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Il dominio di Roma


di Tide391
17.12.2020    |    1.642    |    0 8.0
"Neanche l’imperatore Claudio è potuto entrare in corpi così belli”..."
Mevio Attico era un cittadino romano che si era arricchito facendo il mercante a Roma con una predilezione particolare per i giovani schiavi. Nonostante all’epoca fosse normale per un patrizio usare gli schiavi per il proprio piacere, Mevio Attico era famoso in tutta Roma per le enormi cifre spese al mercato degli schiavi dove mercanti compiacenti gli procuravano carne fresca tutti i mesi proveniente dalle province più remote dell’impero.

Quel giorno Mevio si alzò di buon mattino e diede ordine di preparare la biga per recarsi al mercato degli schiavi dove, dopo la conquista della Britannia da parte di Claudio, erano appena pervenuti oltre duecento schiavi da quelle zone. Mevio Attico era attratto da quei giovani nordici, così diversi dai romani e dagli altri schiavi che provenivano da sud. Era attratto da quella pelle chiara e dai loro capelli biondi, ma ancora di più da loro fare selvaggio e animalesco che era al centro di numerose leggende che si erano diffuse durante la campagna di Claudio.

Arrivato al mercato, Mevio si diresse direttamente nella bottega di Luculiano, il mercante più avido di Roma ma anche quello che conosceva alla perfezione i suoi gusti. Non appena Mevio entrò nella bottega, Luculliano gli fece cenno di seguirlo dicendogli che aveva roba che gli sarebbe senz’altro piaciuta. Arrivati nel retro bottega, fece cenno a uno dei suoi servitori di aprire le celle dove giacevano 3 giovani britanni incatenati. Dopo aver fatto entrare in suo cliente commentò “sono proprio come piacciono a te, i tre giovani più belli di tutta la Britannia. Neanche l’imperatore Claudio è potuto entrare in corpi così belli”. Fece cenno ai tre ragazzi di alzarsi che si misero in fila con le mani e i piedi ancora costretti in pesanti catene. Mevio rimase subito colpito dalla straordinaria bellezza dei tre giovani britanni biondi e la sua tunica non riusciva a coprire la sua eccitazione. “Falli spogliare” ordinò. Voleva vedere i loro corpi e toccare la loro pelle bianca e liscia così diversa da quella dei romani. Voleva guardare e toccare i loro giovani membri e sondare la consistenza dei loro muscoli, dei loro sederi e delle loro cosce per avere un anticipo di quello di cui avrebbe goduto nei giorni seguenti.

Il servitore ordinò ai 3 di spogliarsi ma questi, probabilmente non capendo l’ordine, non si mossero. Allora Luculliano gli ordinò di prendere il coltello. Il servitore ubbidì e con un colpo secco stracciò le vesti del primo giovane schiavo mettendone in mostra l’addome. Subito le mani di Mevio si insinuarono nel pertugio e cominciarono a esplorare senza ritegno e pudore il giovane corpo dello schiavo britanno che, evidentemente non abituato a un trattamento simile, cerco di ritrarsi senza avere modo di sfuggire a quelle mani che lo toccavano dappertutto. Dopo aver esplorato i corpi e i pertugi dei tre, Mevio scelse il suo preferito e dopo averne trattato il prezzo con Luculliano, lo comprò. Lo fece condurre fuori immediatamente fuori dalla bottega senza nullo indosso. Le sue vesti erano state stracciate dal servitore e voleva che tutti nel mercato vedessero chi si sarebbe scopato quella sera Mevio Attico. Mentre il Britanno saliva sulla biga, gli occhi delle persone che affollavano il mercato, uomini e donne, erano tutti fermi ad ammirare il giovane corpo di quel Britanno e le dimensioni esagerate del suo pene che giaceva tra cosce possenti
.
Arrivato nella sua villa, Mevio diede subito l’ordine di preparare lo schiavo e di condurlo nella sua dimora privata. Non appena fu di fronte a lui, Mevio attrasse subito a sé il giovane Britanno e cominciò a leccarne il corpo facendo in modo che questi fosse aderente al suo virgulto che bramava di piacere sotto la sua tunica. Se a quei tempi era del tutto normale e socialmente accettato per un patrizio deliziare il proprio augello deflorando le terga e le bocche dei propri schiavi maschi, venivano derisi e biasimati quei padroni che giacevano con i propri schiavi in ruoli femminili. Conscio di ciò Mevio spinse subito la testa del Britanno all’altezza del suo membro, pronto a ricevere quel piacere che aveva lautamente pagato. Ma con suo grande stupore il Britanno oppose resistenza e quando capì che Mevio aveva deciso di abusare di lui, respinse con forza il suo padrone causandone la caduta. Subito accorsero i suoi servitori e le sue guardie. Mevio pensò che le usanze dei Britanni dovevano essere simili a quelle romane e che quel giovane schiavo, così bello e curato, proveniva da qualche potente famiglia britanna ed era probabilmente abituato a godere tra le cosce delle sue compaesane più belle.

