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Gay & Bisex

Il nuovo compagno d’appartamento – 1^ parte


di RmNord
02.08.2024    |    13.199    |    14 9.7
"Ma dal giorno che mi si fissò nella mente una fantasia, volevo solo una cosa: vedergli prendere in bocca il mio cazzo..."
La coabitazione può essere spesso fastidiosa, ma anche molto eccitante...

Ho trovato questa storia su un vecchio sito americano (uno dei primi ad esistere di questo tipo) dove erano raccolte molte storie gay anche in lingue diverse. Ormai è cambiato molto, anche se storie in inglese (che sono circa il 90%, se non di più, del totale) le continuano ad aggiungere, ma quelle poche in greco, la mia lingua preferita, sono ferme a quasi vent’anni fa. Alcune scritte allora in caratteri greci sono oggi illeggibili per l’evoluzione dei browser; altre, tra le quali quella che segue, sono traslitterate in caratteri latini, come fanno talora i greci quando vivono all’estero. Con molta pazienza ho restituito il testo greco, corretto qualcosina e fatto qualche minimo cambiamento; ora lo traduco qui per voi in qualche puntata. A me il racconto è piaciuto molto e mi pare un peccato che resti disperso nel mare magnum di internet. Ho provato a contattare l’autore all’indirizzo di posta elettronica che aveva lasciato, ma non ho mai ricevuto riposta. Se questa prima puntata vi piace, vado avanti con la traduzione.

«Buongiorno, sono Manolis, il tuo nuovo compagno d’appartamento», mi sentii dire dal ragazzetto magro e relativamente basso che stava in piedi davanti alla mia porta di casa.
«Posso entrare a vedere la stanza?», mi chiese.
«Certo!», risposi amichevolmente. E fu in quell’esatto momento che capii come sarebbe andata a finire con lui.
Mentre mi passava davanti gli guardai il culo: un culetto piccolo, quasi inesistente ma sodo aveva attraversato il mio campo visivo ed era rimasto impresso nella mia memoria. Potevo anche non conoscere il suo cognome né da che regione venisse, ma il suo culetto era perfetto. E questo mi bastava.

Passò un anno e mezzo da quel giorno e di lui seppi il cognome, da dove veniva e molte altre cose che formavano l’immagine che mi ero fatto di lui. Un moccioso viziato, un montato del cavolo con cui non scambiavo più di una decina di parole al giorno. I nostri rapporti erano estremamente formali; ogni tanto facevamo due chiacchiere, stop. Ma dal giorno che mi si fissò nella mente una fantasia, volevo solo una cosa: vedergli prendere in bocca il mio cazzo.
A volte mi aveva portato fino a un punto tale di irritazione che quello che ogni tanto diciamo «mi t’inculo, stronzo!», era letteralmente quello che intendevo. Aveva un viso proprio da sborrata: pieno di segni lasciati dall’acne, rappresentava il bersaglio perfetto del risultato di una masturbazione o, perché no?, di un bocchino.

Con il passare dei giorni, qualsiasi cosa facesse mi innervosiva, con il risultato che il desiderio di scopare quel ragazzino non faceva che accrescersi. E dico “ragazzino” perché era quattro anni più piccolo di me. Quando si mise quegli occhiali con una leggera montatura nera, in particolare, la prima cosa che mi venne in mente fu il mio sperma che gocciolava sulle lenti per poi colargli sulle guance.
Mi ero masturbato infinite volte con in testa l’immagine del mio pisello nella sua bocca, ma quello che mi eccitava incredibilmente era pensare di giocare con il suo culetto. Quando si cambiava davanti a me, i miei occhi si appuntavano subito sul segno conteso che da sotto i suoi boxer appariva perfetto: volevo sentirlo urlare mentre il mio dito entrava nel suo buco.

