Gay & Bisex

Il dono


di redice2
07.03.2016    |    13.279    |    13 9.3
"Tiro fuori la lingua, e lui se la prende tra le labbra ed inizia a succhiarla..."

Questo racconto è relativo ad un periodo della mia vita molto particolare. Stiamo parlando dell'inizio di questo millennio, ed oltre ad una cambio epocale di data anche nella mia vita era un periodo di cambiamenti. Di rivoluzioni, di decisioni che coinvolgevano anche la mia sfera sessuale. Da un po' di tempo le mie voglie si erano decisamente indirizzate verso il sesso maschile, e la mia decisione era stata univoca. Da allora in poi solo uomini nella mia vita.
Per soddisfare quindi le mie pulsioni era un po' di tempo che uscivo con un mio amico conosciuto un giorno sul luogo di lavoro e che come me era alla ricerca di una maschia amicizia virile.
Una sera di fine maggio mentre eravamo a cena insieme mi parla di un altro suo amico che il prossimo sabato avrebbe organizzato una cena a casa sua, cena a cui sarebbero stati invitati solo uomini, per fare un po' di conoscenze nuove ed allargare, se possibile, le amicizie. Senza indugio gli risposi che per me era ok, quindi quando mi riaccompagno' a casa ci mettemmo d'accordo sull'orario in cui sarebbe passato a prendermi.
Arriva il sabato ed il mio amico, puntuale, alle 20.45 mi passa a prendere e ci dirigiamo verso un paesino che si trova vicino la mia città. Arriviamo e saliamo all'ultimo piano di una palazzina di tre e sulla porta si presenta il padrone di casa. Saluti, strette di mano, presentazioni e poi il nostro ospite ci invita a recarci in terrazza dove sono già presenti alcune persone e dove è stato allestito un ricco buffet. Attraversiamo una sala arredata in stile moderno e siamo fuori. Ci si presenta una grande terrazza a forma di L con il lato più lungo dove siamo noi ed in fondo a sinistra l'altro lato dove dietro è stato allestito il tavolo delle cibarie. Lungo tutto il perimetro sono accese piccole torce all'aroma di citronella che diffondono un gradevole profumo in quella già calda serata. Io fatico un po' ad ambientarmi ma poi complice il buon cibo e l'atmosfera, veramente piacevole, intavolo discorsi e chiacchiere con parecchi degli uomini presenti. Intorno alle 22 mi metto a vedere quanti eravamo in quella terrazza e conto una dozzina di uomini che ormai parlano e scherzano come se fossero vecchi amici. Mentre mi sto dirigendo verso il tavolo delle bevande vedo davanti a me un ragazzo intento a prendere della coca-cola. Lo vedo di spalle. Ha un paio di jeans ed una polo a maniche corte a righe bianche e blu ai piedi un paio di sneaker bianche. Ha i capelli biondo cenere, un po' ricci, un po' scapigliati. E' più basso di me, magro ma tonico, e penso tra me ^ha proprio un bel culetto^. Gli arrivo alle spalle e con voce sicura gli dico,
“Vorrei anche io un po' di coca-cola.”
Lui fa un piccolo salto, di sicuro non mi ha sentito arrivare.
Si volta, ed ecco davanti a me un viso rotondetto incorniciato da una barba fitta fitta, non molto lunga, ma dello stesso colore dei capelli, e con due occhi celesti-grigi. (Ancora oggi, anche se sono passati più di dieci anni, se chiudo gli occhi ho davanti a me quel bel viso sorpreso e giovane.)
“Scusami, non era mia intenzione spaventarti, solo che dopo la torta salata ci vuole proprio un bicchiere di quello che un mio amico chiama stura-stomaci.”
A questa mia battuta il suo viso si rilassa e scoppia in una risata e mi dice con un accento non italiano e con un piccolo accenno di erre moscia,
“Il tuo amico ha proprio ragione. E poi, detto tra noi, la torta salata è proprio un piccolo...mattone!”
“Eh lo so, noi umbri abbiamo una cucina dai sapori forti e decisi. Mi sbaglio o tu non sei italiano? Piacere io sono Luca.”
“Esatto non sono italiano. Io sono Alexandros e sono greco.”
Io di rimando,
“Mi ricordo di una bella vacanza in Grecia. L'ho girata tutta da Atene alle isole più piccole. Il problema è stato il periodo...in pieno agosto si soffocava dal caldo!”
“Ti capisco. Da noi ad agosto il sole picchia duro.”
