Gay & Bisex
Nato per servire 1

05.11.2024 |
140 |
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"Mi diede l’indirizzo e mi disse di venire il giorno dopo a vedere la casa..."
Anni fa, ero alla ricerca di una stanza in un appartamento per poter iniziare la mia vita da indipendente. Perciò, tra mille ricerche in tutti i siti possibili, finalmente ricevetti risposta da un ragazzo di nome Stefano, che mi spiegò che l’appartamento conteneva quattro stanze, di cui già tre erano prese da altri due ragazzi, più lui. Mi diede l’indirizzo e mi disse di venire il giorno dopo a vedere la casa. Preso dall’eccitazione, risposi subito accettando l’invito per il giorno dopo.Il giorno dopo, mi recai all’indirizzo, suonai il citofono e la voce che rispose al mio richiamo fu profonda e sexy, quasi autoritaria. Stefano mi fece salire; una volta alla porta, mi ritrovai di fronte a questo ragazzo di 28 anni, bello come il sole, con un fisico non molto muscoloso, vestito con una maglietta a maniche corte nera e sotto solo un paio di boxer attillati sempre neri. Notai subito la grandezza del pacco; sembrava mostruoso.
«Vieni, entra» disse, e dal suo tono si percepiva come se fosse un ordine. «Scusa se sono in mutande, ma ti ci farei l’abitudine; starò così per tutto il tempo che sarò a casa» disse, scusandosi a metà.
«Tranquillo, non è un problema» risposi. Stefano non era di molte parole; mi fece segno di seguirlo e mi portò a vedere la stanza.
«Ecco qui, è dove dormirai» disse aprendo la porta della stanza. Non era grande, ma era accettabile. «Se ti va bene, ti posso presentare gli altri domani; vieni per un caffè e facciamo quattro chiacchiere» continuò. La mia mente e i miei occhi erano altrove, puntati sul suo pacco. Credo che se ne accorse e fece un gesto del tutto disinvolto; si portò la mano sul pacco e se lo sistemò. «Vieni, ti faccio vedere la cucina e il salone» mi fece girare e camminare nella direzione opposta. «Queste sono le nostre aree comuni; a turno puliamo e manteniamo sistemato» disse una volta in cucina. «Va bene» risposi.
«Siamo abbastanza tranquilli e amichevoli; cerchiamo altrettanto nel nuovo inquilino» disse. «Sì, non ti preoccupare, sono abbastanza tranquillo anch’io» dissi. «E poi, per le pulizie, io ho molto tempo libero, quindi se non doveste farcela a fare qualcosa, posso pensarci io» continuai, mentre ancora fissavo il suo pacco. Stefano tossì quasi per finta; il mio sguardo salì sul suo viso e, per un attimo, vidi un cenno di sorriso, quasi a voler dire che aveva capito che sessualmente mi attraeva. Concludemmo il discorso e me ne tornai a casa. Il giorno dopo tornai a conoscere Giuseppe e Marco; anche loro belli come il sole, sembravano scolpiti da angeli.
Da quel momento passò una settimana e iniziai a vivere con loro. Scoprì di avere subito un’affinità con Stefano e gli altri due. Finché un giorno non scoprii che era molto di più. Giuseppe e Marco erano fuori per qualche giorno e io e Stefano rimanemmo a casa.
Stefano era seduto sul divano mentre io facevo il mio turno di pulizie. Ogni tanto sentivo Stefano lamentarsi di dolori alla spalla. «Ste, se vuoi, posso farti un massaggio» gli proposi. Lui accettò, così presi un olio massaggiante e iniziai il mio operato. Io alle sue spalle a massaggiarlo e lui che continuava a guardare la TV come se io non fossi lì e lo stessi toccando. La situazione mi stava eccitando e non poco. Il poterlo toccare era un desiderio che avevo da quando l’ho visto. Chissà come è nudo, senza niente a coprirlo. Me lo ero sempre chiesto e immaginato.
I miei pensieri furono interrotti da una sua richiesta. «Ho anche un po’ male ai piedi; ti va di massaggiarli? Sei molto bravo» chiese. Come un automa, annuii e mi misi davanti a lui. Se mi fossi seduto, il massaggio mi sarebbe venuto male e sarei stato scomodo, quindi di istinto mi inginocchiai a terra, presi un suo piede, un 44 bellissimo, e iniziai il mio operato. Stefano sembrava gradire; infatti, dopo un po’, appoggiò l’altro piede su di me come se fossi un semplice poggiapiedi e continuava a ignorarmi e a guardare la TV. Io la maggior parte del tempo la passavo a fissare i suoi piedi e massaggiarli, quindi non prestavo attenzione se lui mi stesse guardando, ma percepivo che gradiva il mio lavoro.