Ordinò subito di farlo frustare per la sua ribellione e di farlo incatenare. Occorsero quattro guardie per domare quel giovane che oppose ogni resistenza possibile, facendo affluire il sangue ai suoi muscoli e eccitando ancora di più Mevio. Nella testa del giovane Britanno le intenzioni di quel vecchio romano erano fin troppo chiare. Lui, figlio di un re, non poteva sopportare che l’invasore abusasse di lui, facendogli perdere per sempre la dignità regale di chi è destinato a comandare e non a soddisfare i piaceri altrui. Mentre era totalmente immobilizzato da pesanti catene in una posizione che esponeva il suo sedere alle voglie del suo padrone, sentì il membro di Mevio che faceva capolino tra le sue natiche e le mani dell’uomo che stava privandolo della sua dignità indugiare sulle sue natiche. In un attimo gli fu dentro facendolo gridare a squarciagola. Mevio grugniva come un maiale nell’affondare il suo membro nel sedere stretto e tenero dello schiavo il quale cominciò a tornare con la mente a quando, ancora adolescente, aveva usato l’autorità di suo padre per riservare la stesso trattamento ad Esca, il suo amico di sempre. Mentre la mente trovava conforto in quei piacevoli ricordi persi nel tempo, Mevio aumentò il ritmo e, perdendo ogni ritegno connesso al suo stato di patrizio uscì dal corpo del giovane schiavo, lo fece girare e accolse il suo membro della sua bocca vorace. Era la prima volta che Mevio si inginocchiava di fronte a uno schiavo, ma nessuno dei suo schiavi aveva avuto un pene delle dimensioni di quelle del Britanno che, pensò, doveva essere uno dei più grandi di tutta Roma e sarebbe stato bramato da senatori, soldati e delle loro vogliose concubine.

Il Britanno fu sorpreso dall’atteggiamento del romano e ancora una volta tornò con la mente ai suoi ricordi adolescenziale quando aveva costretto il suo amico Esca a inginocchiarsi di fronte a lui e a pagargli il dovuto rispetto che il figlio di un contadino doveva al figlio del re. L’avidità della bocca di Mevio e quei piacevoli ricordi, portarono presto lo schiavo a raggiungere l’eccitazione e a riversare fiumi di caldo nettare reale britanno nella bocca del suo padrone che come la peggior meretrice di Pompei bevve avidamente quel caldo nettare assaporando la diversità del seme Britanno. Ma proprio mentre lo schiavo pensava di aver salvato la propria dignità, Mevio lo rigirò bruscamente e il Britanno subito capì che in quella casa avrebbe avuto un diverso ruolo e che ora sarebbe dovuto essere lui a pagare un tributo al suo padrone. Mevio, ancora eccitatissimo per il nettare del Britanno che aveva ancora in bocca, riprese il lavoro che aveva interrotto e fu subito dentro il Britanno con ancora più forza ed eccitazione. Voleva punire quello schiavo incatenato sotto di lui che si era prima ribellato al suo desiderio e poi l’aveva portato a perdere la testa. Cercò di assestare colpi con tutta la forza che aveva, per causare più dolore possibile al giovane Britanno e impartigli una severa lezione. Ma il Britanno, così come aveva visto fare al suo amico Esca, serrò i muscoli del suo ano per aumentare il piacere del suo padrone e porre fine il più rapidamente possibile a quella tortura. In pochi minuti Mevio scaricò il suo seme romano dentro di lui, che si sentì ancora una volta invaso da Roma e che mai avrebbe pensato di essere dominato il quella maniera da un altro uomo.
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