Insomma per farla breve cerchiamo due sedie libere e ci mettiamo a parlare di tutto quello che ci viene in mente. Gli chiedo come mai si trova nella mia città e lui mi risponde che ormai è quasi un mese che vi abita. E' venuto per perfezionare la sua lingua italiana e sta seguendo un corso presso la nostra Università per Stranieri. Parliamo dei prossimi giochi olimpici che si terranno nel suo paese, e di come questo evento può essere utile alla sua nazione. Insomma siamo in sintonia. Io più di una volta mi accorgo che lo guardo con un altro fine…ma dentro di me mi dico di non sperare troppo. Troppo bello questo ragazzo. Un piccolo dio greco in miniatura.
Parliamo così fitto e di tanti argomenti che non ci accorgiamo del tempo che passa e del fatto che molti ospiti sono rientrati, nel frattempo, in casa chissà a che fare, forse una conoscenza più approfondita...fatto sta che ad un certo punto Alexandros mi dice,
“Siamo rimasti in pochi a chiacchierare… Tu sei venuto da solo o con qualcuno?”
“Sono venuto con un mio amico, amico a sua volta del padrone di casa. Perché?”
“Mi piacerebbe, se ti va, tornare con te. Ho un auto, non sono a piedi...e poi mi farebbe piacere farti vedere dove mi sono sistemato nella tua bella città.”
^Oh cavolo^ penso tra me ^i dei greci questa notte si sono ricordati di me.^
“Nessun problema. Mi affido alle tue doti di autista e torno volentieri con te. Solo devo trovare il mio amico ed avvisarlo.”
“Nessun problema ti aspetto qui. Vai a dirlo al tuo amico così poi andiamo.”
Mi alzo dalla sieda come in trance ed entro in casa alla ricerca del mio amico. ^Chissà dove diavolo sarà.^
Invece anche questa volta la fortuna mi aiuta e lo trovo seduto sul divano della sala intento a parlare con un tipo tutto muscoli. Mi avvicino con tatto e lo chiamo da una parte.
“Ascolta, ti dispiace se torno in città con il ragazzo con cui stavo chiacchierando?”
“Quello biondino, carino, con cui parli da più di un ora?”
“Si lui.”
“Nessun problema. Anzi mi faciliti anche a me… Sai credo di aver trovato il mio nuovo personal trainer...”
“Certo, come no. Ti chiamo domani pomeriggio. Mi raccomando non fare troppa ginnastica….”
“Tranquillo non ti preoccupare. Pensa a te piuttosto….”
“Mi saluti tu Fabio? Non lo vedo in giro. Ringrazialo molto della sua ospitalità.”
“Certo te lo saluto io. Ora penso sia occupato a fare gli onori di casa da qualche parte...”
“Ok, ciao, a domani.”
“Ciao, a domani.”
Riesco in terrazza e trovo Alexandros che mi aspetta con un sorrisetto stampato sul suo volto che è tutto un programma.
“Sei pronto?”
“Pronto. Andiamo pure. Ho avvisato il mio amico. Sono tutto tuo.”
“Bene.” E gli ricompare quel sorriso…
Scendiamo e ci avviamo verso la sua auto. Saliamo, e mentre torniamo in città parliamo ancora e scopriamo altre cose che ci accomunano.
Stiamo per arrivare in città quando gli chiedo,
“Dove mi porti di bello?”
“Lo vedrai. Da quello che ci siamo detti credo tu conosca il posto.”
Ed infatti ecco che l'auto inizia a salire lungo una strada che porta in un luogo che nella mia città viene detto molto...ripido.
Ferma l'auto in un piccolo parcheggio a ridosso delle mura di un convento che in effetti conosco molto bene.
“Tu credi sia il caso che io venga con te?”
“Tranquillo a quest'ora in giro non vi è più nessuno. L'unica cosa che ti chiedo è di non fare rumore mentre saliamo le scale interne.”
“Ok.”
Scendiamo ed entriamo da un portone che immette in un corridoio, in fondo si vedono delle luci fioche provenire da un piccolo chiostro. Lo attraversiamo, siamo in un altro corridoio, poi un altro piccolo chiostro, ed in fondo le scale che portano al piano superiore. Le saliamo in assoluto silenzio, lui davanti ed io dietro, a me cade l'occhio su quel culetto fasciato dai jeans ed il mio cazzo si indurisce subito negli slip.
