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Un amore molto particolare


di Voldenuit
23.03.2021    |    7.106    |    5 8.6
"Quando le piegai le gambe verso il ventre la reazione fu immediata..."
Io e lei ci siamo incontrati per caso, senza sapere che coltivavamo, relegata nei sogni più intimi e segreti, una comune e travolgente passione.
Lei, Magda apparteneva alla ricca borghesia cittadina. Indossava abiti di sartoria e da qualsiasi suo gesto, da ogni sua parola, sempre attenta e misurata, traspariva una aristocratica eleganza.
Viveva sola ad eccezione della presenza di una cameriera che ogni mattina svolgeva le incombenze domestiche.
Diventammo amici. A tutti e due piaceva parlare a lungo, lei accovacciata sul divano io seduto su una comoda poltrona. Mano a mano che il tempo passava le nostre confidenze sconfinavano sempre più frequentemente sfioravano quasi per caso le nostre rispettive vite intime. Sempre da parte di entrambi con molto garbo e con parole misurate. Un pomeriggio di inverno, era il suo settantesimo compleanno, il sole era ormai tramontato e il salotto era illuminato dalla luce calda di una antica lampada, ad una sua precisa domanda risposi che se dovevo definirmi in qualche modo avrei scelto la parola feticista. Feticista del corpo della donna, della sua pelle, delle sue rughe, delle smagliature dell’età, del suo profumo, del calore del suo alito. Ogni aspetto legato al corpo femminile mi eccitava terribilmente.
Notai che seguiva le mie parole con attenzione, sporgendosi verso di me per non perdere nessun suono. Deglutendo mi guardò negli occhi, come volesse rubarmi l’anima e disse, quasi in un sussurro “Ti piacerebbe annusarmi un pò, solo un pò però” Si spostò sul divano per invitarmi a sedere accanto a lei. Inarcò in avanti la schiena per abbassare la cerniera del vestito che si afflosciò sui fianchi. Fece scivolare le spalline della leggera sottoveste di seta liberando le mammelle sormontate da capezzoli scuri che creavano un delicato contrasto con la sua pelle chiara. Delicatamente mi accarezzò la nuca guidandomi verso di lei. “Non fare niente ti prego, annusa la mia pelle” Mi persi in una infinita carezza guidato sul suo corpo dall’olfatto. Aspiravo con voluttà l’aroma che proveniva dal suo petto. Poi sollevò un braccio scoprendo l’ascella ricoperta da peli neri. “Anche qui ti prego. Non mi depilo mai le ascelle e neanche mi depilo là dove tu puoi immaginare”. Mi sembrava di annegare nel suo profumo intenso. Lei guidava il mio percorso olfattivo tenendomi la nuca, sul seno, sull’altro seno, mi stringeva contro una ascella, poi verso l’altra e ancora nel solco tra le mammelle.
“Adesso però devi andare - disse ricomponendosi - questa sera ho ospiti e devo preparare loro qualcosa”.
Passò qualche settimana senza vederci a causa soprattutto dei miei impegni. Quando tornai da lei mi accolse intabarrata in una sciarpa di lana. Bevendo il tè mi disse che si era buscata un brutto raffreddore e il medico si era raccomandato che controllasse sempre la temperatura.
“Anzi ora che ci penso sono le cinque ed è ora di provarla”. Frugò in un cassetto per cercare il termometro e quando lo ebbe trovato slacciò un bottone della camicetta e mise il termometro sotto l’ascella.
“Non dovresti provarla così - dissi - è meglio misurarla internamente”
Mi guardò stupita.Sfilò il termometro, me lo porse e disse “Hai ragione. Vieni. Aiutami”
Con il termometro in mano la segui nella camera da letto. Magda si sfilò le scarpe, alzò la gonna sui fianchi e abbassò lo slip sulle cosce. Poi si distese a pancia in giù.
“Ecco sono pronta-mi disse- porgendomi un tubetto di crema lubrificante.” Delicatamente le divaricai le natiche per scoprire il buchino. Ne massaggiai l’esterno con la crema, con un movimento dolce e circolare disegnato dalla punta del dito. Quando vidi che iniziava a dilatarsi in filai il termometro a fondo nel retto.
“Adesso stati ferma. Non ti muovere per quindici minuti”. Seduto accanto ogni tanto muovevo il termometro che provocava in Magda un leggero tremito o almeno così mi pareva
“La mia zona anale è molto sensibile - guarda” disse mettendomi sotto il naso il dito che aveva appena sfregato contro la vagina. “E tutto bagnato” e così dicendo me lo fece passare sotto il naso, fra le labbra e posandolo poi sulla mia lingua.