Con Spiros, coinquilino anche lui, era tutta un’altra storia. Lo avevo conosciuto sin dal primo semestre, ma eravamo diventati amici stretti solo l’ultimo anno. Come entrò nella sfera delle mie fantasie sessuali non me lo ricordo, ma dovrebbe essere iniziato da quando mi resi conto che il suo culo era semplicemente perfetto. Ecco: da allora, quando non ero eccitato per Manolis, Spiros era la mia seconda scelta. E questo perché di continuo, mentre eravamo con gli amici, quando la conversazione portava sull’argomento ed erano presenti anche ragazze, ripeteva sempre, ridendo: «non so, diciannove ti dice qualcosa?», alludendo ovviamente alla grandezza del suo pisello. Da lì ebbe inizio la mia curiosità; mi dicevo «ma davvero ce l’ha lungo 19 centimetri e la mia bocca si perde una cosa del genere?». Dovevo assolutamente verificare se dicesse la verità.

Tra una cosa e l’altra il tempo passava e la mia fame di cazzo restava: prenderlo da Spiros o darlo a Manolis? Dopo aver deciso che era arrivato il momento di passare all’azione, ideai un piano per adescare il mio coinquilino preferito. Sapendo che i ragazzi di quest’età sono pieni di voglie e quando arriva il momento sono disposti a fare qualsiasi cosa, purché siano eccitati, ho escogitato il piano che vi illustro. Faccio il classico compagno d’appartamento e gli dico: «dobbiamo fare qualche cosa di più insieme, che cazzo di coinquilini siamo sennò, Manolis? Dobbiamo vederci insieme un bel film porno, perché tutti i ragazzi che abitano insieme lo fanno» o qualcosa del genere, che ne so? Non dirgli mai che qualcosa è di moda e lui non lo fa, e subito vorrà farlo a tutti i costi! E a quel punto gli descrivo l’esperienza di un mio amico che studia a Patrasso con il suo compagno d’appartamento: un giorno stavano vedendo un film porno e gli ha proposto di masturbarsi insieme e sono finiti a masturbarsi a vicenda. Una bufala: era in realtà un mio amico del liceo che era venuto da solo e pure con difficoltà. Ma questo lui non lo sapeva... Volevo solo fargli scattare la curiosità e ancor più scatenare la sua fantasia. Avrei arricchito la storia con vari particolari e il colpo sarebbe sicuramente andato a segno!

Il giorno seguente trascorse in maniera incerta, perché la sera prima avevo gettato l’esca a Manolis, chiamandolo almeno 25 volte “stronzo”, per fare più il duro.
«Ma che cazzo dici?» fu la sua prima reazione, che ovviamente non mi trovò impreparato.
«Che dico, stronzo?» rispondo, «di masturbarci insieme come fanno tuuuuutti quelli che dividono un appartamento. Che male c’è?». Continuava a mostrarsi esitante. «Proviamo e se vediamo che non ci piace, smettiamo. Non mi dirai che ti vergogni?»
Ovviamente era troppo scemo per dire che si vergognava. Quindi la cosa fu decisa per quella stessa sera: il porno l’avrebbe affittato lui stesso in videoteca. Nel frattempo io avevo passato mezza giornata con Spiros a studiare e a giocare a “Colin McRae” sul computer. Quando si fece buio, decisi di uscire dalla sua stanza, lasciandogli alcuni miei appunti che non aveva fatto in tempo a scrivere. Gli augurai la buona notte e andai in camera mia, dove mi aspettava Manolis. Appena mi vide si irrigidì. Non dissi nulla e sedetti alla scrivania facendo finta di scrivere qualcosa al computer. A mezzanotte e mezza decisi che era arrivato il momento. Manolis si stava preparando per farsi la doccia e mentre usciva dalla stanza gli dissi che al suo ritorno avremmo visto il film. Non disse nulla: aprì la porta e uscì.