Arrivati in cima vi è una porta a vetri che Alexandros apre piano, entra, guarda se vi sia qualcuno in corridoio, si volta e mi dà l'ok per proseguire. Siamo ora in un corridoio più grande, con il pavimento tirato a lucido, e sul quale si affacciano tante piccole porte incastonate in delle rientranze. Alexandros si dirige verso una rientranza a metà corridoio, tira fuori una chiave dai jeans ed apre una porta ad un battente e mi fa entrare per primo nella sua stanza.
Mi si presenta una camera arredata in modo spartano. Un letto, non singolo, e questo mi sorprende, ma da una piazza e mezzo, un comodino, un tavolo fratino addossato al muro, un armadio, due sedie, ed una poltrona su un angolo. Il tutto rischiarato da due finestre che dalla luce che fanno sono sicuramente affacciate sul chiostro che abbiamo attraversato prima.
Infatti Alexandros, per prima cosa, si dirige verso le due finestre e con velocità chiude degli scuri interni così da far piombare la stanza nel buio.
“Non ti preoccupare. Ora accendo la luce. O preferisci il nero della notte?”
Io che ancora mi trovo vicino alla porta gli rispondo,
“Io preferisco la luce. Mi piace vedere. Solo in determinati casi di forza maggiore ne posso fare a meno.”
“E quali sarebbero questi casi di forza maggiore?”
Intanto che mi parla sento che torna davanti a me.
“Un caso di forza maggiore può essere...una dark room.”
Lui si mette a ridere e si avvicina e toccandomi le labbra con un dito mi sussurra,
“Ne frequenti parecchie?”
“E' capitato. Non sono proprio di primo pelo...”
“Vedremo...”
E mi bacia. Le sue labbra si insinuano tra le mie , ed inizia una danza di baci, sfioramenti, morsi leggeri, succhiate, lingue che si intrecciano con una voglia animale.
Sento le sue mani sui miei fianchi e poi una mano che mi stringe il pacco, stringendo il cazzo ormai duro nei miei pantaloni, mentre mi dice in un orecchio,
“Abbiamo parlato tanto ma non ci siamo detti in che ruolo giochiamo.”
Io sempre continuando a baciarlo gli rispondo,
“Io sono attivo, ma non dico di no ad un porco sessantanove.”
“Bene. La risposta mi piace. Per premio ti insegno quello che io chiamo il bacio alla greca.”
“E come sarebbe il bacio alla greca?”
“Tu mi offri la tua lingua ed io la prendo tra le mie labbra e la succhio come fosse un piccolo cazzo.”
E così faccio. Tiro fuori la lingua, e lui se la prende tra le labbra ed inizia a succhiarla. Le sue labbra morbide la succhiano, la prendono tutta, la leccano…
Io ho il cazzo che mi fa male da quanto è duro, allora gli dico,
“Ci vogliamo spostare verso il letto?”
“Si.”
Mi prende per mano e mi porta vicino al letto. Ci stacchiamo per un attimo, ed iniziamo a spogliarci guardandoci negli occhi. Via la sua polo, via la mia camicia, via le sue sneaker, via le mie, via i suoi jeans, via i miei pantaloni leggeri, via le sue calze, via le mie. Rimaniamo in intimo. Lui ha un paio di boxer elasticizzati bianchi, io, come sempre, ho i miei slip neri, rigonfi di tutta la mia voglia. Ci riavviciniamo, ed insieme ci sdraiamo sul letto. Ci ribaciamo con voglia e dopo un po' io gli dico,
“Mettiamoci a sessantanove così liberiamo i...”
“Si.”
Io afferro i boxer e li tiro giù, lui fa lo stesso con i miei slip, ed i nostri cazzi escono duri e lunghi. Io gli prendo subito il cazzo in bocca, lo succhio, gli lecco la cappella, mi spingo con la lingua verso i suoi testicoli, li succhio, mi rimetto il cazzo in bocca , lo succhio, lo insalivo bene. Poi lo lascio e mi spingo piano verso il suo buchetto che vedo lì davanti a me. Mi insinuo e tiro fuori la lingua. Inizio a succhiare con gusto, con voglia. Con un dito gli accarezzo il buco, e piano glielo introduco dentro. Il suo buco lo accoglie piano, e sento che con la bocca mi sta succhiando il cazzo con più foga.
“Si, così… Continua...”
Io torno a succhiargli il buco e lui si rimette il mio cazzo in bocca, continuiamo così poi lui mi dice,
“Ho voglia… Hai un preservativo?”
“Si. Nella tasca dei pantaloni. Lo prendo.”