Trascorse così circa un mese durante il quale passavo a casa sua, insieme si beveva il te, e il nostro chiacchiericcio si faceva sempre più confidenziale.
Fu verso la fine di gennaio che mi confessò che non stava molto bene. Faticava ad andare regolarmente di corpo e qualche leggerissima perdita di urina la costringeva ad indossare il pannolone.
“Oggi è il terzo giorno che non riesco ad evacuare. Il medico mi ha consigliato di praticarmi un clistere. Questa mattina ho mandato la domestica in farmacia ad acquistarne qualcuno. Questa sera quando vai via dovrò per forza farmelo”.
Deglutii per prendere coraggio. Era l’occasione che avevo sempre aspettato. “Perché aspettare questa sera. Se vuoi te lo posso fare io”
Temevo una sua reazione e invece lei si limitò a sorridere e con voce complice mormorò “Davvero? Lo faresti per me?”
Andammo in camera da letto tolse il copriletto, rimboccò il lenzuolo poi stese due asciugamani.
Prese da un sacchetto il clistere, un fleet da 130 mc e me lo porse.
“Sul tavolino da notte c’è la crema lubrificante”
“Forse è meglio se ti spogli completamente così eviti eventualmente di sporcarti”
Lei ubbidii tranquilla. Iniziò a togliersi gli abiti e in pochi secondi fu completamente nuda, salvo il pannolone che ancora indossava. Quando fece per toglierlo la fermai “Aspetta - le dissi - te le lo tolgo io. Adesso sdraiati sul fianco. Porta la gamba destra in avanti”
Quando fu in posizione slacciai il pannolone, mi limitati ad abbassarlo senza però sfilarlo.
Poi iniziai a lubrificare il buchetto sia fuori che dentro infilando con dolcezza il dito nel retto. Avvertivo il muscolo rettale contrarsi e stringermi il dito.
“Rilassati. Tranquilla non ti farò male” Introdussi il beccuccio a fondo e inizia a premere la peretta.
“Fai un respiro lungo. Brava così. Lo senti il liquido che ti entra dentro?”
“Si mi rispose. Lo sento che sale nell’intestino”
Estrassi il clisma vuoto e aspirando lo riempii di aria. “Ancora un attimo di pazienza. Adesso ti inietto un pò d’aria così il clistere avrà più effetto”
Ripetei l’operazione due volte poi le allacciai il pannolone controllando che non si fossero formate delle pieghe.
La feci sdraiare supina. “Adesso rilassati. Ci vorrà qualche minuto perché faccia effetto. Adesso ti massaggio un pò il pancino” E così dicendo inizia a massaggiarle il ventre. La punta delle dite avvertivano un subbuglio interno, un sordo borbottio che andava aumentando minuto dopo minuto.
“Basta adesso devo andare in bagno, ti prego”
Quasi senza accorgermene le risposi “No. Rimani sdraiata. Evacuerai sul letto”
Mi guardò, mi attirò verso di se, sentii la sua lingua muoversi e cercare la mia “Amore, amore” mormorava mentre mi baciava. Poi iniziarono i crampi. Magda iniziò a lamentarsi per la pressione dell’intestino, ma non riusciva lo stesso a defecare.
Le andai in aiuto. “Adesso allarga un pò le gambe. Io le piego verso di te tenendoti per i piedi. Quando lo faccio tu spingi, spingi forte”.
Quando le piegai le gambe verso il ventre la reazione fu immediata. Sentii il rumore dell’aria espulsa di forza poi un suo gemito e un altro rumore sordo e prolungato mentre il pannolone si gonfiava e si colorava di scuro.
“Hai visto è stato facile. Adesso girati sulla schiena che ti pulisco”
Lei si girò sulla schiena, come le abbassai il pannolone però ebbe un’altra scarica ancora più violenta della prima. Vidi il suo buchetto socchiudersi poi serrarsi e poi ancora dilatarsi e un fiotto di cacca uscire e depositarsi sul pannolone”.
“Grazie amore, grazie” diceva la donna mentre due lacrime scendevano bagnandole le guance.
“Grazie, grazie. Amore mio”.
La pulii per bene mentre era ancora sul letto poi la portai in bagno e la lavai accuratamente. Lei si abbandonava come una bambina. La insaponai tutta. Le lavai le cosce, il sedere, feci scivolare un dito insaponato dentro di lei fino a quando non fu perfettamente pulita.
Capii allora che per sempre nessuno dei due poteva fare a meno dell’altro.
questa è un’altra storia che forse racconterò un’altra volta.
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