e iniziando a succhiarglielo.
In bocca percepivo il gusto della sua pipì fresca che avevo bevuto come se fosse acqua e questo mi diede la forza di metterci più impegno in quello che stavo facendo. Stavo dando piacere al mio padrone, e in me cresceva qualcosa, il mio inutile cazzo cercava di spingere via la gabbietta ma quella era più resistente. Più cercava di crescere più io mi eccitavo.
Non so quanto sia passata da quando ho iniziato a succhiare il cazzo del mio padrone, ma ci fu un momento in cui mi sentì la bocca piena del suo seme dolce e colloso ma buono. Ingoiai tutto ripulì il suo cazzo e mi chinai a baciargli i piedi.
Ormai avevo preso consapevolezza del mio posto e mi andava pure bene stare ai suoi piedi.

Stefano mi buttò fuori dalla stanza si mise a letto e iniziò a riposare. Nel mentre io mi accusavo della casa. Iniziai a pulire la cucina e nello stesso momento che finì di lavare il tavolo il mio telefono squillò. Lo presi e trovai un messaggio di Giuseppe “Schiavo mantieni la mia stanza pulita” era un semplice messaggio ma in quel testo potevo percepire l’autorità di Giuseppe. Il mio cazzo ebbe un fremito nella gabbietta. Era un segno della mia sottomissione a loro. Non persi tempo e mi diressi nella stanza di Giuseppe non era tanto in disordine ma mi misi all’opera come mi era stato ordinato. Non mi ci volle molto per finire così decisi di dedicarmi anche alla stanza di Marco.
Stavo in ginocchio a sistemare le scarpe di padron Marco quando alle mie spalle si avvicinò padron Stefano «bravo lo schiavo che ci tiene ai suoi padroni» sussultai dallo spavento alzai lo sguardo e mi ritrovai il padrone Stefano con solo le mutande «apri la bocca» semplice ma diretto. Aprì la bocca lui ci infilò il suo cazzo che era leggermente barzotto e iniziò a pisciarmi in bocca. A fatica deglutivo quel liquido ambra che era il nettare del mio Dio. Una volta che ebbe finito di pisciare scrollò le ultime goccia direttamente sulla mia lingua e mi lascio lì nella stanza di padron Marco a finire il mio lavoro.
Era questo che mi aspettava in futuro, dovevo stare ai loro ordini e bere il loro piscio e la loro sborra. Ma a me andava bene non desideravo altro.
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