Avevo capito che era bloccato, ma la cosa non mi creava nessun problema. Sapevo io come sbloccarlo. Mi sono tolto i jeans e lo slip e ho infilato la tuta. Volevo qualcosa indosso che si potesse tendersi facilmente e che la cosa fosse chiaramente visibile! E già si vedeva perché al solo pensiero di quel che sarebbe seguito, il mio pisello cominciò a eccitarsi. Quando lui tornò dal bagno, si cambiò e ci sedemmo tutti e due di fronte al suo computer.
«Cosa hai preso?» chiesi.
«Un film con dei poliziotti che si scopano tutte le puttane che portano in stazione», disse bruscamente.
«Non si presenta male», risposi. «Dai, mettilo!»
Il film in effetti sembrava buono. Le ragazze erano davvero delle gran fregne e i tizi avevano dei cazzoni incredibili. Mi ero eccitato sin dal primo bocchino. Manolis invece, più teso, si mostrava indifferente. Così la cosa non avrebbe mai funzionato.
«Vado un attimo in bagno. Non fare niente, eh!» gli dissi ridendo.
Mentre mi guardava mi alzai portando velocemente il suo volto sulla stessa linea del mio pisello eccitato, che ormai aveva tirato su una bella tenda da sotto la tuta. Girò rapidamente il suo volto, ma aveva visto quel che volevo. Volevo farlo rilassare un po’: per questo pensai che lasciandolo da solo si sarebbe forse eccitato più facilmente.

Nel frattempo in bagno non persi l’occasione per venire in contatto con la tenda al di sotto della mia tuta, che stava per scoppiare dall’eccitazione. Lo tirai fuori e vidi come fosse in condizioni pericolose. La cappella stava per uscire di fuori, mentre la vena che partiva dalla base e arrivava sino alla punta della cappella si era enormemente gonfiata. Lo strinsi tra le mani e lo sentii caldo e duro. «Sii paziente», pensai, e lo rinfilai nella tuta. Aspettai ancora un’altra decina di minuti per essere sicuro che a quel punto era impossibile che non si fosse ancora eccitato. Tornai quanto più lentamente possibile e, quando aprii la porta, vidi che ancora una volta avevo avuto ragione. Manolis aveva una mano sul mouse e l’altra infilata in mezzo alle gambe. Sulle mie labbra prese forma un sorriso.

«Che succede?», gli chiesi.
«Un casino», rispose. «Due sbirri di pattuglia hanno trovato una puttana che stava adescando qualcuno. L’hanno arrestata, portata in un vicolo e ora lei li sta sbocchinando».
Loquace, pensai: siamo sulla buona strada. Vediamo che effetto ti fa quest’eccitazione. Mi sedetti accanto a lui a gambe aperte, tendendo il cazzo in fuori.
«Porco Giuda, guarda che razza di fregna!» dissi mentre la mia mano accarezzava la cappella. «Guarda come glieli lecca». Sentii un “mmh” ma non capii se provenisse da Manolis o dalla mignotta che adesso aveva due enormi piselli in bocca. Dopo dieci minuti il mio cazzo non reggeva più: dovevo tirarlo fuori.
«Manolis, non ce la faccio più. Penso che mi stia per scoppiare: lo devo tirare fuori».
Si girò e gettò un’occhiata al rigonfiamento della mia tuta esprimendo il suo “via libera” con un altro “mmh”. Con un solo movimento abbassai la tuta sino alle ginocchia, liberando il mio pisello eccitato; lo presi in mano e lo massaggiai dalla base sino alla cappella, facendo sentire un “aah!”. Ma forse lo sentii solo io perché Manolis era totalmente assorbito dal film porno. Dovevo far sì che in qualche modo mi guardasse. Eravamo sulla stessa linea, quindi poteva vedere la mia mano che saliva e scendeva sul cazzo, solo che ancora non aveva visto... il mio cazzo!
«Che fai, tu non te lo tiri fuori?», gli chiesi.
«Non ancora», disse.
Non roviniamo le cose, adesso, dissi dentro di me. La prossima mossa fu istintiva: «Non mi dire che hai paura di averlo più piccolo del mio!».
Manolis girò di scatto la testa e guardò il mio pisello. Io lo strinsi ancora di più facendo uscire totalmente la cappella. Si alzò immediatamente, si abbassò i pantaloncini e si rimise a sedere sulla sedia con le gambe aperte e il pisello in mano.
«Più grande il tuo? Non credo...» disse e mi mostrò il suo pisello.
Cazzo! Era davvero un po’ più grande del mio. Aveva un colore scuro, era lungo all’incirca 17 centimetri (il mio è di 15), non molto grosso (il mio sì), con una cappella relativamente grande (la mia è grande). Lo prese nel palmo della mano e lo masturbò due o tre volte giusto per farlo risvegliare.