Io scendo dal letto, cerco tra gli indumenti sparsi a terra i miei pantaloni, li trovo.
Sono intento a mettere la mia mano nella tasca destra e mentre sono lì, accovacciato, alzo gli occhi verso il fondo della stanza e mi accorgo che a lato dell'armadio vi è una porta che non avevo notato, ma la cosa che attira il mio sguardo è un'altra.
A lato dell'armadio vi è una gruccia appesa.
Da quella, pende una veste...talare...nera.
Mi prende un colpo.
Mi si strozza il respiro.
La mano stringe forte il profilattico.
Non credo a quello che vedo.
Ma il mio cervello ci crede.
Infatti il mio cazzo abbassa subito la testa, e si affloscia come quando si apre il forno mentre si cuoce un soufflé.
Mi siedo sul letto.
Da lontano sento una voce che mi dice,
“Che succede?”
“Che ti è preso?”
Io come tornato da un mondo lontano gli dico,
“E me lo chiedi?”
“Ho capito. Hai visto la talare.”
“Si. Quando avevi intenzione di dirmelo?”
“Per te è un problema?”
A questo punto mi metto seduto sul letto, lui si mette dietro di me e mi cinge con le braccia.
“Vedi Alexandros per me non è un problema, però devi credermi è la prima volta che mi succede una cosa del genere. Cerca di capirmi.”
“Ma se io ti avessi detto subito chi ero, tu saresti venuto con me?”
“Io so solo che a me è piaciuto un ragazzo, biondino, ricciolino, con un visetto che è tutto un programma, ma non credevo mi facesse una tale sorpresa.”
“Guarda io sono il ragazzo che ti è piaciuto. Il problema sta nel capire se tu vuoi andare avanti. Io con la mia coscienza ci combatto ogni giorno. E sono arrivato alla conclusione che se Dio ha voluto questo ci sarà un motivo. Una ragione. Io mi scuso con te se non ti ho detto niente, ma devi credermi nella mia vita da adulto ho trovato mille reazioni alla mia condizione. Ed il più delle volte non sono state per niente piacevoli.”
“Va bene, ti capisco. Ma io e te ci siamo appena conosciuti in un ambiente un po' particolare. Abbiamo parlato, ci siamo scambiati opinioni ed idee su vari argomenti. Credo tu abbia capito che io non sono un tipo così ottuso.”
“Lo so. Lo so. Ti ho capito subito, nella prima mezzora in cui abbiamo parlato, ma non lo so...mi è presa la paura di dirtelo...”
“Pensa che io avevo pensato tu fossi uno studente straniero venuto nella mia città per imparare l'italiano.”
“Ed in parte lo sono. Sono uno studente di italiano ma...non devo rendere conto ai miei genitori...ma al mio superiore...”
E detto questo, mi cinge da dietro, si ferma con la sua bocca sul lobo del mio orecchio destro e con le sue morbide labbra inizia a succhiarlo.
Io non so voi, ma una delle mie zone erogene è proprio l'orecchio.
Fatto sta le sue leccate mi rintostano il cazzo, mi giro verso di lui, cerco la sua bocca ed iniziamo a limonare come due ragazzini. Io mi rifiondo sulla sua lingua e lo bacio alla “greca”.
In un attimo siamo stesi sul letto a posizione di sessantanove… Io mi ficco in bocca il suo cazzo e lo succhio, lo assaporo, lo lecco, dalla punta sino alle palle.
Lui fa lo stesso con il mio cazzo che ha ripreso pieno vigore. Lo succhia dalla punta, si sofferma sul buchino e con la lingua aperta lecca il mio presperma che esce.
Sono al settimo cielo, e quello che è successo prima ormai è andato a nascondersi in un angolo della mia mente.
Ad un certo punto mi trovo seduto sul letto con Alexandros ai miei piedi, in ginocchio, che mi succhia il cazzo.
Il mio cazzo è lucido di saliva, questa gli cola copiosa ai lati della bocca. Il mio cazzo esce interamente per riaffondare tutto con uno schiocco di palle contro il suo mento bagnato. Mentre Alexsandros mi spompina senza sosta io gli spingo la testa ancor più contro il mio bacino, e mi sporgo oltre le sue spalle allungando un braccio accarezzandogli la schiena con la mano destra giù giù fino alle chiappe. Lui mugola di piacere e solleva leggermente il culo così che io possa intrufolarmi nel solco ed in fine infilargli il medio nel buco del culo.