Dopo un po’, mi accorsi che aveva spento la TV. Quando alzai lo sguardo, vidi che mi fissava con ancora i suoi piedi su di me. «Ti piace?» chiese. Lo guardai e non sapevo cosa rispondere, così abbassai lo sguardo ai suoi piedi. «Dai, su, rispondi, ti piace?» chiese ancora con un po’ di autorità. Io, ancora con lo sguardo basso, accennai un sì. «Bene, avevo capito che tipo eri subito da quando ti ho visto» disse, io ancora con lo sguardo basso. «Mi fa piacere sapere che avevi ragione» continuava a parlare. «Io ti ho accettato a venire a vivere qui perché ho capito fin da subito che hai la stoffa da schiavo; io e gli altri cerchiamo proprio questo»; il mio sguardo si posò sul suo viso, i suoi piedi ancora su di me. Avevo un po’ di paura, ma vedendo i suoi occhi, vedevo un desiderio che non riuscivo a percepire.
«Baciami i piedi» ordinò. Non sapevo che fare, ma avevo quel desiderio, quindi esitai. «Baciami i piedi» mi ordinò ancora; questa volta non persi tempo e mi abbassai a baciargli i piedi.
Gli avevo appena dato conferma che ero ciò che pensava, così, preso dalla sua autorità verso di me, alzò un piede e me lo mise sopra la testa, schiacciandomi contro il pavimento. «Bene, ora che abbiamo chiarito il tuo nuovo stato, è il momento di darti tutte le tue nuove regole» disse, non togliendo il piede dalla mia testa. «Allora, d’ora in poi sarai il nostro schiavo; dico nostro perché io, Giuseppe e Marco ti useremo e saremo i tuoi padroni. Vivrai secondo le nostre voglie e desideri» continuò. «Da adesso dormirai in una cuccia che metteremo in salotto, mangerai e berrai da una ciotola per cani. Pulirai e cucinerai per noi» disse.
Sentivo la pressione del piede farsi sempre più pesante. «Ti rivolgerai a noi chiamandoci padrone» disse. «Sì, padrone»; la mia voce uscì spontaneamente, non avevo neanche pensato alla risposta. «Bene, vedo che hai capito. Ti useremo anche sessualmente, sia singolarmente che tutti insieme» continuò a darmi le nuove condizioni della mia nuova vita. «Ora mettiti in ginocchio e aspettami, e guarda per terra»; vidi Stefano allontanarsi e andare in camera. Abbassai lo sguardo e aspettai il suo ritorno in ginocchio.
Quando tornò, mi ordinò di mettermi nudo, cosa che feci senza esitare, ancora con lo sguardo basso. Stefano si sedette sul divano nuovamente, ordinandomi di avvicinarmi a lui. Una volta che gli fui più vicino, credevo che mi chiedesse di mettermi in ginocchio; invece no. In una mano notai che teneva qualcosa; appena mi fu chiaro, seppi qual era il mio destino. Stefano mi stava mettendo una gabbietta di castità. «Ecco fatto, da adesso non potrai più toccarti a meno che nessuno di noi decida il contrario» disse, chiudendo il lucchetto. «Tranquillo, ognuno di noi ha una copia della chiave» continuò. Mi fece inginocchiare nuovamente e mi ordinò di leccargli i piedi. Io, preso coscienza ormai del mio status, non esitai e mi tuffai su quei piedi bellissimi. Percepivo che Stefano gradiva il mio lavoro e continuava a darmi direttive su come procedere. Penso che passai una bella mezz’ora a leccare i piedi.
«Padrone, ho la bocca asciutta» dissi con un filo di voce. Stefano non parlò, mi fece cenno di seguirlo e mi condusse al bagno. Mi fece mettere nel piatto doccia, mi ordinò di aprire la bocca e, nel mentre, lui si abbassò le mutande, scoprendo l’oggetto del mio desiderio da mesi. Anche se non era duro, era già un bell’arnese lungo e grosso; lo puntò alla mia bocca finché un getto di piscio caldo mi centrò la bocca aperta.
«Bevi tutto» mi ordinò. Con un po’ di fatica, riuscii a bere tutto; sembrava non finire mai. Ma quando finì, si avvicinò a me e mi ordinò di leccare le ultime gocce. Il sapore era buono, o era perché dentro di me stava crescendo il desiderio di lui. Di lui che si stava trasformando nel mio Dio
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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