«Cazzo! Hai davvero un bel cazzo!» gli dissi guardando il suo pisello che con il passar del tempo, veniva accarezzato sempre più spesso. Il mio invece era diventato bello duro, non tanto per il film porno ma per il fatto che infine la mia fantasia stava per divenire realtà. Passammo circa un quarto d’ora a guardare il film e a masturbarci, quando alla fine gli chiesi:
«Sei pronto?»
«Per cosa?», mi dice.
«Non fare lo stronzo, non abbiamo detto che ci saremmo masturbati a vicenda?».
Non rispose, continuando a guardare lo schermo del computer.
«Allora sei pronto o no?» gli chiesi di nuovo.
«A fare cosa?», mi dice.
Era fatta. Ormai era mio. «Appoggiati dietro e apri le gambe»
Il mio cazzo ora sembrava più grande per quanto era teso. La mia eccitazione crebbe ulteriormente. Aprii la mano e chiusi nel palmo il suo cazzo. Si ritrasse quando lo toccai, ma gli passò presto. Lo strinsi e cominciai a far fare alla mia mano su e giù sul suo cazzo. Si vedeva che non sapeva come comportarsi. Guardava lo schermo come ipnotizzato. Non ci siamo, pensai, deve cambiare: lo volevo lì, pienamente eccitato e pronto a tutto. Abbassando il palmo alla base del suo pisello gli strinsi i coglioni: due palle pelose, non molto grandi ma calde e sode. Un “aah!” sfuggì dalle sue labbra e fu la prima volta che abbassò lo sguardo sul mio pisello. Non mi lasciai sfuggire l’occasione e cominciai a masturbarlo più velocemente.
«Ti piace?», gli chiesi.
«Sì», mi disse con la voce che gli tremava.
Era arrivato il momento di fare la mia mossa. Senza lasciare il suo cazzo che stringevo nella mia mano lo appoggiai sul mio cazzo eccitato.
«Fa’ quel che faccio io!», gli intimai.
Gettò un’occhiata al mio cazzo, lo chiuse nel palmo della sua mano e cominciò a pestare. Lo aveva stretto ben ben in mano e me lo masturbava con tanta forza che per poco non venni. Ma anch’io non mi tenevo indietro: quando arrivavo alla base glielo stringevo e sembrava più grosso, mentre quando alzavo il mio palmo sulla sua cappella la racchiudevo tutta nella mano e la massaggiavo. Dopo una quindicina di minuti passati a masturbarci a vicenda era arrivato il momento della prima grande mossa del mio piano di seduzione. Mi alzai dalla sedia spingendola indietro, sempre tenendo il suo cazzo in mano e facendo così alzare anche lui. Appoggiai il suo culetto sulla scrivania e mi inginocchiai davanti a lui.
«No!», esclamò.
«Che c’è, non vuoi che te lo lecchi?», dissi e tirando fuori la lingua gli carezzai la fessura della sua cappella. «Non vuoi?», ripetei questa volta stringendo il suo pisello nella mia mano.
«Sì, sì...», disse respirando profondamente.
Aprii la mia bocca e ci infilai dentro il suo pisello. Non era male. La sua grandezza mi riempiva a sufficienza la bocca, ma non era questo quello che cercavo. Non che non mi piacesse: tutta questa eccitazione glielo aveva fatto diventare di marmo e la sensazione di questo cazzo così duro mi eccitava. Quanto a Manolis era ormai prossimo allo stramazzare per l’eccitazione. Non staccava lo sguardo dal suo pisello che si perdeva nella mia bocca. Dubito che fosse mai eccitato così. Non mi ero prefissato di farlo venire, volevo solo portarlo a un punto tale di eccitazione da non sapere più quel che stesse facendo. Cominciai a leccarlo senza tregua: la mia bocca non smetteva di fare su e giù sul suo pisello bollente. Giocavo con la cappella e poi me lo infilavo quanto più possibile in bocca. L’ho leccato per un’altra decina di minuti e poi mi alzai e portai il mio cazzo all’altezza del suo; li presi entrambi con le mani masturbandoli insieme. Manolis si era ormai abbandonato alla pura eccitazione e al contatto, per lui senza precedenti, con un altro cazzo.