Alexsandros mi succhia il cazzo e le palle e ogni tanto la sua lingua arriva a leccare la base dell'asta per poi tornare alla punta. A questo punto io continuo a solleticargli il buco del culo con il mio dito, ma nello stesso tempo mi posiziono seduto sul bordo del letto con i piedi ben piantati per terra. Con una mano prendo alla base il mio cazzo colante la sua saliva e lo punto bene verso l'alto. Prendo il profilattico, apro la bustina, e lo infilo sul mio cazzo duro. A questo punto lui si alza, si mette davanti a me, mi prende il viso e mi rificca in bocca la sua lingua. Io sento il sapore delle sue labbra e del mio cazzo, sono così duro che mi fa quasi male.
Lui si mette di schiena rispetto a me e con le mani sulle ginocchia si abbassa a culo proteso per sedersi sull'asta di carne dura. Il cazzo gli scivola in culo senza problemi, fino a sedersi completamente infilzato. Io gli prendo le chiappe da sotto e con le mani le allargo per fargli sentire tutto il mio cazzo. Inizio a montarlo con gusto, spingendolo su e giù lungo tutta la mia asta. Lo scopo con voglia e vigore, lo tengo per i fianchi. Sento che lui ogni tanto stringe i muscoli anali per sentire tutta la consistenza del mio cazzo. Continuiamo così per un po', io ogni tanto con la mano destra mi sporgo e gli sego il suo cazzo duro come il marmo e che spurga tutta la sua voglia. Ad un certo punto dopo una mia spinta ancora più decisa sento il suo buco stringere forte il mio cazzo e lui dire con un filo di voce,
“Sto venendo, sto sborrando...”
Ed infatti. Prendo il suo cazzo in mano ed un fiotto di calda sborra mi cola lungo la mano, mentre io sborro nel suo culo caldo dando un ultima spinta.
Siamo esausti. Io mi sfilo da suo culo, lui si alza in piedi ed insieme ci dirigiamo verso la porta del bagno. Ci baciamo ancora davanti al box doccia e ci mettiamo sotto il getto dell'acqua tiepida. Ci laviamo a vicenda in profondità, io mi soffermo sul suo bel culo, e lui ridendo mi dice,
“Non ti è bastato?”
“Uhm e come mi può bastare?”
“Credo che per adesso dovrai frenare i tuoi bollenti spiriti. Sono quasi le cinque del mattino. Qui la sveglia sta quasi per arrivare. Se vuoi uscire senza essere beccato ti devi sbrigare.”
“Hai ragione. Ma davanti a tutto questo ben di dio… Oddio scusami!”
E giù una risata insieme che scioglie definitivamente le mie remore-
Torniamo in camera. Io mi vesto con calma, lui si infila un paio di pantaloni di una tuta ed una maglietta bianca.
Si avvicina a me e mi dice,
“Scusami ancora. Non volevo nasconderti nulla ma avevo paura della tua reazione.”
“Beh la mia reazione l'hai vista. Certo preferisco la seconda, alla prima.”
E lo bacio dolcemente sulle labbra.
“Come si chiamano i sacerdoti in Grecia?”
“Nel mio villaggio io sono pappas Alexandros.”
“Allora fammi salutare bene bene il mio pappas preferito.”
“Posso farti dono di un mio ricordo? Ti fa piacere?”
“Certo. Lo accetto con piacere.”
Lui si avvicina al comodino e prende tra le mani un piccolo trittico in legno e si avvicina a me.
“Questo è un piccolo trittico in legno di olivo greco. Al centro vi è la madonna con il figlio. Ai lati i santi protettori della Grecia, san Paolo apostolo e sant'Andrea.”
Me lo porge ed io lo prendo tra le mani. Lo guardo, lo accarezzo con le dita e poi lo chiudo e me lo metto in tasca.
(Ancora oggi quel trittico mi guarda dalla mia libreria e mi fa ricordare che siamo tutti uomini con i nostri difetti e le nostre mancanze. E che la cosa più importante rimane il sapersi accettare per come siamo. Senza alcun giudizio.)
Ci avviciniamo alla porta e prima che lui l'apra mi stringe forte a se, io ricambio e senza dire una parola esco dalla stanza.
Mi incammino per i corridoi che ore prima abbaiamo fatto in senso inverso e mi ritrovo fuori da quel convento con la mia città sullo sfondo. E' una splendida mattina senza una nuvola, mi accorgo di avere una certa fame.
“Al primo bar mi fermo per una bella colazione…”

“La verità è più bizzarra della finzione.”








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