«Tocca a te adesso», dissi e lo presi dalle spalle spingendolo a inginocchiarsi davanti a me. Si ritrasse.
«Non voglio».
«Non vuoi? Ma sei sicuro? Non sai che ti perdi, è una ficata», dissi strofinando i nostri piselli mentre appoggiavo la mia cappella sui suoi coglioni. Stese la mano e afferrò i miei coglioni. Mugolavamo come gatte in calore. Mi appoggiai alla scrivania e distesi in avanti il bacino portando il mio pisello più vicino a lui. La mia grossa cappella era ormai uscita fuori ed era dura come fosse di ferro.
Lo guardai negli occhi, lo presi dalle spalle e lo feci inginocchiare davanti a me. Rimaneva a guardare il mio cazzo mentre io mi masturbavo davanti a lui. Stese la mano, mi prese il cazzo alla base, lo strinse e cominciò a masturbarlo. Comincia a mugolare per l’eccitazione e non vedevo l’ora di squarciargli la bocca con il mio cazzo. Lo afferrai dal mento, gli aprii la bocca e con l’altra mano gli spinsi il mio pisello in bocca. Sarei potuto venire in quel momento stesso, ma mi trattenni. Manolis faceva su e giù con la sua bocca in modo impacciato sul mio pisello. Ma i miei piani erano altri. Lo tirai fuori dalla sua bocca e cominciai a sbatterglielo sulle guance. Lo avevo preso dalla base e lo muovevo facendolo atterrare sul suo viso, facendo particolare attenzione ai suoi occhiali.

Ormai il dado era tratto. Voleva tirarsi indietro ma lo tenevo stretto per la spalla. Glielo strusciavo freneticamente sulle sue lenti, lasciandovi il mio liquido prespermatico. Con una mossa glielo rinfilai in bocca: questa volta la sua lingua fece un lavoro migliore. Imparava presto. Per questo volli premiarlo. Lo presi dalla nuca e con una spinta gli infilai il pisello fino in fondo. La sua bocca si era ormai slabbrata cercando di adattarsi alla grossezza del mio pisello, mentre il naso era ormai affondato tra i miei peli del pube. Lo tenni così per qualche minuto e poi cominciai a scopargli la bocca, facendovi entrare ed uscire il mio pisello e sbattendolo ogni volta sul lato posteriore della sua bocca. Lo sentivo che era sul punto di soffocare, ma non mi tirai indietro. Gli ho distrutto la bocca sbattendogli freneticamente sul mento i miei pesanti coglioni, mentre continuavo a mugolare dal piacere.
«Ti piace il mio pisello, eh? Prendilo tutto, così...» E fece proprio così. Lo tirò fuori dalla sua bocca e fu la prima volta che rividi il mio pisello dopo avergli scopato la bocca. La cappella, tormentata, era lucida per la sua saliva. Il mio cazzo era nella stessa condizione, mentre i coglioni si erano induriti.
Mi sedetti sulla sedia, stesi le gambe aprendole e ci misi in mezzo Manolis. Dopo un po’ il mio pisello si trovava di nuovo nella sua bocca. Ora mi stava facendo un bocchino come quelli che vedevamo nel film. La mano stringeva la base del mio pisello, mentre la bocca leccava di qua e di là. La mia mano si trovava in cima alla sua testa spingendola ogni volta che abbassava la bocca sul mio cazzo eccitato. Aveva preso in mano i miei coglioni pelosi e la lingua girovagava sulla mia cappella.
All’improvviso sento bussare alla porta e, prima che riuscissi a reagire, vedo la maniglia abbassarsi e la porta spalancarsi...
(continua)
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